TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 121

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 121
MASSIMA
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 121

L’Amministrazione può legittimamente decidere di stipulare una convenzione per un prezzo minimo del funerale completo, nel rispetto dei principi previsti dal Codice dei contratti pubblici e garantendo sia la concorrenza sia il rispetto delle esigenze sociali, che assumono un rilievo determinante tanto nella fase di affidamento quanto in quella di esecuzione.
I depositi di osservazione (come gli obitori) sono destinati a esigenze strettamente mediche (manifestazione di vita, riscontro diagnostico, autopsie giudiziarie), per cui le imprese di pompe funebri, quindi, non possono vantare alcuna pretesa a svolgere la propria attività in tali locali, questione anche infondata, venendo in rilievo una norma regolamentare che non impedisce comunque alla ricorrente di trattare il familiare del deceduto con la dignità dovuta nella camera mortuaria.
Il regolamento regionale di riferimento prevede che la realizzazione e la gestione delle sale del commiato siano riservate a soggetti diversi dal Comune, dotati dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività funebre.
Lo svolgimento di attività commerciale da parte del Comune contrasta con il sistema normativo regionale che individua ruoli e funzioni differenti (ed incompatibili) tra il Comune e i soggetti che esercitano l’attività funebre. Mentre è compito del Comune l’organizzazione dei cimiteri, la vendita degli articoli funebri, ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. b, della legge regionale, è rimessa ai soggetti che esercitano l’attività funebre, che la svolgono sulla base di titolo che si perfeziona presso il Comune.
Nessuna norma vieta al Comune di imporre uno spessore massimo e, per altro verso, si tratta di una misura comunque superiore allo spessore minimo di cui all’allegato 3 del regolamento regionale n. 6 del 2004, non manifestamente irragionevole e in ogni caso applicabile a tutti gli operatori del settore all’interno del territorio comunale, senza discriminazioni di sorta.
Il Comune, nella predisposizione del proprio regolamento, non è obbligato a tener conto delle osservazioni pervenute dall’esterno, né a motivare in relazione alle stesse, per cui ne consegue che, anche a voler ammettere che il Comune non abbia valutato le osservazioni eventualmente presentate, l’operato comunale non può ritenersi per ciò solo viziato.

NORME CORRELATE

Pubblicato il 21/01/2020
N. 00121/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02461/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2461 del 2017, proposto da
F.lli < omissis > S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Matteo Micheletti, con domicilio presso lo studio dell’avv. Marzia Eoli in Milano, via Larga 6;
contro
Comune di Busto Arsizio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Antonietta Carra e Michela Beretta, domiciliato in Milano, via P. Andreani 10;
nei confronti
< omissis >, < omissis > Pompe Funebri S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.n.c. di < omissis >, < omissis > S.n.c. di < omissis >, rappresentati e difesi dall’avvocato Giorgia Busnelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
< omissis > S.n.c., non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
< omissis > S.n.c., < omissis > S.n.c. di < omissis >, rappresentati e difesi dall’avvocato Giorgia Busnelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento:
– della deliberazione del Consiglio comunale di Busto Arsizio di cui al verbale n. 28 del 28.3.2017, di approvazione del Regolamento di polizia mortuaria, pubblicato all’albo pretorio dal 5.4.2017 per 15 giorni consecutivi, e quindi del regolamento ad essa allegato, nelle parti meglio indicate nei motivi di ricorso;
– “per quanto occorrer possa”, della deliberazione del Consiglio comunale di Busto Arsizio di cui al verbale n. 70 del 24.7.2017, di modifiche al detto Regolamento, pubblicata all’Albo Pretorio dal 3.8.2017;
– nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Busto Arsizio, di  < omissis >, di < omissis > S.r.l., di < omissis > S.r.l., di < omissis > S.n.c. di < omissis >, di < omissis > S.n.c. di < omissis >;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente, premesso di esercitare l’attività di onoranze funebri nel Comune di Busto Arsizio, impugna, a seguito di trasposizione in sede giurisdizionale dell’originario ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, il Regolamento di polizia mortuaria adottato dallo stesso Comune con le delibere indicate in epigrafe, contestandone numerose prescrizioni che, a suo dire, esplicano illegittimamente effetti negativi sulla sua attività.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) illegittimità del procedimento di approvazione del regolamento: violazione degli artt. 6 e 8 della l. n. 180/2011; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e mancata effettuazione della partecipazione procedimentale;
2) illegittima sistematica delle fonti accolta dal Regolamento: violazione dell’art. 117 Cost., dell’art. 1 della l. n. 131/2003, della l.r. n. 33/2009 e del r.r. n. 6/2004;
3) indebita individuazione dei servizi gratuiti e non: eccesso di potere per perplessità e irragionevolezza; violazione degli artt. 12 del d.l. n. 359/1987 e 2 del r.r. n. 6/2004;
