Quello che non dovrebbe essere accaduto

Nelle occasioni più impensate emergono informazioni non previste.
In una data realtà vi è una frazione di un comune o, se si preferisce, una parrocchia (dato che molto si incentra su questa).
È stato riferito che la chiesa parrocchiale fosse, un tempo in posizione antistante a quella attuale, laddove vi è una piazza con l’usuale monumento ai caduti e la chiesa si trovasse, più o meno, tra il monumento ed una gradinata che porta ad uno spazio antistante alla chiesa attuale.
All’epoca la chiesa precedente aveva pianta rettangolare e, alle spalle del lato opposto all’ingresso, scorreva un torrentello, potremmo chiamarlo anche fosso, oltre il quale vi erano terreni coltivati, di proprietà di una famiglia di possidenti locali.
Attorno al 1927 (abitante della parrocchia attorno a 700, ma non importa il dato quanto il suo ordine di grandezza.
Giusto per dare un’idea, attualmente la popolazione dovrebbe essere superiore a 3.000 persone) il parroco, sia rilevando che il “paese” stava aumentando di popolazione, sia, forse, anche per lasciare una traccia della propria attività, ha ritenuto di dover far erigere una chiesa nuova, più capiente.
I proprietari dei terreni agricoli di là del torrente, ritenendo proprio dovere, almeno morale ed a pro dell’anima, hanno regalato (atto di donazione) del terreno (grosso molto per una superficie tripla di quella oggi occupata dalla chiesa attuale (o, “nuova”, in cui in parte è stato ricavato anche il campo di calcio della parrocchia) alla parrocchia, e sono stati avviati i lavori di costruzione della “nuova” chiesa.
Lo spazio antistante all’ingresso, dove in precedenza scorreva il torrentello, è stato incanalato, intubato e reso veicolare, per cui, oggi, il torrentello scorre sotto allo spazio, abbastanza ampio, antistante all’ingresso della chiesa.
Questo intervento ha comportato che rispetto alla piazza pubblica originaria si avesse un dislivello, di circa 1-1,20 m.
La chiesa “vecchia” è stata poi abbattuta e l’area venduta al comune, per consentire l’ampliamento, più che un raddoppio, della piazza inclusa l’erezione del monumento ai caduti.
Rimaneva il dislivello tra la piazza ampliata e lo spazio antistante all’ingresso della nuova chiesa.
Nel 1968 il comune ha ritenuto, a beneficio della popolazione, di realizzare una scalinata di alcuni gradini per consentire di passaggio pedonale dalla piazza allo spazio antistante alla chiesa.
Nel corso di realizzazione di queste opere, è emerso che, laddove vi era la precedente chiesa, risultavano presenti sepolcri, come in molte chiese, risalenti a prima del XIX sec.
Tale situazione rientra in una di quelle che, oggi, sono, più o meno, regolate dall’art. 5 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., ma essendo le opere state eseguite nel 1968, il riferimento andrebbe fatto all’art. 5 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, che non si riporta dato che le due previsioni sono sovrapponibili (salvo che per il riferimento al “podestà”, per cui la “lettura” come “sindaco” non richiede neppure argomentazioni).
Rilevata la presenza di questi sepolcri, con relative ossa, il personale comunale addetto, di non grande profilo professionale, ha ritenuto di non procedere come avrebbe dovuto ai sensi del predetto art. 5, giusto per non “fare carte”, ma è stata operata la scelta di far proseguire i lavori, coprendo il tutto (un po’ come avviene quando si scopa la polvere sotto il tappeto, polvere che rimane quella che è).
La preoccupazione di avviare un procedimento, che poteva anche far sospendere per qualche tempo le opere in corso, non aveva particolare riferimento.
Infatti, quando il rinvenimento di ossa umane avvenga in siti di cui sia nota una pregressa funzione sepolcrale (come in questo caso), spesso, indicandolo e illustrandolo adeguatamente, è possibile evitare l’esame medico delle ossa e la procura della Repubblica autorizza il trasferimento e collocamento delle ossa nell’ossario comune, senza molte formalità.
Ciò per il fatto che la peculiare collocazione del sito di rinvenimento esclude ipotesi che possano far sorgere sospetti d’interesse per la giustizia: infatti, è “normale” che vi sia il rinvenimento di ossa in siti cimiteriali o, anche, solo sepolcrali.
Quella che sin qui può essere valutata quale un’irregolarità amministrativa, magari riferibile alla scarsa professionalità di questo o quello, lascia aperta una questione.
Oggi vi possono ancora essere persone che abbiano una memoria sia dell’esecuzione della scalinata, sia del rinvenimento delle ossa, sia della collocazione della precedente chiesa.
Ma se tra uno o più lustri, magari per l’esecuzione di qualche opera, oggi non prevedibile, si re-rinvengano le ossa, mancando la memoria diffusa, della situazione quale avutasi nel tempo, ci si troverà a dover affrontare ex novo la questione e, allora, non sarà più possibile “semplificare” i procedimenti come avrebbe potuto farsi se ciò fosse avvenuto nel 1968.
Di qui una considerazione, che richiama questioni ben note a chi operi negli ambiti cimiteriali e dintorni, cioè il fatto che occorre sempre avere presente una visione di lungo respiro, un orizzonte temporale che supera, spesso, la memoria delle persone.
Per cui è sempre opportuno che le situazioni siano affrontate quando emergano: “scopare la polvere sotto al tappeto” non la rimuove, rimane tale e quale, mentre deve mirarsi ad una reale rimozione.
Si ha la convinzione che situazioni, magari diverse, ma più o meno assimilabili, dove vi siano stati comportamenti impropri, possano essere, od essere state, presenti in vari luoghi, cosa che non contraddice l’esigenza di mantenere un comportamento coerente e diligente in tutti i casi, senza fingere, magari per accidia, e nascondere quanto richiede essere affrontato.

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Sereno Scolaro

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