Atti di disposizione in conflitto sulla spoglia del de cuius

Cara Redazione,

Aspra contesa è sorta tra i miei famigliari. In una surreale battaglia del tutti contro tutti non si riesce a decidere in merito ad una tomba in scadenza. Il titolare della stessa non vuole procedere al rinnovo, abbandonando i resti mortali contenuti nell’avello di cui sopra al loro destino (probabilmente cremazione o in alternativa interro in campo comune). Questa eventualità mi pare aberrante, come potrei oppormi?

Per enucleare correttamente il problema fulcro di questo breve saggio dobbiamo muovere da una tragica, ma realistica considerazione: gli umani DSC 6391nelle loro relazioni (Aristotele parlava dell’uomo in termini di “Zoon Politikon” , ossi animale politico e sociale) sono intrinsecamente rissosi e versati in modo spontaneo per la lite autodistruttiva. Nulla di strano, (senza concessioni Heheliane secondo cui la guerra sarebbe “l’entrata di Dio nel mondo“, o peggio ancora, “la sola igiene del mondo”, così come enunciato nel manifesto dei Futuristi) allora, se un legislatore davvero illuminato scriva le norme partendo da un’ipotesi razionalmente pessimistica.

Più volte è stato sostenuto che l’individuazione del diritto a disporre della salma, o di quanto ne residui,non abbia, in quanto tale, una definizione in norma positiva, quanto discenda da un’elaborazione giurisprudenziale (anche non sottovalutando come la gran parte delle decisioni della giurisprudenza nelle materie della c.d. polizia mortuaria, derivino, non a caso, proprio da conflitti intra-familiari sulla disposizione del defunto), divenuta tale da considerarsi non solo costante, quanto consolidata. Così costante al punto che non è stato difficile introdurla, schematicamente, nell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n.285

Spesso si pongono questioni sul diritto di disposizione della salma (o, del cadavere, dato che in alcune regioni è stata formulata una definizione distintiva tra i termini di “salma” e di “cadavere”, che si estende anche ai resti mortali e quanto altro. La questione emerge quando vi siano più soggetti in una qualche relazione col defunto, specie quando non vi sia un accordo comune o, almeno, non contestato da altri. Si può, a questo proposito, considerare il fatto come non vi siano norme che regolano, che impongano determinati procedimenti anche formali, documentali nella scelta di due delle tre pratiche funebri (l’inumazione o, alternativamente, la tumulazione), a differenza della terza (cremazione) nella quale le forme di manifestazione della volontà di disposizione sono abbastanza puntualmente regolate.

Il primo elemento cardine che assume rilevanza giuridica è quello per cui il diritto di disporre del cadavere spetta, in primis, al defunto stesso, da manifestare, ovviamente, in vita e, tendenzialmente, nella forma testamentaria

Sono d’obbligo due quesiti filosofici e di sistema: Il diritto di sepoltura può esser inteso come diritto della personalità: diritto personale o personalissimo, proiettato nel post mortem da inserire nel solco tracciato dall’Art. 5 del Codice Civile? Ed in subordine le relazioni dei familiari sul cadavere costituiscono diritti soggettivi o interessi di pietas?

Gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri seguono due criteri, quello dello jure sanguinis ed in subordine quello di poziortà (leggasi priorità) enunciato dall’Art. 79 DPR 285/1990 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria).

Lo Jus sanguinis è il diritto della consanguineità che si origina appunto dai rapporti di parentela.

il diritto di intervenire per la sepoltura del de cuius (e quindi per le operazioni anche conseguenti, in quanto presuppongono in genere una diversa ulteriore sepoltura) non è legato a questioni ereditarie, bensì è “jure sanguinis”, cioè connesso ai legami di sangue, nella famiglia.

In una sepoltura privata (sia essa un tumulo o un campetto d’inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/1990) bisogna distinguere tra la titolarità della concessione e la legittimazione a disporre della salma.

La seconda pone su di un piano di parità i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.

Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto 01dell’appartenenza alla famiglia, la quale vanta un diritto di riserva (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi.

