Cara Redazione,
Aspra contesa è sorta tra i miei famigliari. In una surreale battaglia del tutti contro tutti non si riesce a decidere in merito ad una tomba in scadenza. Il titolare della stessa non vuole procedere al rinnovo, abbandonando i resti mortali contenuti nell’avello di cui sopra al loro destino (probabilmente cremazione o in alternativa interro in campo comune). Questa eventualità mi pare aberrante, come potrei oppormi?
Per enucleare correttamente il problema fulcro di questo breve saggio dobbiamo muovere da una tragica, ma realistica considerazione: gli umani nelle loro relazioni (Aristotele parlava dell’uomo in termini di “Zoon Politikon” , ossi animale politico e sociale) sono intrinsecamente rissosi e versati in modo spontaneo per la lite autodistruttiva. Nulla di strano, (senza concessioni Heheliane secondo cui la guerra sarebbe “l’entrata di Dio nel mondo“, o peggio ancora, “la sola igiene del mondo”, così come enunciato nel manifesto dei Futuristi) allora, se un legislatore davvero illuminato scriva le norme partendo da un’ipotesi razionalmente pessimistica.
Più volte è stato sostenuto che l’individuazione del diritto a disporre della salma, o di quanto ne residui,non abbia, in quanto tale, una definizione in norma positiva, quanto discenda da un’elaborazione giurisprudenziale (anche non sottovalutando come la gran parte delle decisioni della giurisprudenza nelle materie della c.d. polizia mortuaria, derivino, non a caso, proprio da conflitti intra-familiari sulla disposizione del defunto), divenuta tale da considerarsi non solo costante, quanto consolidata. Così costante al punto che non è stato difficile introdurla, schematicamente, nell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n.285
Spesso si pongono questioni sul diritto di disposizione della salma (o, del cadavere, dato che in alcune regioni è stata formulata una definizione distintiva tra i termini di “salma” e di “cadavere”, che si estende anche ai resti mortali e quanto altro. La questione emerge quando vi siano più soggetti in una qualche relazione col defunto, specie quando non vi sia un accordo comune o, almeno, non contestato da altri. Si può, a questo proposito, considerare il fatto come non vi siano norme che regolano, che impongano determinati procedimenti anche formali, documentali nella scelta di due delle tre pratiche funebri (l’inumazione o, alternativamente, la tumulazione), a differenza della terza (cremazione) nella quale le forme di manifestazione della volontà di disposizione sono abbastanza puntualmente regolate.
Il primo elemento cardine che assume rilevanza giuridica è quello per cui il diritto di disporre del cadavere spetta, in primis, al defunto stesso, da manifestare, ovviamente, in vita e, tendenzialmente, nella forma testamentaria
Sono d’obbligo due quesiti filosofici e di sistema: Il diritto di sepoltura può esser inteso come diritto della personalità: diritto personale o personalissimo, proiettato nel post mortem da inserire nel solco tracciato dall’Art. 5 del Codice Civile? Ed in subordine le relazioni dei familiari sul cadavere costituiscono diritti soggettivi o interessi di pietas?
Gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri seguono due criteri, quello dello jure sanguinis ed in subordine quello di poziortà (leggasi priorità) enunciato dall’Art. 79 DPR 285/1990 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria).
Lo Jus sanguinis è il diritto della consanguineità che si origina appunto dai rapporti di parentela.
il diritto di intervenire per la sepoltura del de cuius (e quindi per le operazioni anche conseguenti, in quanto presuppongono in genere una diversa ulteriore sepoltura) non è legato a questioni ereditarie, bensì è “jure sanguinis”, cioè connesso ai legami di sangue, nella famiglia.
In una sepoltura privata (sia essa un tumulo o un campetto d’inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/1990) bisogna distinguere tra la titolarità della concessione e la legittimazione a disporre della salma.
La seconda pone su di un piano di parità i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.
Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia, la quale vanta un diritto di riserva (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi.
Nelle ipotesi di sepolcri collettivi (familiare e comunitario) la titolarità del diritto di sepolcro, soprattutto quello primario, presenta alcuni caratteri particolari, infatti appartiene al fondatore e ai membri della famiglia o agli appartenenti all'”ente”. In tal modo si determina una particolare forma di comunione fra i vivi titolari; da non confondersi tuttavia con la comunione dei diritti reali, in quanto soggetta ad un regime peculiare, caratterizzato dalla indisponibilità del sepolcro da parte di uno o di alcuno soltanto dei suoi titolari
Per quanto concerne la natura del diritto secondario di sepolcro, si è del parere di escluderne la realità, per la mancanza di ogni potere di uso, e se ne afferma, invece, la natura personale ed intrasmissibile, individuandone la titolarità in tutti i congiunti della persona sepolta, anche se non titolari del diritto primario, i quali hanno facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio alla sepoltura.
Il principio di poziortà, invece, stabilisce chi abbia titolo privilegiato e quindi la precedenza nel decidere la destinazione di una spoglia mortale anche dopo il periodo legale di sepoltura (20 anni per le tumulazioni 10 anni per le inumazioni ai sensi dell’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Il criterio di poziorità individuato dall’art. 79, comma 2 dPR 10 settembre 1990, n. 285 altro non è se non la sintesi dell’elaborazione giurisprudenziale in materia di titolarità a disporre della salma e dei resti mortali. Per giurisprudenza consolidata è il coniuge superstite a poter disporre del corpo del coniuge defunto, decidendone luogo e modalità di sepoltura. In mancanza del coniuge occorre il consenso unanime di tutti i congiunti dello stesso grado.
Le estumulazioni straordinarie vengono autorizzate dall’ufficio comunale di polizia mortuaria su istanza di parte (solo per quelle ordinaria, ossia all’estinguersi della concessione si può procedere d’ufficio).
Laddove sia esplicitamente previsto (nell’ordinanza o nel regolamento comunale) che l’operazione cimiteriale si effettui anche a richiesta di uno solo dei familiari, il quale “si intende agisca in nome e per conto e col preventivo consenso di tutti gli interessati” il responsabile del servizio non fa che attenersi a regole prestabilite e non ha responsabilità nel caso di possibili azioni di terzi. Anzi, ne avrebbe se discostasse il suo comportamento dai criteri stabiliti da ordinanza o regolamento.
Nella fattispecie in esame occorre la volontà di provvedere all’estumulazione manifestata da tutti i più stretti famigliari del nonno.
Se c’è opposizione da parte di uno degli aventi diritto essa deve esser formalizzata e motivata dinnanzi agli uffici competenti, è meglio giuocare d’anticipo e bloccare l’estumulazione prima che questa avvenga.
Il disinteresse manifestato ed inequivocabile vale come un implicito consenso.
Una forma di disinteresse è la mancanza di congiunti sino al sesto grado, ossia di coloro che soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’Art.1 comma 7 bis Legge 28 febraio 2001 n. 26 devono assumersi l’onere della sepoltura o della cremazione, oppure un inerzia certa e prolungata, motivata dal rifiuto a provvedere.
L’Amministrazione comunale, laddove intervenga una vertenza fra familiari, ne resterà estranea, limitandosi a mantenere fermo lo stato di fatto fino a che non sia raggiunto un accordo fra le parti o non sia intervenuta una sentenza del Giudice di ultima istanza, passata in giudicato. Circa le responsabilità per il familiare che non aveva titolo a richiedere una operazione cimiteriale si è del parere che, tranne non rilevino fatti penali, non è sanzionabile un comportamento se questo non viola precise disposizioni di legge (ad es. dichiarazione falsa in atto sostitutivo di notorietà).
