“I Comuni sono d’accordo con l’obiettivo della riforma dei servizi pubblici locali, ma deve cambiare il metodo del confronto con il governo. L’Anci deve diventare la protagonista di una seria riforma liberale del sistema che punti ad assicurare prestazioni efficienti al cittadino”. E’ quanto ha sottolineato Alessandro Cattaneo vicepresidente di Anci nazionale e sindaco di Pavia che, al direttivo ANCI del 26 gennaio 2012, ha presentato un ordine del giorno sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che è stato inviato al governo ed ai capigruppo parlamentari. Per Cattaneo il tema dei servizi deve “tornare al centro dell’agenda politica, anche se – ha evidenziato il vice presidente Anci – in questo frangente si vive una situazione confusa, con l’Unione europea che spinge per una riforma e i recenti referendum che hanno rappresentato un freno”. In ogni caso bisogna “mettere in primo piano l’ interesse dei cittadini ad un servizio efficiente”. Per questo motivo “è necessario che il percorso che porta alla riforma sia condiviso” attraverso l’avvio “di una regia comune tra il ministero e l’Anci”. In questo senso il sindaco di Pavia ha fatto cenno “ad alcuni aspetti che vanno ancora chiariti, partendo dalla questione dei parametri di virtuosità nella gestione e dall’eccessiva demonizzazione degli affidamenti in house”. D’altro canto “soltanto i Comuni possono garantire la competenza necessaria per intervenire su un comparto che gestiscono da tantissimo tempo. Qualsiasi processo di riforma efficace – ha concluso Cattaneo – non può non tenere conto della loro presenza”.
Di seguito si riporta il testo dell’ordine del giorno approvato dal direttivo ANCI
IL COMITATO DIRETTIVO DELL’ANCI Riunitosi a Roma il 26 gennaio 2012
PREMESSO CHE
– i Comuni sono titolari delle funzioni in materia di servizi pubblici locali;
– uno degli obiettivi primari della riforma dei servizi pubblici locali è quello di consentire gestioni efficienti, efficaci ed economiche per le amministrazioni e di qualità per gli utenti;
– i settori interessati dalla nuova disciplina sono molteplici ed alquanto differenti fra loro;
– i servizi pubblici locali sono essenziali per la collettività e nel tempo i Comuni, attraverso le forme gestionali previste dalla legge, hanno comunque investito risorse significative per migliorare la qualità dei servizi per i cittadini e, nonostante le difficoltà di carattere finanziario, garantirne l’erogazione e l’universalità;
– la volontà dei Comuni è quella di perseguire una liberalizzazione sostenibile senza oneri per amministrazioni e cittadini, all’interno di un contesto legislativo chiaro e coerente.
CONSIDERATO CHE
– L’articolo 25 del dl 1/2012, c.d. decreto liberalizzazioni, pubblicato in GU il 24.1.2012 interviene nuovamente sulla disciplina dei servizi pubblici locali, apportando consistenti modifiche all’articolo 4 del dl 138/11 smi;
– la nuova norma prevede che le Regioni e le Province autonome definiscano, entro metà anno, ambiti o bacini territoriali omogenei per l’organizzazione dei servizi pubblici locali, di dimensione almeno provinciale, senza tener conto che ciò non è possibile in senso assoluto in quanto i servizi stessi si caratterizzano per la loro peculiarità e sono legati ad elementi fisici ed industriali dei territori, che non sempre possono essere universalmente definiti e soprattutto sono peculiari delle diverse tipologie di servizio; – la dimensione minima provinciale, prevista a prescindere da qualsivoglia analisi economico-territoriale, di per sé, è assolutamente inadeguata a garantire le necessarie economie di scala e slegata dagli obiettivi amministrativi di ridefinizione di tali contesti, prevista dal dl 201/11 smi;
– altre norme di settore prevedono già prevedono ambiti territoriali, con la ridefinizione, entro fine anno da parte delle Regioni degli enti di governo degli stessi, che hanno evidenziato rilevanti difficoltà operative; – non vengono identificati i settori che potenzialmente potrebbero essere oggetto di liberalizzazione, iniziativa che invece avrebbe potuto semplificare e velocizzare l’azione degli enti locali;
– alcuni servizi, quali i rifiuti, sono strettamente collegati al ruolo del Sindaco, quale Autorità responsabile della tutela della salute dei propri concittadini;
– manca la necessaria chiarezza normativa, registrando anzi l’incoerenza delle disposizioni rispetto a norme già vigenti in materia di servizi pubblici locali e società partecipate ed alla confusione fra liberalizzazione, concorrenza e privatizzazione, di difficile declinazione operativa;
