Vendita di tombe tra privati

Ci è pervenuto il quesito seguente:

Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?

I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?

No, la risposta è negativa.

Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).AAAA0049

Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.

Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:

· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione

· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.

L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.AAAA0028

Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.

L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.

In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.

Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.

Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.

Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:

Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.

Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.

Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.

Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.

Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.

Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro  o speculazione

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Carlo Ballotta

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210 thoughts on “Vendita di tombe tra privati

  1. inserisco qui la domanda, credo sia il posto giusto.
    Ho acquistato 4 loculi nel 2007 con una concessione per 50 anni (ma non erano 99?)
    Ora essendo riuscito a comprare il terreno per una cappella gentilizia, un desiderio della mia famiglia dopo la morte di mio fratello, vorrei cedere la proprietá dei loculi e leggo che non si puó, oppure cederne l´utilizzo a dei parenti. Il comune non le accetta indietro come saldo sul terreno.
    Altre opzioni, come posso darle senza perdere quanto speso all´epoca?
    Grazie

  2. Per Marcella Vitale:

    Trattandosi il cimitero di impianto demaniale (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione. In via primaria il diritto d’uso di una sepoltura è regolato dal regolamento di polizia mortuaria nazionale (norme quadro) e da quello comunale (norme di dettaglio). Indi da eventuali deliberazioni generali e/o particolari del Comune.
    Dal 10 febbraio 1976, quando entrò, in vigore il vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria (e tale disposizione, vietante il fine di lucro, è confermata, anche oggi, dall’Art. 92 comma 4 DPR 10 settembre 1990 n. 285) è impossibile la cessione dei diritti vantati su concessioni cimiteriali per ACTA INTER VIVOS.
    L’area cimiteriale e i loculi in essa costruiti sono parte del demanio comunale, pertanto non v’è dubbio che essi siano inalienabili, inespropriabili, non usucapibili e non commerciabili. L’eventuale domazione, se e dove possibile, trasferirebbe in capo a Lei sono gli oneri manutentivi ex Art. 63 comma 1 DPR n.285/1990 e non certo il diritto d’uso (…quando sarà il momento e senza alcuna fretta!) sul manufatto sepolcrale.

    In ogni caso, dal 10 febbraio 1976, per effetto del D.P.R. 803/1975, ogni concessione non può più essere ceduta per atto inter vivos, ma segue le sole regole del regolamento comunale e statale e quindi può solo essere mantenuta dall’originario concessionario o dai suoi subentranti aventi titolo. Nella tomba avuta in concessione possono, quindi, essere sepolti solo gli appartenenti alla famiglia del fondatore del sepolcro (oltre a convivente e benemeriti se i criteri per questi ultimi sono compresi nel regolamento comunale). La concessione può anche essere retrocessa al Comune, unico soggetto nella cui disponibilità può rientrare la concessione rinunciata. Ogni altro atto è nullo di diritto e non rileva dove esso sia stato formato.

  3. 24/06/2012
    Mia madre compro’ 2 loculi in una cappella publica nel 1957, che fu’ occupato dalla salma di mio padre.
    Mia madre disloco’ negli Stati Uniti 25 anni fa’ e fu seppelita nella cappella di mio fratello nell 2011.
    Io ero la figlia prediletta di mio padre e lui e’ ancora vivo nel mio cuore.
    Sei anni fa domandai a mia madre se era possible per me di essere seppelita nel suo loculo in Italia cosi’ potrei essere vicino a mio padre.
    Mia madre mi fece il dono del suo loculo e fu documentato in fronte a un notaio.
    Questo documento e’ legale in Italia? Questo tipo di trasferrimento del loculo e’ elengato nel codice civile Italiano?
    Tante grazie.
    Marcella
    Sarebbe una grande cortesia se qualcuno risponde a questa domanda .

  4. X Carlina,

    Quando tra moglie e marito sia già intervenuta sentenza di divorzio, lo
    scioglimento del matrimonio fa perdere la qualità di coniuge sotto ogni
    profilo.

    La cessazione degli effetti del matrimonio si ha con la data di annotazione
    della relativa sentenza sull’atto di matrimonio (art. 10 legge 1 dicembre
    1970, n. 898), per cui fino a tale data permane la qualità di coniuge, anche
    se in stato di separazione, la quale è solo un allentamento del vincolo
    matrimoniale

    Il sepolcro gentilizio concesso a persone fisiche ha natura familiare, ai
    sensi dell’Art. 93 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Morturia approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285
    ossia il rapporto concessorio che s’instaura tra il comune, quale ente
    concedente, ed il privato cittadino sorge sibi familiaeque suae, ovvero per
    il concessionario fondatore del sepolcro e per la sua famiglia, di
    conseguenza l’atto di concessione stabilisce una “RISERVA”, cioè un novero
    di persone legate tra loro da vincoli di parentela jure coniugii e jure
    sanguinis alle quali è riservato il diritto d’uso su di un manufatto
    sepolcrale eretto in area cimiteriale = su suolo appartenente ad demanio
    comunale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile.