In altri termini se il Comune ha dato corso ad una istanza di uno o più familiari, poi rivelatisi non titolati a fare detta richiesta per effetto di norme locali, si ha una violazione per il familiare del regolamento locale, depenalizzata, soggetta a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 107 del DPR 285/90.
In sede di recepimento dell’istanza, tuttavia, è bene specificare come eventuale dichiarazione mendace integri diverse fattispecie di reato come, ad esempio, falso privato in atto pubblico e violazione di sepolcro.
C’è un importante sentenza su cui meditare: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979 La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.. questa premessa è necessaria a focalizzare bene la situazione descrittaci da un nostro lettore.
La formale richiesta di esumazione o estumulazione costituisce una manifestazione di volontà che va collocata nell’ambito della titolarità dell’esercizio dei diritti a disporre di salme, cadaveri e loro trasformazioni di stato (ossa, ceneri, resti mortali) in termini di diritti personalissimi.
Se si tratta di esumazione/estumulazione ordinaria (quindi che è già prevista ed avverrebbe comunque ed in ogni caso) parte della dottrina ritiene che sia l’ufficio del gestore del cimitero ad avere potestà nel procedimento di individuazione dei familiari.
Tale richiesta, secondo alcuni commentatori non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 dal momento che il procedimento non ha luogo ad impulso dei familiari e che questi esprimono solo il desiderio, assumendosene anche l’onere, dell’acquisto di cassetta zincata e celletta ossario per la tumulazione delle ossa.
Dovendo l’ufficio del gestore cimiteriale assicurare la riscossione degli oneri dell’inumazione, esumazione, estumulazione e cremazione, il cui inadempimento determina responsabilità patrimoniale, deve esser individuato un meccanismo capace di individuare velocemente ed esattamente chi richieda dette operazioni.
Ai sensi del paragrafo 5 Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998 la cremazione dei resti mortali può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari alle operazioni di esumazione (ed oggi anche estumulazione dopo l’emanazione del DPR 254/2003) ordinaria ed il Sindaco, con pubbliche affissioni, abbia provveduto ad informare preventivamente la cittadinanza del periodo di loro effettuazione e della modalità di “smaltimento”prestabilito per i resti mortali (reinumazione o avvio a cremazione), l’indifferenza è da considerare come assenso al trattamento stesso.
I famigliari hanno il diritto di opporsi alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in caso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per esercitare questo loro potere che si configura come un diritto della personalità (decidere di sè stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte) debbono esser preventivamente informati con i modi ed i tempi di cui sopra.
Anche quando sia già avvenuta l’operazione cimiteriale senza che nessuno abbia richiesto di poter disporre di ceneri oppure ossa conviene non procedere subito con lo sversamento delle ossa nell’ossario comune o la dispersione degli esiti da cremazione (le ceneri) nel cinerario comune, poichè il diritto a disporre di cadaveri e lor trasformazioni di stato nopn si esaurisce dopo il periodo legale di sepoltura.
Ossa e ceneri potranno sostare per un congruo tempo nel deposito mortuario del cimitero, trascorso infruttuosamente questo lasso di tempo ai sensi del combinato disposto tra gli Art.. 85 comma 1 ed 80 comma 6 verranno depositare in forma indistinta e promiscua nei due spazi (ossario e cinerario) adibiti ad accoglierle.
La Circ. Min. n. 24/1993 prevedeva per l’autorizzazione alla cremazione dei resti mortali un non dissenso da parte degli aventi titolo, con la Circ. 10/1998 e soprattutto il DPR 254/2003 occorre invece l’esplicito consenso (o il manifestato disinteresse che vale pur sempre come assenso). La procedura ad un primo esame sembra essersi appesantita, in realtà la definizione in via amministrativa e standardizzata di “Resto Mortale”permette semplifica notevolmente le operazioni poiché la tipologia dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo può esser individuata d’ufficio dal comune senza più laboriose distinzioni caso per caso.
Siccome l’avvio a cremazione dei resti mortali si configura come un potere discrezionale dell’amministrazione comunale tale potestà decisionale deve necessariamente estrinsecarsi in un atto di diritto positivo (ossia scritto) come:
1) L’ordinanza sindacale con cui si regolano le operazioni cimiteriali in attuazione del disposto di cui agli art. 22, 85, 86, 88 e 89 del DPR 285/90i DPR 285/90.
2) Un provvedimento contingibile ed urgente come chiarito dal Ministero della Salute, in risposta a due distinti quesiti di Comuni (p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003). “il sindaco, ove ricorrano i presupposti, può emanare apposita ordinanza contingibile ed urgente, limitata temporalmente, per disciplinare localmente situazioni che necessitino di interventi urgenti a garanzia della salvaguardia delle condizioni di igiene pubblica e della salute della popolazione.”.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, con gli elementi di procedura aggravata introdotti dalla Circ. Min. Affari Interni n. 37 del 01/09/2004 se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato ad autorizzare la cremazione dei resti mortali.
Capitolo a parte merita la sistemazione delle urne attraverso l’istituto dell’affido: qui le opzioni si moltiplicano esponenzialmente in caso di rinuncia alla custodia o discordia tra gli aventi causa del de cuius: alcune regioni ragionano in termini generici di conferimento in cimitero, quale luogo istituzionalmente preposto all’accoglimento delle urne ex Art. 50 DPR 285/1990, ma anche questo disposto in sé piuttosto semplice è sotteso da mille venature: qual è il cimitero?: Quello di residenza o decesso de de cuius verso il quale il defunto stesso ha maturato ope legis un titolo d’accoglimento, oppure qualunque altro sepolcreto verso il quale per effetto dello jus sepulchri sorto da un atto di concessione ex Art. 90 DPR 285/1990 il de cuius vantasse analogo diritto di sepoltura in tomba privata? Il conflitto insanabile tra i discendenti o la loro inerzia nell’addivenire ad un accordo (che si sostanzierebbe nella stipula di un atto di concessione per tumulare l’urna) producono la fattispecie residuale, almeno nello spirito del DPR 285/1990 della dispersione in cinerario comune. (solo in questo caso alla volontà del de cuius può sostituirsi l’inazione di chi jure sanguinis è deputato a provvedere).
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Gentili Signori, a breve scadrà la concessione di un loculo nel cimitero comunale ove si trova mio padre. Premetto che a seguito della morte di mio padre, ci sono stati dissidi familiari tra noi fratelli eredi. Uno dei miei 2 fratelli, pur avendo a suo tempo ricevuto la propria parte di eredità e pur avendo partecipato in passato alle spese funerarie, oggi si rifiuta di pagare la propria quota per il rinnovo. A tal proposito, mio fratello è obbligato al pagamento? se non paga, posso ricorrere ad un procedimento legale? Lede qualche mio diritto?
Grazie.
Buongiorno.Le ho già scritto un po di tempo fa, in merito alla mia richiesta presso il cimitero della mia residenza, in occasione della scadenza della concessione dell’oculo, con durata 40 anni, la possibilità di cremare ed affidarmi le ceneri della mia neonata, Versolato Emanuela. Ho seguito le sue indicazioni inizialmente , presentando una istanza al cimitero di sepoltura, fino ad arrivare all’ufficiale dello Stato civile del comune di Torino.Quest’ultimo personaggio mi riferisce che:Non può accogliere la mia domanda, poichè la Legge non glielo consente, avrei dovuto fare istanza nel 2001/2007, cioè 11/17 anni prima della scadenza della concessione.Quindi non ho risolto nulla e continuo a chiedermi quale è la Legge, dopo aver visto anche quella regionale,che mi impedisce di cremare ed avere in affido familiare le ceneri….Può, per cortesia, nuovamente aiutarmi a capire in che modo posso muovermi senza dover rivolgermi ad un avvocato e Tribunale con le lungaggini di rito??Infinite grazie.Versolato Aparecido.
