Quesito pubblicato su ISF2008/2-e

In questo Comune, nel cimitero principale, esiste un tumulo di famiglia (cripta interrata), la cui concessione amministrativa per l’area, risalente al 1926, è riferita al signor Tizio della famiglia A.
Tuttavia nella stessa tomba, già a partire dal 1929 al 1991, data dell’ultima sepoltura, furono sepolti esclusivamente membri appartenenti alla famiglia B.
Gli eredi del signor Tizio della famiglia A, non essendosi rinvenuta agli atti modifiche nell’atto di concessione originaria, rivendicano il diritto d’uso e la proprietà della tomba in questione in forza dell’unico atto amministrativo esistente.
Stesso diritto rivendicano gli eredi e i discendenti della famiglia B in forza della situazione di fatto. Entrambe le famiglie hanno scritto memorie all’Amministrazione Comunale sostenendo ciascuna le proprie ragioni.
È possibile con un atto amministrativo sostenere o sanare una delle opposte ragioni o sarebbe meglio invitare i contendenti ad aprire una vertenza giudiziaria risolutiva e fino ad allora “congelare” la situazione evitando ogni iniziativa?
Quanto sopra perché prima o poi una qualunque delle due famiglie potrebbe subire un lutto e richiedere il seppellimento nella tomba in questione secondo la propria tesi. Di fronte a tale evenienza l’ufficio comunale sarebbe in grave imbarazzo, nello specifico nulla prevedendo il locale regolamento di polizia mortuaria; è perciò gradita la vostra autorevole opinione.


Risposta:
Ad avviso dello scrivente l’Amministrazione deve mantenere fermo lo stato di fatto finché non si sia espressa la Magistratura, salvo consentire la visita da parte di familiari B (che chiaramente possono andare a piangere i loro cari, ivi sepolti).
Tutt’al più è possibile consentire la tumulazione provvisoria di salma di persona della famiglia A, fino al completamento del numero dei posti del sepolcro.
Sepoltura provvisoria, in quanto condizionata all’eventuale decisione della Magistratura in merito.
È utile leggere i tre vecchi regolamenti di polizia mortuaria statali (quello del 1892, quello del 1942 ed infine quello del 1975), che possono essere valutati.
Il primo, del 1892, in vigore la momento della concessione originaria dice poco o nulla, se non che gli articoli di interesse sono il 50, 63, 94, 97, 124.
Si presume quindi che la concessione amministrativa comunale debba seguire le norme previste nel regolamento comunale allora in vigore, integrato (o in mancanza di regolamento, sostituito) da quanto riportato nell’atto originario di concessione. Tali norme soccombono nei confronti di quelle emanate successivamente fino al 1990, con i vari regolamenti di polizia mortuaria statali, per abrogazione implicita, laddove in contrasto (ma non sulla perpetuità della concessione che permane).
Si ritiene che già in quei tempi (anni venti) fosse consentita la compravendita di sepolcro.
Ed è quel che si suppone sia avvenuto, anche se la famiglia B non è in grado di provarlo oggi al Comune.
È con il R.D. 1880 del 1942, che viene esplicitamente consentita la cessione con atto inter vivos o mortis causa (si rimanda all’articolo 71).
Però doveva essere segnalata tale circostanza all’Amministrazione comunale che poteva opporsi in un certo lasso di tempo massimo.
Se nulla diceva, c’era il silenzio assenso.
Il R.D. 1880/1942, introduce le norme (art. 70) sull’uso del sepolcro.
Si noti che a partire dal citato R.D. 1880/1942, ogni regolamento statale riporta una frase (in questo al comma 2 dell’art. 100) in cui si dice “È abrogata altresì ogni disposizione, contraria o comunque incompatibile con le disposizioni del presente regolamento” .
Con il D.P.R. 803/1975 non è più prevista la cessione tra privati per atto tra vivi o per successione. Situazione replicata con il D.P.R. 285/1990 (si tratta dei successivi regolamenti statali di polizia mortuaria). Anzi viene esplicitamente escluso che si possa avere lucro e speculazione nei cimiteri.
Pertanto il fatto che dal 1929 al 1991 siano state sepolte solo salme appartenenti alla famiglia B lascia supporre che vi sia stato in effetti un accordo tra le parti in epoche passate, ma è la famiglia B che lo deve provare. Non il Comune.
Allo stato delle cose il Comune, se gli viene prodotto il primitivo atto di concessione, non può prendere atto che la concessione è della famiglia A.
Per cui la famiglia B, per poter vantare diritti deve rivolgersi alla Magistratura, ma con qualche elemento che provi (al di là della sepoltura di salme della famiglia B) la compravendita o il trasferimento del diritto per successione.
Forse la famiglia B potrà esibire documenti circa la manutenzione protratta nel tempo di quella tomba. Elemento che potrebbe far riflettere il Magistrato sulla effettiva disponibilità di fatto della tomba da parte della famiglia B.
È però da distinguere la situazione dell’area (che si presume concessa in maniera perpetua all’inizio) dalla tomba (che si presume costruita o da famiglia A o da famiglia B). L’area è infatti una concessione su un bene demaniale. La tomba è invece proprietà, per tutta la durata della concessione, di chi l’ha costruita o di chi ne è pervenuto successivamente in possesso per atto inter vivos o mortis causa (se al momento si poteva fare).
Si consiglia di effettuare una ricerca d’archivio su chi ha presentato il progetto di costruzione,perché se la prima sepoltura è del 1929 e della famiglia B, si può addirittura pensare che fin dall’inizio le cose siano andate diversamente.
Se il titolare del permesso di costruzione fosse una persona della famiglia B, questo potrebbe essere un titolo importante per provare di fronte ad un giudice la correttezza delle pretese della famiglia B.
Invece le sole sepolture potrebbero essere state consentite anche per semplice assenso da parte della famiglia concessionaria originaria.


Norme correlate:
Art capo18 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90

Riferimenti:

Parole chiave:
CONCESSIONE-sepolcro,SEPOLCRO-cessione di tomba,SEPOLCRO-compravendita,SEPOLCRO-sepolcro familiare


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