Norme correlate: Art. 3 L. 30/3/2001, n. 130
Massima
L’erronea cremazione di una salma senza consenso del defunto o dei suoi familiari configura un illecito extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., suscettibile di produrre danni non patrimoniali risarcibili per lesione di diritti inviolabili come il diritto alla salute e il diritto di onorare i defunti secondo le proprie convinzioni religiose. Tuttavia, per il risarcimento è necessario provare un pregiudizio grave e non fatuo, e dimostrare la qualità di familiare avente diritto a disporre della salma, secondo le regole del codice civile e della normativa di polizia mortuaria
Testo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TERNI
in persona del giudice < omissis > ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 3187 del ruolo generale dell’anno 2009
trattenuta in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 6.12.2016
TRA < omissis > e < omissis > elettivamente domiciliate < omissis >, presso lo studio del procuratore Avv.to < omissis > che le rappresenta e difende giusta delega rilasciata a margine dell’atto di citazione < omissis >
E
< omissis > con sede < omissis > in persona del legale rappresentante pro tempore < omissis > elettivamente domiciliato < omissis >, presso lo studio dell’Avv.to < omissis > che lo rappresenta e difende giusta delega rilasciata in calce all’atto di citazione passiva; < omissis > E < omissis > in persona del legale rappresentante pro tempore < omissis > elettivamente domiciliat < omissis >, presso lo studio dell’Avv.to < omissis > che la rappresenta e difende giusta delega rilasciata in calce alla comparsa di costituzione e risposta con chiamata in causa di terzo;
CONVENUTI
NONCHE’
< omissis > in persona del legale rappresentante pro tempore < omissis > elettivamente domiciliato < omissis >, presso lo studio dell’Avv.to < omissis > e rappresentato e difeso dall’Avv.to < omissis > giusta delega rilasciata in calce all’atto di citazione passiva su < omissis > n.3 del 19.02.2010; < omissis > OGGETTO: risarcimento danni ex 2043 – 2059 c.c..
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in verbale all’udienza di precisazione delle conclusioni del 6.12.2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato < omissis > e < omissis > citavano dinanzi al Tribunale di < omissis > il < omissis > di < omissis > e la ditta < omissis > e < omissis > per sentir accertare e dichiarare la responsabilità autonoma e/o concorrente di ciascuno dei convenuti per la cremazione del cadavere della sig.ra < omissis > e per l’effetto condannare gli stessi al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti e subendi dalle attrici, in via solidale tra loro, quantificato in € 120.000,00 in favore di < omissis > ed € 80.000,00 in favore di < omissis > oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria delle spese di lite.
Deduceva parte attrice:
– che in data < omissis > decedeva in < omissis > nonna materna delle istanti, la cui salma, dopo il funerale, veniva ricoverata provvisoriamente all’interno della camera mortuaria del < omissis > di < omissis > in attesa di essere riposta nel loculo già assegnatole dal < omissis > di < omissis > in virtù di atto n. 183 del 19.03.2005;
– che in data < omissis > l'< omissis > e < omissis > incaricata di trasferire la salma di < omissis > anch’essa ricoverata provvisoriamente nella camera mortuaria del < omissis > di < omissis > presso il < omissis > di < omissis > prelevava la bara di < omissis > nonostante la presenza sulla stessa di targhetta di metallo recante i dati identificativi della defunta;
– che raggiunto il < omissis > di < omissis > la salma veniva sottoposta a procedura di cremazione;
– che solo al termine di tale procedura gli addetti si accorgevano dell’errore e le ceneri della defunta venivano raccolte in un’urna e riportate a < omissis >
Deduceva, pertanto, la violazione dell’art.3, comma 1 lettera b della < omissis > n.130 del 30.03.2001 in combinato disposto con l’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990 n.285 (Regolamento di Polizia Mortuaria), che richiedono per la cremazione il consenso da parte del soggetto interessato, ancora in vita, e, poi, successivamente al trapasso, quello del coniuge o dei prossimi congiunti dello stesso individuati ai sensi dell’art.74 e seguenti c.c.;
– che il consenso alla cremazione non è mai stato prestato dai congiunti della defunta < omissis >
– che la vicenda aveva provocato nelle attrici un profondo stato depressivo e patema d’animo, in considerazione sia dello stretto legame affettivo intercorso tra le deducenti e la defunta nonna, sia del mancato rispetto delle volontà della < omissis > che non voleva di certo essere cremata, sia della circostanza di non poter più onorare la nonna con pratiche ritenute consone alle proprie convinzioni.