Nelle ipotesi di sepolcri collettivi (familiare e comunitario) la titolarità del diritto di sepolcro, soprattutto quello primario, presenta alcuni caratteri particolari, infatti appartiene al fondatore e ai membri della famiglia o agli appartenenti all'”ente”. In tal modo si determina una particolare forma di comunione fra i vivi titolari; da non confondersi tuttavia con la comunione dei diritti reali, in quanto soggetta ad un regime peculiare, caratterizzato dalla indisponibilità del sepolcro da parte di uno o di alcuno soltanto dei suoi titolari

Per quanto concerne la natura del diritto secondario di sepolcro, si è del parere di escluderne la realità, per la mancanza di ogni potere di uso, e se ne afferma, invece, la natura personale ed intrasmissibile, individuandone la titolarità in tutti i congiunti della persona sepolta, anche se non titolari del diritto primario, i quali hanno facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio alla sepoltura.

Il principio di poziortà, invece, stabilisce chi abbia titolo privilegiato e quindi la precedenza nel decidere la destinazione di una spoglia mortale anche dopo il periodo legale di sepoltura (20 anni per le tumulazioni 10 anni per le inumazioni ai sensi dell’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Il criterio di poziorità individuato dall’art. 79, comma 2 dPR 10 settembre 1990, n. 285 altro non è se non la sintesi dell’elaborazione giurisprudenziale in materia di titolarità a disporre della salma e dei resti mortali. Per giurisprudenza consolidata è il coniuge superstite a poter disporre del corpo del coniuge defunto, decidendone luogo e modalità di sepoltura. In mancanza del coniuge occorre il consenso unanime di tutti i congiunti dello stesso grado.

Le estumulazioni straordinarie vengono autorizzate dall’ufficio comunale di polizia mortuaria su istanza di parte (solo per quelle ordinaria, ossia all’estinguersi della concessione si può procedere d’ufficio).

Laddove sia esplicitamente previsto (nell’ordinanza o nel regolamento comunale) che l’operazione cimiteriale si effettui anche a richiesta di uno solo dei familiari, il quale “si intende agisca in nome e per conto e col preventivo consenso di tutti gli interessati” il responsabile del servizio non fa che attenersi a regole prestabilite e non ha responsabilità nel caso di possibili azioni di terzi. Anzi, ne avrebbe se discostasse il suo comportamento dai criteri stabiliti da ordinanza o regolamento.

Nella fattispecie in esame occorre la volontà di provvedere all’estumulazione manifestata da tutti i più stretti famigliari del nonno.

Se c’è opposizione da parte di uno degli aventi diritto essa deve esser formalizzata e motivata dinnanzi agli uffici competenti, è meglio giuocare d’anticipo e bloccare l’estumulazione prima che questa avvenga.

Il disinteresse manifestato ed inequivocabile vale come un implicito consenso.

Una forma di disinteresse è la mancanza di congiunti sino al sesto grado, ossia di coloro che soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’Art.1 comma 7 bis Legge 28 febraio 2001 n. 26 devono assumersi l’onere della sepoltura o della cremazione, oppure un inerzia certa e prolungata, motivata dal rifiuto a provvedere.

L’Amministrazione comunale, laddove intervenga una vertenza fra familiari, ne resterà estranea, limitandosi a mantenere fermo lo stato di fatto fino a che non sia raggiunto un accordo fra le parti o non sia intervenuta una sentenza del Giudice di ultima istanza, passata in giudicato. Circa le responsabilità per il familiare che non aveva titolo a richiedere una operazione cimiteriale si è del parere che, tranne non rilevino fatti penali, non è sanzionabile un comportamento se questo non viola precise disposizioni di legge (ad es. dichiarazione falsa in atto sostitutivo di notorietà).

In altri termini se il Comune ha dato corso ad una istanza di uno o più familiari, poi rivelatisi non titolati a fare detta richiesta per effetto di norme locali, si ha una violazione per il familiare del regolamento locale, depenalizzata, soggetta a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 107 del DPR 285/90.

In sede di recepimento dell’istanza, tuttavia, è bene specificare come eventuale dichiarazione mendace integri diverse fattispecie di reato come, ad esempio, falso privato in atto pubblico e violazione di sepolcro.

C’è un importante sentenza su cui meditare: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979 La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.. questa premessa è necessaria a focalizzare bene la situazione descrittaci da un nostro lettore.

