Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477

Massima

Testo

Riferimenti: cfr. C.d.S.: sez. IV, 8 giugno 2007; cfr. C.d.S.: sez. IV, sent. n. 841, 14 febbraio 1982

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 10298/2004 proposto da S.r.l. T.R.S. ITALIA GESTIONI IMMOBILIARI, in persona del Legale Rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Gerbi e Ludovico Villani, presso il secondo in Roma, via Asiago 8/2 è elettivamente domiciliata;
contro
– il COMUNE di SARZANA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Rappelli e Romolo Reboa ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Flaminia 213;
– la REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M. Sommariva e G. Pafundi ed elettivamente domiciliata presso Gabriele Pafundi in Roma, V.le Giulio Cesare, 14;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, n. 870 dell 8 giugno 2004.
Visto il ricorso in appello;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell Amministrazione comunale;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009 il consigliere Armando Pozzi e uditi, per le parti, gli avvocati Ludovico Villani, Giovanni Gerbi e Gabriele Pafundi;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
La Società ricorrente – proprietaria, a seguito di vari passaggi, di un terreno situato nel Comune di Sarzana, Frazione Sarzanello, originariamente facente parte del complesso immobiliare denominato I Lecci , acquistato dalla Società CE.STOR. – Centro Storico s.r.l. con due distinti ricorsi al TAR Liguria ha impugnato i seguenti atti:
A] quanto al ricorso R.G.R. n. 1054/98: variante integrale al Piano Regolatore Generale del Comune di Sarzana, con correlative modificazioni del p.t.c.p., approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Liguria n. 97 dell 11 marzo 1998, integralmente e nelle parti e nei limiti in prosieguo indicati, con riferimento alle prescrizioni relative alla proprietà della ricorrente ed all art. 3.11 n.t.a. nonché, di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o comunque connesso, fra i quali, segnatamente: – a) la deliberazione del Consiglio Comunale di Sarzana n. 29 del 28 febbraio 1994, di adozione della variante e successive modifiche ed integrazioni (d in particolare quelle di cui alle deliberazioni consiliari n. 30 del 14 marzo 1995 e n. 31 del 12 maggio 1996); b) la deliberazione consiliare n. 29 del 10 marzo 1995 di controdeduzione alle osservazioni al progetto di piano adottato; c) il voto del Comitato Tecnico Urbanistico Regionale n. 682 del 30 luglio 1996; d) la deliberazione del Consiglio Comunale di Sarzana n. 15 del 3 marzo 1997 di controdeduzione alle osservazioni del C.T.U. regionale di cui al voto n. 682 del 30 luglio 1996; e) il voto del Comitato Tecnico Urbanistico Regionale n. 731 del 5, 12 e 19 novembre 1997; f) la deliberazione del Consiglio Comunale di Sarzana n. 40 del 4 aprile 1998, citata nell avviso di deposito del piano in data 17 aprile 1998 e, per quanto occorra, dell avviso stesso, chiedendo altresì il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno e la conseguente condanna del Comune alla liquidazione dello stesso, previa sua quantificazione;
B] quanto al ricorso R.G.R. n. 582/99: deliberazione del Consiglio Comunale n. 131 del 27 novembre 1998, avente ad oggetto realizzazione di tratto di strada per il collegamento tra Via Sarzanello e l area destinata ad E.R.P. Approvazione progetto preliminare , e, ove occorra, della nota del Dirigente del Servizio Territorio/LL.PP. n. 9512 dell 11 marzo 1999, recante esproprio aree interessate dai lavori di realizzazione di tratto di strada di collegamento tra Via Sarzanello e l area E.R.P. , avviso del deposito presso la Segreteria Comunale, nonché di tutti gli atti antecedenti, conseguenti o comunque connessi, ivi inclusi, ove occorra, gli atti di approvazione della variante generale al piano regolatore di Sarzana, nonché per il riconoscimento del diritto della ricorrente ad ottenere dal prefato Comune il risarcimento del danno e la conseguente condanna alla liquidazione dello stesso, previa sua quantificazione.