    La cerchia dei familiari (famiglia patriarcale, allargata, mononucleare…?)
    cui spetta l’esercizio attivo e passivo del diritto di sepolcro, dunque
    dello jus sepeliendi e dello jus inferendi mortuum in sepulchrum, facendo
    sempre riferimento al primo concessionario fondatore del sepolcro gentilizio
    (= di famiglia) stesso per determinare i vincoli di consanguineità è
    definita dal combinato disposto tra il regolamento comunale (qual è il senso
    di famiglia in quel determinato contesto locale e temporale?) di polizia
    mortuaria e l’atto di concessione…o meglio della convenzione che, quale
    addentellato, spesso lo accompagna ed in cui le parti contraenti scrivono
    assieme, nel rispetto della legge (= della familiarità del sepolcro, anche
    perchè la violazione della destinazione d’uso, come ad esempio la
    tumulazione di un estreaneo dovrebbe comportare d’ufficio la pronuncia della
    decadenza) le norme e la disciplina di dettaglio per la fruizione dei posti
    feretro..

    Solo in questo momento, alla stipula dell’atto di concessione, il
    concessionario può modificare, dilatare o ampliare con una certa
    discrezionalità, fatti ovviamente salvi lo jus sanguinis e lo jus coniugii,
    la “RISERVA” vista precedentemente soprattutto se il regolamento municipale
    di polizia mortuaria di cui ribadisco la centralità per dirimere questioni
    di questo genere, prevede lo schema del rapporto concessorio a
    concessionario fisso, opposto a quello del cosidetto concessionario mobile.

    Nel rapporto concessorio a concessionario fisso si ha una certa rigidità
    nello jus sepulchri perchè la persona dalla quale calcolare ascendenti e
    discendenti, in linea retta o collaterale continua ad esser l’originario
    concessionario, anche dopo la sua morte, se poi i familiari aventi diritto
    alla sepoltura sono “cristallizzati” nell’atto di concessione solo
    quest’ultimi assieme al primo concessionario potranno trovar spazio nella
    tomba per la loro tumulazione.

    Nel rapporto concessorio a concessionario mobile, invece, si verifica il
    “SUBENTRO” che consiste nell’attribuzione ai discendenti del fondatore del
    sepolcro della titolarità della concessione, attraverso la voltura della
    stessa, intestatari della concessione divengono così coloro i quali sono in
    rapporti di parentela jure coniugii e jure sanguinis con il de cuius ed a
    questo punto si aplia il concetto di “RISERVA”, perchè pur entro il limite
    massimo della naturale capienza fisica del sepolcro (altrimenti, se non c’è
    posto, lo jus sepulchri si comprime sino ad estinguersi) possono esser
    accolti nel post mortem nel solo i congiunti dell’originario fondatore, ma
    anche quelli dei nuovi concessionari. A questo punto il diritto di sepolcro
    viene ripartito in quote e l’ordine di riempimento dei loculi, se non
    diversamente regolato da tutti gli aventi titolo, magari con scrittura
    privata da notificare, per conoscenzal comune, è affidato alla cronologia
    degli eventi luttuosi…insomma chi prima muore meglio alloggia, sino al
    completamento della capacità ricettiva della tomba.

    Per rispondere esaurientemente al quesito, Gentile Carlina, dovrei valutare
    queste situazioni alla luce del regolamento comunale di polizia mortuaria
    del Suo comune o del comune nel cui cimitero insiste la sepoltura privata di
    cui Lei mi parla; in ogni caso azzardo questa duplice interpretazione:

    1) Se c’è stato il subentro da parte di tutti gli eredi (sarebbe meglio,
    però, ragionare in termini di “discendenti”, perchè il diritto di sepolcro
    segue solo lo jus coniugii e lo jus sanguinis, in quanto diritto di natura
    peronale o, forse anche personalissima e non patrimoniale, come, al contrario accade per la successione mortis causa) anche i figli nati da primo
    matrimonio di Suo marito acquisiscono la qualità di concessionari (la
    concessione cimiteriale, così, si trasmette ai discendenti del de cuius) e, dunque il potere di dal sepoltura alla propria madre nel frattempo defunta nella tomba di famiglia fondata dal padre.

