Il Testo Unico sui servizi pubblici locali incide profondamente nella gestione economica cimiteriale

L’articolo 19, comma 1, del TUSPL (D.Lgs. 201/2022) interviene sulla durata dell’affidamento e sull’indennizzo in caso l’affidamento non sia di durata tale da consentire il pieno ammortamento degli investimenti contrattualizzati, realizzati per la gestione del servizio.
La norma prevede che, fatte salve le discipline di settore, la durata dell’affidamento sia determinata dall’Ente Locale affidante in misura “proporzionata all’entità e alla durata degli investimenti proposti dall’affidatario e comunque in misura non superiore al periodo necessario ad ammortizzare gli investimenti previsti in sede di affidamento e indicati nel contratto di servizio”. Orbene la maggior parte degli affidamenti per la gestione cimiteriale è per realizzare ampliamenti cimiteriali e gestire i cimiteri esistenti su iniziativa privata (project financing) oppure a società in house.
In ambedue in casi, per iniziativa privata e per iniziativa solo pubblica, si tratta di importanti investimenti che necessitano di durate lunghe di affidamento, se non altro perché la redditività d’impresa nel caso di concessioni cimiteriale deve pure considerare la particolarità del servizio svolto.
Lo stesso articolo 19, al comma 2, prevede che “in caso di durata dell’affidamento inferiore al tempo necessario ad ammortizzare gli investimenti indicati nel contratto di servizio (…) è riconosciuto in favore del gestore uscente un indennizzo, da porre a carico del subentrante, pari al valore contabile degli investimenti non ancora integralmente ammortizzati, rivalutato in base agli indici ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti stessi”.
Per gli affidamenti in house di servizi cimiteriali e di cremazione, non essendovi norme di settore che contemplino durate maggiori, il comma 1 dell’art. 19 del TUSPL prevede che la durata dei nuovi affidamenti (dal 1° gennaio 2023) debba essere non superiore a 5 anni, fatta salva una deroga da prevedere nella delibera di affidamento che individui le ragioni che giustifichino una durata superiore per assicurare l’ammortamento degli investimenti, sulla base di un piano economico finanziario.
Per i crematori, in Italia non ci risultano project financing (ma anche affidamenti a società in house o di altro tipo consentito), con durata iniziale inferiore a 20 anni e, per lo più, si hanno durate comprese nella forcella 25-30 anni.
Ma è soprattutto nella gestione cimiteriale integrata con realizzazione e concessione di sepolture che si sente la necessità di durate lunghe, dell’ordine dai 30 ai 50 anni, per poter provvedere all’ammortamento di fabbricati ed aree realizzate a seguito di ampliamento cimiteriale.
E, parallelamente, alla contabilizzazione di concessioni cimiteriali che spesso debordano dalla durata dell’affidamento (in genere le concessioni a tempo determinato di loculi sono di 30 anni e quelle di tombe di 99 anni; gli ammortamenti dei fabbricati sono da un minimo di 33 anni ad un massimo di 50 anni).
Pertanto, le gestioni cimiteriali integrate dovrebbero tutte giustificare durate di affidamento significative e nettamente superiori ai 5 anni, con preferenza per i 30 anni.
Osserviamo che un problema che non ha ancora una soluzione corretta per il settore cimiteriale italiano è il sistema di contabilizzazione dei proventi e delle spese cimiteriali.
Nei decenni, addirittura nei due secoli passati, la gran parte dei cimiteri italiani si è retta attraverso introiti da tariffe da concessioni cimiteriali dagli utenti, mai accantonando una quota parte di questi quattrini per le spese future, sia per la manutenzione che per le operazioni cimiteriali future.
E così oggi, che di concessioni cimiteriali se ne assegnano ben poche al Nord e anche nelle grandi città del Centro per la crescita abnorme della incidenza della cremazione, non si hanno più i proventi nella misura necessaria a garantire l’equilibrio economico finanziario dei cimiteri.
Se a questo aggiungiamo il fenomeno che sta succedendo negli ultimi 20-30 anni, cioè il project financing cimiteriale, che ha di fatto sostituito molte delle gestioni cimiteriali comunali in economia diretta esistenti, il problema che ho enunciato sopra diventa ancor più evidente “a fine corsa”, cioè quando termina l’affidamento a privati.
Spesso i gestori in project financing utilizzano un sistema di contabilizzazione che di fatto non lascia al Comune, al termine dell’affidamento della gestione del cimitero, alcun accantonamento per le future gestioni. E quindi questi oneri futuri devono essere sostenuti dal gestore subentrante, spesso lo stesso Comune, che quindi ha un cerino in mano che rischia di spegnersi e non sa come fare per dare servizi qualitativamente adeguati all’utenza.
Ne deriva un calo progressivo della qualità dei servizi e una sorta di abbandono dei cimiteri. Un esempio pratico può essere più semplice da comprendere.
Normalmente un gestore di cimitero percepisce un canone concessorio per l’uso di un loculo, ad es., per trent’anni, che è come dire che io prendo in affitto per trent’anni un piccolissimo appartamento in cui metto un feretro.
Ma però vado come gestore del cimitero a percepire tutti gli affitti immediatamente, anche se la durata dell’affidamento in gestione è inferiore ai 30 anni.
Chiarisco: ipotizziamo che questa situazione di affidamento di gestione sia inferiore a questi trent’anni per diversi motivi (o per durata iniziale bassa o per assegnazione del manufatto sverso il finire degli anni di affidamento della gestione), ebbene, il gestore del cimitero percepisce tutti i canoni e non accantona niente e non li trasferisce al gestore subentrante.
Il problema maggiore è che questo sistema è andato a “ingrassare” i bilanci di chi ha fatto il project financing fino a questo momento e invece ha creato o meglio creerà notevoli problemi, nella maggior parte dei casi ai Comuni, quando questi riprenderanno la gestione cimiteriale.
Se la novità data dalla rivalutazione monetaria degli investimenti non ancora ammortizzati è un onere aggiuntivo rispetto alla situazione precedente l’uscita della norma, è interessante notare come ora l’articolo 26 del TUSPL sia estremamente chiaro nella individuazione dei criteri per la determinazione delle tariffe, mandando “in pensione” il vecchio art. 117 del TU EE.LL..
Ora ci si riferisce a “costi efficienti” e ai ricavi necessari per garantire l’equilibrio economico, ma dove con il termine “costi efficienti” non ci si riferisce ai costi del soggetto gestore in esame bensì ai “costi di una impresa media del settore gestita in modo efficiente ed adeguatamente dotata di mezzi ed impianti per le prestazione del servizio”.
E, si aggiungono altri criteri dettagliatamente indicati al comma 2 del citato articolo 26. Soprattutto, si ribadisce il concetto di revisione tariffaria secondo il metodo del “price cap”, concetto che venne già introdotto all’epoca delle modifiche normative del Governo Monti: è una rivoluzione che ci si augura possa originare anche nel settore cimiteriale una sorta di metodo codificato e riconosciuto per l’intero Paese per la determinazione e la contabilizzazione di costi e ricavi cimiteriali, premessa fondamentale per la industrializzazione del settore.

Written by:

Daniele Fogli

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