X Aparecido,
a questo punto, qui, dobbiamo veramente capirci.
1) gli atti di disposizione sui feretri oggetto di estumulazione ordinaria, così da conferire loro una nuova destinazione, vanno esercitati in prossimità della scadenza della concessione, ovvero prima che questa avvenga ed il gestore dei cimitero proceda d’ufficio, anche se una comunicazione sull’avvio del procedimento che condurrà al disseppellimento di un defunto ex artt. 7 e 8 Legge n. 241/1990 sarebbe sempre auspicabile anche, appunto, per consentire gesti di pietàs, quali appunto la cremazione con successiva stabile sistemazione delle ceneri. Informazione puntuale e completa = trasparenza amministrativa.
2) E’, pertanto illogico pretendere da parte dell’Ufficiale di Stato Civile un’istanza tesa al rilascio di un’autorizzazione che produrrà i propri effetti dopo quasi 20 anni dal proprio perfezionamento, tra l’altro nel 2001 e nel 2007 il panorama legislativo era molto diverso e difforme da quello attuale, tanto per esser chiari il primo affido famigliare delle ceneri è stato reso operativo e legittimato con D.P.R. 24 febbraio 2004, quindi nel 2001 tale istituto non aveva ancora cittadinanza piena nel nostro ordinamento giuridico. Come avrebbero potuto nel 2001 autorizzare un’azione bellamente contra legem.
Non voglio dilungarmi ulteriormente perchè certi atteggiamenti mi lasciano molto perplesso con il tasso di nevrosi mio personalissimo che sale a quote e livelli inanerrabili.
IL consiglio spassionato è sempre quello: una risposta informale e verbale, magari anche pretestuosa, non fa testo, allora ex art. 3 Legge n. 241/1990 si presenta ufficialmente istanza scritta in bollo volta ad ottenere un provvedimento di autorizzazione: a questo punto il Comune o la accoglie o la rigetta, con l’obbligo, però, ed in tempi piuttosto rapidi, in caso di rifiuto di motivare l’eventuale diniego (per improcedibilità, inammissibilità della stessa, carenza di presupposti, mancanza di volontà) ed indicare l’autorità di garanzia cui presentare ricorso amministrativo (e Le assicuro ci sono diverse soluzioni da esperire, adire il T.A.R. è, forse, solo l’ultima spiaggia!)
X Avv. XYZ,
riteniamo altamente condivisibile la Sua linea interpretativa circa il disposto dell’art. 85 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285
In effetti, nelle pieghe di tutta la normativa funeraria, pur nella sua fredda asetticità, in cui prevalgono elementi di igiene ed ordine pubblico, si può leggere un richiamo ai sentimenti di pìetas e devozione verso i defunti, emozioni e suggestioni che, poi, tecnicamente si traducono negli atti di disposizione per il post mortem.
La formulazione molto aperturista dell’art. 85 D.P.R. n. 285/1990, quando, appunto, non esclude neppure atti di disposizione in regime di liberalità, è prova inconfutabile di questa precisa volontà del Legislatore
Certo l’ossario comune è la destinazione istituzionale e d’ufficio (per nulla ignominiosa!) cui sono avviate le ossa quando non richieste per una sistemazione privata e dedicata quali sono le tumulazioni tutte, anche quelle in celletta ossario.
Il figlio legittimato, in primis, jure sanguinis a decidere può manifestare disinteresse o inerzia, ed in questo caso opererebbe di default l’art. 85 D.P.R. n. 285/1990 ma non opposizione (per carenza di presupposti e motivazioni logiche) a che terzi, con assunzione di oneri a proprio carico esternino il loro affetto verso la spoglia mortale di un defunto assicurandogli una sepoltura in concessione, invece, della forma di “smaltimento” (si perdoni l’empietà… molto efficace del vocabolo usato) in forma massiva, promiscua, anonima ed indistinta costituita in via residuale dall’ossario comune, impianto, comunque, obbligatorio per ogni cimitero. Insomma: neminem laedere, soprattutto quando si tratta di interessi spirituali ed immateriali.
Il figlio potrebbe solo appellarsi ad una presunta volontà del padre di rifiuto alla tumulazione delle proprie mortales exuviae, intese come cadavere o sue trasformazioni di stato, ma occorrerebbe in tal senso un preciso volere testamentario, altrimenti sarebbe assai arduo dimostrare in giudizio un siffatto orientamento personale, invero del tutto anomalo ed estremo.
Ad ogni modo, in caso di controversia bisognerà adire il competente Giudice Ordinario, per ribadire, ove necessario, titolarità e limiti d’esercizio dello jus sepulchri che a nostro avviso nella contrarietà a provvedere del figlio, transita in capo al fratello; il Comune estraneo alla controversia manterrà fermo lo status quo ante, in attesa di una definizione della lite, le ossa nel frattempo saranno depositate, con idonei mezzi identificativi, in camera mortuaria, se venissero sparse in ossario comune, infatti, non sarebbero più raccoglibili o separabili dalle altre.
Trascorso il turno di rotazione decennale in capo di terra, qualora il cadavere sia completamente scheletrizzato, la legge prevede che le ossa vengano raccolte e depositate nell’ossario comune, “a meno che coloro che vi abbiano interesse facciano domanda di racchiuderle in cassetta di zinco per deporle in cellette o loculi posti entri il recinto del cimitero ed avuti in concessione”.
Quid juris nel caso in cui il parente in linea diretta (figlio) decida di destinare le ossa del padre all’ossario comunale, mentre il parente in linea collaterale (fratello) chiedesse dper lorouna sepoltura privata e dedicata, ovviamente accollandosene le spese?
Avrebbe prevalenza la volontà del figlio in quanto parente prossimo? Oppure si potrebbe dare predominanza, come sembra suggerire il dettato dell’art. 85 D.p.R. 285/1990, a “coloro che abbiano interesse” alla raccolta, vale a dire il fratello?
Una mattina sono andato al cimitero da mia madre ma mi hanno detto che la salma era stata portata nel loculo dove giace mio padre. Mia sorella ha fatto eseguire l’estumulazione di mia madre senza il mio consenso…..posso richiedere un risarcimento per danni morali o quale altre strade posso intraprendere?
X Mario,
In Italia, ma è una mia sommessa opinione (rectius: pessimistica constatazione di fatto) l’istituto dell’autocertificazione è “MORTO” per l’endemica facilità impunita con cui il cittadino asserisce il falso dinanzi la pubblica amministrazione, benché le dichiarazioni mendaci siano sanzionate, anche penalmente, a norma dell’art. 76 DPR n. 445/2000.
Alcuni regolamenti comunali dii polizia mortuaria, fors’anche astutamente, per snellire le procedure prevedono questa semplice regoletta: secondo cui richiede una qualsiasi operazione operazione cimiteriale s’intende agisca in nome, per conto e soprattutto con il consenso di tutti gli altri aventi diritto a pronunciarsi, sollevando il Comune da futuri contenziosi endo-famigliari, da risolversi in sede civile. Sua sorella, evidentemente ha mentito, deliberando la traslazione del feretro, senza ottenere preventivamente il suo “via libera a procedere”.
E’importante rimarcare come gli atti di disposizione sulle spoglie mortali seguano il noto principio di poziorità (potere di scelta + priorità nella decisione) frutto di un’omogenea, nel tempo, elaborazione giurisprudenziale e cristallizzato, magari pure inconsciamente dal Legislatore, nell’art. 79 comma 1 II Periodo del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285. Esso pone su un livello di pari ordinazione tutti i consanguinei di egual grado, imponendo l’accordo preventivo all’unanimità.