4) illegittima determinazione del costo minimo del funerale: eccesso di potere per irragionevolezza, perplessità e carente autolimitazione della discrezionalità; violazione degli artt. 3, 41 e 117 Cost., del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 2 della l. n. 287/1990;
5) indebito divieto di accesso al deposito di osservazione: eccesso di potere per irragionevolezza; violazione degli artt. 2, 3, 7, 8, 19, 31 e 41 Cost. e 70, comma 6, della l.r. n. 33/2009;
6) illegittima previsione della c.d. struttura del commiato: violazione degli artt. 23 e 97 Cost., 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000; eccesso di potere per mancata autolimitazione della discrezionalità; violazione degli artt. 2 della l. n. 180/2011, 70, 75 e 76 della l.r. n. 33/2009; falsa applicazione degli artt. 42 del r.r. n. 6/2004, 3 e 164 ss. del d.lgs. n. 50/2016; violazione degli artt. 41 e 118 Cost. e dell’art. 3 – bis del d.l. n. 138/2011;
7) illegittime prescrizioni sulle modalità di sepoltura: violazione dell’art. 15, comma 1, del r.r. n. 6/2004, dell’art. 76 della l.r. n. 33/2009 e degli artt. 8, 19 e 117 Cost.;
8) mancanza di tutela delle imprese nell’accesso ai servizi comunali: eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento; violazione dell’art. 2 della l. n. 180/2011;
9) indebita previsione di due targhette sul feretro: eccesso di potere per irragionevolezza, perplessità, indeterminatezza e carente autolimitazione della discrezionalità; violazione degli artt. 23 e 97 Cost., degli artt. 2 e 9 della l. n. 180/2011 e dell’All. 3 del r.r. n. 6/2004;
10) illegittima attività commerciale di articoli funerari da parte pubblica: violazione degli artt. 74 e 75 della l.r. n. 66/2009, degli artt. 41, 117 e 118 Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza; violazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 267/2000 e 24 della l. n. 448/2001;
11) illegittima limitazione dello spessore massimo dei feretri: eccesso di potere per irragionevolezza; violazione degli artt. 41, 117, 23 e 97 Cost.;
12) illegittime prescrizioni sui tipi di cassa: eccesso di potere per irragionevolezza; violazione di legge: art. 18 e All. 3 del r.r. n. 6/2004, artt. 117 e 41 Cost.; incompetenza;
13) illegittime prescrizioni sul trattamento antiputrefattivo: violazione dell’art. 74 della l.r. n. 33/2009 e dell’art. 2, comma 1, del r.r. n. 6/2004; violazione degli artt. 32, 35 e 117 Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza;
14) illegittima limitazione dei luoghi di prestazione del servizio: violazione dell’art. 74 della l.r. n. 33/2009 e degli artt. 41 e 117 Cost.; incompetenza; eccesso di potere per irragionevolezza;
15) illegittime prescrizioni sui caratteri delle tombe: eccesso di potere per irragionevolezza e carente autolimitazione della discrezionalità; violazione degli artt. 2, 3, 9, 7, 8, 19, 23, 31, 41, 91, 97 e 117 Cost.;
16) illegittime prescrizioni in materia di estumulazioni: violazione degli artt. 2 e 20 del r.r. n. 6/2004, degli artt. 41 e 117 Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza, travisamento e illogicità;
17) illegittima disciplina del trattamento dei defunti con pacemaker: violazione di legge (artt. 76 della l.r. n. 33/2009 e 20 del r.r. n. 6/2004); eccesso di potere per irragionevolezza;
18) illegittime modalità di assegnazione delle sepolture: eccesso di potere per irragionevolezza; violazione dell’art. 25 del r.r. n. 6/2004, degli artt. 117, 41, 23 e 97 Cost., dell’art. 1 della l. n. 241/1990 e degli artt. 21 e 38 del d.P.R. n. 445/2000;
19) ulteriori illegittimità sui metodi di assegnamento delle sepolture: eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e violazione dell’art. 3 Cost.; violazione di legge: art. 75 della l.r. n. 33/2009, art. 25 del r.r. n. 6/2004, artt. 41 e 97 Cost., art. 2 della l. n. 180/2011; carente autolimitazione della discrezionalità;
20) illegittime previsioni di canoni manutentivi: violazione degli artt. 23 e 97 Cost., degli artt. 3 e 23 del r.r. n. 6/2004, dell’art. 75 della l.r. n. 33/2009 e del d.P.R. n. 285/1990, nonché dell’art. 2 della l. n. 180/2011; eccesso di potere per carente autolimitazione della discrezionalità e irragionevolezza;
21) illegittime disposizioni su trasporto e smaltimento: eccesso di potere per irragionevolezza e disparità di trattamento; violazione dell’art. 75 della l.r. n. 33/2009, dell’art. 3 del r.r. n. 6/2004, degli artt. 3, 23, 41, 97 e 117 Cost., degli artt. 2 e 9 della l. n. 180/2011;
22) mancata valutazione delle osservazioni presentate per il tramite dell’associazione di categoria: eccesso di potere per carenza d’istruttoria, irragionevolezza, disparità di trattamento e carenza di motivazione.
Si è costituito il Comune intimato, il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse e legittimazione, oltre a chiederne comunque la reiezione nel merito.
Alla camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2017 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.
In vista dell’udienza pubblica le parti hanno ribadito le proprie difese con memorie e repliche.
Sono inoltre intervenuti ad adiuvandum le società < omissis > S.r.l., < omisss > S.r.l., < omissis > S.n.c. di < omissis > S.n.c. di < omissis> ed il sig.  < omissis >, nonché, con separato atto, le società < omissis > S.n.c. e < omissis > S.n.c. di < omissis >, per sostenere le ragioni della società ricorrente.
Alla pubblica udienza del giorno 9 maggio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso è in parte inammissibile, in parte infondato e in parte fondato.
Al riguardo, il Collegio osserva quanto segue.