– la limitazione dell’in house a 200.000 euro, senza consentire il ricorso immediato ad altre possibilità di affidamento, appare eccessiva e stringente cos’ come l’imposizione per tali soggetti di vincoli relativi a patto di stabilità, norme sul personale e sulla finanza pubblica che non lasciano margini operativi alle società che, anche se a vocazione industriale, non possono pianificare i necessari investimenti;
– impedendo, di fatto, anche il ricorso a procedure competitive, ancorchè in regime di esclusiva
– se non dopo l’emanazione di alcuni atti governativi e dell’organizzazione degli ambiti o bacini territoriali, attraverso una onerosa procedura – le norme determinano un possibile blocco della concorrenza ed un aggravio di tempi e costi per l’amministrazione, favorendo lo status quo;
– è prevista un’Autorità di settore, che interviene quale regolatore, senza identificarla o definirla;
– prevede l’affidamento con gara ad evidenza pubblica quale elemento di virtuosità per gli enti territoriali, dimenticando che la stessa – sopra i 10.000 abitanti – è condizionata al parere obbligatorio dell’Antitrust;
– la fusione delle aziende in house limitata a tre anni, possibile in deroga ma solo a livello di ambito o bacino, almeno provinciale, non assicura i necessari investimenti nel settore e costituisce un incentivo modesto rispetto all’obiettivo ed agli sforzi per perseguirlo; – non è prevista la possibilità, per i Comuni di proporre aggregazioni spontanee alle Regioni, tali da assicurare il corretto svolgimento della gestione associata, anche valorizzando soggetti già costituiti;
– gli incentivi sono assolutamente inadeguati ed insufficienti sia a garantire i necessari processi di fusione aziendale e di aggregazione comunale che le possibili dismissioni delle partecipazioni comunali, determinando perdite di valore per le aziende pubbliche;
– l’incertezza normativa derivante dall’articolo 25 impedisce l’accesso al credito degli operatori sia pubblici che privati;
– si registra l’assoluta mancanza di strumenti di ausilio alle amministrazioni locali, chiamate ad applicare la disciplina proposta;
– non ha assolutamente senso l’imposizione di norme così specifiche e dettagliate che ingessano il sistema, se poi è prevista una Autorità di settore che dovrà avere il compito di regolatore, determinando la fuoriuscita di operatori non aventi le necessarie caratteristiche competitive;
– manca assolutamente un processo graduale che consolidi la concorrenza per il mercato e che porti poi alla concorrenza nel mercato dove il cittadino può scegliere il prestatore di servizi;
– vengono introdotti vincoli e limiti validi per le amministrazioni anche alle Aziende speciali ed alle Istituzioni, determinando così il venir meno dei presupposti di organismi flessibili di gestione dei servizi e determinando una ri-burocratizzazione gestionale dei servizi dell’ente locale;
– i Comuni sono stati completamente estromessi dal procedimento istruttorio decisionale in tale delicata materia con conseguenze sulla regolazione della materia stessa e su quella tariffaria;
– rispetto alle auspicate semplificazione e concorrenza, la norma determina un pesante aggravio di compiti e procedure per gli enti locali ed un oggettivo svuotamento dei loro compiti e funzioni, oltre a possibili contenziosi in sede applicativa.
DELIBERA
– Di approvare il presente OdG, contenente osservazioni, valutazioni e criticità della nuova regolazione nel settore dei servizi pubblici di rilevanza economica.
– Di dare mandato al Presidente di formalizzare la richiesta di incontro urgente ai Capigruppo di Camera e Senato dei partiti che sostengono il Governo, onde esporre le criticità rilevate e poter agire in sede di conversione del decreto 1/2012 in legge per eliminare le più palesi incongruenze e rendere più chiaro il quadro normativo.
– Di dare mandato al Presidente di formalizzare la richiesta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Affari regionali ed agli altri Ministri competenti, affinché venga convocata una riunione straordinaria ed urgente di Conferenza Unificata per approfondire tali problematiche al fine di concordare un quadro chiaro e certo di regole e criteri condivisi che salvaguardino il ruolo dei Comuni nonché dell’assetto ordinamentale connesso alle discipline di settore.
– Di richiedere l’immediata costituzione di una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio con il coinvolgimento dei Ministeri competenti per individuare strumenti e risorse da destinare al supporto ai Comuni nel processo di liberalizzazione e per monitorare l’attuazione delle norme.
Di norma la risposta al quesito è data entro 3 giorni lavorativi.
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