Corte di Cassazione, Sez. VI civ., 22 marzo 2021, ordin. n. 8020

Corte di Cassazione, Sez. VI civ., 22 marzo 2021, ordin. n. 8020

Corte di Cassazione
Civile Ord. Sez. 6 Num. 8020 Anno 2021
Presidente: SCRIMA ANTONIETTA
Relatore: DELL’UTRI MARCO
Data pubblicazione: 22/03/2021
ORDINANZA
sul ricorso 30953-2019 proposto da:
L. MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO EMO 106, presso lo studio del1’avvocato CIRO CASTALDO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE BOCCIA, MICHELE BQCCIA;
– ricorrente –
contro
M. VINCENZO FU CARMINE, M. VINCENZO FU CIRO, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVÖUR, prcsso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati AUGUSTO MATTIELLO, FRANCESCO GENTILE;
– controricorrentí –
avverso la sentenza n. 3389/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.
Rilevato che,
con sentenza resa in data 19/6/2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da Michele L. per la condanna di M. Vincenzo fu Carmine e M. Vincenzo fu Ciro al risarcimento dei danni subiti per avere i convenuti impedito all’attore la tumulazìone della salma della propria madre nel sepolcro di famiglia, costríngendolo ad affrontare le spese della sepoltura nel cimitero comunale;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come alla madre dell’attore (nuora della sorella del fondatore del sepolcro) non spettasse il diritto ad essere tumulata nella tomba di famiglia, non rilevandosi alcun rapporto di consanguineità della stessa con il fondatore del sepolcro, né avendo l’attore fornito la prova della sopravvivenza della sorella del fondatore a tutti i fratelli, con la conseguente mancata prova della trasformazione dell’originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario;
avverso la sentenza d’appello, Michele L. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
M. Vincenzo fu Carmine e M. Vincenzo fu Ciro resistono con controricorso; illustrato da memoria;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il ricorrente ha presentato memoria;
considerato che,
con i due motivi di impugnazione proposti, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 71 del r.d. n. 1880/42, dell’art. 93 del d.p.r. n. 803/75, dell’art. 94 del d.p.r. n. 285/90, per avere la corte territoriale erroneamente condizionato il diritto della defunta madre dell’originario attore di essere tumulata nel sepolcro familiare alla prova della premorienza di tutti i fratelli della sorella del fondatore del sepolcro, atteso che la madre dell’odierno ricorrente doveva ritenersi direttamente titolare del diritto ad essere sepolta nella tomba familiare in ragione del proprio legame di familiarità (rettamente inteso) con il fondatore del sepolcro;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono manifestamente infondati;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018, Rv. 649495 – 01), lo ius sepulchri (diritto di natura reale che garantisce al suo titolare, in caso di decesso, la prerogativa di ottenere sepoltura nella tomba familiare) origina da una duplice fonte di legittimazione, dovendo distinguersi, dal sepolcro ereditario destinato alla circolazione secondo le regole proprie del diritto ereditario, il sepolcro gentilizio, che attribuisce il diritto alla sepoltura ai soli titolari istituiti dall’originario fondatore o, in mancanza, ad esso legati da uno specifico rapporto di consanguineità (iure sanguinis);
mentre il diritto al sepolcro iure haereditario è acquistabile (come indicato) secondo le norme del diritto ereditario, la prerogativa sepolcrale originata iure sanguinis rappresenta una prerogativa personale di carattere reale, imprescrittibile e irrinunciabile, non trasmissibile, né inter vivos, né mortis causa, che nasce per volontà dell’originario fondatore (o, in mancanza, in ragione del legame di sangue con quello) e si estingue con il decesso del titolare, salva la trasformazione del sepolcro, al momento della sopravvivenza dell’ultimo legittimato, da sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario;
