L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

In linea di massima, l’estumulazione si esegue alle scadenza della concessione (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo quanto previsto dal successivo art. 88.

Dall’ambito d’azione di questa norma sembrerebbero esclusi i cadaveri tumulati in tombe perpetue, tuttavia anch’essi possono esser rimossi dal tumulo in cui furono originariamente deposti, per esser avviati a cremazione, presso una nuova sepoltura ancora in colombario oppure in campo di terra…

Talune amministrazioni, dopo la circolare n. 10 del 31 luglio 1998, la promulgazione della Legge 130/01 e soprattutto l’emanazione del DPR 254/90 hanno specificato nei loro regolamenti come per ordinarie si intendono pure le estumulazioni dopo 20 anni dalla tumulazione.

Mentre i periodo di sepoltura legale per i feretri interrati è, in via ordinaria, ma anche altrimenti modulabile, stabilito in almeno 10 anni il DPR 285/90 non fissa un tempo certo come periodo legale di sepoltura per i feretri racchiusi in nicchia o loculo.

L’unico riferimento temporale, i 20 anni di cui al comma 3 dell’Art. 86 è un termine su cui basare una diversa ed ulteriore sepoltura solo ed esclusivamente in quadra d’inumazione per gli inconsunti dissepolti dopo più di 20 anni di tumulazione.

Secondo il legislatore 20 anni di tumulazione sono un lasso temporale abbastanza lungo perché la decomposizione produca i suoi effetti, ancorché parziali, così anche nell’evenienza di rinvenire, all’atto dell’apertura del sepolcro, un esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo (prevalentemente un corpo corificato) basterebbero solo 5 anni per ottenere la scheletrizzazione della spoglia mortale, in quanto il fine ultimo del ciclo cimiteriale è pur sempre il completo smaltimento (meno elegantemente: distruzione) dei cadaveri sin quando rimangano solo le ossa da custodire nell’ossario comune in modo indistinto e promiscuo.

Sostanzialmente, almeno per le tombe singole, il periodo minimo di permanenza nel sepolcro del cadavere era pari alla durata minima della concessione all’epoca della prima tumulazione.

Certi regolamenti comunali di polizia mortuaria, magari approvati anche pochi anni addietro, a tal proposito disponevano che le estumulazioni ordinarie non potessero aver luogo prima dei 30 anni, ed il limite dei 30 anni quasi sempre corrispondeva alla durata standard di una concessione per un singolo loculo.

Il problema gestionale di assicurare un pieno ed ottimale sfruttamento di tutti gli avelli disponibili si complica notevolmente nel caso di tumuli privati plurimi (familiari o collettivi), per i quali pur esistendo una concessione temporale valida sull’intero sepolcro, non sussista una concessione (o turno di rotazione definito) per la singola salma ivi sepolta.

La stessa criticità è riscontabile per le tumulazioni perpetue individuali o plurime, in cui c’è il bisogno di sgombrare loculi o nicchie già occupati per accogliere nuovi defunti senza, in qualche modo, smarrire l’identità famigliare e quindi intergenerazionale di una sepoltura collettiva pensata per riunire sine die un nucleo di memorie ed affetti.

Il combinato disposto dal comma 1 dell’art. 88, dal comma 5 dell’art. 86 e dall’art. 89 (che rinvia all’art. 83) del DPR 285/90 è alla base della possibilità di estumulazione con relativa raccolta di resti mortali in caso di tomba di concessione di durata superiore a 20 anni.

In altri termini è possibile la estumulazione da una tomba, concessa per la durata ad es. di 99 anni, effettuata per una salma tumulatavi dopo 10 anni dall’inizio della concessione e decorsi, ad esempio, 30 anni dalla tumulazione (è anzi auspicabile per far posto a nuove sepolture, ove necessario). Non si vedrebbe infatti la differenza fra questo caso (99 anni, salvo rinnovo) e l’ipotesi di perpetuità, esplicitamente consentita comma 2 dell’art. 86 del DPR 285/90.

Con la parola “estumulazione”, in questa fattispecie, non si intende la sola traslazione della bara dal tumulo in cui fu murata, ma l’apertura stessa del feretro, indispensabile proprio appurare se si sia in presenza ancora di cadavere (esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo prima dei 20 anni) resti mortali (risultato trasformazione post mortale di tipo trasformativo conservativo dopo i 20 anni) oppure ossa.

La ritumulazione nella stessa sede, all’inizio, non sembrava esser stata presa in considerazione dal legislatore che con il comma 2 dell’Art. 86 prescrive un turno di inumazione supplementare proprio perché la tumulazione è una forma di sepoltura altamente inefficiente che conserva le spoglie invece di favorirne il naturale disfacimento.