Il ricorso al TAR si è sviluppato sui motivi che di seguito si riproducono sinteticamente:
AA. Con riferimento alle prescrizioni introdotte dalla variante integrale al P.R.G. relative all area di proprietà della Società ricorrente.
1. Eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti, incongruità della motivazione, contraddittorietà ingiustificata con precedenti atti, sviamento di potere. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della legge 17 agosto 1942 n. 1150. Violazione degli artt. 1321 e ss. e 1372 e ss. del codice civile e delle norme e dei principi sulle attività contrattuali delle pubbliche amministrazioni.
La variante impugnata azzera la capacità edificatoria già riconosciuta all area violando gli impegni assunti dallo stesso comune con la convenzione accessiva allo strumento attuativo e ledendo il legittimo affidamento sul completamento della lottizzazione approvata: tutto ciò senza che l Amministrazione abbia fornito una congrua motivazione sulle ragioni di interesse pubblico a supporto della variante ed anzi avendo valutato l opportunità di revocare la previsione di edificabilità contenuta nel piano attuativo sulla base dell erroneo presupposto di sacrificare una volumetria di 14.000 mc. e non di oltre 20.000 mc., con ciò confondendo tra quanto realizzato e quanto ancora da realizzare.
Quanto poi a presunte esigenze di salvaguardia di valori paesistici e del sistema dei manufatti emergenti, si tratta di affermazione generica,apodittica e contraddittoria con le precedenti determinazioni dell Amministrazione.
2. Eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti, incongruità, contraddittorietà, lesione dell affidamento, sviamento. Violazione degli artt. 7 e ss. della legge 17 agosto 1942 n. 1150. Violazione degli artt. 1321 e segg. 1372, 1374, 1375 cod. civ. e delle norme e dei principi sulle attività contrattuali delle pubbliche amministrazioni.
Nella motivazione della variante non vi è traccia della considerazione delle esigenze del privato evidenziate nelle articolate osservazioni al piano.
3. Violazione art. 11 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e difetto dei presupposti. Illogicità. Violazione dei principi di buon andamento ed efficienza dell azione amministrativa.
Dall art. 11 citato discende che la determinazione dell Amministrazione di revocare con la variante impugnata le obbligazioni assunte con la convenzione necessitava del presupposto, adeguatamente motivato, dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse. Inoltre, il recesso unilaterale da un accordo di diritto pubblico, ancorché esercitato per motivi di pubblico interesse, comporta comunque l obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo.
4. Eccesso di potere per illogicità, travisamento, contraddittorietà, insufficiente istruttoria. Carente ed erronea motivazione.
Il blocco dell attività edilizia imposto con la variante incide su aree già caratterizzate dal punto di vista urbanistico, il cui completamento costituisce pertanto l obiettivo fisiologico di un disegno urbanistico in gran parte già attuato.
5. Eccesso di potere per illogicità, carenza di motivazione e difetto di istruttoria. Carenza dei presupposti e travisamento.
La scelta di localizzare il servizio (verde pubblico) sulle aree di proprietà della Società ricorrente è non solo illogica ed irrazionale, alla luce delle reali esigenze dell ambito territoriale, ma anche iniqua, avendo determinato la concentrazione delle aree destinati a spazi pubblici, a servizio dell intera zona, sull unica proprietà della Società ricorrente.
AAA. Con riguardo al procedimento di formazione della variante integrale al P.R.G.
6. Violazione dell art. 9 della l. n. 1150/1942. Violazione del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
Dalle premesse al decreto regionale di approvazione risulta che la variante impugnata è stata in più occasioni modificata, fino a stravolgerne l impostazione iniziale con la conseguente necessità, non rispettata dal comune, di rinnovare le formalità partecipative prima di sottoporla ad approvazione definitiva, come pure richiesto nelle osservazioni.
