Procedure per l’affidamento ai familiari delle urne cinerarie: una situazione peculiare

Con una certa frequenza accade che, in via del tutto accidentale, vi sia un qualche coinvolgimento, raramente tempestivo, attorno a questioni che sorgono in conseguenza di indirizzi assunti da altri.
Cosa che lascia perplessi, avendo la percezione che tali indirizzi difettino di considerare alcuni aspetti e risentano di “letture” dovute a pre-giudizi.
A volte posizioni personali sopraffanno i normali criteri interpretativi, che andrebbero osservati indipendentemente da tali posizioni, che, a rigore, dovrebbero sempre avere carattere cedevole.
Ma anche chi sia chiamato a dare attuazione alle norme può trovarsi nella condizione di non disporre degli strumenti idonei e pavidamente riferirsi ad opinioni altrui, assumendo queste ultime in termini di attribuita autorevolezza.
Questo induce, fin da subito, a chiarire che si tratta di un’attribuzione che proviene da terzi, che non dovrebbe essere mai auto-attribuita.
Autorevolezza che mette comunque imbarazzo quanti abbiano concezione di sé un po’ modesta, da “manovali” che usano gli strumenti e null’altro.
In un dato cimitero, ove opera un impianto di cremazione, gestito da soggetti terzi in piena coerenza con le norme in materia di affidamento di servizi pubblici locali.
Qui si riferisce che il comune abbia ritenuto di comunicare al soggetto gestore dell’impianto di cremazione le procedure concernenti l’affidamento alla famiglia delle urne cinerarie.
Non comprendendosi, con ciò, se si tratti di procedure “attive” nella regione interessata o di procedure “attivabili” quando l’affidamento si attui all’interno della regione stessa.
Con buona probabilità si potrebbe ritenere maggiormente pertinente la seconda, se non fosse che le indicazioni fornite non risultano seguite, in via (abbastanza) generalizzata.
Ovviamente questa comunicazione, apparentemente con finalità di cortesia, partirebbe dal presupposto che la legge regionale de quo non prevede (secondo la comunicazione) un provvedimento di “autorizzazione all’affidamento delle urne ai familiari”.
Inoltre essa distingue tra i casi in cui tale tipologia di destinazione delle ceneri avvenga contestualmente (?) alla “richiesta” (?) di cremazione, oppure successivamente alla cremazione.
Si aggiunge che il comune interessato, in quanto sede dell’impianto di cremazione, autorizza il trasporto dell’urna cineraria con l’indicazione del luogo e della persona affidataria, ma non l’affidamento della stessa ai familiari.
A questo punto si ricorda come l’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., sia operante anche nella regione interessata, per espressa previsione della relativa legge regionale.
(… 6. Per tutto quanto non espressamente previsto o non diversamente disposto dalla presente legge e dai provvedimenti da essa derivanti, continuano ad applicarsi in materia funeraria le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria” e successive modificazioni.).
Ciò rappresenta una delle possibilità e non esclude che i decreti di autorizzazione, prima del feretro e quindi dell’urna, possano essere distinti.
In tal caso, potrebbe sussistere una competenza in capo al comune, ove si trova l’impianto in cui si esegue la cremazione.
Con separati decreti di autorizzazione al trasporto, non è previsto che il comune che autorizza il trasporto dell’urna cineraria debba acquisire copia del verbale di cremazione, dato che per questo la stessa legge regionale prevede:
“… 3. La consegna dell’urna cineraria risulta da apposito verbale che, redatto in triplice originale, indica la destinazione finale dell’urna. Un originale del verbale è consegnato al responsabile del servizio cimiteriale, il secondo originale è trasmesso all’ufficiale dello stato civile che ha rilasciato l’autorizzazione alla cremazione e il terzo è consegnato all’affidatario dell’urna..
Esso si differenzia (e prevale) dall’art. 81 [1] D.P.R. n. 285/1990 e s.m., superando eventuali dubbi interpretativi riguardo alla figura dell’Ufficiale dello stato civile.
Cioè se, territorialmente, tale figura debba essere quella del comune in cui era avvenuta la cremazione, oppure quella che aveva rilasciato l’autorizzazione alla cremazione.
Vi è altro aspetto da prendere in considerazione: quello secondo cui la legge regionale non prevede un provvedimento di autorizzazione all’affidamento ai familiari delle urne cinerarie.
Tale fattore va affrontato richiamandosi, dapprima, ad alcune disposizioni della legge regionale:
“… 2. A richiesta, l’urna sigillata può essere consegnata agli aventi titolo per la conservazione in cimitero, per la conservazione in ambito privato o per la dispersione.
Laddove non sostituisce forzatura considerare che l’improvvida formulazione di “conservazione in ambito privato” possa includere anche quello che la L. 30 marzo 2001, n. 130 definisce quale “affidamento dell’urna ai familiari”.
A ciò si aggiunga come altro articolo della legge regionale – dove, non a caso, si parla di “autorizzazione” – preveda:
“… 6. Qualsiasi variazione del luogo e del soggetto presso cui l’urna è conservata è comunicata all’ufficiale dello stato civile che ha rilasciato l’autorizzazione.”.
Dopo tali richiami alle disposizioni della legge regionale, si evidenzia che la stessa, nel definire i compiti di comuni in materia, prevede l’adozione del regolamento di polizia mortuaria, tra i cui contenuti vi è anche il seguente: e) fissa le prescrizioni relative all’affidamento e alle caratteristiche delle urne cinerarie.
Con la conseguenza che le procedure attengono alla potestà regolamentare dei comuni ove è previsto l’affidamento delle urne ai familiari e non al comune in cui viene eseguita la cremazione.
Basta considerare l’ipotesi, non remota, delle cremazioni effettuate in impianti di cremazione presenti in altre regioni (o all’estero), mentre l’affidamento ai familiari dell’urna cineraria risulta avvenire all’interno della regione così interessata.


[1] – D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. – Art. 81.
1. La consegna dell’urna cineraria agli effetti dell’art. 343 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, deve risultare da apposito verbale redatto in tre esemplari, dei quali uno deve essere conservato dal responsabile del servizio cimiteriale, uno da chi prende in consegna l’urna e il terzo deve essere trasmesso all’ufficio di stato civile.
2. Il secondo esemplare del verbale deve essere conservato dall’incaricato del servizio di custodia del cimitero in cui vengono custodite le ceneri.

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