La sua introduzione, attraverso un formale riconoscimento di tale pratica benché con una semplice circolare, significa ancor più legittimare le cosiddette “verifiche feretro”, operazioni di cui molti nostri lettori hanno maturato esperienza.

Alcuni comuni, però, partendo da questo presupposto che la tumulazione sia una destinazione dei cadaveri assai critica (l’incidenza degli inconsunti sul numero dei cadaveri estumulati è altissima) vietano di fatto la ritumulazione, evitando di rinnovare la concessione in scadenza o già scaduta.

Con la formula di “verifica feretro” non s’intende ex Art 88 il controllo sulla tenuta stagna, che potrebbe esser stata compromessa dallo scoppio della bara, ma, più semplicemente, una ricognizione sulle trasformazioni post mortali del cadavere da compiere, naturalmente, a cassa aperta.

La circolare, visto l’art. 86/2 (inumazione per non meno di 5 anni), individua un’ alternativa ragionevole recependo ed adattando una prassi diffusa da decenni in molti cimiteri, ossia l’esame sullo stato di conservazione del cadavere per tentarne un’improbabile riduzione.

Prima dell’emanazione del DPR 254/03 gli inconsunti provenienti da estumulazione, in effetti, non avrebbero potuto esser direttamente cremati.

Dopo 20 anni di tumulazione siamo in presenza di resti mortali (anche tumulati) e, quindi, si agisce su questi esiti con sostanze biodegradanti: il risultato è che anziché occupare terra per 5 anni, si occupa il tumulo per altri 2 anni.

La procedura per recuperar spazi, definita gergalmente in alcune zone d’Italia come “spurgo” si sostanzia in questi termini: i familiari richiedono l’estumulazione della cassa e la successiva apertura, con taglio del coperchio metallico, SOLO per valutare lo stato di mineralizzazione della salma, non essendo intenzionati né ad inumarla (come, invece, richiederebbe il comma 2 dell’Art 86) né a trasferirla ad altra sepoltura: se le membra del defunto sono mineralizzate, si procede alla raccolta delle ossa liberando così un posto, mentre se non sono ancora scheletrizzate si provvede a rifasciatura e ritumulazione nello stesso sepolcro.

Le ossa racchiuse in cassettina di zinco potranno esser sepolte nello stesso tumulo oppure in una diversa celletta ossario.

Dato l’interesse degli aventi diritto secondo jure sanguinis verso gli avanzi mortali del de cuis difficilmente l’ossame rinvenuto sarà destinato all’ossario comune.

Se l’inconsunto è disidratato e non presenta parti molli, e quindi percolazione di liquami non è necessario l’avvolgimento della cassa con un cassone di zinco.

La circolare 10/98, la Legge 130/01 ed il DPR 254/03 per definire, in via generale, la condizione di resto mortale si rifanno al testo del DPR 285/90 (art. 86/3).

Logica vuole che il periodo temporale per la definizione amministrativa di resto mortale non sia più la durata della concessione, bensì di tumulazione, anche come somma di due o più periodi trascorsi in tombe diverse.

Bastano dunque 20 anni di tumulazione, in qualunque tomba siano stati effettuati.

Il principio dell’ordinamento italiano di polizia mortuaria, stabilito dal comma 3 dell’art. 92 e dagli artt. 93 e 94/2 del DPR 285/90 ed attorno a cui gravitano i diritti di sepoltura vantati su di un particolare sacello dai defunti già ivi tumulati e dai vivi che per ragioni morali o affettive, legate comunque allo jure sanguinis vogliano eleggere quel sepolcro in modo ideale quale loro dimora per il post mortem è il concetto di “capienza di sepolcro”, esso deve esser inteso nella sua accezione più ampia e figurale (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione, magari con un divieto di estumulazione o con la riserva di occupazione di una salma per un determinato manufatto) per le diverse forme in cui si presenta o si tramuta un cadavere per effetto dei diversi fenomeni postmortali.

Solo così uno stesso tumulo, come specificato dalla circolare n.24/93 può ospitare un solo feretro ma anche più cassette ossario ed urne, permettendo una certa rotazione del patrimonio cimiteriale.

Naturalmente l’ordinario metodo di regolazione di esumazioni ed estumulazioni è l’ordinanza del Sindaco, e tale strumento, in primis, dovrà contemplare un preciso protocollo operativo, con precise indicazioni igienico-sanitarie, cui si atterranno scrupolosamente i necrofori, qualora alle operazioni non presenziasse il personale dell’AUSL.