2.1. Quanto al primo motivo, con il quale la ricorrente lamenta l’illegittimità del procedimento di approvazione del regolamento, è sufficiente rilevare che:
– i richiami alla l. n. 180/2011 (c.d. Statuto delle imprese) non risultano connotati dai necessari caratteri della specificità e concretezza;
– la ricorrente, peraltro, ha prospettato violazioni meramente eventuali delle disposizioni di cui alla l. n. 180/2011, con particolare riguardo agli oneri burocratici e amministrativi imposti all’impresa e “<i>all’impatto delle iniziative … regolamentari … anche di natura fiscale …</i>”;
– ai regolamenti, inoltre, non si applicano le garanzie partecipative di cui all’art. 13 della l. n. 241/1990.
La censura, pertanto, va respinta.
2.2. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente contesta la sistematica delle fonti accolta dal regolamento, è manifestamente inammissibile in quanto la disposizione regolamentare censurata (art. 2, comma 2) non arreca alcuna immediata lesione agli interessi della ricorrente, né quest’ultima ha fornito elementi utili a dimostrare il contrario.
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente censura l’art. 8 del regolamento in quanto, a suo dire, tale norma sarebbe viziata da “perplessità”, non apparendo comprensibile la differenza tra inumazione (prevista come gratuita) e seppellimento (a pagamento).
2.3.1. La censura è palesemente infondata, atteso che il regolamento non prevede alcun costo per l’inumazione che, peraltro, è tenuta distinta dal seppellimento: come efficacemente chiarito dalla difesa comunale, il posto è gratuito, mentre sono a pagamento le operazioni per la posizione dentro la fossa nonché la manutenzione.
Non è ravvisabile, quindi, alcuna violazione delle norme evocate da parte ricorrente.
2.4. Con il quarto motivo la ricorrente censura l’art. 11, comma 5, del regolamento, nella parte in cui prevede un procedimento per la definizione di un costo minimo del funerale completo.
2.4.1. La censura è inammissibile, in quanto la norma in questione richiede una serie di atti applicativi, limitandosi a prevedere che l’Amministrazione comunale possa calmierare i costi relativi al funerale attraverso una specifica convenzione che potrà essere attivata tramite bando pubblico, al quale saranno invitate a partecipare le imprese di pompe funebri per la definizione del costo minimo del funerale completo; tale costo sarà dettagliato nell’apposito articolato di convenzione: si tratta, all’evidenza, di una disposizione non immediatamente lesiva.
2.4.2. La censura, peraltro, è anche infondata, atteso che l’Amministrazione può legittimamente decidere di stipulare una convenzione per un prezzo minimo, nel rispetto dei principi previsti dal Codice dei contratti pubblici e garantendo sia la concorrenza sia il rispetto delle esigenze sociali, che assumono un rilievo determinante tanto nella fase di affidamento quanto in quella di esecuzione.
2.5. Con il quinto motivo la ricorrente censura l’art. 27 del regolamento, nella parte in cui prevede il divieto di permanenza dei familiari nei locali di osservazione.
2.5.1. La censura è inammissibile per carenza d’interesse in capo all’impresa ricorrente, atteso che:
– i depositi di osservazione (come gli obitori) sono destinati a esigenze strettamente mediche (manifestazione di vita, riscontro diagnostico, autopsie giudiziarie);
– le imprese di pompe funebri, quindi, non possono vantare alcuna pretesa a svolgere la propria attività nei locali in questione.
2.5.2. La censura, peraltro, è anche infondata, venendo in rilievo una norma regolamentare che non impedisce comunque alla ricorrente di trattare il familiare del deceduto con la dignità dovuta nella camera mortuaria.
2.6. Con il sesto motivo la ricorrente censura l’art. 29 del regolamento, nella parte in cui prevede la creazione di una c.d. struttura del commiato, da gestirsi da parte del Comune o mediante concessione di lavori pubblici.
Nel dettaglio, il comma 3 della norma in questione stabilisce che “tale struttura può essere realizzata e gestita o direttamente dal Comune o mediante Concessione di LL. PP., appalto dei servizi cimiteriali; può essere utilizzata anche per la custodia e l’esposizione delle salme solo se realizzata in aderenza o continuità con un’area cimiteriale. I reparti di vestizione e tanatoprassi sono utilizzabili anche dalle imprese di pompe funebri con modalità dettate da ordinanza del Sindaco, che dovrà garantire la “par condicio” fra tutte le imprese di pompe funebri che volessero utilizzare tale struttura”; il comma 7, inoltre, stabilisce che “le tariffe d’uso sono determinate nella Griglia Tariffaria Cimiteriale”.
La ricorrente contesta le modalità di realizzazione e di gestione della struttura di commiato individuate dal Comune e, in particolare, la previsione che consente la realizzazione e la gestione della sala di commiato direttamente da parte del Comune; tale previsione si porrebbe in contrasto con il regolamento regionale n. 6/2004, da cui emergerebbe che le strutture di commiato non appartengono ai Comuni, ma a soggetti terzi; la possibilità di realizzazione e gestione della sala di commiato direttamente da parte del Comune, inoltre, si porrebbe in contrasto con gli artt. 41 e 118, comma 4, Cost., volti a favorire l’iniziativa economica e l’intervento dei privati; illegittime sarebbero anche le altre alternative previsioni di realizzazione e gestione della struttura di commiato delineate dell’art. 29 cit., ovvero la concessione di lavori pubblici e l’appalto di servizi cimiteriali; sarebbe viziata, sotto diverso profilo, anche l’attribuzione al Sindaco del potere di dettare con ordinanza le modalità di utilizzazione dei reparti di vestizione e tanatoprassi; infine, sarebbe illegittimo anche il comma 7 dell’art. 29, in quanto, limitandosi ad affermare che le tariffe d’uso “sono determinate nella Griglia Tariffaria Cimiteriale”, non recherebbe criteri idonei ad autolimitare la discrezionalità dell’Amministrazione.
