Casse mortuarie: evoluzioni sugli spessori

In linea di massima, allorquando si considerano le casse mortuarie, si individuano due grandi tipologie, quelle in legno e quelle, duplici, date da una parte in legno ed una parte in metallo. Quest’ultimo ristretto allo zinco oppure al piombo, con qualche deroga.
Oltretutto, poco si dice del legno, salvo ricordare come in molti Regolamenti comunali di polizia mortuaria del passato, spesso, si rinvenissero disposizioni per l’ordinaria inumazione.
In questo caso le casse dovevano essere in legno dolce, a volte indicando esemplificativamente alcune essenze vegetali.
Più recentemente, alcune norme regionali si sono avventurate a prescrivere cofani ecologici o aventi certe caratteristiche costruttive, in particolare quando fosse previsto l’accesso alla cremazione.
In fondo, quelle che in precedenza sono state chiamate come “due grandi tipologie”, altro non fanno riferimento che alle due principali, per diffusione (almeno fino a determinate fasi temporali) e pratiche funerarie.
Cioè a quella standard, ordinaria dell’inumazione e quella ammessa (anche se frequentemente percepita come fosse pratica ordinaria) della tumulazione (Cfr.: art. 77 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.).
Non vi era, ne vi è, una regolamentazione per le casse mortuarie destinate alla cremazione, ricorrendosi in genere alle caratteristiche già previste per l’inumazione.
Solo dal 2001, con l’art. 8 L. 30 marzo 2001, n. 130, si sarebbe prevista una specificazione circa i materiali per la costruzione delle bare per la cremazione.
Ma l’uso del condizionale (… si sarebbe …) è segnale di quanto questa disposizione non abbia trovato attuazione (per quanto avrebbe dovuto esserlo entro il 4 agosto 2001).
Anche questa differenziazione presenta aspetti meritevoli di considerazione.
Il fatto che siano state ricordate lontane previsioni dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria, circa le essenze vegetali con cui provvedere alla costruzione delle casse mortuarie, ne costituisce un primo segnale.
Attualmente (almeno in termini di normativa nazionale) le caratteristiche costruttive delle casse mortuarie da utilizzare quando vi sia inumazione sono stabilite dall’art. 75 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., cui si rinvia.
Esso presenta differenziazioni rispetto alle casse mortuarie utilizzate per la tumulazione.
Ad esempio, lo spessore delle tavole della cassa non deve essere inferiore a 2 cm., prevedendo che le tavole del fondo siano di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
Indicazione che non è presente per il coperchio, considerato come un corpo senza altre specificazioni, cosa che induce a ritenere che anche questo risponda al requisito dello spessore.
Si tratta di caratteristiche che non trovano applicazione per la tumulazione, per questa essendovi elementi in qualche modo promiscui, altri di differenziazione.
Ma qui soccorre un necessario inciso, nel senso che queste caratteristiche non trovano applicazione solamente nei casi di:
(a) tumulazione, altresì,
(b) per il trasporto (b.1) all’estero o (b.2) (nota: b.3 fuori dai casi previsti dalla Convenzione internazionale di Berlino, in quanto si applicano le prescrizioni della stessa [1]);
(c) di trasporto da comune a comune (nota: salva la possibilità derogatoria ammessa dall’art. 30, comma 13 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.).
La disposizione appena citata prevede, comprensibilmente, anche altro.
Ad esempio il fatto che l’ordine tra le due casse (legno/metallo) è indifferente (anche se si può comprendere come, dal punto di vista dei dolenti, sia preferita la presenza all’esterno della cassa lignea, esplicitamente in legno massiccio).
Così come l’interposizione tra le due di uno strato di materiale assorbente e biodegradabile.
Per i due metalli considerati, in via generale sono previsti, distintamente, determinati spessori, per i quali (comma 5) è altresì stabilito lo spessore minimo in 25 mm.
Sono ammessi eventuali intagli quando questi assicurino, indipendentemente dallo spessore iniziale, questo spessore in tutti i punti.
Qualcuno, forse, ricorda come l’art. 28 D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (cioè la disposizione corrispondente precedente) prevedesse che lo spessore delle tavole della cassa di legno non dovesse essere inferiore a 30 mm. (il richiamo potrebbe essere alla Relazione al Consiglio di Stato per il parere su una proposta di modifica del V° comma dell’art. 28 del D.P.R. 21.10.1975, n° 803 – Regolamento di Polizia Mortuaria, fatta del Ministero della sanità in data 9.9.1980 …).
Ciò senza cenni a possibili intagli, cui ricorrere per motivazioni, più o meno, di ordine estetico e/o decorativo.
Di un certo interesse i commi 6, 7, 8 e 9 con cui si statuisce che, sia il fondo della cassa, sia il coperchio debbano essere di tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
Dal momento che in altri Paesi, ma non in Italia, sono ammessi coperchi che consentono l’apertura a circa metà coperchio, onde consentire la visione del defunto anche prima della definitiva chiusura della cassa.
Si potrà notare come, nel tempo e nei diversi atti di diritto internazionale pattizio tuttora vigenti, vi siano state evoluzioni di vario ordine che non sempre semplificano la produzione stessa delle casse mortuarie lignee, sia sugli spessori quanto sulle essenze vegetali utilizzabili.
Possono, grosso modo e molto “spannometricamente”, individuarsi alcuni standard, cioè le casse per:
A inumazione,
B tumulazione in Italia,
C tumulazione relativamente agli Stati aderenti all’Accordo di Berlino del 10 febbraio 1937.
Lasciando leggermente da parte quelle interessate dalla Convenzione tra la Santa Sede e l’Italia (richiamata in nota), tanto più che, probabilmente, si tratta di casistica del tutto contenuta.
Infine, quanto … in cauda venenum, si permesso sollevare una questione: nelle situazioni, ampiamente diffuse, in cui:
{i} vi sia trasporto da comune a comune (entro i 100 km.) e
{ii} sia prevista l’inumazione va impiegata una cassa mortuaria avente le caratteristiche stabilite dell’art. 30 (ma senza la cassa metallica), oppure le caratteristiche di cui all’art. 75 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.?
C’è una chiave per questo.


[1] – Come noto l’Accordo internazionale concernente il trasporto delle Salme, stipulato a Berlino il 10 febbraio 1937 (per l’Italia in vigore dal 1° settembre 1937), prevede, all’art. 3, che la cassa metallica venga ermeticamente chiusa (saldata) e collocata in modo che non possa spostarsi in una cassa di legno avente uno spessore di almeno 3 cm. (prevedendo ulteriormente la cerchiatura con bande metalliche.
Per inciso, e memoria, si rammenta come l’art. 27, comma 4 R D. 21 dicembre 1942, n. 1880 (in vigore dal 1° luglio 1943) prevedesse che lo spessore delle pareti della cassa di legno non dovesse essere minore di cm. 4, e le tavole devono essere di un solo pezzo.
Un tale spessore era (o, meglio, è tuttora operante, trattandosi di atto di diritto internazionale pattizio) presente anche agli artt. 6 e 7 della Convenzione stipulata in Roma, fra la Santa Sede e il Regno d’Italia, il 28 aprile 1938-XVI, concernente il servizio di polizia mortuaria” (in vigore dal 26 luglio 1938), aggiungendo (art. 5) che la cassa lignea deve essere di legno “forte”, che diventa ”leggero” quando sia prevista l’inumazione.

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