Crisi energetica e climatica: i riflessi su crematori e cimiteri

Crisi energetica e climatica: i riflessi su crematori e cimiteri

Mentre si pensava di poter finalmente uscire dal tunnel della pandemia e dalla conseguente situazione emergenziale, per tornare ad una quotidianità – anche lavorativa – più o meno stabile e di una rassicurante normalità, ci si è accorti di dover invece affrontare nuove criticità, sia di tipo climatico che energetico.
Una serie di problemi di ordine politico ed economico, non prevedibili, ha rimesso come priorità essenziale una nuova e più mirata gestione delle risorse energetiche.
Dall’altro lato, accadimenti nell’ambito del settore climatico, quali l’innalzamento delle temperature ed il perdurare della siccità, hanno contribuito, in grossa misura, a rallentare lo stesso processo di transizione energetica.
I riflessi si sono presto resi visibili anche nel settore funebre e cimiteriale e dei crematori, dove si sono evidenziate situazioni che – a diversi livelli – hanno ben delineato lo stato del livello di emergenza raggiunto.
Un sondaggio di settore dell’Associazione federale delle forniture funebri tedesche ha evidenziato come, più di un produttore su due ritenga di dover aumentare i prezzi dal 10 al 20% nell’anno in corso, giustificando i supplementi soprattutto con le conseguenze della guerra in Ucraina.
L’energia ed il legno, oltre ad altre materie prime essenziali nella manifattura ed industria funeraria, sono diventati sempre più costosi, unitamente ai costi di trasporto già lievitati, anche da prima dell’inizio della invasione russa della Ucraina.
La siccità e le alte temperature hanno creato problemi sia nell’erogazione dell’acqua – anche nei cimiteri – che nella produzione energetica, con riflessi pure per i crematori.
In Francia durante il periodo estivo si sono verificati dei tagli alla produzione nucleare, dopo che il clima torrido spingendo verso l’alto le temperature dei fiumi e soprattutto riducendo le portate degli stessi, aveva limitato la capacità del gestore dell’impianto di attingere acqua per raffreddarlo, esacerbando la crisi energetica.
O, ancora, per il gran numero di impianti nucleari in manutenzione.
In Germania, il Reno è stato sul punto di essere chiuso al traffico commerciale in un punto chiave, perché diventato troppo poco profondo per il passaggio delle chiatte. Questo ostacolava il flusso di carbone, sempre più necessario per la produzione di energia da quando la Russia ha ridotto i flussi sul gasdotto Nord Stream.
In quello che sicuramente è stato uno degli anni più caldi di sempre ha continuato ad imperversare la scarsità di pioggia in diverse aree dell’Europa, Italia compresa, con periodi di siccità prolungata.
La mancanza di pioggia è stata aggravata da ondate di calore successive, che hanno provocato da un lato un aumento dell’evaporazione e dall’altro la richiesta di acqua.
In Italia sono entrate in vigore diverse restrizioni rispetto all’uso di acqua, anche per quanto riguarda l’irrigazione. Molti i cimiteri rimasti all’asciutto.
La Commissione Europea ha adottato delle linee guida che consigliano agli Stati membri di imparare a riutilizzare le acque reflue trattate nel settore agricolo.

