I rapporti tra i vivi e i morti

Ma quali sono davvero i riti, le formule più frequenti, nel nostro comune sentire, quando noi italiani visitiamo i cimiteri?
Larghissima maggioranza di noi, oltre tre quarti, trascorre del tempo in composto raccoglimento davanti a una lapide o una tomba a terra
È un contegno di olimpico distacco da forme più marcate e spettacolari di ritualità, la cui diffusione aumenta con l’età, ma anche tra i più giovani resta notevolmente maggioritario.
Dichiara di adottare questa pratica funebre del generale silenzio di circostanza, infatti, ben il 63% degli italiani al di sotto dei 35 anni.
Nessuna difformità si ravvisa, in un’indagine ad ampio spettro, a seconda del genere, invece.
Ben il 66% degli italiani, poi, dichiara di avere pregato davanti alla tomba.
Si tratta di un valore decisamente elevato, che mostra come il modello di lutto e, in generale, di culto dei morti sia e resti sostanzialmente di carattere religioso.
Poco inferiore, pari al 68%, è la quota di coloro che, rispondendo ad apposita indagine demoscopica, dicono di portare regolarmente fiori sulla tomba dei propri cari.
Si tratta di una consuetudine del buon galateo funerario, la cui diffusione cresce con l’età, trascorrendo dagli uomini alle donne, e dall’Italia settentrionale, a quella centro-meridionale.

Si è sviluppata tra gli operatori del settore “onoranze funebri” l’idea che recare fiori sulla tomba, o pure in occasione di funerali, sia un’abitudine sempre meno radicata.
I dati raccolti dal rapporto “Orme” dell’istituto Cattaneo (fonte preziosa da cui già abbiamo attinto, nelle scorse settimane) tuttavia proiettano una luce inedita su questo modo di interagire con l’evento (sempre più raro?) della “visita al cimitero”.
Riesce, infatti, del tutto plausibile e verosimile che nel passato portare i fiori al cimitero fosse quasi un dovere morale (ma soprattutto una pia opera di pìetas) ancora più affermata di quanto non sia oggi.
È anche possibile, però, che la diminuzione sia relativa al numero assoluto di fiori, alle dimensioni dei mazzi o delle corone, e la cadenza della sostituzione, piuttosto che l’incidenza di questo antichissimo uso in sé stesso sulla popolazione.
Non è illogico, quindi, pensare che oggi lasciare i fiori sui sepolcri non sia gesto nobile meno diffuso che in passato.
A essersi compressa potrebbe essere la spesa destinata al loro acquisto, oltre che naturalmente la frequenza delle viste al cimitero.

In definitiva i dati rilevati in questa ricerca confermano che in Italia i fiori mantengono il proprio ruolo di testimoni della relazione attiva tra i vivi e i morti [Goody e Poppi 1994].
Confermano questa teoria del fiore come medium/strumento per tentare almeno di gettare un ponte verso altre dimensioni, magari ultraterrene altri due condotte abbastanza comuni, analizzate per la prima volta in questa indagine marcata: “Orme-istituto Cattaneo”: ossia pulire le tombe o le lapidi e accendere i lumini votivi.
Il primo dei due atti, di alto valore simbolico ed ideale, riguarda un numero ben superiore alla metà del totale degli italiani, ovvero il 55%.
Il secondo supera comunque i due terzi, ovvero il 36,5%. In entrambi i casi la vicinanza psicologica del dolente a queste tipologie di onoranze cresce con l’età, passando dagli uomini alle donne – ma la differenza è massima nel caso della buona abitudine di pulire la tomba o la lapide – e al diminuire della posizione sociale, mentre più modeste sono le discrepanze territoriali, anche se i lumini sembrano più diffusi nel Nord-Ovest e al Sud.
La vista notturna, se autorizzata, di un piccolo cimitero comunale costellato da una miriade di punti luminosi è del tutto abituale nelle aree del Centro-Nord Italia.

Più ridotto, invece, ma pur sempre praticato da oltre un italiano su quattro, è il dialogo figurato direttamente rivolto al defunto, parlando con lui o con lei, e aggiornandolo/a sulle novità che sono successe in sua assenza… almeno fisica.
Il fenomeno è accentuato soprattutto il caso di lutto recente, e tende a mitigarsi nel tempo, d’altra parte è anche fisiologico emanciparsi dalla figura dell’estinto, elaborandone la perdita oramai irreparabile.
Si tratta di un comportamento che cresce, anche se in misura modesta, transitando dagli uomini alle donne, e dai centri con oltre 100 mila abitanti a quelli con meno di 100 mila abitanti, ma solo modestamente influenzato dall’età.

Written by:

Carlo Ballotta

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