7. Violazione dell art. 10, quarto comma, della l. n. 1150/1942.
Il Comune ha adottato la deliberazione di controdeduzioni alle proposte di modificazione della Regione, di cui al voto del C.T.U. n. 682 del 1996 ben oltre i 90 giorni stabiliti dall art. 10 cit.
BB- Con un secondo ricorso al T.A.R. la società ha impugnato gli atti relativi al successivo procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di un tratto di strada di collegamento tra Via Sarzanello e un area di edilizia residenziale pubblica chiedendone l annullamento per i seguenti motivi:
1. Violazione artt. 1 e 3 l. n. 1/1978. Eccesso di potere per carenza di presupposto. Violazione dell art. 16 della legge 11 febbraio 1994 n. 109. Carenza di istruttoria. Sviamento.
In sostanza si lamenta l illegittimo ricorso ala procedura della l. n. 1/1978 non potendo in fase di progettazione preliminare disporsi l applicazione del regime accelleratorio; inoltre, la procedura in questione può essere utilizzata solo per le opere pubbliche in senso stretto contrariamente a quanto avvenuto nel caso di specie.
2. Violazione artt. 7, 8 e 10 l. n. 241/1990; artt. 10 e 11 l. 22 ottobre 1981 n. 865; artt. 19 e 21 l. 25 giugno 1865 n. 2359. Violazione del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per incompletezza dell istruttoria e difetto di partecipazione, in quanto nella specie sarebbe mancato qualsiasi momento di partecipazione peraltro di agevole realizzazione, essendo pochi e facilmente individuabili i soggetti che saranno sacrificati dall espropriazione.
3. Violazione art. 13 l. 25 giugno 1865, n. 2359. Violazione art. 1 l. n. 1/1978. Eccesso di potere, per mancata fissazione dei termini per l inizio e per il compimento delle espropriazioni e dei lavori.
4. Violazione art. 16 l. n. 109/1994, carenza istruttoria e difetto di motivazione. Violazione art. 3 l. n. 241/1990, in quanto: l Amministrazione non avrebbe posto in essere gli adempimenti previsti dall art. 16 della legge n. 109 del 1994 nell individuare la localizzazione del tracciato stradale, né sarebbe stata adeguatamente valutata la situazione delle aree di proprietà, ed il sacrificio iniquamente procurato ad un solo privato per effetto di una procedura espriopriativa che grava in maniera preponderante sulla sua proprietà.
5. Violazione art. 14 stessa legge n. 109 e artt. 43 e segg. D. l. 25 febbraio 1995, n. 77, in quanto l opera non sarebbe stata inclusa nel programma delle opere pubbliche.
6. Violazione art. 3, comma 4, l. 7 agosto 1990 n. 241, difetto di istruttoria, in quanto i provvedimenti impugnati non recano la clausola enunciativa del regime contenzioso dell atto.
7. Violazione art. 1, l. 3 gennaio 1978 n. 1 e art. 29 bis l. reg. 8 luglio 1987 n. 24, erroneità del presupposto, violazione della disciplina urbanistica.
Il tracciato e le caratteristiche dell opera sarebbero difformi rispetto alla previsione del piano e nella fattispecie sarebbe dunque occorsa la procedura di variante.
8. Invalidità derivata dall illegittimità della variante generale, violazione art. 1 l. 3 gennaio 1978 n. 1 e art. 29 bis l. reg. 8 luglio 1987 n. 24, erroneità del presupposto.
Con motivi aggiunti in entrambi i ricorsi la società ricorrente ha altresì chiesto il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni.