Il regolamento sul riutilizzo dell’acqua è applicabile dal Giugno 2023 e la Commissione ha anche proposto di rivedere la legislazione europea sulle emissioni industriali e sul trattamento delle acque reflue urbane per incoraggiare il riutilizzo di parte di queste risorse.
Sul fronte dei crematori le problematiche si fanno ancora più complesse.
In Germania, dove il ricorso alla cremazione è più alto che in molti altri paesi europei, in caso di razionamento del gas, la maggior parte degli impianti di cremazione si potrebbe trovare a fronteggiare grossi problemi, sia per l’aumento dei costi del gas, sia per il rischio che questo non sia disponibile neppure pagando prezzi elevati.
Ciò ha portato all’individuazione di possibili soluzioni, di breve e lungo termine.
Nell’immediato, una possibilità studiata in Germania sarebbe quella di ridurre la temperatura media dei forni a 750 gradi dagli attuali 850, il che potrebbe far risparmiare tra il 10% e il 20% di gas. Questa misura però richiede permessi speciali rispetto alle autorizzazioni rilasciate a livello statale. Il ministero dell’Ambiente tedesco ha fatto sapere di essere al lavoro per emanare linee guida per autorizzare la riduzione della temperatura minima degli impianti.
Il passaggio dal gas all’elettricità potrebbe essere un’opzione, ma questo step non può essere realizzato in tempi brevi.
Tra le ipotesi allo studio in Germania vi è anche quella che punta a mantenere un numero importante di crematori, generalmente di medio-grandi dimensioni, in attività per l’intero arco orario giornaliero. E nel contempo sospendere l’attività dei piccoli crematori. In questa maniera si minimizza il consumo di gas per cremazione, riducendo i cicli di riscaldamento tra un giorno e l’altro. O, addirittura, facendo funzionare i crematori tutti i giorni, anche in questo caso per abbattere i costi di preriscaldo (invece esistenti se ad es. l’impianto si ferma i festivi).
È una soluzione che ha trovato qualche mugugno da parte dei crematori di piccole dimensioni, che quindi dovrebbero essere indennizzati per la perdita gestionale corrispondente al fermo impianto.
Esiste però anche il problema che non in tutte le zone del Paese gli impianti hanno una domanda di cremazioni sufficientemente elevata per rendere conveniente ed efficiente questa soluzione.
Poco indagata è inoltre la problematica dell’aumento di costo del mantenimento delle celle frigorifere dove conservare i cadaveri in attesa di cremazione.
In Italia i costi energetici sono sempre risultati maggiori per le nostre imprese rispetto ai competitors europei, anche prima delle recenti dinamiche inflattive sui mercati internazionali delle materie prime.
Già nel 2021 la distanza nell’incidenza dei costi energetici dell’Italia dalla Germania aveva superato un punto percentuale, e di ben 2,6 punti la Francia.
Per cui, in Italia, la dipendenza (molto più alta che in Francia e Germania) dall’utilizzo del gas naturale, non solo come fonte di produzione dell’energia elettrica ma anche come input diretto all’interno dei processi produttivi, sarà la causa del maggiore impatto della crisi energetica sui costi di produzione.
In realtà la motivazione di ciò risiede sia nel rifiuto dell’energia nucleare, espresso da diversi anni, ma anche nella lentezza per il passaggio alle energie rinnovabili, aspetto che l’Italia condivide anche con gli altri stati dell’Unione Europea. In un crematorio di media potenzialità, cioè con circa 2000 cremazioni annue, la bolletta di gas annua dovrebbe aumentare anch’essa dello stesso ordine di misura, fatti salvi eventuali accordi migliorativi di prezzo (ad es. prezzo bloccato, sconti quantità, ecc.).
Solo per l’effetto di crescita dei costi del gas, quindi, i costi di produzione media di un servizio di cremazione sono aumentati dell’ordine di 20-25 euro a cremazione, con una incidenza ancor maggiore per la cremazione di resti mortali.
Un crematorio ha anche un consistente consumo di energia elettrica per il funzionamento dei forni e dei ventilatori che consentono di evacuare dal camino i fumi, per il funzionamento dei macchinari, come per le strutture di servizio (ambienti refrigerati, condizionati o anche riscaldati).
Il dato è molto variabile da impianto ad impianto, ma il consumo può stimarsi nell’ordine di 25 Kwh a cremazione, con incidenza maggiore nei piccoli impianti.
Studiando l’andamento del prezzo della materia energetica (PUN), si può evincere come – rispetto agli anni passati – l’aumento del prezzo dell’energia elettrica (come materia) sia dell’ordine di 8 volte.
Ma la incidenza delle spese in bolletta per il trasporto e gestione del contatore, nonché per oneri di sistema (e anche per imposte) è rimasta sostanzialmente ferma, per cui in realtà l’incremento a Kwh è tra le 2 e le 3 volte in relazione al tipo di contratto esistente.
Attualmente (quando si scrive), quindi, l’onere è di circa 0,45 euro/kwh. Ammettendo che vi sia stato almeno un raddoppio di costo rispetto al passato ciò si traduce in un aumento di circa 0,25 euro/kwh, che per i Kwh medi a cremazione, e ciò comporta un incremento tra i 5 e i 10 euro a cremazione, rispetto al passato.
Senza contare gli aumenti di molte altre voci di costo presenti nei crematori, un gestore di crematorio italiano ha avuto quindi di recente un aumento dei costi energetici per cremazione dell’ordine di 25-35 euro, in relazione al grado di utilizzo degli impianti e degli sconti contrattuali in essere.
In Italia, però, un gestore di crematorio non può adeguare il prezzo di vendita del servizio agli effettivi costi perché ha un tetto che è fissato con provvedimento statale, che varia annualmente (dal 1° gennaio) e attualmente solo in base al tasso di inflazione programmato dal Governo per l’anno successivo.
Il meccanismo di rivalutazione che vige per decreto ministeriale (triennale) di fatto è rimasto bloccato per molti anni, visto che i prezzi reali non solo non si discostavano di molto da quelli programmati, ma si sono avuti periodi di deflazione (e quindi di inflazione negativa) in cui le tariffe dei crematori erano ampiamente remunerative, anche solo con l’aumento con il tasso di inflazione programmato, considerando l’aumento del numero medio di cremazioni per impianto a seguito dell’aumento della propensione delle famiglie per la cremazione.
Ma ora i conti non tornano più e quindi come prima misura i gestori dei crematori italiani stanno limitando gli sconti che volontariamente effettuavano rispetto alla tariffa massima consentita (quelli per accaparrarsi maggiori quote di mercato in base alla concorrenza).
Un ulteriore problema, dalla cui soluzione dipende l’intero sistema funerario italiano, è quello dei possibili rischi nella continuità delle forniture di gas ed energia elettrica nel prossimo periodo invernale. E inoltre di come concorrere all’obiettivo della riduzione dei consumi, che l’Italia ha previsto nell’ordine del 7% per concorrere ai risparmi energetici europei.
Non c’è in Italia, al momento in cui si scrive, un provvedimento governativo che consenta di ritenere la fornitura del gas (e della energia elettrica) ai crematori come primaria e non interrompibile.
E questo è veramente un enorme problema, poiché è impossibile garantire le sepolture dei defunti se non vi è la piena funzionalità dei crematori. Questo si è già visto in talune aree del Paese in occasione della crisi pandemica, ed è opportuno che si ponga mano a questo aspetto già fin d’ora, prevedendolo con norma di legge.

Editoriale di Daniele Fogli e Manuela Pirani, pubblicato su I Servizi Funerari gennaio-giugno 2022.

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