La formale richiesta di esumazione o estumulazione costituisce una manifestazione di volontà che va collocata nell’ambito della titolarità dell’esercizio dei diritti a disporre di salme, cadaveri e loro trasformazioni di stato (ossa, ceneri, resti mortali) in termini di diritti personalissimi.

Se si tratta di esumazione/estumulazione ordinaria (quindi che è già prevista ed avverrebbe comunque ed in ogni caso) parte della dottrina ritiene che sia l’ufficio del gestore del cimitero ad avere potestà nel procedimento di individuazione dei familiari.

Tale richiesta, secondo alcuni commentatori non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 dal momento che il procedimento non ha luogo ad impulso dei familiari e che questi esprimono solo il desiderio, assumendosene anche l’onere, dell’acquisto di cassetta zincata e celletta ossario per la tumulazione delle ossa.

Dovendo l’ufficio del gestore cimiteriale assicurare la riscossione degli oneri dell’inumazione, esumazione, estumulazione e cremazione, il cui inadempimento determina responsabilità patrimoniale, deve esser individuato un meccanismo capace di individuare velocemente ed esattamente chi richieda dette operazioni.

Ai sensi del paragrafo 5 Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998 la cremazione dei resti mortali può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando AAAA0058vi sia disinteresse da parte dei familiari alle operazioni di esumazione (ed oggi anche estumulazione dopo l’emanazione del DPR 254/2003) ordinaria ed il Sindaco, con pubbliche affissioni, abbia provveduto ad informare preventivamente la cittadinanza del periodo di loro effettuazione e della modalità di “smaltimento”prestabilito per i resti mortali (reinumazione o avvio a cremazione), l’indifferenza è da considerare come assenso al trattamento stesso.
I famigliari hanno il diritto di opporsi alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in caso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per esercitare questo loro potere che si configura come un diritto della personalità (decidere di sè stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte) debbono esser preventivamente informati con i modi ed i tempi di cui sopra.

Anche quando sia già avvenuta l’operazione cimiteriale senza che nessuno abbia richiesto di poter disporre di ceneri oppure ossa conviene non procedere subito con lo sversamento delle ossa nell’ossario comune o la dispersione degli esiti da cremazione (le ceneri) nel cinerario comune, poichè il diritto a disporre di cadaveri e lor trasformazioni di stato nopn si esaurisce dopo il periodo legale di sepoltura.

Ossa e ceneri potranno sostare per un congruo tempo nel deposito mortuario del cimitero, trascorso infruttuosamente questo lasso di tempo ai sensi del combinato disposto tra gli Art.. 85 comma 1 ed 80 comma 6 verranno depositare in forma indistinta e promiscua nei due spazi (ossario e cinerario) adibiti ad accoglierle.

La Circ. Min. n. 24/1993 prevedeva per l’autorizzazione alla cremazione dei resti mortali un non dissenso da parte degli aventi titolo, con la Circ. 10/1998 e soprattutto il DPR 254/2003 occorre invece l’esplicito consenso (o il manifestato disinteresse che vale pur sempre come assenso). La procedura ad un primo esame sembra essersi appesantita, in realtà la definizione in via amministrativa e standardizzata di “Resto Mortale”permette semplifica notevolmente le operazioni poiché la tipologia dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo può esser individuata d’ufficio dal comune senza più laboriose distinzioni caso per caso.

Siccome l’avvio a cremazione dei resti mortali si configura come un potere discrezionale dell’amministrazione comunale tale potestà decisionale deve necessariamente estrinsecarsi in un atto di diritto positivo (ossia scritto) come:

1) L’ordinanza sindacale con cui si regolano le operazioni cimiteriali in attuazione del disposto di cui agli art. 22, 85, 86, 88 e 89 del DPR 285/90i DPR 285/90.

2) Un provvedimento contingibile ed urgente come chiarito dal Ministero della Salute, in risposta a due distinti quesiti di Comuni (p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003). “il sindaco, ove ricorrano i presupposti, può emanare apposita ordinanza contingibile ed urgente, limitata temporalmente, per disciplinare localmente situazioni che necessitino di interventi urgenti a garanzia della salvaguardia delle condizioni di igiene pubblica e della salute della popolazione.”.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, con gli elementi di procedura aggravata introdotti dalla Circ. Min. Affari Interni n. 37 del 01/09/2004 se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato ad autorizzare la cremazione dei resti mortali.