Ai sensi del nuovo Art. 21 comma 2- bis Legge n. 241/1990, così come introdotto dall’ art. 6, comma 1, lett. d), n. 2), L. 7 agosto 2015, n. 124 i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Le consiglio di intervenire presso il competente comune (quello nella cui giurisdizione amministrativa si trova il cimitero dove si è consumato il fatto increscioso) perchè l’ufficio della polizia mortuaria annulli, in autotutela, il rilascio dell’autorizzazione allo spostamento del feretro, ripristinando lo status quo ante.
Stesso risultato, in modo un po’più macchinoso, si otterrebbe avanti il T.A.R. per ottenere un pronunciamento in senso analogo da parte del Giudice Territoriale Amministrativo (l’autorizzazione è stata formalmente accordata, ma sulla base di falsi ed erronei presupposti, anche se nell’incolpevolezza della P.A.))
Lei ex Art. 100 Cod. Proc. Civile è legittimato a stare in giudizio, sempre in sede civile, per l’eventuale riconoscimento e risarcimento del danno (esistenziale?).
X Monica,
Non ho, in tutt’onestà, ben capito se si tratti di una semplice fossa in campo di terra o di una sepoltura privata data in concessione (tomba terragna o a sterro cioè con lastra sepolcrale a livello del piano di campagna e cella ipogea in cui deporre il feretro), perché la normativa considera e, conseguentemente, disciplina, in maniera diversa queste due fattispecie di sepolcri pur sempre legittimi.
Di solito queste questioni così di dettaglio sono demandate, per la loro soluzione ottimale, al regolamento comunale di polizia mortuaria ed al piano regolatore cimiteriale con i suoi ovvi strumenti attuativi.
Sulle fosse ricavate nel campo comune di terra (quadre ad inumazione) a cura del gestore stesso del cimitero è apposto un cippo identificativo, mentre gli interessati possono collocare sul tumulo di terreno lapidi, steli o monumenti, di dimensioni stili e fogge autorizzati, per sempre dal comune, sulla base di quanto disposto dal locale regolamento di polizia mortuaria, cui si rinvia anche in questo frangente.
L’Art. 62 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, da leggersi in senso analogico ed estensivo per tutti i tipi di sepolture, conferma questa possibilità. Attenzione, però, si tratta pur sempre di una mera facoltà e non di un dovere giuridico!
Ad ogni modo, In ossequio al principio dell’individualità e tracciabilità, in qualunque frangente, delle sepolture, tipico dei moderni ordinamenti di polizia mortuaria, ogni tomba, a maggior ragione se privata e, quindi, in concessione, deve riportare, in modo ben visibile gli estremi anagrafici del defunto. Laddove le iscrizioni tombali non fossero leggibili o, peggio ancora, fossero del tutto assenti, precipitando quel determinato sepolcro in un’angosciante anonimato, si configurerebbero gli estremi per considerare come abbandonata o in stato di degrado la tomba stessa, con relativa pronuncia della decadenza, quale massima sanzione, da parte dell’autorità comunale.
Ricordo poi come ex Art. 92 comma 3 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria il comune quale parte contraente del rapporto concessorio, il quale è asimmetrico ed, appunto sbilanciato in favore dell’Ente Locale, possa imporre al concessionario in sede di stipula dell’atto di concessione determinati obblighi, tra i quali, potrebbero annoverarsi anche tempi e modalità certe per la realizzazione del sepolcro o per il suo completamento attraverso la sistemazione definitiva degli arredi votivi, quali appunto la lapide.
Il ritardo ingiustificato ed omissivo può esser letto come un comportamento inadempiente passibile di sanzione amministrativa, se viola la tempistica dettata dal regolamento comunale, o di dichiarazione di decadenza, per le situazioni più gravi.
Avrei bisogno di un chiarimento,mio suocero è deceduto sei anni fa,
la seconda moglie, tutt’ora in vita, non ha voluto da sempre provvedere
alla sistemazione della lapide,lasciando mio suocero ricoperto da una lastra di malta. Ha avuto tutto ed ha deciso tutto, ci ha fatti indebitare
perché,mio suocero possedeva una casa di proprietà ed ha voluto essere
liquidata pur essendo ancora in vendita. Possibile che con tutti questi
diritti non abbia il dovere di fare la lapide. Spero che l’agec di Verona
abbia un regolamento che individui la moglie come e solo referente e
che finalmente mio suocero abbia la dignità di ogni defunto.
E’ difficile andare a trovarlo e constatare che ancora gli hanno, per l’ennesima volta portato via la foto, i fiori…
Monica da Verona
La separazione è un provvedimento temporaneo, provvisorio, che trova fondamento nella intollerabile prosecuzione della convivenza o nel grave pregiudizio che tale convivenza può arrecare alla educazione dei figli; la provvisorietà di detta situazione è determinata dal fatto che essa può portare, tanto alla riconciliazione tra i coniugi, quanto al divorzio (cessazione degli effetti civili del matrimonio).
La separazione incide sia sui rapporti personali tra i coniugi, sia su quelli patrimoniali: si sospendono i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio, salvo quelli verso i figli e quelli di mantenimento e quelli di rispetto reciproco.
Nella situazione rappresentata occorre riferire dell’inesistenza di una norma positiva che consenta l’individuazione del diritto di disporre di una salma ovvero di un cadavere ovvero di resti mortali. Peraltro occorre aggiungere che le numerose sentenze conseguenti a conflitti intra-familiari hanno determiniato una giurisprudenza costante e consolidata. L’elaborazione giurisprudenziale è stata introdotta ancorchè schematicamente nell’art. 79 del d.P.R. n. 285/1990 (Regolamento di Polizia Mortuaria) che dispone l’autorizzazione alla cremazione da leggersi, quindi, in senso estensivo per ogni destinazione di sale, cadaveri e loro trasformazioni di stato.
Si segue, pertanto, il criterio di poziortà enunciato dall’Art. 79 comma 2 DPR 285/90 secondo cui occorre il consenso unanime di tutti gli aventi diritto di pari grado.
Nel nostro caso gli aventi diritto di pari grado sono i genitori del de cuius a prescindere dalla loro crisi coniugale.
In caso di vertenza tra i due sarà il giudice a decidere, mentre il comune rimarrà estraneo alla vicenda limitandosi a mantener fermo lo status quo sin quando non intervenga accordo tra le parti.
Di solito l’amministrazione comunale fissa nel proprio regolamento di polizia mortuaria il principio secondo cui chi richiede un’operazione cimiteriale ha già preventivamente acquisito il consenso di tutti gli altri aventi titolo.
Non spetta, quindi, al comune dar luogo a defatiganti ricerche per individuare i soggetti titolati a disporre di salme, cadaveri, resti mortali, ossa e ceneri.
Il concessionario di una tomba di famiglia solo qualora sussista l’autorizzazione comunale all’estumulazione ed alla traslazione del feretro non può opporsi all’apertura della tomba.
Una coppia perde il figlio appena nato e lo tumula in un loculo nel
cimitero del comune in cui entrambi i genitori risiedono. I genitori si
separano e la mamma si trasferisce in un altro comune dove ha una tomba di famiglia. La mamma ha diritto di trasferire la salma del figlio morto anche senza il consenso dell’altro genitore ?
Per la raccolta in cassetta zincata ex Art. 36 DPR n.285/1990, delle ossa provenienti da esumazione il DPR 285/1990 richiede semplicemente l’istanza degli INTERESSATI e non solo dei discendenti jure sanguinis, in quanto della concessione di celletta ossario può anche esser titolare chi si rapporti con le ossa del de cuius in termini di liberalità e non solo di jure sanguinis, allora potrebbe sorgere conflitto tra soggetti interessati e congiunti ex Art. 79 comma 2 DPR 285/1990 in termini di poziorità (= potere di scelta + preminenza nel decidere) a disporre della spoglia mortale.