2.6.1. Preliminarmente, va rilevato che la previsione regolamentare in parola risulta idonea a limitare direttamente l’attività della ricorrente e, conseguentemente, deve ritenersi immediatamente lesiva nei suoi confronti; per tale ragione, va respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata sul punto dal Comune.
2.6.2. Nel merito, la censura è in parte fondata.
Invero, la previsione censurata, nella parte in cui prevede che la struttura del commiato può essere realizzata e gestita o direttamente dal Comune o mediante concessione di lavori pubblici, non risulta pienamente compatibile con le disposizioni contenute nell’art. 42 del regolamento regionale n. 6/2004, a tenore del quale:
1. I soggetti autorizzati allo svolgimento di attività funebre possono realizzare e gestire propri servizi per il commiato.
2. L’autorizzazione per la gestione di sale del commiato, idonee a ricevere e custodire persone decedute presso abitazioni, strutture sanitarie di ricovero o cura, è rilasciata dal comune ai soggetti autorizzati allo svolgimento di attività funebre, previa verifica che:
a) sussistano i requisiti previsti dall’articolo 4, comma 7, della legge regionale n. 22 del 2003;
b) durante il periodo di osservazione sia assicurata la sorveglianza anche a mezzo di apparecchiature di segnalazione a distanza, al fine del rilevamento di eventuali manifestazioni di vita della salma.
3. Le sale di commiato possono prevedere l’esercizio delle attività di imbalsamazione e tanatoprassi secondo le modalità e i termini stabiliti da apposito provvedimento della Giunta regionale.
4. La sala del commiato non può essere collocata in strutture obitoriali, strutture sanitarie pubbliche o private o nelle loro immediate vicinanze, nonché in strutture socio-sanitarie o socio-assistenziali.
5. Il comune controlla il funzionamento dei servizi per il commiato presenti nel proprio territorio, avvalendosi dell’ASL per gli aspetti igienico-sanitari.
6. Il gestore della sala per il commiato trasmette al comune il tariffario delle prestazioni concernenti i servizi per il commiato”.
Dalla semplice lettura della norma regionale richiamata emerge che la realizzazione e la gestione delle sale del commiato sono riservate a soggetti diversi dal Comune, dotati dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività funebre.
Il motivo, pertanto, è fondato in parte qua.
Per il resto la doglianza, nella parte in cui censura il potere attribuito al Sindaco e la Griglia Tariffaria Cimiteriale, è inammissibile per mancanza dell’attualità e immediatezza della lesione, tenuto conto, per un verso, che il potere in questione non è stato esercitato dal Sindaco e, per altro verso, che la Griglia Tariffaria de qua non risulta contestata.
2.7. Con il settimo motivo la ricorrente censura l’art. 36 del regolamento, nella parte in cui prevede la sepoltura solo con feretro: tale previsione si porrebbe in contrasto con la normativa regionale che ammette anche la sepoltura con il solo lenzuolo di fibra naturale (collegata anche a ragioni religiose), impedendo indebitamente la prestazione di questo tipo di servizio.
2.7.1. La censura è inammissibile.
Invero, la norma gravata così dispone:
1. Nessun cadavere può essere sepolto se non chiuso in feretro avente le caratteristiche di cui al successivo art. 42 e trascorso il periodo di osservazione prescritto dagli artt. 9/10/11 del D.P.R 285/1990.
2. In ciascun feretro non si può racchiudere che un solo cadavere. Madre e neonato, morti in concomitanza del parto o in conseguenza immediata di esso, possono essere chiusi in un feretro.
3. Il cadavere deve essere collocato nel feretro rivestito con abiti, preferibilmente di tessuti naturali, o decentemente avvolto in lenzuola”.
La disposizione in parola può – e deve – essere interpretata in senso conforme alla normativa sovraordinata, e, in particolare, alla previsione di cui all’art. 15 del Regolamento regionale n. 6/2004, a tenore del quale “In caso di richiesta di sepoltura col solo lenzuolo di fibra naturale, il comune può rilasciare autorizzazione, previo parere favorevole dell’ASL, ai fini delle cautele igienico-sanitarie”.
Ciò posto, è evidente che la norma <i>de qua</i>, interpretata nel senso sopra indicato, non risulta immediatamente lesiva degli interessi della ricorrente, sicché il motivo è inammissibile.
2.8. Con l’ottavo motivo la ricorrente impugna l’art. 38, comma 5, del regolamento, nella parte in cui non prevede sportelli e servizi dedicati per le imprese (a differenza di quanto invece previsto, dall’art. 9, comma 5, lettere a e b, per i cittadini), lamentando la violazione dei principi di tutela rinvenibili nel c.d. Statuto delle imprese (l. n. 180/2011).
2.8.1. La censura non coglie nel segno.
Invero, la formulazione letterale della disposizione impugnata, a tenore della quale “Imprese e privati, nello svolgimento delle pratiche presso gli uffici comunali, hanno parità di trattamento”, non si pone in contrasto con alcuno dei principi di cui alla l. n. 180/2011, né esclude che il Comune possa attivare sportelli e servizi dedicati per le imprese.
La censura, pertanto, va respinta.
2.9. Con il nono motivo la ricorrente censura l’art. 40 del regolamento, nella parte in cui prevede l’apposizione sul feretro di una targhetta ulteriore e aggiuntiva rispetto a quella già prevista dalla normativa vigente.