Capitolo a parte merita la sistemazione delle urne attraverso l’istituto dell’affido: qui le opzioni si moltiplicano esponenzialmente in caso di rinuncia alla custodia o discordia tra gli aventi causa del de cuius: alcune regioni ragionano in termini generici di conferimento in cimitero, quale luogo istituzionalmente preposto all’accoglimento delle urne ex Art. 50 DPR 285/1990, ma anche questo disposto in sé piuttosto semplice è sotteso da mille venature: qual è il cimitero?: Quello di residenza o decesso de de cuius verso il quale il defunto stesso ha maturato ope legis un titolo d’accoglimento, oppure qualunque altro sepolcreto verso il quale per effetto dello jus sepulchri sorto da un atto di concessione ex Art. 90 DPR 285/1990 il de cuius vantasse analogo diritto di sepoltura in tomba privata? Il conflitto insanabile tra i discendenti o la loro inerzia nell’addivenire ad un accordo (che si sostanzierebbe nella stipula di un atto di concessione per tumulare l’urna) producono la fattispecie residuale, almeno nello spirito del DPR 285/1990 della dispersione in cinerario comune. (solo in questo caso alla volontà del de cuius può sostituirsi l’inazione di chi jure sanguinis è deputato a provvedere).

Articoli correlati e reperibili con la funzione “CERCA”

  • Consenso ed assenso in ambito cimiteriale
  • Piccolo sentenziario sullo Jus Sepulchri
  • Autorizzazione all’estumulazione: atto dovuto o provvedimento discrezionale?
  • L’estumulazione nelle sepolture perpetue
  • Rapporto di coniugio e limiti dello jus Sepulchri
  • l’Iter delle estumulazioni
  • Famigliari o discendenti?

Written by:

Carlo Ballotta

801 Posts

View All Posts
Follow Me :

32 thoughts on “Atti di disposizione in conflitto sulla spoglia del de cuius

  1. Gentili Signori, a breve scadrà la concessione di un loculo nel cimitero comunale ove si trova mio padre. Premetto che a seguito della morte di mio padre, ci sono stati dissidi familiari tra noi fratelli eredi. Uno dei miei 2 fratelli, pur avendo a suo tempo ricevuto la propria parte di eredità e pur avendo partecipato in passato alle spese funerarie, oggi si rifiuta di pagare la propria quota per il rinnovo. A tal proposito, mio fratello è obbligato al pagamento? se non paga, posso ricorrere ad un procedimento legale? Lede qualche mio diritto?
    Grazie.

  2. Buongiorno.Le ho già scritto un po di tempo fa, in merito alla mia richiesta presso il cimitero della mia residenza, in occasione della scadenza della concessione dell’oculo, con durata 40 anni, la possibilità di cremare ed affidarmi le ceneri della mia neonata, Versolato Emanuela. Ho seguito le sue indicazioni inizialmente , presentando una istanza al cimitero di sepoltura, fino ad arrivare all’ufficiale dello Stato civile del comune di Torino.Quest’ultimo personaggio mi riferisce che:Non può accogliere la mia domanda, poichè la Legge non glielo consente, avrei dovuto fare istanza nel 2001/2007, cioè 11/17 anni prima della scadenza della concessione.Quindi non ho risolto nulla e continuo a chiedermi quale è la Legge, dopo aver visto anche quella regionale,che mi impedisce di cremare ed avere in affido familiare le ceneri….Può, per cortesia, nuovamente aiutarmi a capire in che modo posso muovermi senza dover rivolgermi ad un avvocato e Tribunale con le lungaggini di rito??Infinite grazie.Versolato Aparecido.

    1. X Aparecido,

      a questo punto, qui, dobbiamo veramente capirci.

      1) gli atti di disposizione sui feretri oggetto di estumulazione ordinaria, così da conferire loro una nuova destinazione, vanno esercitati in prossimità della scadenza della concessione, ovvero prima che questa avvenga ed il gestore dei cimitero proceda d’ufficio, anche se una comunicazione sull’avvio del procedimento che condurrà al disseppellimento di un defunto ex artt. 7 e 8 Legge n. 241/1990 sarebbe sempre auspicabile anche, appunto, per consentire gesti di pietàs, quali appunto la cremazione con successiva stabile sistemazione delle ceneri. Informazione puntuale e completa = trasparenza amministrativa.