Siamo, allora, in presenza di una situazione tale da ricordare quei frangenti di elevata conflittualità che si hanno quando più familiari intendano dare diverse forme di sepoltura alla salma (o aquanto ne resti), ponendo, in questo caso, l’esigenza di individuare quale dei familiari abbia la prevalenza, o la titolarità esclusiva, per gli atti di disposizione sulle mortales exuviae del de cuius.
Sotto questo profilo, andrebbe richiamata l’elaborazione giurisprudenziale che si è sedimentata nel tempo in materia di prevalenza o priorità per il diritto di disporre della salma, essa è stata resa in forma sintetica dalle disposizioni in materia di titolarità ad esprimere l’autonoma volontà alla cremazione del cadavere, quando manchi la volontà del defunto. Altrimenti, le disposizioni dell’art. 79, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 altro non costituiscono se non la traduzione in norma regolamentare positiva di questa elaborazione giurisprudenziale consolidata, che fa prevalere i rapporti più stretti e richiede la concorrenza di tutti i soggetti che si collochino su di un medesimo piano. In questo contesto, quindi l’obbligo a provvedere alla sepoltura dovrebbe essere individuato secondo i medesimi criteri.
Ciò non significa che, rigidamente, solo determinati familiari, individuati secondo gli anzidetti criteri, possano disporre della salma, tali parametri, infatti, vadano presi in considerazione nel caso di contrasto tra più familiari, siccome, in ultima analisi, qualsiasi familiare può disporre per la sepoltura, presumendosi che agisca con il consenso, o almeno senza il disaccordo, degli altri. Anzi, non va esclusa l’ipotesi secondo cui alla sepoltura si provveda anche da parte di soggetti che non vi siano giuridicamente obbligati, ma se ne assumano liberamente l’onere.
In Friuli Venezia Giulia per la disciplina inerente le concessioni, (si veda anche il rinvio “generale” di cui all’Art.14 della Legge Regionale 13 ottobre 2008, n. 11) si applica la normativa statale, ossia il DPR n.285/1990, eventualmente integrato dal regolamento comunale, per le parti di propria spettanza. Detto regolamento assume un’importanza strategica come strumento di governo del fenomeno funerario in sede locale. Esso è previsto non tanto ai sensi dell’Art. 7 DEcreto Legislativo n.267/2000, quanto ai termini dell’Art. 117, comma 6 III Periodo Cost., dopo la riforma del Titolo V attuata con Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001, in quanto comunale è l’attività cimiteriale in forza della Legge, cioè dell’Art. 824 comma 2 CODICE CIVILE.
Se la concessione è perpetua non vi è alcuna nuova concessione. Prosegue quella precedente, che deve essere eventualmente volturata per l’intestazione.
Il vincolo di legge esistente dal 10.2.1976 (data di entrata in vigore del regolamento di polizia mortuaria approvato con DPR 803/1975) impedisce qualunque concessione perpetua fatta dopo tale data
Una concessione già assegnata, a tempo indeterminato o di durata eccedente i 99 anni, mantiene tale durata: vi è giurisprudenza costante in materia. Si segnalano questi pronunciamenti:
1)T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II, Bologna, 25 novembre 1993 n. 616 Il principio dell’irretroattività della norma giuridica costituisce regola generalissima dell’ordinamento che può subire deroghe da parte dell’amministrazione solo nel caso in cui la suddetta norma sia diretta a migliorare la posizione giuridica dei suoi destinatari; pertanto, è illegittimo il provvedimento con il quale il comune sottopone una concessione di terreno pubblico nel cimitero comunale per l’uso perpetuo di privato sepolcro, rilasciata del 1933, alle più restrittive prescrizioni in materia di tumulazione dei feretri introdotte da un regolamento di polizia mortuaria entrato in vigore nel 1990.
2) Consiglio Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505: “La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 disp. prel. c.c. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con d.P.R. n. 803 del 1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) […]”
Una concessione può essere fatta decadere ad esempio per stato di abbandono, ma non è possibile ridurre la durata delle concessioni. Può anche essere revocata, ma nei soli casi previsti dalla norma (precisamente indicati all’art. 25 del regolamento regionale citato). Può infine essere rinunciata.
Con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 803 del 1975 e del successivo DPR n.285/1990, debbono ritenersi abrogate “in parte qua” le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni trentennio e deve, pertanto, ritenersi illegittimo il provvedimento di decadenza fondato sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni comunali. I Regolamenti comunali sono pur sempre soggetti ad omologazione da parte del Ministero ai sensi dell’Art. 345 Regio DEcreto n.1265/1934.
Il comune per ogni nuova entrata nel tumulo di feretri, cassette ossario, urne o contenitori di resti mortali può esigere un “diritto di tumulazione”, ossia la corresponsione di una somma di denaro da modulare in base all’operazione cimiteriale da compiere, anche per il recupero delle spese gestionali, non originariamente considerato, quando si calcolò il canone di concessione.
Parimenti anche le estumulazioni saranno soggette a tariffazione, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore dell’Art. 1 comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, con cui anche l’esumazione, trascorso un decennio dall’interro è da considerarsi servizio a titolo oneroso per l’utenza.
La stipula di un nuovo atto di concessione avrebbe senso in caso di: 1) retrocessione (il concessionario o i suoi aventi causa rinunciano ad esercitare il loro Jus Sepulchri su quella particolare tomba che, così, rientra nella piena disponibilità del comune per una nuova assegnazione)
2) Esaurimento dei fini nel rapporto concessorio (esempio: loculo concesso esclusivamente per la sepoltura di XYZ, se il defunto, inteso come cadavere e tutte la sue trasformazioni di stato, viene traslato verso una nuova e diversa destinazione la concessione si estingue automaticamente, in modo non patologico, siccome è venuta meno il suo scopo = ospitare le spoglie mortali del defunto xyz).
99 anni sono il limite massimo e non eccedibile fissato dal regolamento statale (DPR n. 803/1975 e DPR n.285/1990), mentre il rinnovo delle concessioni scadute, nella sua tempistica, può esser gestito attraverso il regolamento comunale di polizia mortuaria.
ripropongo il quesito specificando che la regione e’ il friuli venezia giulia :
in caso di concessione perpetua stipulata nel 1959, e nel caso di TDF completata l’eventuale estumulazione per nuova tumulazione e’ soggetta a nuova concessione pari al tempo massimo stabilito dal vigente regolamento comunale, oppure obbligatoriamente a 99 anni ??
in caso di concessione perpetua stipulata nel 1959, e nel caso di TDF completata l’eventuale estumulazione per nuova tumulazione e’ soggetta a nuova concessione pari al tempo massimo stabilito dal vigente regolamento comunale, oppure obbligatoriamente a 99 anni ??
x Michele
Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 implementato dal paragrafo 14.2 Circolare Esplicativa 24 giugno 1993 n. 24.
Si applica, quindi, il principio di poziorità (potere + priorità) perchè l’Art. 79 comma 1 DPR n.285/1990 delinea tra i diversi livelli di “disposponibilità” su salme, cadaveri, resti mortali, ossa, ceneri una graduatoria rigida, gerarchica e piramidale (Ubi Maior, Minor Cessat!)
La “ELECTIO SEPULCHRI”, ossia la scelta del sepolcro (= luogo e modalità di sepoltura, cremazione compresa) spetta innanzi tutto al de cuius (cioè al diretto interessato quando è ancora in vita e voglia disporre di sè stesso, nell’ambito dell’Art. 5 Codice Civile, per il tempo successivo alla propria morte). Il De Cuius può affidare la propria volontà funeraria alla scheda testamentaria (nelle sue diverse forme previst dal Libro II Codice Civile) o tramite iscrizione (Art. 79 comma 3 DPR n.285/1990, Art. 3, comma 1, lett. b), n. 2 L. 30 marzo 2001, n. 130) a società cremazionista riconosciuta (ai sensi dell’Art. 11 D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361).