Sull’assunto della concorrente responsabilità, ai sensi dell’art.2049 c.c. dell'< omissis > e < omissis > per aver prelevato una bara completamente diversa da quella destinataria alla cremazione senza controllare la targhetta con i dati identificativi del defunto, e del < omissis > di < omissis > per omessa vigilanza da parte dei dipendenti del < omissis > sul corretto svolgimento delle operazioni di prelevamento del feretro e per non aver provveduto a consegnare tempestivamente il loculo per il ricovero della salma della < omissis > parte attrice concludeva come in epigrafe.
Si costituiva il < omissis > di < omissis > il quale preliminarmente, sostenendone la responsabilità nella causazione dell’evento, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa il < omissis > di < omissis > e, nel merito, contestando la domanda attorea in fatto ed in diritto insisteva per il rigetto.
In particolare sosteneva l’esclusiva responsabilità dell’impresa < omissis > e < omissis > e del < omissis > di < omissis > in quanto la prima disponeva della documentazione accompagnatoria la cremazione, mentre gli addetti alla cremazione del < omissis > di < omissis > avrebbero dovuto controllare la corrispondenza tra la suddetta documentazione e la salma consegnata dall’impresa funeraria.
Deduceva, altresì, che l’avvenuta cremazione della salma non precludeva alle attrice di onorare la defunta, posto, peraltro, che la < omissis > non è contraria alla cremazione.
Concludeva chiedendo la riunione della causa in oggetto con altri procedimenti, connessi oggettivamente e soggettivamente, pendenti dinanzi al Tribunale di < omissis > e di < omissis >
Si costituiva l'< omissis > e < omissis > sostenendo:
– l’assenza di qualsiasi responsabilità in capo ai propri dipendenti deputati soltanto alla consegna dei documenti per il ritiro del feretro presso il < omissis > di < omissis > e per il deposito della bara ai fini della cremazione presso il < omissis > del < omissis > di < omissis > con obbligo di effettuare il controllo della corrispondenza tra la salma prelevata e/o consegnata e la documentazione accompagnatoria da parte dei dipendenti dei < omissis > di < omissis > e < omissis >
– che il dipendente dell’impresa funebre era stato, comunque, indotto in errore nel ritiro del feretro dal cuscino di fiori e dal manifesto che riportava il nome di < omissis > effettiva destinataria della procedura di cremazione; – che, pertanto, doveva essere addebitata al responsabile del < omissis > di < omissis > l’omissione di controllo della corrispondenza fra la salma in uscita e quella che doveva essere prelevata, posto che il dipendente della ditta convenuta aveva adempiuto al proprio obbligo di consegna della documentazione relativa alla salma da ritirare al custode del < omissis >
– che lo stesso ragionamento doveva essere esteso ai dipendenti del < omissis > di < omissis > – che la cremazione del cadavere della < omissis > in quanto le ceneri non venivano disperse, non impediva, comunque, la scelta del luogo e delle modalità di inumazione.
Infine contestava la sproporzione del danno, sia sotto il profilo dell’an che del quantum, rispetto al fatto accaduto.
Concludeva chiedendo in via preliminare di essere autorizzato a chiamare in causa il < omissis > di < omissis > e nel merito insisteva per il rigetto della domanda attorea.
Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva il < omissis > di < omissis > che:
in via preliminare chiedeva la riunione del procedimento al giudizio pendente dinanzi al Tribunale di < omissis > r.g. n.2712/2008, nonché al giudizio pendente dinanzi al Tribunale di < omissis > r.g.n.3496/2008; nel merito respingeva ogni addebito nella determinazione dell’evento sostenendo la correttezza del proprio operato e pertanto insisteva per il rigetto della domanda spiegata nei suoi confronti;
in via subordinata formulava domanda di garanzia e manleva e rimborso nei confronti delle altre parti processuali, < omissis > di < omissis > e < omissis > e < omissis > Instaurato il contraddittorio non veniva disposta la richiesta riunione del procedimento ai giudizi pendenti dinanzi al Tribunale di < omissis > e < omissis > e venivano concessi i termini di cui all’art.183, VI° co. c.p.c..
< omissis > probatoria si articolava con la produzione documentale, l’espletamento degli interrogatori formali dei legali rappresentanti della ditta < omissis > e < omissis > e l’escussione dei testi ammessi.
Nelle more del giudizio la causa veniva, quindi, assegnata allo scrivente Giudice, immesso nelle funzioni presso il Tribunale di < omissis > a far data dal 27.02.2015, che, al rientro dal congedo per maternità, all’udienza del 6.12.2016 fatte precisare le conclusioni tratteneva la causa in decisione ed assegnava alle parti i termini ex art.190 c.p.c. (60 + 20) per lo scambio delle comparse conclusionali e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In linea di fatto parte attrice agisce per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito per effetto dell’arbitraria cremazione del cadavere della nonna materna < omissis > imputabile, ai sensi dell’art.2049 c.c., alla condotta tenuta dai dipendenti dell'< omissis > e < omissis > ed del < omissis > di < omissis > consistente, in particolare, nell’aver, da parte dei primi, prelevato la salma della defunta citata, al posto del feretro di < omissis > per consegnarla al < omissis > di < omissis > dove veniva cremata in assenza di consenso, e nell’aver omesso i secondi, addetti al < omissis > di < omissis > qualsiasi controllo nella consegna della salma destinataria del processo di cremazione.
Sotto il profilo delle conseguenze, derivanti dalla disposizione del cadavere di < omissis > senza consenso dei prossimi congiunti, la difesa di parte attrice allega la lesione del diritto alla salute, bene costituzionalmente protetto, stante il trauma psicologico subito dalle attrici, del diritto di onorare le spoglie della defunta secondo le convinzioni religiose proprie e della congiunta contemplato dagli artt. 2, 19 e 21 della Costituzione, non ultimo prospetta la configurabilità di una fattispecie di reato, funditus distruzione di cadavere ex art.411 c.p. e di qui la risarcibilità anche sotto tale aspetto ai sensi dell’art.2059 c.c..
Le parti convenute, deducendo la legittimità ciascuna del proprio operato, hanno chiesto la chiamata in causa del < omissis > di < omissis > sostenendone la responsabilità nell’accaduto, in quanto gli addetti al < omissis > di < omissis > avrebbero dovuto verificare la corrispondenza tra la documentazione consegnata dall’incaricato dell'< omissis > e < omissis > e la targhetta posta sulla bara dove erano riportati i dati identificativi della salma.
Orbene i fatti si sono svolti nel modo seguente, come anche emerso dall’istruttoria orale ammessa dal precedente GI dott.ssa < omissis >
– la salma di < omissis > veniva ricoverata, in attesa di essere tumulata nel fornetto acquistato ma non ancora disponibile, presso la camera mortuaria del < omissis > di < omissis >
– nella stessa camera mortuaria veniva depositata anche la bara di < omissis > effettiva destinataria della procedura di cremazione;
– un incaricato della ditta < omissis > e < omissis > di condurre la salma di < omissis > presso il < omissis > di < omissis > prelevava, con l’ausilio degli addetti al cimitero, ivi compreso il custode, la bara di < omissis >
– una volta giunto al < omissis > di < omissis > l’incaricato delle < omissis > consegnava il feretro e la documentazione accompagnatoria all’addetto alla cremazione che procedeva alla cremazione, salvo poi accorgersi, quando il processo era stato ormai avviato, dell’errore.