Bisogna, infine, ricordare come la riduzione in cassetta ossario dei resti ossei non debba mai, ai sensi dell’Art. 87 DPR285/90 risolversi in un atto cruento volto a costringere, con la forza, la spoglia mortale entro un contenitore dalle dimensioni più anguste rispetto alla cassa in cui il de cuius fu tumulato il giorno del funerale.

Gli unici trattamenti consentiti all’estumulazione se il cadavere è mummificato, saponificato o corificato sono specificati dal paragrafo 3 della circolare n.10 del 31 luglio 1998, quest’elenco, tassativo e non ampliabile, non ammette deroghe.

Si potrà, ora, proficuamente meditare su questi due importanti pronunciamenti giurisprudenziali.

T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa, fermo restando che il divieto di cui all’art. 88 comma 1 D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803 si riferisce a fattispecie diverse da quella relativa alla riduzione attuata mediante un processo naturale di mineralizzazione del cadavere, in quanto attiene versimilmente ad operazioni materialmente eseguite sulla salma e dirette a realizzare, con metodi artificiali, interventi coercitivi di contenimento della stessa in un ambito più angusto di quello originario.

Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621 Atteso il chiaro disposto dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il consenso dei parenti del defunto non giustifica la frantumazione delle ossa del cadavere.

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17 febbraio 2021, N.d.R. dato il notevole interesse suscitato da queste brevi riflessioni generali sul problema: “estumulazione, che fare?”, si consiglia vivamente un inquadramento da differente angolazione dell’istituto qui trattato, comodamente reperibile a questo link: L’estumulazione vista dalla parte di un normale cittadino – 2/2 – funerali.org , per una visione globale del fenomeno giuridico ed operativo a tutto tondo.

 

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Carlo Ballotta

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112 thoughts on “L’estumulazione con successiva apertura del feretro per la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario

  1. Salve,
    Mio zio anziano vuole a tutti costi un estumulazione delle spoglie di mia nonna per poter avere il “posto libero” per se. Mia madre – come unica erede insieme a mio zio – per se non ha nulla in contrario, ma non vorrebbe ne avere responsabiltà per l´estumulazione ne avere costi in carico. C´é la possibilità di dare il consenso a mio zio senza dovere “pagare” l´estumulazione? Grazie

    1. X Giuseppe,

      I servizi cimiteriali tutti sono ordinariamente a titolo oneroso, specie quelli (come l’estumulazione) in sepolcro privato. Gli aventi diritto sono obbligati in solido quando è l’Amministrazione cittadina o il gestore del cimitero ad agire d’ufficio…ad esempio allo scadere della concessione.
      Per il resto le operazioni cimiteriali sono a carico di chi le richiede, se Suo zio vuole spontaneamente accollarsi i relativi oneri nulla osta e si proceda pure così, il Comune resta, in ogni caso, estraneo ad eventuali controversie. E’comunque necessario anche il consenso di Sua madre da formalizzare all’ufficio di polizia mortuaria affinché l’estumulazione abbia luogo

  2. Buongiorno,avrei un quesito da sottoporle. Il concessionario di una tomba con un accordo verbale tra fratelli, consente l’ingresso nella sua sepoltura della di lui cognata. Il fratello del concessionario convola in seconde nozze ed ha dei figli ( con la prima moglie non ne aveva). Passati più di 30 anni dalla morte della prima moglie ed essendo venuti a mancare concessionario e fratello ( che non vanta alcun diritto sulla tomba gentilizia ) i nipoti, chiedono agli eredi dello zio, di partecipare alle operazioni di “spurgo “riguardante il loculo dove era stata tumulata la prima moglie del padre ( con la signora non sono legati da alcun rapporto parentelare). Questi, possono opporsi alla contribuzione, dato che non vantano diritti sulla tomba e non vantano alcun rapporto parentelare con la de cuius?

    1. X Lucia,

      le operazioni cimiteriali di “spurgo” (= estumulazione volta a liberare posti feretro tramite la riduzione – se e quando possibile – dei defunti già lì sepolti in cassetta ossario o urna cineraria quando si decida di procedere alla cremazione dei resti mortali, ossia dei cadaveri ancora integralmente o parzialmente indecomposti) sono richieste e pagate da chi abbia legittimazione per domandarle e, quindi, ottenerle. Il titolo per l’esercizio di tale diritto di disposizione sorge unicamente per vincolo coniugale o rapporto di consanguineità/parentela, con una graduazione per altro molto rigida: prevale sempre il coniuge superstite, poi, a scalare ascendenti e discendenti di pari livello, così come individuati dagli artt. 74 e segg. Cod. Civile. In caso di loro pluralità il consenso deve essere unanime. E’escluso, pertanto, che soggetti terzi o estranei a queste due relazioni giuridiche possano disporre alcunché sui feretri già tumulati in quel dato sacello gentilizio. A volte i diritti personalissimi o, comunque, di natura non patrimoniale sulle spoglie mortali divergono anche pesantemente dai meri e semplici diritti di gestione sulla tomba di cui all’oggetto.

