Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2391

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MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2391

Nel servizio di illuminazione elettriva votiva vi è una concessione di pubblico servizio e, pertanto, non può trovare applicazione l’art. 163 d.lgs. n. 163-2006, concernente il contratto di appalto di opere pubbliche. La valutazione della gravità dell’inadempimento deve esser svolta in modo complessivo, con ciò dovendosi esaminare non solo l’incidenza sull’equilibrio economico dei singoli inadempimenti, ma anche il peso che tali inadempimenti hanno avuto sullo svolgimento del servizio oggetto della concessione, la quale, anche in un’ottica civilistica ex art. 1455 c.c., deve tenere conto dell’incidenza globale dei plurimi inadempimenti, sia sull’equilibrio economico del rapporto concessorio, sia sull’effettiva rispondenza del suo effettivo svolgimento alla funzione pubblica perseguita ed è evidente che la condotta complessivamente considerata, sia stata ragionevolmente (e, quindi, correttamente), ritenuta suscettibile di risoluzione contrattuale.

NORME CORRELATE

D. Lgs. 18/4/2016, n. 50
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Pubblicato il 12/04/2019
N. 02391/2019REG.PROV.COLL.
N. 08775/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8775 del 2018, proposto da
S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enrico Soprano e Maria Grazia Ingrosso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Comune di Marigliano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Riccardo Marone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 04652/2018, resa tra le parti, concernente l’annullamento previa sospensiva:
1) della Determina Reg. Gen. n. 1103 (reg. settore n. 195) del 28/09/2016, not.ta il 03/10/2016, con la quale il Responsabile del IV Settore del Comune di Marigliano ha disposto la risoluzione, per grave inadempimento, del contratto rep. n. 5050/2013 avente ad oggetto la “concessione di progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti per la distribuzione dell’energia elettrica per l’illuminazione votiva dei campi di inumazione e delle strutture funerarie esistenti nell’area cimiteriale, nonché esazione dei canoni annuali” e relative tabelle;
2) della delibera di G.M. prot. n. 108 del 29/09/2016 con la quale è stato stabilito che il servizio di illuminazione votiva, in occasione della commemorazione dei defunti, verrà svolto in proprio, dal Comune;
3) di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marigliano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Enrico Soprano e Bruno Ricciardelli, in dichiarata delega dell’avvocato Riccardo Marone.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sez. II, con la sentenza 12 luglio 2018, n. 4652, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento della determinazione 1103 del 28 settembre 2016 del Comune di Marigliano, avente ad oggetto risoluzione della concessione alla gestione e manutenzione impianti di illuminazione cimiteriale e distribuzione energia elettrica lampade votive.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– quella in oggetto è una concessione di pubblico servizio e, pertanto, non può trovare applicazione l’art. 163 d.lgs. n. 163-2006, concernente il contratto di appalto di opere pubbliche;
– l’art. 13 della convenzione di concessione non richiama la diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., ma onera il concedente ad intimare formalmente il concessionario resosi inadempiente, mediante una specifica modalità di comunicazione, prima di procedere alla “revoca” della concessione;
– tenuto conto della natura pubblicistica del potere di risoluzione esercitato, e in ragione del principio del raggiungimento dello scopo, le garanzie partecipative sono state ampiamente rispettate mediante la comunicazione di avvio del procedimento risolutorio ex art. 7 L. n. 241-1990, con la nota prot. 15940 del 2 settembre 2016, la quale ha dato luogo una effettiva interlocuzione procedimentale, avendo la concessionaria analiticamente controdedotto in merito alle singole contestazioni (con le note del 12 settembre 2016, 16 settembre 2016, 23 settembre 2016);
– la valutazione della “gravità” delle inadempienze, peraltro anche in un’ottica civilistica ex art. 1455 c.c., non può che essere complessiva, dovendo tenersi conto dell’incidenza dei plurimi inadempimenti, non solo sull’equilibrio economico del rapporto concessorio, ma anche sulla effettiva rispondenza del suo effettivo svolgimento alla funzione pubblica perseguita;
– il concedente, oltre alle violazioni oggetto di censura in ricorso, ha contestato due altri che sono già di per sé idonei ad incidere sensibilmente sull’equilibrio complessivo del rapporto: a) la violazione del termini di pagamento dei canoni concessori, cui le stesse parti, in sede contrattuale, hanno conferito particolare rilievo (cfr. art. 8 co. 2 disciplinare della concessione, citato in premessa); b) l’inadempimento all’obbligo di tenuta della documentazione necessaria per quantificare e verificare con esattezza il canone concessorio annuale;
– con riguardo al quantum dell’inadempimento all’obbligo di pagamento dei canoni, la divergente quantificazione deriva proprio dalla mancanza della documentazione a supporto, che il concessionario avrebbe dovuto predisporre e “tenere” ex art. 7 del disciplinare.
