Cremazione e norme tecniche

La L. 30 marzo 2001, n. 130, con la quale è stata definita (art. 1) una “disciplina la pratica funeraria della cremazione, nonché, nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri, disciplina che per la prima parte era in qualche modo presente, seppure con impostazioni anche non omogenee a quelle così statuite, ha visto la scelta di procedere, su più argomenti, a tecniche di rinvio, con il risultato che molte delle questioni così rinviate sono rimaste inattuate, sollevando questioni, in varie sedi affrontate, se o quanto della legge dovesse considerarsi direttamente applicabile (rendendo … improduttivo di effetti questo o quel “rinvio”), oppure, all’altro capo delle linee interpretative, quali statuizioni dovessero ritenersi inapplicabili in conseguenza della mancata attuazione delle norme, di rango secondario, previste dalle disposizioni che prevedevano questi “rinvii”.

Il primo, ma anche il più pregnante, di questi “rinvii” si riscontra nell’art. 3 come noto, ma anche nell’art. 6, comma 1 relativo alla programmazione regionale, disposizione che vedeva un termine di 6 mesi (e, quindi, cadente il 4 novembre 2001), ma che ha visto da parte dei livelli di governo (art. 114 Cost.) chiamati a provvedervi, posizioni di latenza, sia non provvedendovi proprio, sia con atti di … auto-rinvio, ecc., al punto che, considerandosi il tempo decorso, ben poche regioni vi hanno provveduto, senza esprimere valutazioni di qualità.
Sul “rinvio” presente nell’incipit dell’art. 3, la sua pericolosità (nel senso della concretezza del rischio di inattuazione) era stata rappresentata in una sede di un certo spessore, alla fine del 2000, al parlamentare che ne era Relatore, osservazione rimasta disattesa.
A posteriori, si può pensare che un tale Relatore abbia colto il rischio, ma abbia valutato come seguire questi suggerimenti potesse comportare una mancata approvazione della legge, a causa di posizioni ideologicizzanti, sempre presenti, mentre il ricorso al “rinvio” a modifiche regolamentari poteva offrire il pretesto, una sorta di alibi per un atteggiamento meno retrivo.
In fine (e, qui, in senso proprio dal momento che si tratta dell’ultima disposizione della legge, quella posta nel suo ultimo articolo, giusto prima della c.d. formula di chiusura), un ulteriore “rinvio” si ha nell’art. 8, recante la rubrica: “Norme tecniche”, con cui si prevede che, entro 3 mesi (cioè entro il 4 agosto 2001), con un decreto interministeriale (per inciso, da allora 2 dei ministeri chiamati in causa hanno mutato denominazione, il che non ne pregiudica l’individuabilità), venissero definite norme tecniche (A) per la realizzazione dei crematori, relativamente (A.1) ai limiti di emissione, (A.2.a) agli impianti e (A.2.b) agli ambienti tecnologici, nonché (A.3) ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione.

Circa l’ultima previsione, meritano essere ricordate le “norme tecniche” (questa volta non formulate con decreto interministeriale, quanto in sede UNI) UNI 11519:2014 «cofani funebri — casse di legno — cofani non-conformi senza prove (CSP) — metodi di prova e criteri di verifica per l’idoneità all’impiego», nonché UNI 11520:2014 «cofani funebri — casse di legno — terminologia, componenti, tipologie costruttive, requisiti, etichettatura».
Anche se le c.d. “norme” degli organi di standardizzazione non costituiscano, formalmente, fonti del diritto, pur tuttavia esse assolvono a funzioni di omogeneizzazione ed uniformazione tali da assumere, de facto, un ruolo di normazione.
Si tratta di standard che vanno tenuti presenti, osservati, non solo in sede di produzione dei cofani, ma altresì in sede di approvvigionamento e fornitura ai fini dell’impiego finale.
Norme tecniche di standardizzazione oggetto di successiva riformulazione ed aggiornamento, ma che non considerano le (possibili) differenziazioni tra cofani funebri impiegabili nelle diverse pratiche funerarie e, nello specifico, ai fini della pratica funeraria della cremazione.
Non si ignora come alcune regioni siano per altro intervenute, come se non rilevasse quanto prevede l’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. (e non si dica che non vi sia ingerenza nelle competenza di altro livello di governo, per il fatto di essere “pro-concorrenziale” (sic!), argomento per cui occorrerebbe fare ricorso ad un’abbondate dose di fantasia e creatività) in materia prevedendo che i cofani funebri da utilizzare quando sia richiesta la cremazione abbiano determinate caratteristiche, per così dire, “ambientalistiche”.

La tutela dell’ambiente è rilevante, dato che essa è del tutto presente nello stesso art. 8 (dove sono citati i limiti di emissione (anche se studi, e misurazioni, di ISPRA abbiano portato a valutazioni secondo cui il complesso degli impianti di cremazione (dal 2001 ampiamente cresciuti numericamente, così come sono ampiamente cresciute le cremazioni) determini un apporto talmente ridotto ai fattori di inquinamento ambientale talmente basso da non risultare neppure rappresentabile).
Non secondarie neppure sarebbero le norme tecniche preconizzate per la realizzazione dei crematori, gli impianti ed ambienti tecnologici, dal momento che una loro definizione avrebbe effetti diretti sia sulla progettazione, come sulla costruzione di nuovi impianti (e, per un progressivo adattamento di quelli esistenti).
Dal momento che il termine (sulla carta) per provvedere all’attuazione dell’art. 8 L. 30 marzo 2001, n. 130 è ampiamente decorso, essendo passati ormai oltre 23 anni (!!!), appare sempre maggiormente attuale sostenere che i ministeri chiamati a provvedervi vengano interessati, stimolati a prendere in carico il tema dell’attuazione di questa disposizione della legge, dato che la carenza di queste norme tecniche è tutt’altro che apprezzabile.
Risulta che in qualche contesto, in cui sono presenti risorse intellettuali, professionalità e conoscenze tecniche tanto adeguate quanto indiscutibili, sia stata elaborata una qualche proposta attuativa, ma questa iniziativa, surrettizia, non può ulteriormente rimanere inascoltata.
Vi è il rischio che prima di giungere ad una tale definizione passi un quarto di secolo, cosa che sarebbe tutt’altro che … elegante.

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Sereno Scolaro

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