in particolare, nell’ipotesi del c.d. sepolcro gentilizio (che si presume in difetto di prova contraria), mancando alcuna disposizione da parte del fondatore del sepolcro, lo ius sepulchri spetta (secondo lo ius sanguinis) al fondatore medesimo e a tutti i suoi discendenti facenti parte della famiglia o, in mancanza, ai suoi parenti più vicini per vincolo di sangue, ossia ai componenti dell’organico nucleo familiare strettamente inteso, nella cui cerchia, avuto riguardo al significato semantico del termine generalmente usato e accettato, debbono farsi rientrare tutte le persone del medesimo sangue, o legate tra loro da vincoli di matrimonio, ancorché non aventi il medesimo cognome (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 5547 del 19/05/1995, Rv. 492358 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1834 del 12/05/1975, Rv. 375497 – 01);
in termini più specifici, in mancanza di una specifica disposizione del fondatore, lo ius sepulcnri d’indole gentilizia dev’essere riconosciuto ai parenti a quello più vicini per vincolo di sangue, e particolarmente a quelli che facevano parte dell’organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte; tale diritto, infatti, pur non essendo precisato in disposizioni di legge, trova il suo fondamento in un’antica consuetudine conforme al sentimento comune e alle esigenze di culto e di pieta per i defunti e, quando viene esercitato dai prossimi congiunti, realizza, allo stesso tempo, la tutela indiretta di un interesse concernente la persona del defunto e l’esigenza sociale di far scegliere ai soggetti più interessati la località e il punto da essi ritenuti più adatti a manifestare i loro sentimenti di devozione e di culto verso il prossimo parente defunto (Sez. 1, Sentenza n. 1834 del 12/05/1975, Rv. 375497 – 01);
nel caso di specie, del tutto correttamente il giudice a quo ha escluso il diritto della madre dell’odierno ricorrente ad essere sepolta nella tomba di famiglia, atteso che il corrispondente diritto della sorella del fondatore si estinse con la sua morte (e la sua tumulazione nel sepolcro gentilizio familiare), senza alcuna possibilità che la madre dell’odierno ricorrente potesse averne ricevuto la titolarità iure haereditario, avendo il giudice a quo rilevato (con attestazione non adeguatamente contestata in questa sede) la mancata la prova della premorienza dei fratelli della suocera della madre dell’odierno ricorrente (e dunque la trasformazione dell’originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario), ed avendo altresì escluso il ricorso di alcun rapporto di qualificata consanguineità della madre dell’odierno ricorrente con il fondatore del sepolcro, tenuto conto della sua totale estraneità all’organico nucleo familiare del fondatore, strettamente inteso;
a tale ultimo riguardo, converrà ribadire, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte più sopra richiamata, come la nozione di famiglia rilevante ai fini dell’attribuzione dello ius sepulchri d’indole gentilizia, debba ritenersi convenientemente circoscritta, in mancanza di specifiche disposizioni del fondatore, allo stretto nucleo familiare di quest’ultimo, ossia ai suoi discendenti, ovvero, in mancanza, ai suoi consanguinei più prossimi (l’organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte), senza indebite e incontrollate estensioni a linee ulteriori di consanguineità;
ciò posto, esclusa l’avvenuta dimostrazione della trasformazione dell’originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario; esclusa altresì la predicabilità, in capo alla madre dell’originario attore, di alcun diritto primario al sepolcro familiare (attesa l’assenza di alcuna relazione di qualificata consanguineità con il fondatore del sepolcro); ed esclusa infine alcuna avvenuta trasmissione per via ereditaria dello ius sepulchri della suocera della madre dell’originario ricorrente, nessun diritto di quest’ultima può ritenersi effettivamente sorto, con la conseguente insussistenza delle ragioni poste dall’originario attore a fondamento della domanda proposta in questa sede;
sulla base di tali premesse, rilevata la manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
dev’essere, per converso, disattesa la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. avanzata nei confronti del ricorrente, in assenza dei presupposti per il relativo accoglimento;
dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 1.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione del 17/12/2020.
Il Presidente (Antonietta Scrima)
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma, 22 marzo 2021

Written by:

Sereno Scolaro

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