      2) E’, pertanto illogico pretendere da parte dell’Ufficiale di Stato Civile un’istanza tesa al rilascio di un’autorizzazione che produrrà i propri effetti dopo quasi 20 anni dal proprio perfezionamento, tra l’altro nel 2001 e nel 2007 il panorama legislativo era molto diverso e difforme da quello attuale, tanto per esser chiari il primo affido famigliare delle ceneri è stato reso operativo e legittimato con D.P.R. 24 febbraio 2004, quindi nel 2001 tale istituto non aveva ancora cittadinanza piena nel nostro ordinamento giuridico. Come avrebbero potuto nel 2001 autorizzare un’azione bellamente contra legem.

      Non voglio dilungarmi ulteriormente perchè certi atteggiamenti mi lasciano molto perplesso con il tasso di nevrosi mio personalissimo che sale a quote e livelli inanerrabili.

      IL consiglio spassionato è sempre quello: una risposta informale e verbale, magari anche pretestuosa, non fa testo, allora ex art. 3 Legge n. 241/1990 si presenta ufficialmente istanza scritta in bollo volta ad ottenere un provvedimento di autorizzazione: a questo punto il Comune o la accoglie o la rigetta, con l’obbligo, però, ed in tempi piuttosto rapidi, in caso di rifiuto di motivare l’eventuale diniego (per improcedibilità, inammissibilità della stessa, carenza di presupposti, mancanza di volontà) ed indicare l’autorità di garanzia cui presentare ricorso amministrativo (e Le assicuro ci sono diverse soluzioni da esperire, adire il T.A.R. è, forse, solo l’ultima spiaggia!)

  3. X Avv. XYZ,

    riteniamo altamente condivisibile la Sua linea interpretativa circa il disposto dell’art. 85 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285

    In effetti, nelle pieghe di tutta la normativa funeraria, pur nella sua fredda asetticità, in cui prevalgono elementi di igiene ed ordine pubblico, si può leggere un richiamo ai sentimenti di pìetas e devozione verso i defunti, emozioni e suggestioni che, poi, tecnicamente si traducono negli atti di disposizione per il post mortem.

    La formulazione molto aperturista dell’art. 85 D.P.R. n. 285/1990, quando, appunto, non esclude neppure atti di disposizione in regime di liberalità, è prova inconfutabile di questa precisa volontà del Legislatore

    Certo l’ossario comune è la destinazione istituzionale e d’ufficio (per nulla ignominiosa!) cui sono avviate le ossa quando non richieste per una sistemazione privata e dedicata quali sono le tumulazioni tutte, anche quelle in celletta ossario.

    Il figlio legittimato, in primis, jure sanguinis a decidere può manifestare disinteresse o inerzia, ed in questo caso opererebbe di default l’art. 85 D.P.R. n. 285/1990 ma non opposizione (per carenza di presupposti e motivazioni logiche) a che terzi, con assunzione di oneri a proprio carico esternino il loro affetto verso la spoglia mortale di un defunto assicurandogli una sepoltura in concessione, invece, della forma di “smaltimento” (si perdoni l’empietà… molto efficace del vocabolo usato) in forma massiva, promiscua, anonima ed indistinta costituita in via residuale dall’ossario comune, impianto, comunque, obbligatorio per ogni cimitero. Insomma: neminem laedere, soprattutto quando si tratta di interessi spirituali ed immateriali.

    Il figlio potrebbe solo appellarsi ad una presunta volontà del padre di rifiuto alla tumulazione delle proprie mortales exuviae, intese come cadavere o sue trasformazioni di stato, ma occorrerebbe in tal senso un preciso volere testamentario, altrimenti sarebbe assai arduo dimostrare in giudizio un siffatto orientamento personale, invero del tutto anomalo ed estremo.

    Ad ogni modo, in caso di controversia bisognerà adire il competente Giudice Ordinario, per ribadire, ove necessario, titolarità e limiti d’esercizio dello jus sepulchri che a nostro avviso nella contrarietà a provvedere del figlio, transita in capo al fratello; il Comune estraneo alla controversia manterrà fermo lo status quo ante, in attesa di una definizione della lite, le ossa nel frattempo saranno depositate, con idonei mezzi identificativi, in camera mortuaria, se venissero sparse in ossario comune, infatti, non sarebbero più raccoglibili o separabili dalle altre.