      1. salve avrei un quesito da porgerLe.

        qualche giorno fa è venuta a mancare la nonna, concessionaria della tomba, la figlia vorrebbe fare richiesta per l’estumulazione della salma dei nonni (nonchè genitori della nonna), morti da oltre 40 anni. Uno dei fratelli della nonna si oppone senza una ragionevole motivazione. adesso mia zia sta facendo la voltura della concessione a se stessa. Cosa fare se lo zio non dovesse dare il suo consenso per l’estumulazione? Occorre agire per vie legali? Basterebbe una notifica del consenso allo zio ed eventualmente il suo tacito assenso si trasformerebbe in consenso? Le sarei grata se potesse dirmi come poter muoverci. Grazie

        1. X Simona,

          gli atti di disposizione sulle spoglie mortali si configurano quali diritti della personalità e, pertanto, richiedono un a manifestazione di volontà piuttosto rigida e strutturata.
          Il Consenso (e non un semplice atto volitivo informale) deve formarsi attorno all’istanza di estumulazione ed in caso di più aventi titolo ad esprimersi è richiesta l’unanimità.

          Adire il Giudice (con tutta l’alea che instaurare un giudizio in sede civile pur sempre comporta) è senz’altro l’extrema ratio, ma la volontà di Suo zio non è più di tanto coercibile.

          Diverso sarebbe se Suo zio mostrasse disinteresse (cioè l’animus di “fregarsene bellamente” verso l’operazione cimiteriale richiesta, in questo frangente il regolamento comunale di polizia mortuaria potrebbe proficuamente individuare un tempo certo in cui rendere la propria volontà contraria, oltre il quale si procederebbe d’ufficio.

          Seconda opzione: spesso molti regolamenti municipali, per snellire il timing delle procedure prevedono che chi richieda un intervento su una tomba, ovviamente avendone titolo, agisca in nome e per conto di tutti gli altri soggetti parimenti legittimati, attenzione, però, la Legge (art. 76 D.P.R. 445/2000) punisce severamente le dichiarazioni forzate o mendaci.

          Dati i rapporti poco idilliaci che immagino intercorrano tra Lei e Suo zio, in merito a quest’estumulazione, sarà d’uopo renderlo edotto ex art. 7 e 8 Legge n. 241/1990 sull’avvio del procedimento (giusto per evitare future denunce di turbativa di sepolcro) affinché egli possa motivare la propria contrarietà, con argomentazioni e contro-deduzioni.

          Certo, l’ufficio locale della polizia mortuaria, se manca l’elemento fondamentale per istruire la pratica potrebbe anche decidere per l’inammissibilità/improcedibilità dell’istanza volta ad ottenere l’estumulazione, abortendo ab-origine tutto il procedimento autorizzzativo.

          1. Grazie gentilissimo.
            Concludendo potrebbe scrivere l’istanza di inizio estumulazione direttamente l’ufficio del cimitero e in caso di silenzio da parte dello zio, dopo 30 giorni, avremmo l’assenso, giusto?

            1. X Simona,

              ….allora, purtroppo, non ci siamo proprio capiti: la regola del silenzio-assenso vale solo nei rapporti tra il privato e la pubblica amministrazione. Ora qui paradossalmente saremmo dinanzi ad un’inversione dell’onere della prova, cioè il silenzio dello zio (se non sfocia nel manifesto disinteresse, ma anche questo da dimostrarsi attentamente attraverso i mezzi di prova dettati dal regolamento municipale) vale come rifiuto del consenso all’estumulazione.
              LO zio in questione, quale soggetto legittimato jure sanguinis, deve esprimersi, auspicabilmente in modo positivo, firmando la relativa istanza, cui seguirà, di conseguenza, il rilascio dell’ autorizzazione amministrativa all’operazione cimiteriale.

              Ipotizzo almeno due soluzioni:

              1) Lei, assumendosi tutti i rischi del caso (violazione di sepolcro) chiede ed ottiene, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli altri aventi diritto, ovviamente su Sua responsabilità anche penale, il provvedimento di autorizzazione se lo zio La scopre scatterà inevitabilmente la denuncia per dichiarazione forzata o mendace resa ad una pubblica amministrazione (personalmente starei alla larga dalle grinfie della giustizia penale, che non è per nulla simpatica).