Con ulteriori motivi aggiunti ad entrambi i ricorsi, la società ha chiesto l accertamento della responsabilità del Comune per la tardiva attuazione del programma edificatorio e condanna al risarcimento dei danni conseguenti, osservando che anche nell ipotesi di accoglimento dei ricorsi, l interesse della Società non avrebbe trovato in ogni caso integrale soddisfazione, poiché per il periodo in cui l atto illegittimo ha avuto efficacia la Società è stata costretta a rinunciare ad attuare il programma edificatorio, con danni economici di rilevante portata, connessi all immobilizzo di ingenti investimenti che sono stati impegnati nell operazione, confidando nella sua immediata realizzabilità.
La società ha altresì chiesto l accertamento dell insussistenza dei presupposti per configurare l acquisizione dell area soggetto del secondo ricorso a favore del Comune di Sarzana.
Con la sentenza qui appellata il TAR, riuniti i ricorsi, ha respinto nel merito il primo e dichiarato irricevibile per tardività il secondo.
Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la società, lamentando e deducendo l erroneità della sentenza medesima, laddove essa ha ritenuto irrilevante, ai fini del dovere di adeguata motivazione, l avvenuta cessione delle aree oggetto del precedente p.p. dall originario lottizzante alla società ricorrente ed appellante, in quanto avvenuta dopo l intervenuta adozione ed approvazione di variante.
In particolare, con specifico atto d appello, si censura la sentenza di primo grado per il seguente motivo: 1) Violazione e falsa applicazione g1i artt. 7 e segg. e dell art. 28 L. 17 agosto 1942 n. 1150. Violazione e falsa applicazione dell art. 16 L.R ligure 8 luglio1987 n. 24. Violazione dell art. 11 L. 7 agosto 1990 n. 241. Violazione degli artt. 1321 e segg., 1372 e segg. Cod. civ.
Il Tribunale Amministrativo ha ritenuto che gli atti impugnati, relativi alla formazione della variante di P.R.G. contraria al completamento del piano particolareggiato già convenzionato ed in corso di attuazione, fossero adeguatamente motivati anche in relazione al fatto che la Società ricorrente, acquirente delle aree in data successiva alla approvazione della variante, non sarebbe stata titolare dello specifico affidamento al completamento del piano particolareggiato convenzionato che sarebbe rimasto solo in capo all originaria lottizzante, non trattandosi di posizione giuridica soggettiva trasferibile con la cessione dei beni, la cui trasformazione urbanistico-edilizia era stata oggetto dei piano attuativo e della eccessiva convenzione.
Questa regola di diritto sbagliata avrebbe influenzato l intera decisione, indirizzando i Giudici a parametrare il dovere di motivazione – che incombe sul Comune che vanifichi la disciplina urbanistica generale incidendo negativamente su un piano attuativo convenzionato ed in corso di esecuzione – non alla aspettava legittima o all affidamento consolidato (che non si trasferirebbero con la proprietà dei suolo) ma ad un mero interesse legittimo alla regolarità degli atti, con la conseguenza che, trattandosi di disciplina urbanistica generale, l intensità della motivazione delle scelte operate è inesistente o labile.
Insomma, la sentenza appellata ha escluso in contrasto con evidenti, diffusi e condivisi principi dottrinali e giurisprudenziali – che l acquirente dei terreni disciplinati da una convenzione urbanistica, in assenza di una piena cessione del contratto (accettata dal Comune ex art. 1406 Cod. civ.), sia titolare di un affidamento giuridicamente tutelato.
A conforto dell erroneità della sentenza parte appellante ribadisce i motivi di illegittimità dedotti in primo grado.
Si è costituita in giudizio l amministrazione comunale contestando la fondatezza dell appello.
DIRITTO
I – Al fine del decidere vale ricostruire il complesso iter procedimentale che ha portato al presente contenzioso, confermandosi, di massima, l accurata ricostruzione dei fatti operata dal TAR e non contestata con l atto d appello, il quale deduce solo vizi di mero diritto.