L’appellante contestava la sentenza del TAR rilevandone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza pubblica del 14 marzo 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Rileva il Collegio che nella comunicazione di avvio del procedimento di risoluzione contrattuale, con atto n. prot. 15940 in data 2.9.2016, il responsabile del procedimento ha contestato all’attuale appellante s.r.l.:
a) la violazione dell’art. 4 del contratto in relazione al mancato versamento del corrispettivo contrattuale;
b) il mancato adempimento degli obblighi assunti con l’offerta migliorativa presentata in sede di gara ed allegata al contratto;
c) il mancato rispetto dell’obbligo, assunto in sede di sottoscrizione del disciplinare, di versare il canone, migliorato dell’aumento d’asta, in due rate semestrali uguali anticipate, al 1° gennaio ed al 1° luglio.
Con determina in data 28.9.2016, prot. n. 1103 il Comune di Marigliano, ritenute non satisfattive le giustificazioni prodotte dalla s.r.l., disponeva la risoluzione del contratto per grave inadempimento.
Con successiva delibera di G.M. in data 29.9.2016 n. 108 l’Amministrazione disponeva che il servizio di illuminazione votiva sarebbe stato svolto direttamente dal Comune di Marigliano.
2. L’appellante ha dedotto l’illegittimità del provvedimento di risoluzione contrattuale sotto il profilo della violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento e, segnatamente, dell’art. 13 del Capitolato di gara che avrebbe imposto al Comune di mettere in mora il concessionario, prima di adottare il provvedimento di risoluzione contrattuale.
Ritiene il Collegio che la comunicazione di avvio del procedimento, in atti, sia atto idoneo a soddisfare le garanzie procedimentali previste dall’art. 13 del Disciplinare di gara.
Infatti, detto atto, qualificato come atto di messa in mora e di contestuale avvio del procedimento di risoluzione contrattuale, in data 2.9.2016, evidenzia in modo analitico, e con il sostegno di puntuale documentazione, tutte le inadempienze contrattuali contestate relativamente all’esecuzione del contratto n. 5050-2003, peraltro oggetto di controdeduzione da parte dello stesso appellante, che ha dunque attivamente preso parte al procedimento avviato dal Comune, nel corso del quale l’appellante ha avuto modo sia di comprendere il contenuto delle contestazioni che le venivano rivolte, che di esporre compiutamente le proprie argomentazioni difensive.
Pertanto, l’Amministrazione ha rispettato le garanzie di partecipazione al procedimento, contestando gli addebiti e ponendo la s.r.l. in condizione di poter chiarire la propria posizione; l’appellante ha partecipato concretamente al procedimento, ha esposto compiutamente le proprie tesi difensive; l’Amministrazione ha esaminato le osservazioni, dando atto nel provvedimento di risoluzione contrattuale delle ragioni per le quali tali argomentazioni dovevano esser disattese.
Con la conseguenza che il disposto di cui all’art. 13 del Disciplinare di gara è stato, nella sostanza, completamente rispettato.
3. Si deve pienamente condividere la considerazione espressa dal TAR, secondo cui la valutazione della gravità dell’inadempimento deve esser svolta in modo complessivo, con ciò dovendosi esaminare non solo l’incidenza sull’equilibrio economico dei singoli inadempimenti, ma anche il peso che tali inadempimenti hanno avuto sullo svolgimento del servizio oggetto della concessione.
Peraltro, giustamente il TAR ha altresì osservato che, oltre alle contestazioni oggetto del ricorso, il concedente Comune di Marigliano aveva contestato alla ricorrente ulteriori motivi di inadempimento contrattuale, posto a fondamento del provvedimento di risoluzione impugnato in primo grado, rappresentati dalla parziale realizzazione delle opere oggetto di gara, nonché dalla inefficiente manutenzione degli impianti elettrici realizzati, due violazioni già di per sé idonee a determinare la risoluzione del rapporto.