  4. Trascorso il turno di rotazione decennale in capo di terra, qualora il cadavere sia completamente scheletrizzato, la legge prevede che le ossa vengano raccolte e depositate nell’ossario comune, “a meno che coloro che vi abbiano interesse facciano domanda di racchiuderle in cassetta di zinco per deporle in cellette o loculi posti entri il recinto del cimitero ed avuti in concessione”.
    Quid juris nel caso in cui il parente in linea diretta (figlio) decida di destinare le ossa del padre all’ossario comunale, mentre il parente in linea collaterale (fratello) chiedesse dper lorouna sepoltura privata e dedicata, ovviamente accollandosene le spese?

    Avrebbe prevalenza la volontà del figlio in quanto parente prossimo? Oppure si potrebbe dare predominanza, come sembra suggerire il dettato dell’art. 85 D.p.R. 285/1990, a “coloro che abbiano interesse” alla raccolta, vale a dire il fratello?

  5. Una mattina sono andato al cimitero da mia madre ma mi hanno detto che la salma era stata portata nel loculo dove giace mio padre. Mia sorella ha fatto eseguire l’estumulazione di mia madre senza il mio consenso…..posso richiedere un risarcimento per danni morali o quale altre strade posso intraprendere?

    1. X Mario,

      In Italia, ma è una mia sommessa opinione (rectius: pessimistica constatazione di fatto) l’istituto dell’autocertificazione è “MORTO” per l’endemica facilità impunita con cui il cittadino asserisce il falso dinanzi la pubblica amministrazione, benché le dichiarazioni mendaci siano sanzionate, anche penalmente, a norma dell’art. 76 DPR n. 445/2000.

      Alcuni regolamenti comunali dii polizia mortuaria, fors’anche astutamente, per snellire le procedure prevedono questa semplice regoletta: secondo cui richiede una qualsiasi operazione operazione cimiteriale s’intende agisca in nome, per conto e soprattutto con il consenso di tutti gli altri aventi diritto a pronunciarsi, sollevando il Comune da futuri contenziosi endo-famigliari, da risolversi in sede civile. Sua sorella, evidentemente ha mentito, deliberando la traslazione del feretro, senza ottenere preventivamente il suo “via libera a procedere”.

      E’importante rimarcare come gli atti di disposizione sulle spoglie mortali seguano il noto principio di poziorità (potere di scelta + priorità nella decisione) frutto di un’omogenea, nel tempo, elaborazione giurisprudenziale e cristallizzato, magari pure inconsciamente dal Legislatore, nell’art. 79 comma 1 II Periodo del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285. Esso pone su un livello di pari ordinazione tutti i consanguinei di egual grado, imponendo l’accordo preventivo all’unanimità.

      Ai sensi del nuovo Art. 21 comma 2- bis Legge n. 241/1990, così come introdotto dall’ art. 6, comma 1, lett. d), n. 2), L. 7 agosto 2015, n. 124 i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

      Le consiglio di intervenire presso il competente comune (quello nella cui giurisdizione amministrativa si trova il cimitero dove si è consumato il fatto increscioso) perchè l’ufficio della polizia mortuaria annulli, in autotutela, il rilascio dell’autorizzazione allo spostamento del feretro, ripristinando lo status quo ante.

      Stesso risultato, in modo un po’più macchinoso, si otterrebbe avanti il T.A.R. per ottenere un pronunciamento in senso analogo da parte del Giudice Territoriale Amministrativo (l’autorizzazione è stata formalmente accordata, ma sulla base di falsi ed erronei presupposti, anche se nell’incolpevolezza della P.A.))
      Lei ex Art. 100 Cod. Proc. Civile è legittimato a stare in giudizio, sempre in sede civile, per l’eventuale riconoscimento e risarcimento del danno (esistenziale?).

  6. X Monica,

    Non ho, in tutt’onestà, ben capito se si tratti di una semplice fossa in campo di terra o di una sepoltura privata data in concessione (tomba terragna o a sterro cioè con lastra sepolcrale a livello del piano di campagna e cella ipogea in cui deporre il feretro), perché la normativa considera e, conseguentemente, disciplina, in maniera diversa queste due fattispecie di sepolcri pur sempre legittimi.