I a – Lo strumento urbanistico generale del Comune di Sarzana, approvato con D.P.G.R. n. 1501 dell 8 agosto 1973, classificava le aree ove è situato il complesso immobiliare I Lecci oggi di proprietà della Società ricorrente come zona estensiva e semintensiva , a destinazione residenziale.
Conformemente alle previsioni del p.r.g., la Società INTERCASA s.r.l. originaria proprietaria dei terreni accatastati al fg. 23, mapp. 306, 437, 417, 329/b, 416/b, per una superficie complessiva di circa un ettaro e mezzo e successivamente dante causa della soc. CE.STOR, a sua volta dante causa dell attuale ricorrente – aveva concordato con il Comune la esecuzione di un intervento edilizio, predisponendo un piano particolareggiato di iniziativa privata, ove si prevedeva la realizzazione, in due fasi, di una volumetria complessiva di mc. 34.270 ad uso abitativo e commerciale, su una superficie di mq. 3.607.
Il suddetto piano era approvato con la deliberazione di Consiglio Comunale n. 49 del 13 aprile 1990.
Il 25 maggio 1991 veniva stipulata la convenzione edilizia tra il comune di Sarzana e la soc. Intercasa.
I b – Il 13 agosto 1991 alla Società Intercasa era rilasciata concessione edilizia per la realizzazione di un primo intervento edilizio, per un volume pari a circa 14.000 mc. su un area di 7.000 mq., comprensiva dei sedimi per opere di urbanizzazione.
La società Intercase procedeva pertanto alla costruzione di un fabbricato residenziale per la volumetria prevista, ed eseguiva le opere di urbanizzazione indicate nello strumento attuativo e nella convenzione accessoria.
I c – Il piano particolareggiato era già in avanzata fase di attuazione quando la Società CE.STOR Centro Storico s.r.l., acquirente dalla Intercasa dei terreni in questione, fidando nelle previsioni ed impegni del p.p. e della convenzione, iniziava a trattare l acquisto delle aree non ancora trasformate.
Tuttavia, con deliberazione consiliare n. 29 del 28 febbraio 1994, il Comune adottava una variante integrale al Piano regolatore, modificativa della disciplina di zona delle aree comprese nel piano particolareggiato, introducendo delle previsioni che riducevano notevolmente le potenzialità edificatorie previste dal precedente piano regolatore.
In dettaglio, le aree rimaste ancora inedificate, per le quali nelle previsioni del piano particolareggiato del 1991 era prevista l edificabilità per un volume di circa 20.000 mc., sono state classificate come giardini area verde, nell ambito degli spazi aperti di cui all art. 38.8 delle NTA; inoltre le previsioni relative all area già parzialmente edificata, per la quale era stata confermata la destinazione residenziale, limitavano l edificazione alla sola riqualificazione edilizia, impedendo lo sviluppo dell intervento programmato nel piano attuativo.
I d – A fronte della disciplina introdotta in sede di variante, la Società CE.STOR presentava le proprie osservazioni a cui il Comune di Sarzana controdeduceva con deliberazione consiliare n. 29 del 10 marzo 1995, confermando le scelte operate in sede di variante.
Terminata la fase partecipativa, il progetto di piano veniva esaminato dal Comitato Tecnico Urbanistico Regionale, il quale, con voto n. 682 del 30 luglio 1996, sottoponeva all attenzione dell Amministrazione comunale la necessità di chiarire il rapporto tra il presente strumento e gli SUA approvati in attuazione del vigente P.R.G. .
Il Comune di Sarzana, con deliberazione consiliare n. 15 del 3 marzo 1997, controdeduceva alle osservazioni formulate dell organo tecnico regionale, formulando in ordine alla situazione del piano attuativo I Lecci la seguente osservazione: il P.R.G. 94 sopprime la previsione di 14.000 mc. di volume per contrasto con i valori paesistici e di sistema dei manufatti emergenti (crinale Chiesa e cimitero Sarzanello, Villa Carena ecc. non segnalati dal vigente livello locale di PTCP ma riconosciuti nel livello puntuale del P.R.G.) .
