Quesito pubblicato su ISF2021/Spec-f

Nel caso di un cittadino italiano morto all’estero, chi deve rilasciare l’autorizzazione? Ad es. nel caso di una persona deceduta in Svizzera, con trasporto in Italia, a chi compete il rilascio dell’autorizzazione: sorge in capo al Comune italiano in cui il cadavere è in transito verso la sua destinazione ultima?
Quindi dove va indicato il Comune in cui viene effettuata la funzione religiosa o la cremazione?
Risposta:
L’ipotesi formulata è stata, a suo tempo, affrontata anche nella circolare SEFIT n. 4540 del 24 settembre 2001 “Ulteriori chiarimenti applicativi di norme concernenti la cremazione” (che si allega), e, di seguito, se ne riporta l’estratto di nostro interesse:
Cremazione in Italia
Nel caso in cui si abbia il trasporto della salma in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.
L’accertamento di tale esclusione può presentare aspetti problematici, in quanto va necessariamente riferito all’autorità che ne sia competente nel luogo di decesso, competenza che risulta del tutto variabile da Stato a Stato e la cui competenza è naturalmente non conosciuta all’autorità italiana chiamata al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.
Tuttavia si deve considerare che in tali casi, specie quando si tratti di introduzione della salma da un Paese non aderente alla Convenzione firmata a Berlino il 10 febbraio 1937, sia prevista la presentazione all’autorità consolare italiana ed ai fini dell’istruttoria per l’autorizzazione all’introduzione della salma, anche di un certificato indicante la causa della morte (punto 8.3 della circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 24 giugno 1993), cosa che consente preventivamente di disporre di elementi probatori sostanzialmente idonei ad escludere il sospetto che la morte sia dovuta a reato.
Nel caso di introduzione della salma da Paese aderente alla Convenzione firmata a Berlino il 10 febbraio 1937, tale certificazione non è richiesta, salvo non lo sia dalle procedure amministrative interne allo Stato di invio, lasciando priva di documentazione di sorta l’accertamento dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato, che, in ogni caso, deve essere reato rientrante nelle fattispecie degli artt. 9 e 10 C. P:, ma che rileva, per la legge penale italiana, se il reo si trovi in territorio italiano.
Mancando la fonte documentale del certificato della causa della morte, la documentazione idonea ad escludere che la morte non sia dovuta a reato deve essere presentata, a cura di chi richieda la cremazione, presentando titoli idonei rilasciati dalle autorità competenti del Paese di decesso, debitamente muniti della legalizzazione, salvo non si tratti di Paesi con i quali siano vigenti convenzioni, multilaterali o bilaterali, per l’esenzione o la riduzione dalla legalizzazione, e debitamente tradotta in forma ufficiale nella lingua italiana (art. 33 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
In assenza di detta documentazione acquisita all’estero, non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione necroscopica, conseguente a specifico riscontro diagnostico, da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.
Tuttavia, va osservato che la cremazione del cadavere deceduto all’estero dopo l’avvenuta introduzione della salma in Italia, determina anche altre conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.
Infatti, vanno affondate le questioni concernenti la competenza territoriale all’autorizzazione alla cremazione, non quella funzionale che è stabilita dall’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
L’art. 79 citato non affronta la questione della competenza territoriale, in quanto si colloca nella previsione per cui il cadavere non possa essere trasportato se non previa autorizzazione del Comune di decesso (art. 34 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) e che debbano essere preventivamente rilasciate le autorizzazioni di cui all’art. 74 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che portano alla individuazione univoca della competenza territoriale in capo al Comune di decesso od, eventualmente, nel caso in cui si ignori il Comune di decesso, del Comune dove il cadavere sia deposto (art. 72, comma 1 stesso D.P.R. che, per altro, non si applica ai casi di cui al comma 3).
Il criterio del Comune di decesso non risulta evidentemente idoneo per definire la competenza di un’autorità italiana in Italia, nel caso in cui la cremazione venga richiesta successivamente all’introduzione della salma dall’estero.
In tali casi, la competenza territoriale al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, secondo altro criterio che va individuato alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della Sanità n. 24 del 24 giugno 1993, cioè in capo al Comune “ove è sepolta la salma”, da intendersi come il Comune in cui la salma è stata introdotta, sulla base del passaporto mortuario o dell’autorizzazione prevista dall’art. 28 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, quando la salma non sia stata ancora “sepolta”, oppure nel suo senso letterale, quando la “sepoltura” abbia avuto luogo. In quest’ultimo caso, va tenuta presente anche la circolare del Ministero della Sanità n. 10 del 31 luglio 1998, salvo non ricorrano i casi di cui agli artt. 83, comma 1, 88 e 89 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

Si tratta di un orientamento interpretativo, a suo tempo, condiviso anche dai Ministeri della Sanità e dell’Interno.

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