Nel silenzio del De Cuius prevale il coniuge, anche se in stato di separazione, poi tutti i congiunti di pari grado (se sono una pluralità occorre il consenso unanime) sino al 6^ grado di parentela. La mancanza di questi soggetti (magari perchè irreperibili) o la loro prolungata inerzia (deve, però, esser dimostrata con atti incontrovertibili) configurano la condizione di DISINTERESSE, per cui, in via del tutto residuale, può provvedere alla sepoltura del defunto anche un “non parente” con un atto di liberalità (la cremazione, invece, è accessibile solo per chi intrattenga con il DE Cuius rapporti di consanguineità).
Nel caso in esame, se non erro, i fratello e sorella del de cuius vogliono opporsi alla traslazione di quest’ultimo in una nuova tomba, collocata in diverso cimitero. Non è certo facile, perchè bisogna pur sempre dimostrare come la pretesa del coniuge superstite (la vedova) sia in contrasto con i desideri del de cuius, il quale si sarebbe inequivocabilmente pronunciato per mantenere la tomba nel camposanto in cui è stato deposto il giorno del funerale.
L’unica soluzione davvero praticabile è adire il Tribunale, così da ottenere una sentenza accertativa sulla reale volontà del De Cuius, nel frattempo il Comune di prima sepoltura non autorizzerà nessuna traslazione, mantenendo inalterato lo status quo sino a quando non si addivenga ad un accordo tra le parti oppure ad un pronunciamento del giudice.
Si consiglia di consultare attentamente questo link: https://www.funerali.org/?p=858
In giurisprudenza ci sono alcune massime molto interessanti su cui ragionare:
Tribunale di Firenze, 11 marzo 1980 Sono attivamente legittimati a far valere lo “ius eligendi sepulcrum” i soggetti che, nella loro qualità di eredi testamentari, invochino non già un loro autonomo potere di determinare il luogo di sepoltura del defunto, ma agiscano per far eseguire le relative disposizioni di ultime volontà del defunto nei confronti dei congiunti, i quali contestino il potere di disporre circa la sepoltura in contrasto con tali disposizioni.
Tribunale di Milano, 10 gennaio 1983 L’erede è legittimato ad agire in giudizio per far valere lo “ius eligendi sepulcrum” del defunto anche se la scelta da questo compiuta riguardo al luogo della propria sepoltura non coincide con la volontà dei prossimi congiunti.
Cassazione civile, 11 dicembre 1987 n. 9168 Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, né disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto.
Cassazione civile, Sez. I, 21 novembre 1970 n. 2475 Lo ius eligendi sepulcrum rientra nella categoria dei diritti della personalità, e come tale non può formare oggetto di trasferimento mortis causa. Solo nel caso in cui, in base ad una valutazione complessiva delle risultanze probatorie, anche testimoniali e presunive, si escluda che il defunto abbia manifestato, in vita, la propria volontà circa il luogo di sepoltura, la scelta può essere esercitata dai prossimi congiunti. Nel caso in cui la electio non sia stata esercitata dal defunto durante la sua vita, la scelta del luogo di sepoltura può essere fatta dai prossimi congiunti, senza alcun rigore di forme, con prevalenza dello ius coniugii sullo ius sanguinis e di questo sullo ius successionis.
Salve, avrei una domanda da porvi:
Qualceh tempo fa è venuto a mancare mio fratello. Era sposato e non ha avuto figli. La moglie, nel cosro della malattia fuggì alle sue resposabilità e mio fratello fu accudito da me e dall’altra mia sorella. Questo, com’è facile immaginare creò qualche dissapore con mia cognata. Mio fratello fu seppellito nel cimitero del nostro paese natale, dove fral’altro morì e dove aveva ripetutamente dichiarato voler rimanre anche dopo morto. Ora, a distanza di qualche anno, la vedova acquista una tomba in un altro paese (il suo di residenza)….io e mia sorella siamo assolutamente sconfortati all’idea che mio fratello possa essere rimosso dal posto dove riposa in pace (e secondo la sua volontà)….Può decidere la moglie decidere unilateralmente sul trasferimento della salma? Vi sarei grato se vorreste rispondermi (sarebbero graditi anche qualche riferimento di legge qualora esistenti). Cordiali saluti Michele
La nipote in questione, sic stantibus rebus, vanta un diritto sine titulo, ossia NULLO, in quanto l’assegnazione della “riserva” non è riconducibile ai legittimi concessionari, quindi è viziata all’origine e non produce effetti giuridici (ossia la compressione dello jus sepulchri di Suo padre)
Il comune, con un atto ricognitivo, rileva la situazione, riconosce l’anomalia e, dietro richiesta degli aventi diritto, autorizza la tumulazione di un nuovo feretro nel posto ancora vuoto.
Nella peggiore delle ipotesi Lei presenta l’istanza per la tumulazione di Suo padre nella tomba di famiglia, il comune con atto motivato gliela nega ed indica, ex Legge 142/1990, a quale autorità amministrativa o giurisdizionale, ricorrere, in opposizione, per veder affermato il proprio diritto di sepolcro (Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum).
Buongiorno,
La concessione è stata volturata a nome mio in piena titolarità dello Jus Sepulcri.
Il nonno fondatore, e unico concessionario non ha assegnato nessuno posto alla nipote, infatti Lui muore nel 1974 e la concessione viene data nel 1978.
Grazie
Gentile Lucia: se non ho frainteso la tomba di cui Lei mi parla è una sorta di cassone in muratura che sporge in alto rispetto al piano di campagna (= il livello del suolo) con celle parzialmente ipogee.
La terminologia è molto ampia e fantasiosa: c’è chi parla di questa soluzione costruttiva come di “tomba a sterro”.
Ad ogni modo siamo dinnanzi ad unan sepoltura privata (sia essa a sistema di inumazione o tumulazione poco importa) data in concessione, che, quindi, segue lo specifico regime autorizzativo proprio delle cosiddette sepolture “dedicate” o anche “uti singuli”, ossia di tutte quelle sistemazioni diverse dall’inumazione in campo comune.
Tutto l’assetto giuridico delle sepolture private si regge su tre livelli di ordinazione:
Regolamento nazionale di polizia mortuaria (norma quadro)
Regolamento comunale di polizia mortuaria (norma specifica)
Atto di concessione (norma di dettaglio).
Ovviamente il riferimento d’obbligo ai regolamenti di polizia mortuaria, per il noto principio del tempus regit actum, è ai rispettivi regolamenti in vigore quando fu rilasciata la concessione, salvo per eventuali disposizioni palesemente illegittime perchè contra legem e, così, implicitamente abrogate. Si pensi ad esempio alla definizione di “famiglia patriarcale” dell’epoca fascista dove alla donna erano negati determinati e fondamentali diritti sanciti, invece, dalla Costituzione Repubblicana…dopo tutto ubi maior minor cessat.
Alla luce di tutte queste norme “a cascata”, via via sempre più precise ed intrusive si delinea la “riserva” ossia il novero dei soggetti aventi il diritto, per il tempo successivo alla propria morte, di sepoltura in una particolare tomba oggetto di concessione amministrativa.
L’assegnazione di un posto feretro avulsa da questo contesto è un non senso.
Istituire la “riserva” è un atto di disposizione sul sepolcro, fondativo dello jus sepulchri ed, in quanto tale, è prerogativa del concessionario che esercita questo potere, nei limiti della Legge, solo al sorgere del rapporto concessorio (escludiamo l’ipotesi del tutto residuale delle benemerenze, perchè al momento non ci interessano)
La concessione è forse perpetua? E’stata volturata? Ha subito una novazione?