Lo stesso Comitato Regionale, con il successivo voto n. 731 del 5, 12 e 19 novembre 1997, recepiva le affermazioni dell Amministrazione comunale, rilevando che le controdeduzioni &&.. appaiono condivisibili per quanto concerne la mancata conferma del SUA posto che la scelta di non confermare i contenuti di tale strumento appare giustificata da congrue ragioni di interesse pubblico, posto che sotto il profilo urbanistico e paesistico ambientale appare corretto e condivisile evitare la compromissione della zona con ulteriori edificazioni .
I e – La variante integrale al piano regolatore generale del Comune di Sarzana veniva definitivamente approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Liguria n. 97 dell 11 marzo 1998.
Avverso tali provvedimenti è insorta la soc. T.R.S., come già detto acquirente dei terreni dalla CE.STOR con ricorso al TAR Liguria.
Nelle more del giudizio, peraltro, l amministrazione comunale comunicava alla ricorrente l avviso di deposito degli atti relativi al procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di un tratto di strada di collegamento tra Via Sarzanello e un area di edilizia residenziale pubblica.
Infatti, con deliberazione consiliare n. 131 del 27 novembre 1998, il Comune di Sarzana aveva approvato, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell opera, il progetto preliminare per la realizzazione della strada di collegamento tra Via Sarzanello ed un insediamento abitativo privato, in parte già realizzato ed in parte da ultimare, compreso nell area destinata dal vigente strumento ad edilizia residenziale pubblica.
Anche contro gli atti del procedimento espropriativo è insorta la stessa società con distinto ricorso.
I due ricorsi, previamente riuniti, sono stati rispettivamente respinto il primo e dichiarato irricevibile il secondo.
II Può passarsi, dopo tali precisazioni in fatto, all esame dei motivi d appello.
Con essi si censura l erroneità dei punti di diritto affermati in sentenza di primo grado, laddove essa ha ritenuto che l odierna appellante, avendo acquistato i terreni dopo l adozione ed approvazione della variante generale, non poteva vantare un qualificato affidamento su atti mai intercorsi con il Comune di Sarzana, risultando perciò titolare di un mero interesse legittimo alla regolarità della variante urbanistica approvata dalla P.A., quale soggetto sopravvenuto nella proprietà di terreni interessati dalla variante medesima. Tale circostanza avrebbe reso inconferenti le censure di difetto di motivazione sotto vari profili, con riferimento alla asserita assenza di una più incisiva e specifica motivazione, ulteriore rispetto a quella desumibile dai criteri di ordine tecnico discrezionale contenuti nella relazione di accompagnamento alla impugnata variante generale al P.R.G.
Assume al riguardo l appellante che le obbligazioni assunte con le convenzioni urbanistiche si configurano come di natura reale, in quanto legate ai beni che le presuppongono e fanno acquisire con la trascrizione della convenzione efficacia reale agli impegni assunti dal soggetto attuatore, che vengono in tal modo ad operare propter rem anche nei confronti e a favore dei successivi proprietari, senza necessita di uno specifico atto di assunzione di tali obbligazioni verso il Comune. La realità delle obbligazioni comporta la loro natura ambulatoria ed il trasferimento della proprietà dei beni comporta l automatica successione dell acquirente nelle relative obbligazioni, ma anche dei diritti, assunti ed acquisiti nei confronti del Comune dal venditore, senza necessità di espresse volturazioni della convenzione. Non dovendo quindi il Comune accettare la cessione del contratto ex art. 1406 Cod. civ. affinchè le obbligazioni si trasferiscano all acquirente e come pertanto l amministrazione può pretendere l adempimento della convenzione da parte degli acquirenti senza necessità di ulteriori atti, parimenti l acquirente subentra nella posizione di diritto all attuazione dell intervento convenzionato.