2.9.1. La censura non ha pregio.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che:
– la previsione di due targhette sul feretro si giustifica, come evidenziato dal Comune, in ragione della distinta funzione delle stesse: la prima targhetta ha lo scopo identificativo di corrispondenza del feretro durante la sua chiusura e all’atto dell’ingresso e della presa in carico dello stesso da parte del cimitero comunale; la seconda targhetta ha lo scopo organizzativo delle fosse, ossia garantisce la certa identificazione dei “resti” in caso di esumazione;
– in ogni caso, il pagamento della seconda targhetta è rinviato al tariffario cimiteriale comunale.
La censura, pertanto, va respinta.
2.10. Con il decimo motivo la ricorrente censura gli artt. 41, comma 1, e 129, comma 8, del regolamento, nella parte in cui consentono di svolgere attività commerciale di articoli funerari da parte pubblica (Comune e gestore del cimitero o di una sua parte, o dell’Ara crematoria) per contrasto con la normativa vigente (e violazione dei principi di concorrenza).
L’art. 41, comma 1, stabilisce che “Le casse ed i cofani mortuari destinati alla inumazione e alla tumulazione, come pure le cassette in zinco per resti ossei, le casse per resti mortali, le urne cinerarie, possono essere forniti sia da Imprese di Pompa Funebre private sia dal Comune ovvero dal Gestore di parte o dell’intera attività cimiteriale (o della gestione dell’eventuale Ara Crematoria)”.
L’art. 129, comma 8, prevede che “Al fine di agevolare i propri cittadini e con l’obiettivo di consentire l’accesso alla fruibilità dei servizi in un settore particolarmente delicato per le famiglie quale quello funerario l’Amministrazione comunale, attraverso specifica deliberazione di Giunta, può valutare la possibilità di proporre, in regime concorrenziale con le imprese del territorio, gli arredi occorrenti e i manufatti necessari per le sepolture dei cimiteri cittadini”.
2.10.1. Si tratta di norme immediatamente applicabili e, come tali, suscettibili di arrecare immediata lesione agli interessi della ricorrente, sicché non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune in relazione alle stesse.
2.10.2. Nel merito, la censura è fondata.
Invero, come efficacemente dedotto da parte ricorrente, lo svolgimento di attività commerciale da parte del Comune contrasta con il sistema normativo regionale che individua ruoli e funzioni differenti (ed incompatibili) tra il Comune e i soggetti che esercitano l’attività funebre (in particolare, v. artt. 74 e 75 della l.r. n. 33/2009), posto che:
– l’art. 75, comma 3, della l.r. n. 33/2009 stabilisce che “<i>La gestione e manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o privati. Se il gestore del cimitero svolge anche attività funebre è obbligatoria la separazione societaria prevista dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato)</i>”;
– ai sensi dell’art. 75 della l.r. n. 33/2009 è compito del Comune l’organizzazione dei cimiteri, mentre la vendita degli articoli funebri, ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. b, della stessa legge è rimessa ai soggetti che esercitano l’attività funebre (comma 2: ditte individuali, società o altre persone giuridiche), che la svolgono sulla base di titolo che si perfeziona presso il Comune (comma 3).
Peraltro, non può condividersi l’assunto comunale secondo cui l’Ente, mediante il trasferimento del ramo d’azienda relativo al servizio cimiteriale ad una propria società in house, avrebbe già da tempo esternalizzato i servizi in questione, tenuto conto che l’affidamento in house costituisce un modello di gestione dei servizi pubblici locali con cui l’Amministrazione internalizza un’attività, anziché esternalizzarla; inoltre, non risulta agli atti di causa che la società che gestisce il servizio cimiteriale abbia adempiuto all’obbligo di separazione societaria di cui al sopra richiamato art. 75, comma 3, della l.r. n. 33/2009.
Per le ragioni esposte, la censura va accolta.
2.11. Con l’undicesimo motivo la ricorrente censura l’art. 42, comma 1, lett. a), del regolamento, nella parte in cui prevede uno spessore massimo dei feretri di cm 3, in quanto una tale limitazione non è prevista dalla normativa e il Comune non sarebbe abilitato ad imporla.
La censura è manifestamente infondata, atteso che, per un verso, nessuna norma vieta al Comune di imporre uno spessore massimo e, per altro verso, si tratta di una misura comunque superiore allo spessore minimo di cui all’allegato 3 del regolamento regionale n. 6 del 2004 (ossia 20 mm per le casse di legno e 25 mm quando all’interno della cassa di legno vi è la cassa metallica), non manifestamente irragionevole e in ogni caso applicabile a tutti gli operatori del settore all’interno del territorio comunale, senza discriminazioni di sorta.
La censura, pertanto, va respinta.
2.12. Con il dodicesimo motivo la ricorrente censura l’art. 42 del Regolamento comunale, nella parte in cui prevede l’utilizzo di particolari tipi di casse, o con determinate caratteristiche, in asserito contrasto con la normativa vigente.
2.12.1. Preliminarmente, occorre rilevare che la doglianza è inammissibile, per difetto di interesse, nella parte in cui è volta a contestare previsioni già rimosse per il tramite della deliberazione consiliare n. 70 del 24.7.2017.
2.12.2. Il motivo, invece, è ammissibile – e fondato, come si vedrà nel prosieguo – con riguardo alle disposizioni di seguito indicate.
