Il Novecento: universalità del campo comune sostituita dalla “industrializzazione” del sepolcro

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Navigazione nella Serie di articoli<< Stato civile e amministrazione comunale: la nuova “burocrazia della morte”

Nel “secolo breve” il cimitero italiano diventa, definitivamente, servizio pubblico.
La promessa ottocentesca di un recinto comune per tutti si traduce in pratiche standardizzate, registrazioni uniformi e – soprattutto nel secondo dopoguerra – in una meccanica edilizia capace di moltiplicare i posti feretro (tumulazione seriale a loculi).
Su questo sfondo si affermano tre linee direttrici:

  • 1) universalità dell’inumazione in campo comune come soglia minima di tutela;
  • 2) persistenza della monumentalità (con picchi nel Ventennio) quale linguaggio della distinzione sociale;
  • 3) razionalizzazione tecnico-amministrativa con regole nazionali sempre più precise, oggi riconducibili al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, regolamento di polizia mortuaria tuttora vigente.

Inizio secolo: il campo comune come “diritto di cittadinanza”

Tra primo Novecento e Grande Guerra, l’inumazione in campo comune diventa la regola.
È la forma di sepoltura gratuita (a carico del Comune) che garantisce a ogni cittadino l’accesso alla terra consacrata o, nei contesti laici, allo spazio cimiteriale dedicato.
Le fosse sono distinte, tracciate su griglie regolari, identificate da numero progressivo e registrate su appositi elenchi: elementi minimi di trasparenza amministrativa e tracciabilità del sepolto.
L’ossario, ormai strutturalmente presente, assorbe i resti al termine del periodo di rotazione.

Il turno ordinario dell’inumazione si fissa, lungo il secolo, intorno al decennio (con possibili adeguamenti per condizioni pedologiche).
Una cadenza poi espressamente codificata dall’art. 82 del D.P.R. 285/1990 (“le esumazioni ordinarie si eseguono dopo un decennio dalla inumazione”).
Il principio coniuga igiene, disponibilità di suolo e parità di trattamento.

Tra mito civile e diseguaglianza: il Ventennio fascista

Negli anni Venti-Trenta il regime imprime al paesaggio cimiteriale una retorica monumentale: sacrari, tombe eroiche, cappelle di famiglia, apparati scultorei che devono “parlare” alla comunità politica.
Terreni e fabbricati monumentali vengono “coreografati” con allineamenti, porticati, segnaletiche celebrative.
È la stagione di un linguaggio estetico forte, funzionale alla propaganda e alla costruzione dell’epica dei caduti.

Sotto questa superficie, tuttavia, sopravvive il dualismo.
I ceti abbienti presidiano le tipologie più stabili (tombe di famiglia, cappelle, edicole), mentre indigenti e senza rete familiare restano nei campi comuni, dove il segno è minimo e la memoria è comunitaria più che familiare.
L’uguaglianza giuridica del recinto si traduce, in pratica, in differenze tipologiche di lunga durata.

Dopoguerra: la rivoluzione della tumulazione seriale

Con la rapida urbanizzazione e la pressione demografica del secondo dopoguerra, i Comuni affrontano un vincolo fisico: il suolo.
La risposta tecnico-edilizia è la tumulazione seriale: file sovrapposte di loculi, in opera o prefabbricati, con standard dimensionali e costruttivi progressivamente normati.
L’obiettivo è risparmiare spazio e, insieme, espandere la scelta per i ceti medi, che possono evitare la fossa comune e prolungare la permanenza in tomba (durate concessorie pluridecennali).
Questa trasformazione porta con sé innovazioni gestionali:

  • Capitolati per la costruzione di colombari, logge e gallerie;
  • Tariffari per concessioni e servizi (tumulazione, estumulazione, traslazione);
  • Pianificazione dei fabbisogni (aree, ossari, camera mortuaria), con planimetrie e aggiornamenti periodici.