Il nuovo concessionario (ossia Lei, Lucia) è subentrato al fondatore solo negli oneri manutentivi o, anche, nella piena titolarità dello Jus Sepulchri (Jus Sepeliendi e Jus Inferendi Mortuum in Sepulchrum, ossia nella duplice facoltà di esser seppelliti e dar sepoltura).
Suo padre, ancorchè deceduto, intrattiene un vincolo Jure Sanguinis sia con il primo concessionario, essendone figlio, sia con il nuovo concessionario (ovvero Lei, Lucia) attraverso il rapporto di filiazione.
Quindi: o come figlio del fondatore, o quale padre del nuovo concessionario Suo papà ha il diritto di esser sepolto nel sacello oggetto di questa discussione.
Ora: il diritto di sepolcro (mai prescrittibile e solo rinunciabile in quanto diritto personalissimo e, quasi metagiuridico) si esercita entro il perimetro delle norme prima enunciate (regolamento nazionale, regolamento comunale, atto di concessione), senza dimenticare le “colonne d’Ercole” rappresentate dalla capacità ricettiva della tomba. Ogni tomba, infatti, almeno nei moderni ordinamenti di polizia mortuaria, ha un ben definito numero di posti oltre i quali lo stesso jus sepulchri rischia di esser frustrato, degradando a vana aspettativa. Mi spiego meglio: il diritto di sepolcro, ad esempio, da me vantato su un loculo rimane astratto e potenziale sino a quando io permanga in vita, si tradurrà in una situazione giuridica concreta al momento della mia morte, con l’uso materiale del sepolcro.
Se non diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando, cioè, il fondatore del sepolcro ha espresso la propria volontà per il tempo successivo alla morte sua e dei suoi famigliari, Suo papà ha il diritto ad esser accolto nella tomba…ovviamente se c’è posto, altrimenti bisogna esperire qualche soluzione di ripiego (ridurre i resti già estumulabili d’ufficio, cremare il feretro, traslare il defunto ad altra sepoltura…)
Se, invece, dall’atto di concessione (si ribadisce, qualora ve ne fosse bisogno, la centralità di questo documento) si evince chiaramente che il fondatore ha riservato un posto per accogliere le spoglie di una persona ancora viva, non c’è niente da fare, quel posto rimarrà inutilizzato e vuoto sino al decesso dell’individuo cui detta sepoltura è dedicata. Esempio: figlio dimorto in guerra, i genitori acquisiscono un loculo nel locale cimitero nella speranza averso vicino, anche se idealmente, ovviamente il soldato è disperso e la tomba resta così “congelata”sine die.
Il comune, arbitrariamente, non può assegnare la tomba alla cugina, in quanto non può sostituirsi al fondatore nè, tanto meno, può surrogarne la volontà. La divisione in quote del sepolcro è faccenda da risolversi tra gli aventi diritto ed il comune rimane estraneo alla disputa.
BUONGIORNO,
MI SCUSO ANCORA, IN DATA ANTERIORE IL VIGENTE REGOLAMENTO DEL MIO COMUNE, RISULTA ESSERE ASSEGNATARIA DI UN POSTO SOTTO PIANO CALPESTABILE ANCORA OGGI (POSTO vUOTO) PERCHè VIVENTE LA CUGINA DI MIO PADRE, FIGLIA DI UN FRATELLO DI MIO NONNO. MIO NONNO ERA L’UNICO E SOLO CONCESSIONARIO DELLA TOMBA A LETTO SINO ALLA DATA DEL 2008 QUANDO DIVENTO IO COCESSIONARIA. MIO NONNO MUORE NEL 1974 LA CONCESSIONE NON VIENE RINNOVATA. NEL 1978 IL COMUNE ASSEGNA IL POSTO A QUESTA CUGINA.
NON SI TROVONO CARTE DI CHI HA CONCESSO QUESTO POSTO.
MIO PADRE MORTO NEL 2008 PERDE IL DIRITTO ALLA SEPOLTURA IN QUESTO LOCULO PUR ESSENDO FIGLIO DELL’UNICO CONCESSIONARIO?
GRAZIE
Sic stantibus rebus non c’è molto da aggiungere in quanto l’atto di concessione con la sua “riserva” è già molto specifico e dettagliato.
Per ampliare il novero di persone destinatarie dello Jus Sepulchri ci sono due soluzioni possibili.
a) subentro “in toto” al fondatore del sepolcro ora deceduto, sia nello jus sepeliendi sia nello Jus Inferendi Mortuum in sepulchrum (doppia facoltà di esser sepolti e di dar sepoltura.
b) novazione della concessione attraverso la stipula, previa retrocessione, di un nuovo atto di concessione.
Nell’ipetesi b) il rilascio di una nuova concessione avente per oggetto lo stesso seplcro (inteso in senso materiale) è subordinato a due pre-condizioni: pagamento delle tariffe vigenti (Art. 117 Decreto Legislativo n. 267/2000 e D.M. 1 luglio 2002) e durata temporale di 99 anni al massimo (Art. 92 comma 1 DPR 285/1990)…salvo rinnovo.
Dal 10 Febbraio 1976, infatti, non si possono più porre in essere concessioni perpetue.
BUONGIORNO,
IL CONCESSIONARIO DELLA TOMBA è SOLO MIO NONNO CHE HA LA CONCESSIONE NEL 1946, IL FRATELLO MUORE NEL 1934
NEL 1962 IL NONNO ASSEGNA IL POSTO AL FRATELLO GIà MORTO E ALLA MOGLIE, GENITORI DELL’ASSEGNATARIA DEL POSTO ANCORA IN VITA.
Atto di concessione e “riserva” dei soggetti titolari, jure sanguinis, del diritto di sepolcro sono due elementi intimamente connessi, proprio perchè il concessionario, in quel momento, quando la concessione si perfeziona, detta la disciplina da seguirsi nell’accesso ai posti feretro, sibi familiaeque suae, ossia per sè e per la propria famiglia.
Negli anni ’70, a livello nazionale, vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria approvato con Regio Decreto . 1880/1942.
Si deve anche considerare come un sepolcro familiare (o, gentilizio) si trasformi in ereditario se sia estinta la famiglia del concessionario, che ha titolo a subentrare al concessionario (e, qui, molte questioni vanno valutate alla luce del Regolamento comunale di polizia mortuaria).
Nella specie, non vi era un concessionario, quanto due concessionari, entrambi ‘fondatori’ del sepolcro.
Tra l’altro, proprio il Regolamento di polizia mortuaria dovrebbe (ne sarebbe la ‘fonte’ tipica, ed unica) regolare il subentro al concessionario alla sua morte: spesso, il subentrante assume tale qualita’ senza necessita’ di un apposito atto, ma solo con un provvedimento, a carattere ricognitorio, oggetto delle registrazioni sugli atti concernenti la concessione.
Diventa, quindi, cruciale, risalire all’atto di concessione, così da ricostruire a cascata rapporti giuridici e diritti che ruotano intonto ad una particolare sepoltura privata.
MI SCUSI SONO DI NUOVO LUCIA,
IL POSTO ASSEGNATO ALLA CUGINA NON è STATO ASSEGNATO DAL CONCESSIONARIO DELLA TOMBA (MIO NONNO PADRE DI MIO PADRE).
AL COMUNE SI TROVA IL POSTO ASSEGNATO MA NON LA CONCESSIONE A QUESTO POSTO.
MIO NONNO MUORE NEL 1974 L’ASSEGNAZIONE NEL 1978.
GRAZIE.