È oggetto di gravame, in primo luogo, il comma 1, lett. d), a tenore del quale “Per trasporti da Comune a Comune è sufficiente il feretro di legno di spessore non inferiore a mm. 25 a norma dell’art. 30, punto 5, del D.P.R. 285/1990. L’impiego della doppia cassa (legno e metallo) è limitata ai soli casi di tumulazione o particolari esigenze sanitarie per evidente pericolo per la salute pubblica esplicitate dal medico necroscopo”: secondo la prospettazione di parte ricorrente si tratta di misure non previste dall’art. 18 del regolamento regionale n. 6/2004 e dal suo allegato 3 (per cui è sufficiente uno spessore di 20 mm e che non prevede le ulteriori limitazioni apposte dal Comune di Busto Arsizio, le quali, peraltro, invaderebbero illegittimamente la sfera di attribuzioni di altri Comuni, avendo effetti sul loro territorio, trattandosi del trasporto tra Comuni).
Per le medesime ragioni sopra illustrate, la ricorrente censura anche il terzo alinea della lett. e) del comma 1, nella parte in cui prescrive l’utilizzo di cassa con rivestimento di zinco al di fuori dei casi previsti dalla normativa: esso genererebbe indebiti costi per l’impresa, rispetto a quelli, più contenuti, connessi all’utilizzo di prodotti diversi.
Oggetto di censura è, inoltre, il comma 5, il quale stabilisce che, “se nel trasferimento è stato impiegato il doppio feretro e il cadavere è destinato a sepoltura in terra, deve essere praticata nella parte superiore della cassa metallica un’idonea apertura al fine di consentire il processo di mineralizzazione, nonché praticate aperture sul fondo della cassa metallica esterna, ovvero sempre quando possibile, si dovrà provvedere alla eliminazione totale della controcassa in zinco”: a dire della ricorrente si tratta di pratica non consentita dalla normativa regionale, non essendovene traccia nella l.r. n. 33/2009 o nel regolamento regionale n. 6/2004; inoltre, si tratterebbe di pratica desueta e molto spesso anche illegittima, atteso che il feretro dovrebbe poter essere ordinariamente riaperto solo su disposizione dell’Autorità giudiziaria.
Viene contestato, infine, il disposto del comma 8, nella parte in cui rende meramente facoltativa l’applicazione, alle casse metalliche, di valvole o speciali dispositivi, autorizzati dal Ministero della Sanità, idonei a fissare o a neutralizzare i gas della putrefazione: tale previsione sarebbe illegittima in quanto la valvola sul cofano – a determinate condizioni – è obbligatoria ai sensi dell’Allegato 3 del regolamento regionale n. 6/2004, e non meramente facoltativa.
2.12.3. Il motivo è fondato.
Invero, le gravate prescrizioni di cui al comma 1, lett d) e lett e), e al comma 5 dell’art. 42 del regolamento non trovano giustificazione nella normativa sovraordinata, che già contiene idonee precauzioni volte a garantire condizioni igieniche e salubri.
In altri termini, le norme contestate limitano e condizionano ingiustificatamente l’attività dell’impresa ricorrente, imponendo l’utilizzo di prodotti e lo svolgimento di adempimenti non necessari.
Inoltre, con specifico riferimento al comma 8, la norma è illegittima nella misura in cui prevede come facoltativo, anziché come obbligatorio, l’utilizzo di valvole (o dispositivi analoghi) nei casi indicati nell’Allegato 3 al regolamento regionale n. 6/2004.
La censura, pertanto, va accolta.
2.13. Con il tredicesimo motivo la ricorrente censura il disposto dell’art. 49, comma 2, del regolamento, a tenore del quale “<i>I trattamenti conservativi sono svolti a cura della impresa di pompe funebri interessata e sono eseguiti secondo quanto previsto dalla norma nazionale vigente e quanto eventualmente prescritto dall’A.S.L. competente per territorio</i>”: tali adempimenti, a dire della ricorrente, non competerebbero alle imprese di pompe funebri ai sensi della normativa vigente, e, inoltre, il trattamento in questione potrebbe essere cancerogeno.
2.13.1. Il motivo è infondato, atteso che:
– il trattamento deve essere eseguito “a cura” dell’impresa di pompe funebri, sicché quest’ultima potrà farlo eseguire da personale addestrato;
– il relativo onere economico è a carico dei familiari del defunto;
– sono disponibili in commercio anche prodotti non tossici, autorizzati già dal marzo 2008 dalla stessa Regione Lombardia, come evidenziato dalla difesa comunale.
Il motivo, pertanto, va respinto.
2.14. Con il quattordicesimo motivo la ricorrente censura l’art. 64 del regolamento, nella parte in cui fa divieto alle imprese di offrire i propri servizi al domicilio dei defunti, e – di fatto – in luoghi diversi dalla sede dell’impresa, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa regionale.
2.14.1. Il motivo è infondato.
La norma gravata, invero, vieta alle imprese, secondo criteri ragionevoli, di “offrire i propri servizi e forniture al domicilio dei defunti o presso ospedali, case di cura, ecc., e, comunque, accaparrarsi i servizi in modo molesto ed inopportuno, ricorrendo a sistemi e metodi che adombrino sospetto di accordo o di corruzione all’interno dei luoghi di cura o degli uffici pubblici”.
Nessun contrasto, peraltro, è ravvisabile tra la disposizione in parola e l’art. 74 della l. r. n. 33/2009, ai sensi della quale “Il conferimento dell’incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di casse e articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli interessati, presso altro luogo, purché non all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private e locali di osservazione”.
Quest’ultima disposizione, infatti, come efficacemente evidenziato dalla difesa del Comune, riguarda il conferimento dell’incarico e non l’accaparramento dei servizi.
Il motivo, pertanto, va respinto.