Peraltro, il Comune ha contestato anche la violazione dei termini di pagamento dei canoni concessori, cui le stesse parti, in sede contrattuale, hanno conferito particolare rilievo e l’inadempimento all’obbligo di tenuta necessaria per quantificare e verificare con esattezza il canone concessorio annuale, parametrato al numero di lampade votive.
La decisione di applicare la risoluzione contrattuale appare pienamente ragionevole e proporzionale rispetto ai comportamenti inadempienti che sono venuti in rilievo.
A norma dell’art. 4 del contratto di concessione n. 5050-2003 l’appellante avrebbe dovuto rendicontare annualmente al Comune gli importi incassati per ogni lampada votiva eterna e mese di accensione ed avrebbe dovuto corrispondere all’Amministrazione la quota stabilita contrattualmente in eccedenza rispetto all’importo minimo garantito.
Soltanto qualora gli incassi fossero stati inferiori al minimo garantito, la ricorrente avrebbe dovuto ugualmente versare al Comune il predetto minimo contrattuale.
Nel caso di specie, nel corso di tutta la durata del rapporto concessorio la s.r.l. si è limitata a versare al Comune di Marigliano, per di più spesso in ritardo, il minimo contrattuale senza mai depositare nessun rendiconto relativo agli incassi effettuati sulle vendite delle lampade votive eterne e mese di accensione.
E’ evidente che tale inadempienza non può configurarsi come meramente marginale e relativa ad un obbligo accessorio, poiché, al contrario, afferisce al nucleo centrale su cui ruota l’equilibrio delle prestazioni economiche, favorendo, per effetto della condotta inadempiente dell’appellante, comportamenti opportunistici che ledono in radice detto equilibrio.
Peraltro, già prima della comunicazione di avvio del procedimento, il Comune di Marigliano aveva provveduto a verificare e conteggiare le lampade votive presenti nel cimitero, riscontrandone un numero considerevole, mai comunicato dalla parte appellante.
Inoltre, la s.r.l. non ha versato al Comune di Marigliano nemmeno il minimo contrattuale, non avendo provveduto a versare il minimo garantito per la concessione per l’anno 2014, nella misura di € 4.494,00, e per l’intero importo di € 15.493,7, per gli anni 2015 e 2016, anno in cui la gestione è stata espletata fino a tutto il 2 ottobre.
4. E’ evidente, quindi, che la valutazione della “gravità” delle inadempienze, anche in un’ottica civilistica ex art. 1455 c.c., deve tenere conto dell’incidenza globale dei plurimi inadempimenti, sia sull’equilibrio economico del rapporto concessorio, sia sull’effettiva rispondenza del suo effettivo svolgimento alla funzione pubblica perseguita ed è evidente, alla luce di quanto si è esposto, che la condotta della parte appellante, complessivamente considerata, sia stata ragionevolmente (e, quindi, correttamente), ritenuta suscettibile di risoluzione contrattuale.
Peraltro, i motivi dedotti dalla parte appellante, a sostegno della sproporzione della decisione, attengono a profili che, di per sé, mirano ad un sindacato di ragionevolezza non globale e complessivo, come è indispensabile, ma atomistico e frazionato, come tale inidoneo a rappresentare il peso complessivo della condotta infedele sull’equilibrio sinallagmatico del contratto.
Infatti, l’erroneità dei conteggi circa il debito del canone concessorio (peraltro, la contestazione pari ad euro 1.045.205,72 ha una sua ragion d’essere che, pur non essendo in sé oggetto del giudizio, attinge all’accertamento sull’effettiva presenza di lampade votive non conteggiate) e l’inadempimento all’impegno di apportare i miglioramenti del servizio, indicati in sede di offerta devono essere messe in relazione alle contestazioni in merito: al mancato deposito dei rendiconti relativi agli incassi effettuati sulle vendite delle lampade votive eterne e mese di accensione (già di per sé gravissimo perché impedisce di regolare gli aspetti economici del contratto e si presta a comportamenti opportunistici); al ritardo nel versamento anche del minimo contrattuale; nonché alla parziale realizzazione delle opere oggetto di gara e all’inefficiente manutenzione degli impianti elettrici realizzati.
L’insieme di tali comportamenti è evidentemente idoneo a giustificar la risoluzione intrapresa.
5. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore della parte appellata, spese che liquida in euro 5.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti Francesco Caringella
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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