Posto che la salma di < omissis > è stata illegittimamente cremata, per evidente condotta colposa, circostanza questa che esclude ab imis la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 411 c.p. che richiede quale elemento soggettivo il dolo (cfr. Cass. Pen. n.5772/2005, conf. Cass. Pena. n.5139/1983), è necessario verificare la sussistenza di un diritto costituzionalmente protetto in capo alle attrici dalla cui lesione (danno evento) ne sia scaturita come conseguenza la violazione di diritti riconducibili sotto l’ombrello costituzionale (la salute art. 32, i diritti inviolabili della persona art.2, il diritto di onorare le salme secondo le proprie convinzioni religiose artt.19 – 21) e, pertanto, risarcibili ai sensi della norma generale di cui all’art.2059 c.c..
Tale preliminare verifica si rende opportuna alla luce della prospettazione attorea, come già enunciata nella premessa della motivazione e desumibile dal tenore dell’atto di citazione (in particolare confronta da pag. 6 dell’atto introduttivo del giudizio) e dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di risarcimento dei danni non patrimoniali quali conseguenze della lesione di diritti inviolabili della persona.
Sul punto non è peregrino riportare l’insegnamento della Suprema Corte a mente del quale: “Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile a condizione che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale, che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, e che il danno non sia futile, ovvero non consista in meri disagi o fastidi ossia nella lesione di diritti del tutto immaginari. (In applicazione di detto principio la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto risarcibile ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. la lesione del diritto alla retribuzione, patita dai lavoratori a seguito del reato di false comunicazioni sociali commesso dal datore di lavoro, per effetto del quale era loro mancato il riconoscimento dei premi-produttività agganciato dal contratto all’andamento del bilancio aziendale)(cfr. Cass. Sez.3° n.24030/2009 che si uniforma al noto pronunciamento delle S.U. n.26972/2008 secondo cui: “il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.2059 c.c., anche quando non sussiste un fatto di reato, né ricorre alcuna delle ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale, altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art.2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile; b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art.2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusione nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza; c) che il danno non sia futile, vale a dire non consista in meri disagi o fastidi ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità”).
Fatta questa opportuna premessa, evidenzia il Tribunale che le odierne attrici innanzitutto al momento del decesso di < omissis > non potevano disporre della salma della congiunta atteso che la norma dalle stesse invocata, art.3, lett. b) legge n.130/2001 statuisce che: “… l’autorizzazione alla cremazione e’ concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità: 1) la disposizione testamentaria del defunto, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa; 2) l’iscrizione, certificata dal rappresentante legale, ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto fatta in data successiva a quella dell’iscrizione all’associazione. L’iscrizione alle associazioni di cui al presente numero vale anche contro il parere dei familiari; 3) in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza …” e che dagli atti non è emerso che < omissis > e < omissis > fossero le parenti in vita più prossime della nonna < omissis > ai sensi dell’art.74 c.c. (la presenza in vita del coniuge della defunta esclude la configurabilità in capo ai prossimi congiunti di un tale diritto, quindi prima dei figli ed a fortiori delle nipoti odierne attrici) ovvero una manifestazione in equivoca (a mezzo disposizione testamentaria o altra equivalente) della defunta..
Sotto un diverso profilo, a parere di chi scrive dirimente, mette conto evidenziare che la < omissis > in funzione preventiva e su istanza di parte, autorizza la cremazione rimuovendo un limite legale all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo preesistente in capo al destinatario.