2.15. Con il quindicesimo motivo la ricorrente censura gli articoli 127, 78, 104, 129, 131 e 132 del regolamento: tali norme, a dire dell’interessata, stabilirebbero obblighi di uniformazione in maniera irragionevole nella realizzazione dei monumenti, lastre di colombari e cellette, cippi, in quanto porrebbero limitazioni e vincoli asseritamente eccessivi, o rinvierebbero in bianco al piano regolatore cimiteriale (senza adeguatamente circoscrivere il potere così attribuito), senza consentire un adeguato contemperamento degli interessi concorrenti, incidendo così pure irragionevolmente sulla libertà di iniziativa e attività delle imprese.
2.15.1 Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse.
La ricorrente non ha indicato concretamente quali sarebbero gli interventi o le attività ad essa precluse dalle norme impugnate, le quali risultano pertanto prive del carattere della immediata lesività.
2.16. Con il sedicesimo motivo la ricorrente contesta l’art. 82 del regolamento: tale norma confonderebbe indebitamente estumulazioni straordinarie ed ordinarie, ponendo limiti asseritamente non conformi alla normativa quanto ai mesi in cui possono essere eseguite (essendo esclusi i mesi di luglio e agosto).
2.16.1. La censura non ha pregio.
La scelta di sospendere nei mesi di luglio e agosto le estumulazioni di cui al comma 3, lett. b) della norma impugnata (ossia le estumulazioni effettuate, dietro richiesta dei familiari/aventi titolo/concessionari, trascorsi 20 anni dalla tumulazione), non contrasta con alcuna norma di rango sovraordinato.
La previsione in parola, del resto, è tutt’altro che irragionevole, atteso che:
– l’operazione di estumulazione (rimozione della lapide, smuratura della tamponatura sino ad avere accesso al feretro) e contestuale trasformazione in resti, comporta l’apertura del feretro ove è conservata la salma;
– tale apertura, con esposizione della salma all’aria, può comportare dei rischi igienico-sanitari;
– tali rischi sono ragionevolmente maggiori nei mesi di luglio e agosto, per la presenza di temperature più elevate rispetto ai restanti mesi dell’anno.
Il motivo, pertanto, va respinto.
2.17. Con il diciassettesimo motivo la ricorrente contesta l’art. 93 del regolamento, nella parte in cui impone l’asportazione del pacemaker prima della cremazione.
La norma sarebbe illegittima in quanto si tratta di materia rimessa alla disciplina degli organi regionali e si tratta comunque di operazione riservata ai medici; inoltre, sarebbe problematica l’applicazione della disposizione con riguardo ai pacemaker più vecchi, alimentati con materiale radioattivo.
2.17.1. La censura è inammissibile per carenza d’interesse.
La ricorrente non ha chiarito in quali termini l’asportazione dei pacemakers prima della cremazione, come previsto nel regolamento, possa essere di ostacolo allo svolgimento dell’attività dell’impresa, posto che, come rilevato nello stesso ricorso, si tratta di operazione riservata ai medici; le operazioni descritte potrebbero anche essere effettuate dal personale addetto ed addestrato, alla presenza di un rappresentante dell’ASL, nelle camere mortuarie presenti nell’area cimiteriale in cui sono collocati gli impianti di cremazione.
2.18. Con il diciottesimo motivo la ricorrente censura l’art. 108, comma 4, del regolamento, nella parte in cui non consente in alcun caso la pre-concessione (concessione in vita o senza presenza di cadavere) di loculi, ossari e cinerari: la disposizione contrasterebbe con la normativa regionale (art. 25, comma 2, del regolamento regionale n. 6/2004) che ammette – nei casi da essa previsti – la prenotazione del loculo (e la previsione sarebbe tanto più irragionevole per i casi in cui i loculi fossero realizzati con forme di partenariato pubblico-privato).
La ricorrente, inoltre, contesta il comma 5 dello stesso art. 108, nella parte in cui prevede la necessità di (atti notarili o) scritture private autenticate per disporre dei posti salma: secondo la difesa attorea, trattandosi di concessioni amministrative, troverebbero applicazione esclusivamente le disposizioni del d.P.R. n. 445/2000, senza quindi la necessità dell’imposizione di autentiche notarili.
2.18.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, non essendo chiaro quale potrebbe essere, in termini concreti, il pregiudizio arrecato dalle previsioni impugnate alla libertà di iniziativa economica della ricorrente.
2.18.2. In ogni caso, il motivo è anche infondato, atteso che:
– la normativa regionale richiamata dalla ricorrente consente, ma non impone al Comune di effettuare la prenotazione del loculo del coniuge (o del parente di primo grado) del defunto per essere successivamente affiancato allo stesso, sicché il Comune può legittimamente decidere di non consentire la prenotazione, in considerazione del peculiare contesto di riferimento;
– l’autenticazione della firma non deve essere apposta necessariamente da un notaio, come pare sottintendere la ricorrente, essendo sufficiente rivolgersi anche ad un pubblico ufficiale nell’ambito della stessa Amministrazione comunale, senza particolari oneri.
2.19. Con il diciannovesimo motivo la ricorrente censura ancora l’art. 108 del regolamento, in relazione alla disposizione sull’assegnazione automatica di colombari a loculi e/o ossari/cinerari, nonché in relazione alla previsione dell’obbligo di bando per l’assegnazione di aree e di manufatti ad uso di sepoltura.