    2) Se, per converso, al di là degli obblighi manutentivi ex Art. 63 DPR n.285/1990, i quali pur sempre sorgono in capo ai vivi, la figura del concessionario cui far riferimento contininua ad esser quella di Suo marito la prima moglie non vanta più alcun diritto di sepolcro, in quanto è già stata pronunciata la sentenza di divorzio.

    Ad ogni modo, il comune sulla base dei titoli, ancorchè formali, e della volontà del concessionario autorizzerà, con apposita istruttoria di volta in volta l’accesso al sepolcro da parte degli aventi ntitolo ad ottenervi sepoltura.

  5. Buongiorno,
    avrei bisogno di un chiarimento. Mio marito è deceduto 4 anni fa lasciando eredi me, 2 figli nati da un primo matrimonio (la sua prima moglie aveva ottenuto un assegno divorzile e di conseguenza una quota della pensione di reversibilità) e 1 figlia avuta con me. Quando era in vita mio marito aveva acquistato una concessione cimiteriale e costruito una tomba di famiglia. I due figli di mio marito vorrebbero seppellire nella tomba di famiglia la loro madre e io mi chiedo se posso impedirlo dato che mio marito mai avrebbe consentito che avvenisse se fosse stato in vita.
    Grazie in anticipo per tutto.

  6. Vale quanto disposto dal regolamento di polizia mortuaria comunale. Difatti qualunque cosa (coprifossa in pietra naturale, cippo tombale, monumenti o segni funebri) sia posta nel campo comune, al termine dell’uso, diviene, per accessione, di proprietà del Comune, che la destina secondo quanto stabilito dal regolamento municipale. Nei grandi Comuni sussistono vere e proprie commissioni artistiche per i cimiteri che intervengono in caso di elementi di pregio. In altri Comuni il regolamento affida il compito di decidere quali elementi rinvenuti durante ll’apertura delle fosse d’inumazione, considerare o meno rifiuto al responsabile del cimitero. Ove ciò non fosse scritto nel regolamento spetta al sindaco, che è titolato per legge (vedi art. 82, comma 4 del DPR 10 settembre 1990, n.285) a regolare le esumazioni, stabilire con propria ordinanza il modo di comportarsi in tali situazioni, vale a dire quale soggetto è competente a decidere (in genere il responsabile del cimitero ex Art. 15 DPR n. 254/2003) e dove vada avviato il materiale di risulta. Se nulla viene deciso in tal senso, detto materiale può essere riutilizzato all’interno del cimitero, così da favorirne il recupero ai sensi del DPR n. 254/2003 oppure considerato quale inerte cimiteriale proveniente da esumazione ordinaria; ai sensi dell’Art. 2 comma 1 lett. f) n. 1) DPR n.254/2003
    I rifiuti provenienti da operazione cimiteriale di esumazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), numero 1) del DPR stesso possono essere riutilizzati all’interno della stessa struttura cimiteriale senza necessità di ulteriori autorizzazioni, fatto, ovviamente salvo l’eventuale intervento della Sovrintendenza per i Beni Artistici per opere di particolar valore.

  7. ALTRO ARGOMENTO :
    In tempi come questi di crisi generale di liquidita’ ….mi chiedo ? :
    Al momento della riesumazione ( es. dopo dieci anni ) , si trova ancora il ceppo lapidico ( pagato all’ epoca mediamente 5.000.000.- di Lire it. ).
    Il Comune sostiene che la soluzione è solo trasformarlo in ghiaino !
    Spesso c’è dentro anche un’ opera scultoria ineressante !
    Basta cambiare “TITOLI” ed ecco ….è pronto per servire qualcun’ altro.
    Esiste una compravendita ? , o c’è la “mafia” dei produttori di lapidi ?
    Renzo

  8. Maddalena,

    1) ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 2697 e 2907 del Codice Civile alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede il giudice e l’onere della prova, in giudizio, spetta a chi voglia vedersi riconosciuto, o far valere, un determinato diritto nei confronti di terzi.. Nel Suo caso, si ravvisano gli estremi per difendersi dalla cosiddetta “turbativa di sepolcro” attuata dallo Zio in questione.

    Il comune, potrebbe solamente pronunciare la decadenza per violazione unilaterale dei patti contrattuali costituitisi con la stipula, tra privato e pubblica amministrazione, pur sempre titolare della funzione cimiteriale, dell’atto di concessione.

    Il Carresi (Aspetti privatistici del sepolcro, in Riv.dir.civ.,1970, II, 270 ss) ritiene che solo il diritto primario di sepolcro (scomposto ed articolato nello JUS SEPELIENDI e nello JUS INFERENDI MORTUUM IN SEPULCHRUM) sia di un diritto di natura personale suscettibile di tutela possessoria.

