Quanto è possibile programmare la gestione cimiteriale – 1/2

Premessa introduttiva
A partire dal 2020, l’evento “pandemia da CoVid-19” ha fatto ri-emergere una questione che, in precedenza, era stata abbastanza rimossa, magari relegata a quegli adempimenti e procedure di cui non si coglieva immediatamente l’utilità e, anche per questo, considerata come un mero adempimento, magari amministrativo, che una volta – formalmente assolto – andava alla fin fine “messo nel cassetto” e da riprendere quando, passato il tempo previsto, esso doveva (o, avrebbe dovuto) essere oggetto di aggiornamento.
Si tratta della programmazione cimiteriale.

Il fatto che questo evento, destinato a produrre effetti nel tempo, la cui durata non è stata immediatamente stimata (ben pochi hanno tenuto conto, specie nel primo anno, della storia delle pandemie), abbia comportato “picchi” di mortalità che hanno, di fatto, alterato quelli che erano, più o meno, valori medi, abbastanza stabili salve fisiologiche oscillazioni annuali, hanno portato a fare attenzione ai c.d. “morti da CoVid-19”, aspetto che si ritiene di scarsa rilevanza, per quanto qui interessa, dal momento che le anomalie statistiche della mortalità andrebbero valutate, dal punto di vista cimiteriale, in termini di mortalità totale, cioè indipendentemente dalle singole cause di morte, essendo quest’ultima quella che costituisce la effettiva “domanda” cimiteriale, i.e.: il numero dei posti feretro, distintamente per le pratiche funerarie esperibili e i numeri delle cremazioni, quando richieste, cui si aggiungono le destinazioni delle urne cinerarie.

Un antecedente, poco considerato
L’alterazione della dimensione quantitativa della “domanda” fa riportare alla memoria il fatto che l’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., nel fissare i criteri di dimensionamento delle aree ad inumazione, le sole che i comuni hanno l’obbligo di assicurare, unitamente all’obbligo di disporre di almeno un cimitero a sistema d’inumazione (art. 337 T.U.LL.SS., R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m.), qualificando in questi (soli) termini il concetto di fabbisogno cimiteriale (essendo la pratica dell’inumazione quella che l’ordinamento giuridico qualifica come “normale”, anche se vi siano state, nel tempo, modificazioni, anche rilevanti, negli “usi” di ricorso alle altre pratiche funerarie), prevedesse non solo una valutazione della “domanda” specifica, estesa a quella determinata dalle successive estumulazioni eseguite alla scadenza della concessione, ma – altresì – una certa quale “maggiorazione” (il cui dimensionamento rimane attribuito alle decisioni adottande in sede locale) volte a fronteggiare eventuali eventi eccezionali che possono richiedere un gran numero di inumazioni.

Non è agevole classificare quali possano essere questi “eventi eccezionali”, in ragione della loro stessa natura, se non ricorrendo ad esempi che, comunque, non sarebbero né esaustivi, né completi. Diciamo solo che essi non sono circoscrivibili solamente a cause sanitarie.
Per altro, questa previsione ha, in sé stessa, una criticità dovuta proprio alla propria caratteristica di “eccezionale”, termine che potremmo integrare con quello di una (sostanziale) imprevedibilità, rendendo del tutto difficile ed aleatorio ogni criterio utile ai fini del suo dimensionamento, in sede locale.
Si tratta di una previsione che consente di affermare come la gestione cimiteriale debba tenere conto anche di flussi non sempre del tutto prevedibili.

I piani regolatori cimiteriali
Come noto, l’art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n, 285 e s.m. dispone – quale pre-condizione di legittimità – che possa provvedersi alla concessione di aree cimiteriali per l’erezione di sepolcri privati (immediatamente precedente art. 90) se, ed in quanto, tali aree siano individuate e previste dal piano regolatore cimiteriale (P.R.C.), al fine di assicurare che sia salvaguardato il “fabbisogno cimiteriale”, disposizione che ha superato un diverso impianto, precedente, per cui questa assicurazione era attribuita da una forma di controllo (autorizzazione) commessa a soggetto esterno al comune (Prefetto).
In realtà, questa innovazione è antecedente, essendo stata introdotta dall’art. 92 D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, innovazione che ha comportato quella che ben si può definire come una responsabilizzazione dei comuni nella gestione cimiteriale.
Che poi questa responsabilizzazione sia stata gestita adeguatamente, o meno, è aspetto su cui si evita di entrare nel merito. Infatti, in molti casi nelle situazioni locali hanno operato anche altre logiche, magari un po’ meno nobili.

Tra l’altro, la norma qui richiamata, richiamando i P.R.C., rinvia agli artt. 54 e ss., cosa che consente di affrontare la formazione, ed aggiornamento, di questi strumenti con plurime modalità, partendo da alcune del tutto “minimali”, fino a quelle più o meno raffinate.
Va anche detto che il P.R.C. può anche non essere il solo strumento per programmare la gestione cimiteriale, ma semmai che la programmazione viene a trovare conseguenza, sintesi e “formalizzazione” nel P.R.C.

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Sereno Scolaro

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