    Di solito queste questioni così di dettaglio sono demandate, per la loro soluzione ottimale, al regolamento comunale di polizia mortuaria ed al piano regolatore cimiteriale con i suoi ovvi strumenti attuativi.

    Sulle fosse ricavate nel campo comune di terra (quadre ad inumazione) a cura del gestore stesso del cimitero è apposto un cippo identificativo, mentre gli interessati possono collocare sul tumulo di terreno lapidi, steli o monumenti, di dimensioni stili e fogge autorizzati, per sempre dal comune, sulla base di quanto disposto dal locale regolamento di polizia mortuaria, cui si rinvia anche in questo frangente.

    L’Art. 62 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, da leggersi in senso analogico ed estensivo per tutti i tipi di sepolture, conferma questa possibilità. Attenzione, però, si tratta pur sempre di una mera facoltà e non di un dovere giuridico!

    Ad ogni modo, In ossequio al principio dell’individualità e tracciabilità, in qualunque frangente, delle sepolture, tipico dei moderni ordinamenti di polizia mortuaria, ogni tomba, a maggior ragione se privata e, quindi, in concessione, deve riportare, in modo ben visibile gli estremi anagrafici del defunto. Laddove le iscrizioni tombali non fossero leggibili o, peggio ancora, fossero del tutto assenti, precipitando quel determinato sepolcro in un’angosciante anonimato, si configurerebbero gli estremi per considerare come abbandonata o in stato di degrado la tomba stessa, con relativa pronuncia della decadenza, quale massima sanzione, da parte dell’autorità comunale.

    Ricordo poi come ex Art. 92 comma 3 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria il comune quale parte contraente del rapporto concessorio, il quale è asimmetrico ed, appunto sbilanciato in favore dell’Ente Locale, possa imporre al concessionario in sede di stipula dell’atto di concessione determinati obblighi, tra i quali, potrebbero annoverarsi anche tempi e modalità certe per la realizzazione del sepolcro o per il suo completamento attraverso la sistemazione definitiva degli arredi votivi, quali appunto la lapide.

    Il ritardo ingiustificato ed omissivo può esser letto come un comportamento inadempiente passibile di sanzione amministrativa, se viola la tempistica dettata dal regolamento comunale, o di dichiarazione di decadenza, per le situazioni più gravi.

  7. Avrei bisogno di un chiarimento,mio suocero è deceduto sei anni fa,
    la seconda moglie, tutt’ora in vita, non ha voluto da sempre provvedere
    alla sistemazione della lapide,lasciando mio suocero ricoperto da una lastra di malta. Ha avuto tutto ed ha deciso tutto, ci ha fatti indebitare
    perché,mio suocero possedeva una casa di proprietà ed ha voluto essere
    liquidata pur essendo ancora in vendita. Possibile che con tutti questi
    diritti non abbia il dovere di fare la lapide. Spero che l’agec di Verona
    abbia un regolamento che individui la moglie come e solo referente e
    che finalmente mio suocero abbia la dignità di ogni defunto.
    E’ difficile andare a trovarlo e constatare che ancora gli hanno, per l’ennesima volta portato via la foto, i fiori…
    Monica da Verona

  8. La separazione è un provvedimento temporaneo, provvisorio, che trova fondamento nella intollerabile prosecuzione della convivenza o nel grave pregiudizio che tale convivenza può arrecare alla educazione dei figli; la provvisorietà di detta situazione è determinata dal fatto che essa può portare, tanto alla riconciliazione tra i coniugi, quanto al divorzio (cessazione degli effetti civili del matrimonio).

    La separazione incide sia sui rapporti personali tra i coniugi, sia su quelli patrimoniali: si sospendono i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio, salvo quelli verso i figli e quelli di mantenimento e quelli di rispetto reciproco.

