Il diritto di scegliere e cambiare il luogo di sepoltura

Lo ius eligendi sepulchrum

Astrologando ancora una volta sullo scibile universale di polizia mortuaria, ulteriore situazione giuridica soggettiva, degna di menzione nella complessa materia in disamina, è il c.d. ius eligendi sepulchrum o electio sepulchri che, alla luce del disposto di cui all’art. 587 comma 2 Cod. Civile, consta nel potere di scelta spettante ad ogni persona fisica circa le modalità ed il luogo della propria sepoltura, rientrante nell’alveo dei diritti della personalità, quando – addirittura – non personalissimi.
Come vedremo tra poco, la questione non riguarda solo il contenuto delle disposizioni testamentarie, ma attiene altresì all’art. 5 c.c., trattandosi di veri e propri atti di disposizione sulla salma.
Si vedano, per ulteriori chiose, le pregevoli glosse di importanti commentatori della materia funeraria: Electio sepulchri e atti di disposizione della salma, in G. Cian – A. Trabucchi, commentario breve al codice civile cit., p. 73: “Le spoglie mortali possono costituire oggetto di disposizione da parte del de cuius in ordine alla loro destinazione, e tale diritto rientra tra quelli per loro natura assoluti ed intrasmissibili. Il diritto dei congiunti di provvedere alla destinazione della salma opera, quindi, solo in via sussidiaria, quando non risulti la volontà del defunto, con prevalenza dello ius coniugii sullo ius sanguinis e di questo sullo ius successionis (78/1527)”.

È singolare notare come per descrivere e tratteggiare tale peculiare diritto della personalità (l’ultimo senza dubbio, tra l’altro da esercitarsi in proiezione dell’oscuro e nebuloso post mortem, quando, appunto, la capacità giuridica è necessariamente cessata!) venga operato, spesso, un ampio richiamo a Cass., sez. I, sentenza n. 2034 del 13 marzo 1990:

a) le spoglie mortali possono costituire oggetto di disposizione da parte del “de cuius” in ordine al luogo e al modo della sepoltura e tale diritto, preminente su quello di analogo contenuto spettante “iure proprio” ai congiunti più prossimi, rientra, – come gli atti di disposizione del proprio corpo di cui all’art. 5 del codice civile e comunque secondo una radicatissima consuetudine, tra i diritti della personalità, per loro natura assoluti e intrasmissibili (vedi Cass. sent. n. 1527 del ’78 e 1584 del ’69);
b) il predetto “ius eligendi sepulcrum“, mentre – per la ragione di cui sopra – non può formare oggetto di trasferimento “mortis causa” (cfr. Cass. sentenza n. 2475 del ’70) sicché non possono ad esso applicarsi la disciplina successoria nè legale nè testamentaria, può ben dar vita ad un mandato “post mortem exequendum“, perfettamente ammissibile nel nostro ordinamento non intaccando il divieto posto alla volontà del “de cuius” di operare “post mortem” relativamente ai beni dell’eredità al di fuori del testamento (vedi Cass. sent. n. 1584 del ’69; 2804 del ’62); …
Ciò posto, è agevole dedurre che chi agisce in giudizio per dare esecuzione al mandato ricevuto dal “de cuius” in relazione alla di lui “electio sepulchri” è legittimato all’azione ex art. 100 cod. proc. civ. (a norma del quale per proporre una domanda è necessario avervi interesse), in quanto fa valere l’interesse morale che egli ha ad adempiere detto mandato: interesse che – essendo questo un caso in cui l'”electio sepulchri” si assume esercitata direttamente dal “de cuius” e che va tenuto quindi ben distinto da quello cui, in mancanza, esso può essere esercitato “iure proprio” dai congiunti – non è quello di far seppellire il morto nella tomba di proprietà propria o della famiglia e neppure quello di far scegliere ai soggetti più interessati il luogo da essi ritenuto più adatto a manifestare i loro sentimenti di devozione verso il defunto (vedi, in proposito, Cass. sent. n. 1834 del ’75), bensì esclusivamente quello (ma “ab antiquo” di altissimo valore morale) di soddisfare la propria coscienza con la consapevolezza d’aver onorato l’incarico ricevuto in fiducia dallo scomparso.

Quanto all’individuazione del destinatario del mandato di cui qui trattasi, la consuetudine e la coscienza collettiva attuale sembrano richiedere che, in mancanza della designazione da parte dello stesso “de cuius” di un determinato destinatario, detto mandato (valido anche se soltanto verbale, non trattandosi di disposizione testamentaria, purchè, ovviamente, manifestato con la dovuta precisione e risolutezza) debba intendersi conferito presuntivamente al congiunto più prossimo ovvero, cumulativamente, alle persone stesse alle quali “l’electio” sia stata confidata e legata al “de cuius” da particolari vincoli di affetto di amicizia e di stima, essendo da supporre, salvo prova contraria che, in casi del genere, la scelta della persona, cui si voglia far conoscere la propria volontà ultima relativa al destino delle proprie spoglie mortali, coincida con la scelta della persona cui si voglia raccomandarne, magari insieme ad altri, l’esecuzione”.

Il trasferimento (= traslazione) del luogo di sepoltura

Nell’ambito della tematica dell’electio sepulchri, si colloca lo spinoso tema riguardante il trasferimento del luogo di sepoltura, solitamente intra moenia coemiterialia, anche se magari, tra un cimitero e l’altro.
Si soprassiede, dunque, volutamente sulle rarissime fattispecie di cui agli artt. 104 e 105 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, attuativi delle norme legislative enunciate dagli artt. 340 e 341 T.U. Leggi sanitarie R.D. n. 1265/1934.

Infatti, a proposito di tale

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Carlo Ballotta

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