[fun.news.045] Il lutto nella società italiana contemporanea

Il convegno organizzato dalla Fondazione Ariodante Fabretti a Torino il 2 dicembre 2000 ha fatto confrontare alcune esperienze di mondi diversi, siano essi universitari o imprenditoriali. Si sono confrontati dapprima gli universitari: – con una lettura storica del fenomeno, attraverso una puntuale ricostruzione del lutto nell’Europa dal MedioEvo all’inizio del secolo scorso, fatta da Michel Vovelle della Sorbona di Parigi; – con quella antropologica di Lombardi Satriani dell’Università di Roma; – quella psicologica di Francesco Campione dell’Università di Bologna. Diverse le letture del fenomeno, con pochi elementi di contatto, in cui spiccava la differenza di posizioni fra chi come Campione evidenziava la deritualizzazione in corso nell’attuale società e chi come Satriani che invece teorizza la continua elaborazione della società di nuove ritualità: una ricerca continua di nuovi riti, senza abbandonare le radici. Durante l’incontro sono state illustrate da parte di Christina Scarmato dell’Università di Torino, le usanze funerarie nella cultura maghrebina, un elemento di conoscenza per capire come queste possano integrarsi con le tradizioni italiane. Una mattinata dedicata al perché del rito, al come e al quando farlo. Il Convegno è poi proseguito nel pomeriggio cercando di approfondire quali possano essere le figure, i rispettivi ruoli e i luoghi ove procedere ai riti. La discussione si è sviluppata soprattutto sulla opportunità di importare il modello anglosassone (in cui parte del rito è affidato al mediatore, sia esso un amico, un prete o altro e parte all’impresario funebre, con lo svolgimento all’interno di strutture specializzate denominate “funeral home”), di orientarsi sull’esperienza francese (nella quale il cimitero è essenzialmente pubblico, con la ritualità che avviene sempre più in “chambres funeraires”, gestite da imprese funebri) o se invece mantenere e correggere l’esperienza italiana (nella quale il rito avviene per lo più in Chiesa, quindi in un luogo intermedio fra la partenza da casa o dall’ospedale e l’arrivo in cimitero). E’ stata segnalata per l’Italia l’inosservanza della norma che impone alle strutture sanitarie di avere camere ardenti degne di tale nome, risolvendo così anche il problema dei rituali dei non cattolici. Tra gli operatori dei servizi funerari si è poi aperta una polemica fra chi intende importare in Italia modelli stranieri, costruendo “funeral home” con capitali dell’imprenditoria funebre, dando così risposta qualificata ad una esigenza effettiva (FENIOF e Federcofit, rappresentate rispettivamente da Cialdella e Caciolli) e chi ritiene che vi debba essere separazione fra chi fa impresa funebre e chi fornisce supporto al lutto, così come dei luoghi nei quali fare i riti, pungolando le strutture sanitarie a fornire un servizio degno di essere chiamato così (SEFIT rappresentata da Fogli). Secondo Fogli il luogo deve essere quello di decesso (casa o struttura sanitaria), il chi deve essere una persona cara, una officiante o un soggetto distinto dall’impresario funebre, appositamente formato. L’incontro ha poi permesso di mettere a fuoco il disagio degli operatori del premorte (volontari, infermieri, medici) e di quelli del post mortem (operatori funebri, operatori cimiteriali, addetti alla trattazione del funerale) e delle tecniche più appropriate per fornire loro un aiuto qualificato. Si è discusso della necessità di aiuto psicologico o da parte di socio analisti per chi è a contatto con il morente o con la fisicità della morte. La buona partecipazione di pubblico e l’intenso dialogo intrecciatosi fra i relatori sono stati sottolineati da Giovanni De Luna e Marina Sozzi, che hanno introdotto o riassunto, tra gli altri, i lavori.

Written by:

0 Posts

View All Posts
Follow Me :

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.