La necessità di introdurre definizioni certe per prodotti del concepimento, abortivi e nati morti

Questo articolo è parte 3 di 4 nella serie Prodotti abortivi, feti, nati morti

Per diversi fini le varie norme esistenti a livello internazionale, nazionale, regionale, usano terminologie differenti e soprattutto criteri diversi per stabilire quando si sia in presenza o meno di prodotti abortivi, di nati morti, nonché residualmente di prodotti del concepimento. Difatti:
1) il DPR 285/1990 usa il criterio delle settimane di gestazione, che però è metodo alquanto impreciso.
2) L’ISTAT, a fini statistici, usa il criterio di considerare nato morto qualunque prodotto del concepimento con età presunta superiore a 180 giorni.
Espulsioni o estrazioni al di sotto dei 180 giorni riguarderebbero quindi i prodotti abortivi.
3) L’Organizzazione Mondiale della Sanità usa invece un criterio basato su riscontri oggettivi, individuando il nato morto in base:
– Al peso (maggiore di 500 gr. per nato morto prematuro o maggiore di 1000 gr. per nato morto tardivo)
– Alla lunghezza, se maggiore di 25 cm. e 35 cm. (> 25 cm. per nato morto precoce e > 35 cm. se nato morto tardivo.)
La questione non è solo terminologica, ma determina poi effetti circa la normativa da applicare ordinariamente al prodotto abortivo/nato morto e alla competenza autorizzatoria.
La identificazione del nato morto è diversa da Paese a Paese.
In proposito di seguito si riporta un estratto dal sito web Epicentro ISS (10):


La definizione di “nato morto” (stillbirth) è diversa a livello internazionale. In base alla legislazione italiana il nato morto è definito come il feto partorito senza segni di vita dopo il 180esimo giorno di amenorrea (>25+5 settimane gestazionali). Negli Usa e in Canada, per esempio, la definizione comprende le morti fetali a partire da 20 settimane di età gestazionale, in Finlandia da 22 settimane e nel Regno Unito da 24.
L’Oms ha recentemente raccomandato, per i confronti internazionali, di utilizzare il termine “nato morto” (stillbirth) per definire il feto partorito, o estratto dalla madre, senza segni vitali con un’età gestazionale di 28 settimane o più, facendo quindi coincidere la propria definizione di nato morto con quella di morte fetale tardiva fornita dall’ICD-10 (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death, ICD, classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte).
I dati di mortalità fetale pubblicati da Euro-Peristat nell’ultimo rapporto (2010) sono presentati secondo definizione dell’Oms.

Sempre dallo stesso sito si può evidenziare come a livello scientifico vi sia una definizione di morte perinatale desumibile dai contenuti della seguente figura:
Fig feti

La normativa italiana risente dell’epoca di formazione, difatti il DPR 285/1990 ripresenta le stesse classificazioni (per età gestazionale presunta) del DPR 803/1975 e, soprattutto, è disallineato con la normativa successivamente emanata sia dal Parlamento sia dal Governo.
In particolare, ci si riferisce alla Legge 22 maggio 1978, n. 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” e al decreto legislativo n. 151 del 2001, in materia di tutela della madre lavoratrice, che introducono tempistiche differenziate (90 giorni, 180 giorni).
Giova poi ricordare che il Regolamento (UE) N. 328/2011 della Commissione del 5 aprile 2011 “recante disposizioni attuative del regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per quanto riguarda le statistiche sulle cause di decesso”, presenta specifiche definizioni all’art. 2, tra le quali:


b) «nato morto», la morte del feto, ossia il decesso prima dell’espulsione o dell’estrazione completa dal corpo della madre di un prodotto del concepimento, quale che sia la durata della gestazione. Il decesso è indicato dal fatto che, dopo la separazione dalla madre, il feto non respira né manifesta alcun altro segno di vita, come il battito cardiaco, la pulsazione del cordone ombelicale o movimenti definiti dei muscoli volontari;
c) «età gestazionale», la durata della gestazione, misurata dal primo giorno dell’ultimo periodo mestruale regolare. L’età gestazionale è espressa in numero di giorni completi o di settimane complete;

Come anticipato, dal punto di vista statistico, l’ISTAT, ai fini delle proprie rilevazioni, registra come nati morti i feti dell’età di almeno 25 settimane più 5 giorni di vita intrauterina, così come emerge dal glossario statistico, alla definizione di “aborto spontaneo” (cioè 180 giorni).
Si rammenta, altresì, che l’ISTAT ha steso (ai propri fini) un glossario (11), particolarmente utile per tentare una classificazione oggettiva.
E, infine, non si può non richiamare il decreto del ministro salute 7 ottobre 2014 di approvazione dei protocolli diagnostici “Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile – Legge 2 feb- braio 2006, n. 31, art.1, comma 2” e “Morte inaspettata di feto di età gestazionale superiore alla 25a settimana”.
La pubblicazione dei protocolli diagnostici attua la L. 2 febbraio 2006, n. 31 “Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto” definendo due per- corsi diagnostici distinti, sulla base del parere del Consiglio superiore di sanità del 5 giugno 2008, che aveva rilevato, infatti, che la morte improvvisa del lattante e la morte inaspettata del feto sono condizioni completamente distinte che richiedono due protocolli diagnostici separati. Particolarmente illuminante la porzione di relazione di cui all’Allegato 2, di detto decreto, che di seguito si riporta:


La morte endouterina fetale (interessa) … in Italia circa il 4-5% dei nati; questa variabilità dipende del limite temporale gestazionale entro cui si distingue la “morte endouterina fetale” (morte endouterina spontanea di un soggetto che ha raggiunto sviluppo anatomico-funzionale compatibile con vita extrauterina autonoma) dall’ “aborto” (morte endouterina spontanea di un soggetto con sviluppo anatomico- funzionale non compatibile con vita extrauterina autonoma).
Il tasso del 4% si riferisce ai feti che nascono morti dopo il 180° giorno di gravidanza (cioè da 25 settimane e 5 giorni) mentre quello del 5% si riferisce, secondo le indicazioni dell’OMS, ai decessi che interessa- no feti di peso ≥ ai 500 grammi, indipendentemente dall’età gestazionale.
Il dato è probabilmente sottostimato e difficilmente monitorabile nella sua evoluzione temporale anche a causa delle molteplici variazioni che dal 1996 ad oggi hanno caratterizzato il sistema di rilevazione della nati-mortalità in Italia.
Rimane tuttavia evidente come il criterio per identificare la “morte endouterina” (differenziandola dall’aborto) sia fortemente influenzato dalle capacità della moderna neonatologia di far sopravvivere, possibilmente in buone condizioni di salute, un soggetto nato prematuro: alcuni decenni or sono questo limite era posto a 28 settimane (limite per altro ancora utilizzato da numerose Amministrazioni Locali), poi è sceso a 180 giorni, ora ci si riferisce a circa 22 settimane di gestazione (per esempio utilizzato come limite entro cui limitare le interruzioni volontarie di gravidanza).

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(10) Sito web Epicentro ISS per la mortalità perinatale: http://www.epicentro.iss.it/itoss/EpidMortPerinatale.asp
(11) Glossario (http://www3.istat.it/dati/dataset/20100226_01/Glossario.pdf)
Aborto: Interruzione della gravidanza prima che il feto sia vitale, cioè capace di vita extra uterina indipendente. Si distingue l’aborto spontaneo dall’aborto indotto o interruzione volontaria della gravidanza.
Aborto spontaneo: Interruzione involontaria della gravidanza provocata da cause patologiche; in particolare, ogni espulsione o morte del feto o dell’embrione che si verifichi entro il 180° giorno compiuto di gestazione (25 settimane e 5 giorni compiuti).
Concepimento (esito del): Modo con il quale la gravidanza termina. Le modalità dell’esito sono: nato vivo, nato morto, aborto.
Età gestazionale: Numero di settimane compiute di amenorrea dopo il concepimento.
Gestazione: Periodo, detto più comunemente gravidanza, in cui la donna che ha concepito porta il feto nell’utero.
Gravidanza: Stato fisiologico della donna nel periodo che va dall’inizio del concepimento al parto o comunque all’espulsione del feto.
Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg): Intervento operativo da parte di uno specialista che va a rimuovere il prodotto del concepimento e dei suoi annessi, interrompendo il periodo di gravidanza.
Secondo la vigente normativa (legge 194/78) l’Ivg deve avvenire sotto precisa volontà della donna ed entro i primi 90 giorni dal concepimento nel caso in cui la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbe serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
L’Ivg può avvenire inoltre per motivi di ordine terapeutico dopo i primi 90 giorni quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o in presenza di rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Istituto di cura: Struttura residenziale attrezzata per l’accoglienza e l’assistenza a tempo pieno di pazienti per fini diagnostici e/o curativi e/o riabilitativi. E’ dotata di personale medico specializzato, di apparecchiature di diagnosi e cura ed eventualmente di servizi di supporto all’assistenza ospedaliera, quali: dipartimento di emergenza, centro di rianimazione, pronto soccorso, centro trasfusionale, centro di dialisi, sale operatorie, camere iperbariche, incubatrici, ambulanze, unità mobili di rianimazione. Si definisce anche come l’entità ospedaliera costituita dall’insieme di tutte le divisioni, sezioni e servizi, autonoma o dipendente da una struttura pubblica (ad es. Asl) o privata.
Nato morto: Decesso fetale che si verifica a partire dal 180° giorno di durata della gestazione.
Nato vivo: Prodotto del concepimento che, una volta espulso o completamente estratto dal corpo materno, indipendentemente dalla durata della gestazione, respiri o manifesti altro segno di vita.
Parto: Espulsione o estrazione completa dall’organismo materno del feto e degli annessi fetali.
Terapia: Insieme di cure adottate per contrastare un processo morboso.

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