    Il diritto al sepolcro secondario, di cui lo zio “cattivo” ed inadempiente è, pur sempre titolare, sino a quando non venga disposta, magari d’ufficio, l’estumulazione del feretro della moglie, invece, non ha natura reale, perchè non contempla, in alcun modo nessun diritto d’uso sullo spazio sepolcrale; esso consiste solamente nel potere di accedere alla tomba e nel diritto di opporsi ad ogni atto che arrechi pregiudizio od oltraggio a quella tomba…come, per esempio cambiando la serratura, così da inibire l’accesso alla tomba ai congiunti dei defunti ivi sepolti.

    Quanto alla natura si ritiene dai più che si sia in presenza di un diritto personale di godimento di natura personalissima ed intrasmissibile, spettando ai parenti (coniuge superstite compreso)del defunto in quanto tali.

    Il diritto secondario di sepolcro è, parimenti, protetto dalla Legge ed è opponibile al concessionario, proprietario della cappella gentilizia, in sede civile.

  9. Grazie Carlo, quindi se ho capito bene, questo significa che una salma, senza titolo ad occupare un loculo in una determinata cappella gentilizia, può essere rimossa solo e soltanto a seguito di giudizio civile…il Comune non può intimare autonomamente la rimozione della salma. E poi mio zio, non è titolare di un diritto reale quindi non avendo nè il possesso nè la mera detenzione non può farci causa ( credo) per la tutela del possesso ( perchè non lo ha!!), e diconseguenza non può farci causa per chiederci le chiavi del cimitero. Si parla semplicemente di diritti “personali”che significa? sono tutelabili penalmente oppure è solo un dovere morale il nostro quello di permettergli di entrare nella nostra cappella?In senso stretto…cosa si rischia?

  10. X Maddalena,

    Bisogna distinguere tra la titolarita’ della concessione e la legittimazione a disporre della salma.
    La seconda pone su di un piano di parita’ i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.
    Si deve, poi, ricordare come non sia il concessionario a stabilire /individuare arbitrariamente chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo momento) ed ai sensi dell’Art. 93 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulchri.
    Un semplice stato di fatto (= l’occupazione di un loculo) non vale quale titolo di legittimità, in quanto se viziato ab origine, perchè sine titulo, si configura semplicemente come un uso indebito (= un AB-uso) di uno spazio sepolcrale.

    Non si può invocare una presunta benemerenza, poichè l’istituto della cosidetta benemerenza richiede un’istuttoria piuttosto complessa che si articola su tre momenti costitutivi quali:

    1) autorizzazione del concessionario
    2) consenso, in forma scritta (trattandosi di diritti personalissimi una scrittura privata non è da ritenersi idonea) di tutti gli aventi diritto alla sepoltura perchè consanguinei e famigliari del fondatore del sepolcro affinchè si addivenga ad una volontaria compressione del loro Jus Sepulchri (in buona sostanza il soggetto “benemerito” sottrae ad uno di loro il loculo)
    3) autorizzazione finale e comprensiva delle altre due che debbono, pur sempre, esser notificate all’ufficio di polizia mortuaria, da parte del comune, in qualità di ente istituzionale preposto al governo della funzione cimiteriale.
    Lo zio “cattivo” in questione se non è divenuto, per subentro titolare o con-titolare della concessione ed ha tumulato abusivamente in feretro della moglie, come soggetto titolato in via esclusiva a disporre della spoglia mortale del coniuge scomparso, dovrebbe accollarsi tutti gli oneri per la traslazione del feretro ad altra sepoltura, divenendo magari preventivamente concessionario di una tomba concessa ad hoc, altrimenti, a rigor di logica, la bara dovrebbe esser “sfrattata” ed inumata in campo di terra.

    Sin quando permanga questo stato di cose, e non si addivenga ad una soluzione, anche giudiziale, lo zio, (ripeto il concetto) se non ha acquisito lo jus sepulchri primario, mantiene, tuttavia, il diritto secondario di sepolcro.
    In conclusione, va posto l’accento sul fatto che l’area cimiteriale e i loculi fanno parte del demanio comunale, pertanto non v’è dubbio che essi siano inalienabili, inespropriabili, non usucapibili e non commerciabili. Per quanto concerne la natura del diritto secondario di sepolcro, si è del parere di escluderne la realità, per la mancanza di ogni potere di uso, e se ne afferma, invece, la natura personale ed intrasmissibile, individuandone la titolarità in tutti i congiunti della persona sepolta, anche se non titolari del diritto primario, i quali hanno facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio alla sepoltura.

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