Quando gli annunci funebri erano predisposti dalle tipografie

All’ingresso della tipografia vi era il cartello indicante gli orari di lavoro (giornate intere dal lunedì al venerdì, sabato solo mattino).
Ma le imprese di onoranze (pompe?) funebri sapevano che potevano rivolgersene anche la domenica mattina (8.00 – 12.00), quando dovessero richiedere la stampa di avvisi funebri (detti anche: necrologi e, che in date località erano denominati con nomi specifici).
Queste presenze domenicali potevano venire assicurate dal titolare della tipografia, ma anche da qualche familiare collaborante o, più raramente, da personale dipendente con una qualche anzianità.
Alcune tipografie erano accessibili, altre richiedevano una telefonata (magari consentendo di spostarsi dall’abitazione sovrastante al laboratorio sito al piano terra).
Era uno degli effetti dell’art. 111 T.U.LL.P.S., R. D. 18 giugno 1931, n. 773 e s.m., disposizione abrogata dall’art. 164, comma 1, lett. f) D. L.gs. 31 marzo 1998, n. 112: si tratta della stessa fonte il cui art. 163, comma 2, lett. d) ha trasferito ai comuni alcune funzioni e compiti amministrativi, tra le quali “d) il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari, di cui all’articolo 115 del richiamato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ad esclusione di quelle relative all’attività di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni;”.

Nella varie realtà locali gli avvisi funebri si erano (e sono, in larga parte, rimasti) caratterizzati da diversità di formati, in alcuni casi abbastanza contenuti, in altri dimensionalmente sovrabbondanti e, spesso, con elementi decorativi variegati. In particolare, essi risultavano, tutto sommato, semplici.
Infatti, la composizione con caratteri mobili in piombo all’interno degli appositi telaietti (la cui dimensione condizionava il formato), non consentiva la presenza di fotografie, richiedendosi per questo particolari attrezzature, per cui essi tendevano ad essere sì solo testo, al più con qualche fregio più o meno standard ed a soggetto religioso, a volte predisposto ricorrendo a filini.
Si tratta di contesti che sono mutati, così come, di seguito, sono mutate le norme (queste mutano sempre dopo che si è modificato il contesto), potendosi ricorrere a stampanti, anche a colori, a programmi ed applicativi per la composizione dei testi e delle immagini, ecc. cosicché fasi di attività un tempo oggetto di riserva possono essere poste in essere agevolmente e tempestivamente.
Accanto agli annunci funebri non mancano altre modalità quali le pubblicazioni su quotidiani, specie quando locali, che vi dedicano spesso ampi spazi.

Quale funzione assolvono gli annunci funebri (alias: necrologi)?

La loro diffusione è tale che vi può essere l’assenza di approfondire quali ne siano le ragioni, sono innervate nella società che riemergono anche quando vi sia una scelta razionale di rimozione (come nel caso in cui siano pubblicati “a funerali avvenuti” o, meno frequentemente (a parte il periodo di accentuata presenza del virus SARS-CoV-2, o CoVid-19 dove ragioni di profilassi hanno resa obbligatoria la prassi), con indicazioni più o meno del tenore: “i funerali seguiranno in forma privata”).
Molto spesso si trascura che il “funerale” (o le “esequie” o come si vogliano chiamare le ritualità funebri) non è un fatto privato, intimo, ma un fattore sociale, che coinvolge non familiari, intesi in senso più o meno stretto, ma anche ampie cerchie di persone: gli amici, i colleghi di lavoro, i conoscenti, chi sia stato compagno di studi, chi frequenti i medesimi ambienti d’interesse, ecc.
In altre parole, la morte di una persona non si esaurisce in ambito ristretto, tendenzialmente personali, ma assume una valenza che si distribuisce, pur se in misure differenti, in numerosi strati della società, principalmente della comunità locale, ma spesso anche in ambiti più estesi.
Questo carattere intimo (intimistico?) di socialità della morte porta al bisogno di comunicare questo evento, di diffonderlo quanto maggiormente possibile.
Il richiamo al periodo del CoVid-19, con il suo divieto di tenere ritualità funebri, è stato significativo, tanto che non sono mancate esigenze, una volta passata la fase di maggiore criticità, di porre in essere cerimonie surrogatorie di quelle non potute aversi al momento del decesso, una sorta di commemorazione a sanatoria.
Questo ruolo delle ritualità funebri ha una controprova nel fatto che anche chi scelga gli annunci “a posteriori”, oppure “in forma privata” oggettivamente vi ricorre, cosa che appare del tutto significativa.

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