Il diritto soggettivo in discorso non è tanto il cd. jus eligendi sepulchrum, ovvero il diritto di scegliere la propria sepoltura, quanto il diritto, secondo alcuni personalissimo, a disporre del proprio corpo nei limiti di cui all’articolo 5 del codice civile. Ogni persona ha il diritto di scegliere se farsi cremare o no. Il problema è però il seguente: quid juris se la scelta cremazionista proviene non dal defunto ma dal familiare, come consentito dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 recante “regolamento di polizia mortuaria”‘.
E’ corretto allora parlare di diritto personalissimo?. In verità si può parlare di atto di disposizione del proprio corpo e come tale esercizio di un diritto personalissimo e pertanto indisponibile e imprescrittibile finché il soggetto del cui corpo si tratta è in vita, secondo una chiara interpretazione dell’art.5 c.c. che non lascia in parte qua dubbi interpretativi.
Altri parlano di diritto su cosa futura (il cadavere) da esercitarsi nel rispetto della dignità e dei fondati sentimenti degli uomini e nell’ambito della pietas che circonda l’entità che ha rivestito una persona.
Superato questo momento, in ogni caso, e in assenza di una esplicitazione della volontà del defunto in merito, il familiare, essendo ciò previsto dalle norme in vigore, può esercitare la scelta, che sarà espressione di una propria volontà, di fare cremare il corpo del proprio congiunto, facendo valere tuttavia un diritto, non personalissimo, ma comunque privato non patrimoniale (cfr. Tribunale di Torino 16 ottobre 1985).
Di recente la Suprema Corte ha addirittura affermato che: “Non è configurabile un diritto soggettivo dei prossimi congiunti sul corpo della persona deceduta, circostanza da cui discende l’insussistenza di un loro potere di disposizione su di esso” (cfr. Cass. Civ. n.12549/2012).
Un ulteriore addentellato normativo alle considerazioni che precedono può rinvenirsi nel già citato art.3 lett. g) della legge n.130 del 2001 la cui lettera dispone che: “l’ufficiale dello stato civile, previo assenso dei soggetti di cui alla lettera b), numero 3), o, in caso di loro irreperibilità, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune di uno specifico avviso, autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni …” evidenziando, in conclusione, che non esiste in capo ai congiunti un diritto costituzionalmente protetto di disporre della salma del proprio familiare defunto, laddove la disposizione di un cadavere è consentita anche all’ufficiale di stato civile (cfr. in tal senso sentenza n.243/2011 Tribunale di < omissis > dott. < omissis >.
Sotto un ultimo aspetto la pratica del culto dei defunti, di profondo radicamento antropologico e culturale e di millenaria consuetudine e, pertanto, assunto ad ineliminabile ed intangibile estrinsecazione della umana personalità potrà comunque essere esercitato in presenza del sepolcro o dell’urna cineraria, atteso che l’urna con le ceneri della < omissis > è stata riconsegnata ai familiari ed i resti non sono stati dispersi, senza aver subito parte attrice, per quanto di interesse, alcuna lesione di diritti costituzionalmente protetti, con particolare riferimento all’art.2 – 19 – 21 Costituzione nella parte in cui riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Sul punto, infine, non è peregrino richiamare un recente pronunciamento della Corte d’Appello di < omissis > cui lo scrivente Giudice aderisce, dove si afferma che: “ … < omissis > il < omissis > di < omissis > (titolo < omissis > ca. 1176, comma terzo) la < omissis > raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana. Tale norma evidenzia come non vi sia contrarietà della dottrina cattolica alla cremazione delle salme” (cfr. Sentenza n.58/2015 dell’8.01.2015 in atti) e pertanto se ne può inferire che la cremazione della salma di < omissis > non impedisca alle attrici di onorarne la memoria secondo il proprio credo cattolico.
Alla luce delle considerazioni che precedono la domanda non può trovare accoglimento.
La peculiarità della vicenda e la complessità delle questioni giuridiche affrontate giustificano la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale di < omissis > in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, così provvede:
– Rigetta la domanda in quanto infondata per le ragioni di cui alla parte motiva;
– Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Terni, il 28 febbraio 2017
Il giudice