Per tre anni ha pregato davanti ad una tomba credendo che contenesse i resti del marito. Soltanto in questi giorni, mentre la procura di Vercelli ha emesso due avvisi di garanzia e sequestrato il loculo, un’anziana vedova valsesiana ha scoperto che forse non era proprio così. L’ultima parola spetta ad un perito dell’Università di Pavia, che ha due mesi di tempo per raffrontare il Dna delle ossa della cassetta contenuta nel loculo, ma pare che quando nell’estate del 2000 il corpo dell’uomo è stato estumulato dalla tomba, nella cassetta, oltre al cranio del marito della donna siano finite ossa di altri defunti. Forse non se ne sarebbe accorto nessuno se dai carabinieri di Varallo, qualche tempo fa, non si fosse presentata una persona particolarmente ben informata. Il suo racconto ha dato il via all’inchiesta, coordinata dal sostituto Marina Eleonora Pugliese, che riguarda loculo e tomba di un varallese nato nel 1926, morto nel 1981 e tumulato appunto nel cimitero di Varallo. Lo «scambio» sarebbe però accaduto nel 2000, a vent’anni dalla morte, quando appunto avvengono le estumulazioni. Le salme, dalle tombe non di famiglia, vengono trasferite per prassi nei loculi dei colombari. Quando però viene aperta la cassa nella tomba dell’uomo, la salma non è decomposta, soltanto il cranio è nelle condizioni di essere trasferito. Anzichè richiudere la cassa o reinumare la salma indecomposta, gli addetti all’operazione avrebbero unito alla testa dell’uomo ossa di altre persone prima di consegnare alla vedova con le parole «Questo è suo marito» la cassetta con i resti. In realtà, secondo l’ipotesi d’accusa, il corpo dell’uomo sarebbe ancora sepolto nella terra del cimitero. E qui la procura si prepara a cercarlo, se la perizia sul Dna scioglierà l’ ultimo dubbio. Nel frattempo sono partiti gli avvisi di garanzia per distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere destinati a due addetti alle sepolture.
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