Nel primo caso (comma 8), l’assegnazione del posto è effettuata d’ufficio dal Comune, secondo il criterio di occupazione da esso stabilito (“secondo l’ordine di decesso, da destra verso sinistra, in verticale, dal basso verso l’alto per ogni fila”): secondo la prospettazione di parte ricorrente, poiché i costi del posto assegnato sono graduati dalle tariffe a seconda delle file, il sistema sarebbe irrazionale, in quanto prescinderebbe dalla capacità economica degli interessati, e si ripercuoterebbe dannosamente sulle imprese, in quanto “ciò che si paga in più per il posto non voluto viene poi detratto da quanto si può dedicare all’onoranza del defunto”.
Inoltre, la previsione della concessione mediante bando (comma 10) sarebbe di ostacolo all’assegnazione tempestiva secondo le esigenze di sepoltura (in asserito contrasto con quanto previsto dalla normativa regionale), e sarebbero del tutto indeterminati i criteri di assegnazione.
2.19.1. Le censure sono inammissibili, in quanto i pregiudizi paventati dalla ricorrente sono all’evidenza meramente eventuali e ipotetici, in mancanza dell’assegnazione concreta di un posto e dell’avvio della procedura di concessione tramite bando.
2.20. Con il ventesimo motivo la ricorrente censura l’art. 117, commi 10 e 11, del regolamento, nella parte in cui prevede un canone manutentivo per il cimitero ed un possibile canone manutentivo per le tombe: la previsione sarebbe illegittima in quanto la normativa sovraordinata non prevede che siano riscosse dal Comune delle somme in relazione a quanto indicato.
2.21. Il motivo è manifestamente inammissibile per carenza d’interesse.
Come riconosciuto dalla stessa ricorrente nel ricorso, sia il comma 10 che il comma 11 rinviano la fissazione delle somme ad una “griglia tariffaria”, che peraltro non risulta impugnata, sicché le disposizioni gravate non sono suscettibili di arrecare immediata lesione alla ricorrente.
2.21. Con il ventunesimo motivo la ricorrente censura l’art. 130, comma 1, del regolamento, nella parte in cui obbliga l’operatore a trasportare e smaltire i materiali di scarto – a cura e spese dell’esecutore di lavori – alle discariche o luoghi indicati dall’Ufficio tecnico: si tratterebbe di previsione non supportata dalla normativa regionale; inoltre, mentre per i privati cittadini sarebbe comunque previsto che la prestazione sia resa dal Comune dietro corresponsione delle spese, una tale facoltà non sarebbe estesa anche agli operatori economici professionali; ancora, l’obbligo di conferimento nei soli luoghi indicati dal Comune violerebbe la libertà di iniziativa economica (l’operatore dovrebbe poter scegliere anche un sito diverso – purché idoneo – cui conferire i materiali, senza che si avvantaggino indebitamente i soggetti scelti dall’Ente).
2.21.1. Il motivo è ammissibile – trattandosi di prescrizioni idonee a condizionare direttamente l’attività della ricorrente – e in parte fondato.
Al riguardo, osserva il Collegio che:
– è legittima la regola, desumibile dalla disposizione gravata, secondo cui chiunque effettui lavori presso i cimiteri deve procedere al successivo smaltimento del materiale residuo o di quant’altro utilizzato per l’esecuzione degli stessi, così come è legittimo che, qualora tale smaltimento non avvenga, il Comune proceda d’ufficio ponendo le relative spese a carico dell’esecutore dei lavori, indipendentemente dal fatto che si tratti di privato o di impresa;
– la norma impugnata, così interpretata, non comporta disparità di trattamento tra privati e imprese funebri;
– l’obbligo di conferimento nei soli luoghi indicati dal Comune, invece, viola la libertà di iniziativa economica degli operatori, tra cui la ricorrente, privandola ingiustificatamente della possibilità di scegliere anche un sito diverso (purché idoneo) cui conferire i materiali, e attribuendo al contempo una indebita posizione di vantaggio ai soggetti indicati dal Comune;
– in altri termini, non si ravvisano ragioni per non consentire all’impresa di individuare autonomamente i luoghi di conferimento, sia pure tra quelli idonei secondo la normativa vigente.
Il motivo, pertanto, va accolto in parte.
2.22. Con il ventiduesimo motivo la ricorrente censura, infine, la deliberazione consiliare n. 70 del 24.7.2017 (con la quale sono state apportate, come visto sopra, alcune modifiche al regolamento oggetto di gravame), nella parte in cui non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate tramite l’associazione di categoria Federcofit, che sarebbero state di fatto ignorate.
2.22.1. La censura è infondata.
Il Comune, nella predisposizione del gravato regolamento, non era obbligato a tener conto delle osservazioni pervenute dall’esterno, né a motivare in relazione alle stesse; ne consegue che, anche a voler ammettere che il Comune non abbia valutato le osservazioni presentate da Federcofit, l’operato comunale non può ritenersi per ciò solo viziato.
Il motivo, pertanto, va respinto.
3. In ragione delle suesposte considerazioni, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile, in parte respinto e in parte accolto, nei sensi sopra indicati, con il conseguente annullamento degli artt. 29, comma 3, 41, comma 1, 129, comma 8, 42, comma 1, lett. d) e lett. e), comma 5 e comma 8, e 130, comma 1, dell’impugnato regolamento, nei sensi e nei termini sopra indicati.
4. Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti costituite, in considerazione della particolarità della vicenda e della reciproca, parziale soccombenza; nulla deve disporsi, peraltro, per le parti non costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo respinge e in parte lo accoglie, nei sensi e per gli effetti indicati in motivazione.
Spese compensate tra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Giovanni Zucchini, Consigliere
Oscar Marongiu, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Oscar Marongiu)
IL PRESIDENTE (Angelo Gabbricci)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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