Le tappe normative chiave (1942 → 1990)

R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880

La normativa si discosta poco dal regolamento di polizia mortuaria di fine Ottocento (1892).
Conferma l’impianto extra moenia dei cimiteri, la centralità comunale del servizio, la distinzione inumazione/tumulazione/cremazione, la rotazione con ossari e la tracciabilità delle sepolture. Essa interviene più sul metodo che sulla sostanza.
Sistema il lessico, riordina autorizzazioni (denuncia, osservazione, trasporti), ribadisce standard igienici e riprende la disciplina delle sepolture private e delle concessioni – anche perpetue – senza innovazioni di principio. Sarà la riforma del 1975 a cambiare davvero rotta.

D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803

Primo regolamento repubblicano di ampio respiro dopo la stagione prefettizia, introduce un cambio di paradigma sulle concessioni cimiteriali.
Sancisce la fine della perpetuità e limite massimo a 99 anni, con possibilità di rinnovo; per il pregresso, facoltà di revoca in precise condizioni (non uso pluridecennale, grave insufficienza di posti, impossibilità di ampliamenti tempestivi).
È la premessa giuridica che consente ai Comuni di governare il ciclo di vita dei manufatti e di recuperare capacità insediativa.

D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (vigente)

Il regolamento attuale abroga espressamente il D.P.R. 803/1975 (art. 108) e riorganizza senza modifiche di una qualche importanza l’intera materia.

È la “cassetta degli attrezzi” quotidiana di uffici cimiteriali, ASL e gestori.

La scelta del tempo determinato (99 anni massimo) non elimina le differenze sociali, ma le canalizza in un quadro pubblico: stesse regole di sicurezza e decoro per tutti; diversificazione ammessa per tipologia (campo comune, tomba individuale, cappella), non per censo come principio.
A fine secolo si cristallizza una tricotomia di pratiche, leggibile in ogni città:

  • Cappelle e tombe familiari – tradizionale espressione delle élite: manufatti maggiori, oneri a carico dei concessionari, progetti soggetti ad autorizzazione.
  • Loculi (in opera o prefabbricati) – la “soluzione di massa” per il ceto medio: durata pluridecennale, minore occupazione di suolo, tariffe modulabili.
  • Campo comune gratuito – rete di protezione universale per indigenti e senza famiglia: decennio, esumazione ordinaria e successivo trasferimento in ossario qualora i resti non siano richiesti.

Governance: Comune titolare del servizio, ASL per i profili igienico-sanitari, gestori (in house, aziendali o concessionari) per le attività esecutive.

Il risultato è un cimitero-infrastruttura: non solo luogo memoriale, ma sistema organizzato di processi, dati, manutenzioni, investimenti.
Già dagli anni Ottanta-Novanta si registra la crescita della cremazione, che il D.P.R. 285/1990 ricomprende nel proprio perimetro regolatorio (autorizzazioni, trasporti, cinerari, tumulazione di urne).
Si avviano forme di ibridazione: loculi cinerari/ossari, giardini del ricordo, aree per la dispersione dove le normative regionali lo consentono.
Il cimitero diventa polifunzionale: alla gestione della terra si affianca quella del ciclo delle ceneri, con esigenze diverse di tracciabilità, spazi, arredi e comunicazione con le famiglie.


Si parlerà di funzioni ed evoluzione storica dei cimiteri, tra gli altri temi, nel corso organizzato da Euroact WEB srl il 10 dicembre 2025 e tenuto dal Joseph Tassone (Capo Ufficio Servizi funerari del Comune di Trento, Coordinatore Gruppo di Lavoro Cimiteri SEFIT Utilitalia) e Valentina Pistolato (Responsabile Concessioni Cimiteriali di Veritas Spa, Venezia).
Informazioni reperibili cliccando: Corso base in materia di servizi cimiteriali – elementi di diritto e buone pratiche

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