Cenni storici ed evoluzione della pratica crematoria – 3/3

Questo articolo è parte 3 di 3 nella serie Storia della cremazione

Il primo crematorio europeo viene eretto a Milano nel 1875; esso era dotato di un forno Polli-Clericetti che fu inaugurato il 22 gennaio 1876, con la cremazione del cadavere di Alberto Keller, che in vita si era prodigato a favore della cremazione.
È interessante osservare che i primi progetti di forni “moderni” sono stati realizzati da progettisti italiani, quali Brunetti, Bezzi e Terruzzi, Guzzi, Gorini, Venini che realizzò il primo forno italiano a gasogeno, a cui si sono ispirati in seguito tutti gli altri progettisti di forni sviluppati in Germania e Inghilterra e che hanno dato vita, in alcuni casi, ad una produzione di serie di tipo semi-industriale (ad esempio Siemens e Ruppman, Heinicke).
Ai nostri giorni la tradizione tecnica e ingegneristica italiana è continuata da alcuni costruttori nazionali, tra i quali vanno citati la GEM di Udine e Ciroldi di Modena, che hanno sviluppato proprie tecnologie imponendosi all’attenzione del mercato nazionale ed europeo.
Il primo forno crematorio con riscaldo elettrico entrò in funzione nel crematorio di Biel (Svizzera) il 31 agosto 1933. Esso fu costruito dalla ditta Brown Boveri & Co. di Baden, sotto la supervisione del ing. Hans Keller.

La Chiesa cattolica ha avuto storicamente un rapporto difficile con la cremazione.
Per secoli ha vietato questa pratica perché contrastava con gli insegnamenti sulla resurrezione del corpo nel Giudizio Universale alla fine del mondo.
In particolare il diniego della Chiesa Cattolica (conclamata dal Concordato del 1929 con Mussolini) ha costituito un freno alla diffusione della cremazione nei Paesi di religione Cattolica.
Solo nel 1963 con Papa Paolo VI, affievolitisi lo spirito settario e positivista tardo ottocentesco, la Chiesa ammette la cremazione purchè non attuata in spregio alla dottrina cattolica.
Nel 1983 nel Codice Canonico si ribadisce l’accettazione della cremazione e vengono nuovamente concessi i sacramenti e i suffragi prima negati.
Negli anni recenti l’approccio è lentamente cambiato con una sostanziale accettazione e maggiore apertura da parte della Chiesa verso questa pratica che si è sempre più diffusa nel nostro Paese e nel resto del mondo.

Oggi, in particolare nelle aree con alta densità di popolazione, la cremazione viene scelta come soluzione gradita al defunto. L’aspetto igienico è considerato come prioritario. Non secondario l’aspetto economico che offre alla famiglia del defunto la possibilità di risparmiare rispetto ad altre forme di sepoltura.
Nel nostro Paese la cremazione ha incominciato costantemente a crescere prima nei grandi centri urbani e poi anche in provincia. Alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso la diffusione della pratica della cremazione a livello nazionale era limitata a qualche punto percentuale. Gli impianti di cremazione erano concentrati nelle grandi città del Nord come Milano, Torino, Genova, Venezia.
Guardando ai giorni nostri, nel 2022 sono state effettuate circa 260.000 cremazioni di salme e circa 46.000 cremazioni di resti mortali. Le cremazioni effettuate in Italia nel 2022 sono aumentate del 6,4% rispetto al 2021 con un incremento tra i più rilevanti degli ultimi anni.
Considerando anche il modesto incremento di mortalità avuto nel 2022, questi dati dimostrano chiaramente il consolidamento della pratica della cremazione come scelta consapevole della popolazione soprattutto a scapito della tumulazione.

Nel 2022 erano attivi nel nostro paese 91 impianti di cremazione. Le regioni che hanno segnato i maggiori incrementi sono il Nord Ovest, il Sud e le isole, in particolare la Sicilia, grazie anche all’entrata in funzione di nuovi impianti.
L’incidenza della cremazione sul totale della mortalità a livello nazionale è stata del 36,4% con un incremento del 2,00% rispetto al 2021.
Questo trend di crescita negli ultimi 40 anni ha dimostrato un andamento inarrestabile nonostante alcuni fenomeni apparentemente sfavorevoli alla cremazione, quali ad esempio il cambiamento delle politiche tariffarie avuto a partire dagli anni ’80, passando dalla totale gratuità a tariffe regolamentate, e dalle persistenti resistenze di una minoranza della popolazione restia ad accettare l’installazione di nuovi impianti di cremazione nel proprio territorio di riferimento, fenomeno noto come sindrome NIMBY (Not In My Back Yard).

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Fabrizio Giust

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