III – Osserva la Sezione che i principi di diritto esposti nell atto d appello sono in linea astratta esatti, ma del tutto inconferenti nel caso di specie, tenuto conto che come esattamente rilevato dal TAR l atto di cessione dei terreni dalla soc. CE.STOR all attuale appellante è successivo alla conclusione del procedimento di variante al PRG qui contestato. Infatti, la vendita di terreni è avvenuta per rogito notar Ceroni di La Spezia del 14 aprile 1998, quindi ad oltre un mese dal decreto del Presidente della Giunta Regionale della Liguria n. 97 dell 11 marzo 1998, di approvazione definitiva della variante.
Ciò rende inapplicabili al caso di specie i principi in tema di motivazione dei predetti strumenti urbanistici con speciale riferimento ai precedenti affidamenti ingenerati dalla convenzione urbanistica.
Va ricordato, al riguardo e sempre in via generale, che le scelte urbanistiche non comportano, di regola, la necessità di una specifica motivazione che tenga conto delle aspirazioni dei privato, quando si tratti di varianti al piano vigente, o di modificare scelte precedenti, essendo obbligatoria una congrua e specifica motivazione per giustificare scelte differenti soltanto in presenza di impegni già formalmente assunti dall amministrazione con l avvenuta stipula di una convenzione di lottizzazione o quando lo strumento incida su analoghe aspettative specificatamente qualificate, come quelle derivanti da accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio – rifiuto su una domanda di concessione (cfr. Ad. Plen. n. 24 del 1999; 8 gennaio 1986, n. 1; Cons. st., sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3400; 26 aprile 2006, n. 2301; sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5869; C.S., IV, n. 5716/05; n. 865/07; 4407/04; n. 738/04; n. 4699/03; sez. VI, n. 8032/04; sez. II, par. n. 16/2008 del 16-4-08).
Nella specie, tuttavia, la lesione degli affidamenti e i profili di eccesso di potere dedotti in primo grado e riproposti in sede d appello non possono ravvisarsi.
La lesione dell affidamento invocata dall appellante certo non è stata opera del comune ma solo del dante causa e della negligenza dell acquirente, nel mancato accertamento o, addirittura, nella consapevole accettazione della condizione giuridica degli immobili comprati. L iniziativa privata con la quale si è determinato il passaggio del titolo di proprietà in favore della società appellante è postuma, come detto, rispetto all adozione ed approvazione definitiva della variante qui contestata. Ciò significa che l acquirente era ben consapevole o almeno avrebbe dovuto esserlo usando la normale diligenza – dell avvenuto mutamento dell assetto urbanistico dei terreni che andava ad acquistare e pertanto non poteva vantare alcun affidamento incolpevole, cioè una posizione di aspettativa qualificata e correlata ad un diritto obbligatorio collegato alla precedente convenzione; diritto peraltro ormai affievolito e tramutato in interesse legittimo dall esercizio del nuovo potere pianificatorio posto in essere dal comune.
IV – Debbono pertanto integralmente condividersi le argomentate considerazioni svolte nella sentenza di primo grado, per le quali nella specie è certamente da escludere che la società ricorrente, attuale appellante, possa validamente e lealmente vantare un legittimo (cioè incolpevole ed oggettivo) affidamento in merito alla possibilità di completamento dell iniziativa urbanistica prevista dal piano particolareggiato.
Deve convenirsi, sul punto, con la considerazione del TAR, secondo la quale la convenzione accessoria allo strumento urbanistico attuativo è intercorsa tra Intercasa s.r.l., cui è subentrata la soc. CE.STOR. per fusione societaria e l amministrazione comunale, e dunque erano soltanto le prime due che potevano confidare nella permanente validità delle previsioni urbanistico-edilizie oggetto della convenzione medesima. Sennonché, la CE.STOR. come esattamente rilevato dal TAR – si è limitata a presentare semplici osservazioni alla variante generale al P.R.G. senza impugnare le determinazioni finali dell amministrazione comunale, rendendo in tal modo inoppugnabile, nei confronti del comune, la disposta soppressione della volumetria residuale prevista dal P.P. e non ancora realizzata, con la nuova previsione di destinazioni a verde attrezzato, parcheggi pubblici e nuova viabilità.