Il diritto d’uso sul sepolcro privato, nel dettaglio, è regolato da:
1) Atto di Concessione
2) Regolamento comunale di polizia mortuaria
Per rispondere correttamente al quesito bisogna enucleare il concetto di “RISERVA”, ovvero: quali sono le persone titolari dello Jus Sepulchri?, le quali, quindi, possono esercitare il diritto ad esser sepolte in quella particolare tomba?
Esse sono specificate nell’atto di concessione?
Se c’è il pieno subentro (con voltura della concessione e non solo nell’assunzione degli oneri manutentivi ex Art. 63 DPR n. 285/1990)) il nuovo concessionario si sostituisce all’originario fondatore nella duplice facoltà di esser sepolto o dar sepoltura in quella precisa tomba oggetto della concessione e così si amplia il novero di quanti, potenzialmente potrebbero vantare il proprio Jus Sepulchri sul sepolcro in questione.
Nella fattispecie se non interviene una regolamentazione interna tra le parti, magari con una scrittura privata, alla quale il comune rimane estraneo in caso di contenzioso) La cugina rimane titolare del proprio Jus Sepulchri, siccome esso, quale diritto personalissimo è imprescrittibile e si acquisisce Jure Sanguinis)) ma anche il padre, nel frattempo deceduto, è portatore di uno Jus Sepulcri, perché in stretto rapporto di consanguineità con il nuovo concessionario.
Se non diversamente specificato, a livello locale, da atto di concessione e regolamento comunale di polizia mortuaria sarà la cronologia egli eventi luttuosi a stabilire l’ordine di uso dei posti feretro sino al completamento della naturale capenza fisica della tomba, insomma chi prima muore…meglio alloggia.
Buongiorno,
nell’aprile del 2008 muore mio padre figlio del concessionario di una tomba a letto.
il comune si rifiuta si seppellirlo in un posto assegnato a una sua cugina ancora vivente, figlia di un fratello di mio nonno.
diventata io conessionaria della tomba posso assegnare il posto a mio padre?
Il coniuge prevale su ogni altro parente, quale ne sia il grado.
Il fatto che gli oneri siano assunti da persone diverse dal coniuge non influenza il titolo (anche se questo non sia esercitato) a disporre delle spoglie mortali.
Se il coniuge non si fa carico delle spese del funerale del marito, perde il diritto alla scelta del luogo di sepoltura della salma? O meglio, la nuora può opporsi alla suocera sulla scelta del luogo anche quanto è la famiglia d’origine che ha affrontato le spese funerarie? grazie
Si, è possibile, se sono non dissenzienti i familiari aventi titolo.
In altre parole, se se ne disinteressano, non sono a conoscenza della morte del proprio caro, sono d’accordo con chi vuole assumersi questo onere, si può fare.
Altrimenti è sempre il coniuge, e in sua assenza i parenti di grado più vicino, che se ne occupano
E’ possibile ordinare un funerale e la sepoltura di una salma da persone che non sono dei consanguinei, pur esistendo dei consanguinei?
Concessionario VERSUS aventi titolo jure sanguinis
Problema: il comune di XYZ ha deciso legittimamente di non rinnovare più le concessioni in scadenza ex Art. 92 comma 1 DPR 285/1990, pertanto invita i concessionari (e solo loro) a decidere sulla destinazione dei resti mortali (interro in campo indecomposti ex Art. 86 comma 2 DPR 285/1990 o cremazione ex Art. 3 commi 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254) che saranno rinvenuti durante le estumulazioni di massa.
E’corretto, allora, individuare nel solo concessionario il soggetto deputato a disporre dei sullodati resti mortali? In subordine, come si può appurare il sicuro disinteresse degli aventi titolo?
In ultimissima istanza il concessionario può vantare un diritto di disposizione non solo sul sepolcro ma anche per i defunti ivi sepolti, chiedendone, ad esempio, la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario?
Alcuni reg. locali sembrano ammettere tale possibilità residuale per evitare lo stallo (dovuto alla mancanza o al disinteresse dei congiunti più prossimi del de cuius) e soprattutto una rapida imputazione degli oneri per le operazioni cimiteriali.
Il diritto di disporre delle salme (o, dato il tempo trascorso, delle spoglie mortali sino alla completa consunzione in ossa delle stesse) va esercitato da tutti coloro che ne abbiano titolo.
Sull’individuazione di quali siano le persone che hanno titolo a disporre (in termini di poziorita’, nel senso che chi precede nell’ordine ha il potere, ma esclude anche chi lo segua nell’ordine) si deve fare riferimento alla giurisprudenza in materia.
Solo che – fortunatamente – l’elaborazione giurisprudenziale in materia di diritto di disposizione del cadavere risulta strutturata nell’art. 79, 1 dPR 285/1990, norma volta ad altri fini, ma che comunque ‘sintetizza’ le persone che hanno titolo a provvedere.
Il concessionario (secondo una norma inserita nell’atto di concessione) potrebbe avere potere di disposizione al momento dell’accesso al sepolcro di un determinato defunto (si pensi al “caso limite” della benemeranza ex Art. 93 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285)
Sempre facendo salve eventuali specifiche previsioni del Regolamento comunale, specie per quanto riguarda gli aspetti del procedimento, il titolo a disporre della salma/cadavere/resti mortali, in quanto diritto della personalita’, prevale sulle posizioni giuridiche concernenti il sepolcro (come manufatto) che sono strumentali all’esercizio del diritto (personale) di sepoltura.
La salma che sia stata tumulata in un sepolcro privato (come sono tuttte le tumulazioni) in quanto appartemenente alla famiglia del concessionario non diventa, per questo, sottratta al titolo di disposizione dei familiari.
Puo’ senz’altro ammettersi questa modalità operativa per snellire i tempi e la procedura stessa: non mancano, infatti, comuni cin quali hanno previsto nei propri Regolamenti comunali una norma con cui si inserisce una presunzione di legittimazione, ad esempio: ‘ Si presume che chi agisce, lo faccia in nome e per conto di tutti gli aventi diritto e con il loro consenso, restando il comune estraneo ad ogni possibile controversia che possa sorgere tra le parti..
Una ricerca anagrafica sugli aventi titolo Jure Sanguinis sarebbe senz’altro utile, anche se, in effetti, comporterebbe un certo aggravio procedurale, pertanto sarebbe meglio codificare questo passaggio in una norma formale del regolamento comunale di polizia mortuaria, sebbene in capo al comune non sorga nessun obbligo in tal senso.
All’estinguersi della concessione, infatti, si procede d’ufficio alla rimozione dei feretri o da quanto ne residui (esiti da fanomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo o semplici ossa) , anzi data l’onerosità delle concessioni (Artt 95 e “retroattivamente” Art. 103 DPR 295/1990) un comportamento omissivo farebbe sorgere il capo all’amministrazione la responsabilità patrimoniale di cui all’Art. 93 Decreto Legislativo 267/2000.
Nelle pubbliche affissione in cui s’informa la cittadinanza dei trattamenti previsti per le concessioni in scadenza è opportuno avvisare non tanto in concessionario (il quale, per altro, potrebbe indirettamente avere la funzione di mediatore tra l’autorità municipale e gli aventi titolo jure sanguinis, con notevoli vantaggi per la macchina comunale).
Paradossalmente, se ex Art. 86 comma 1 DPR 285/1990 le estumulazioni si eseguono allo scadere della concessione, in una concessione perpetua, se non ricorre la fattispecie di cui all’Art. 88 DPR 285/1990, la quale potrebbe esser inibita da una specifica norma contenuta nell’atto di concessione) il feretro ha diritto alla permamenza nel tumulo sine die (from here to eternity… per i cultori della lingua inglese)