    Nella situazione rappresentata occorre riferire dell’inesistenza di una norma positiva che consenta l’individuazione del diritto di disporre di una salma ovvero di un cadavere ovvero di resti mortali. Peraltro occorre aggiungere che le numerose sentenze conseguenti a conflitti intra-familiari hanno determiniato una giurisprudenza costante e consolidata. L’elaborazione giurisprudenziale è stata introdotta ancorchè schematicamente nell’art. 79 del d.P.R. n. 285/1990 (Regolamento di Polizia Mortuaria) che dispone l’autorizzazione alla cremazione da leggersi, quindi, in senso estensivo per ogni destinazione di sale, cadaveri e loro trasformazioni di stato.

    Si segue, pertanto, il criterio di poziortà enunciato dall’Art. 79 comma 2 DPR 285/90 secondo cui occorre il consenso unanime di tutti gli aventi diritto di pari grado.

    Nel nostro caso gli aventi diritto di pari grado sono i genitori del de cuius a prescindere dalla loro crisi coniugale.

    In caso di vertenza tra i due sarà il giudice a decidere, mentre il comune rimarrà estraneo alla vicenda limitandosi a mantener fermo lo status quo sin quando non intervenga accordo tra le parti.

    Di solito l’amministrazione comunale fissa nel proprio regolamento di polizia mortuaria il principio secondo cui chi richiede un’operazione cimiteriale ha già preventivamente acquisito il consenso di tutti gli altri aventi titolo.
    Non spetta, quindi, al comune dar luogo a defatiganti ricerche per individuare i soggetti titolati a disporre di salme, cadaveri, resti mortali, ossa e ceneri.

    Il concessionario di una tomba di famiglia solo qualora sussista l’autorizzazione comunale all’estumulazione ed alla traslazione del feretro non può opporsi all’apertura della tomba.

  9. Una coppia perde il figlio appena nato e lo tumula in un loculo nel
    cimitero del comune in cui entrambi i genitori risiedono. I genitori si
    separano e la mamma si trasferisce in un altro comune dove ha una tomba di famiglia. La mamma ha diritto di trasferire la salma del figlio morto anche senza il consenso dell’altro genitore ?

  10. Per la raccolta in cassetta zincata ex Art. 36 DPR n.285/1990, delle ossa provenienti da esumazione il DPR 285/1990 richiede semplicemente l’istanza degli INTERESSATI e non solo dei discendenti jure sanguinis, in quanto della concessione di celletta ossario può anche esser titolare chi si rapporti con le ossa del de cuius in termini di liberalità e non solo di jure sanguinis, allora potrebbe sorgere conflitto tra soggetti interessati e congiunti ex Art. 79 comma 2 DPR 285/1990 in termini di poziorità (= potere di scelta + preminenza nel decidere) a disporre della spoglia mortale.

    Siamo, allora, in presenza di una situazione tale da ricordare quei frangenti di elevata conflittualità che si hanno quando più familiari intendano dare diverse forme di sepoltura alla salma (o aquanto ne resti), ponendo, in questo caso, l’esigenza di individuare quale dei familiari abbia la prevalenza, o la titolarità esclusiva, per gli atti di disposizione sulle mortales exuviae del de cuius.

    Sotto questo profilo, andrebbe richiamata l’elaborazione giurisprudenziale che si è sedimentata nel tempo in materia di prevalenza o priorità per il diritto di disporre della salma, essa è stata resa in forma sintetica dalle disposizioni in materia di titolarità ad esprimere l’autonoma volontà alla cremazione del cadavere, quando manchi la volontà del defunto. Altrimenti, le disposizioni dell’art. 79, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 altro non costituiscono se non la traduzione in norma regolamentare positiva di questa elaborazione giurisprudenziale consolidata, che fa prevalere i rapporti più stretti e richiede la concorrenza di tutti i soggetti che si collochino su di un medesimo piano. In questo contesto, quindi l’obbligo a provvedere alla sepoltura dovrebbe essere individuato secondo i medesimi criteri.

    Ciò non significa che, rigidamente, solo determinati familiari, individuati secondo gli anzidetti criteri, possano disporre della salma, tali parametri, infatti, vadano presi in considerazione nel caso di contrasto tra più familiari, siccome, in ultima analisi, qualsiasi familiare può disporre per la sepoltura, presumendosi che agisca con il consenso, o almeno senza il disaccordo, degli altri. Anzi, non va esclusa l’ipotesi secondo cui alla sepoltura si provveda anche da parte di soggetti che non vi siano giuridicamente obbligati, ma se ne assumano liberamente l’onere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.