In secondo luogo, come sopra osservato, al rogito notarile del 14 aprile 1998 era doverosamente allegato secondo quanto puntualmente osservato nella sentenza appellata – il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dall amministrazione comunale in cui erano indicate le nuove destinazioni impresse ai terreni oggetto di cessione dalla variante adottata con la delibera consiliare n. 29 del 1994.
E del tutto corretta quindi l osservazione del TAR, secondo la quale l odierna appellante non poteva vantare alcun affidamento su atti ed impegni intercorsi con il Comune di Sarzana e i precedenti proprietari, i cui diritti erano stati travolti (affievoliti, per usare una terminologia classica) dall esercizio del potere pubblicistico di pianificazione territoriale, risultando perciò essa acquirente titolare di un mero interesse legittimo alla regolarità della variante urbanistica approvata dalla P.A.. Il che non vuol dire, come sembra prospettare l atto d appello, negare la legittimazione ad agire ma solo delimitarne il contenuto sul piano delle censure deducibili, tra le quali non è proponibile quella circa legittimi affidamenti o pretese ad una più incisiva e specifica motivazione in ordine agli stessi, ulteriore rispetto a quella desumibile dai criteri di ordine tecnico discrezionale contenuti nella relazione di accompagnamento alla impugnata variante generale al P.R.G.
Non v è dubbio, infatti, che l assenza di qualsivoglia rapporto pregresso con l amministrazione comunale, e l acquisto dei terreni in questione nella piena consapevolezza della intervenuta incompatibilità del relativo P.P. con la variante al P.R.G. adottata ed approvata esclude, come più volte detto, che TRS potesse vantare legittime aspettative che imponessero una motivazione diversa ed ulteriore rispetto a quella richiesta per gli atti costituenti l iter di approvazione del P.R.G.
V – In base alle considerazioni sopra svolte ed alla luce dei concreti accadimenti procedimentali e negoziali il riferimento all istituto delle obbligazioni reali che l appellante riconnette agli effetti obbligatori nascenti, a carico del comune, dalle convenzioni di lottizzazione è doppiamente inconferente.
In primo luogo, perché le obbligazioni reali, strettamente inerenti alla titolarità del diritto vantato sull’immobile, di cui seguono il trasferimento, gravando su ciascun successivo proprietario relativamente al periodo in cui è stato titolare, valgono ad individuare la parte passiva di un rapporto obbligatorio connesso ad un bene e presuppongono la permanente validità di quel rapporto. Ma quando il bene sia venuto meno (ad es., abbattimento del muro comune con conseguente estinzione delle obbligazioni reali ex art. 882 cod. civ.), o, come nella specie, il rapporto sia cessato per successivo atto d autorità, parlare ancora di obbligazione è un fuor d opera.
D altra parte, va ricordato che per costante giurisprudenza le convenzioni di lottizzazione costituiscono strumenti di attuazione del piano regolatore generale, rivestono carattere negoziale e, in particolare, di accordi sostituivi del provvedimento (Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 534; id., 15 settembre 2003, n. 5152) e che, pertanto, le stesse restano soggette alla disciplina dettata dall’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. St., sez, IV, 13 gennaio 2005, n. 222).
Il predetto articolo 11 prevede espressamente il recesso unilaterale dalla convenzione per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, ciò che appunto è avvenuto nella specie con l intervenuta variante. La stessa parte appellante, d altronde, invoca la citata norma per pretendere l indennizzo ivi previsto: pretesa indubbiamente infondata, tenuto conto del danno che la stessa appellante si era procurato da sola, acquistando terreni di cui ben conosceva la d