              2) si rappresenta all’ufficio deputato ad accogliere la domanda, questa situazione di possibile conflitto con lo zio (mentire non serve a nulla, anzi è controproducente e foriero di possibili guai giudiziari), il Comune allora in subordine può: a) avvisare lo zio sull’avvio del procedimento affinché egli possa parteciparvi, magari dichiarando pure la sua contrarietà all’estumulazione dei defunti. b) limitarsi a garantire il mantenimento dello status quo, restando, comunque, estraneo alla controversia (da risolversi o in via bonaria con accordo tra le parti contendenti o avanti il giudice) rilevando semplicemente l’inammissibilità/improcedibilità dell’istanza per la mancanza/difetto di volontà di uno tra i soggetti tenuti a pronunciarsi.

  3. salve sono il responsabile del cimitero comunale, circa trenta anni fa si sono costruiti dei loculi cimiteriali i quali sono stati occupati da persone defunte che dietro il pagamento del canone trentennale hanno occupato il loculo, siamo alla scadenza trentennale mandiamo agli eredi se vogliono rinnovare o meno il loculo, alcuni scrivono che non sono interessati al rinnovo, in qualità di Ente locale nei confronti di tale incombenza come si ci comporta se per legge non possiamo mettere la salma nell’ossario

    1. X James,

      il rinnovo è una facoltà dell’Amministrazione, cui i concessionari in scadenza possono o meno aderire, anche in caso di manifesto disinteresse al rinnovo, tutti gli oneri dell’estumulazione (rimozione dei feretri, apertura degli stessi, sanificazione dei loculi, comprese le spese per la nuova destinazione del resti mortali o delle semplici ossa rinvenute) vanno posti sempre a carico dei concessionari o dei loro aventi causa o su di cui vanti, anche residualmente, qualche potere di disposizione sugli estumulandi defunti.
      IL Comune non può accollarsi spese che non gli competono, stiamo, infatti, pur sempre ragionando di sepolcri PRIVATI, salvo non incorrere nella responsabilità patrimoniale per danno erariale ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000.

      All’atto dell’estumulazione se si rileva la presenza di resti mortali (cadaveri non scheletrizzati) gli unici trattamenti consentiti dalla circ. min. n. 10/1998 e sotto il profilo autorizzativo dall’art. 3 D.P.R. n. 254/2003 sono:

      la ri-tumulazione (nello stesso o in altro sepolcro, ma ciò presupporrebbe pur sempre l’instaurarsi di un rapporto concessorio)
      l’inumazione in campo indecomposti di cui all’art. 58 comma 2 D.P.R. n. 285/1990.
      La diretta cremazione, con procedura semplificata (basta un semplice assenso degli aventi diritto a pronunciarsi)

      La situazione di “disinteresse”, però, non trova, invece, un riferimento normativo nello jus positum e viene qualificata come il comportamento di indifferenza e/o noncuranza tenuto dai familiari in ordine nuova sistemazione delle spoglie mortali.

      Generalmente, nella nozione di “familiari” rientrano il coniuge e i parenti più prossimi individuati secondo gli articoli 74 e ss. del codice civile e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi, con obbligazione che sorge in solido.

      Il disinteresse dei parenti, espresso o non espresso (nel regolamento di polizia mortuaria molti Comuni stabiliscono un termine, decorrente dalla notifica dell’estumulazione, oltre il quale tale disinteresse deve intendersi sussistente), deve essere univoco e non contraddetto, nonché continuo nel tempo.

      Eventuali atti di disposizione successivi comportano il mutamento della situazione che ha indotto il Comune ad intervenire, tanto da far rientrare l’attività svolta nell’ambito dell’istituto della
      “gestione di affari altrui” disciplinato dal codice civile (artt. 2028 – 2032) e qualificare le spese
      sostenute per l’organizzazione della nuova sepoltura come anticipazioni effettuate in conto terzi, con conseguente diritto al rimborso nei confronti del familiare “attivo”, pure ricorrendo, se necessario all’iscrizione a ruolo.

      Si rammenta, infine, come lo sversamento delle ossa in ossario comune resti l’unica forma gratuita, sino ad ora, di avvio dell’ossame ad una modalità di conservazzione anonima, massiva, promiscua ed indistinta: quindi: IRREVERSIBILE!

      Si conssiglia di normare tutta questa complessa materia, anche tariffaria, nell’ordinanza sindacale con cui ssi regolamentano nel dettaglio le operazioni cimiteriali ai sensi del combinato disposto tra gli artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285

  4. Buona serata, ho una questione importante da risolvere mio padre morto ad ottobre del 2016 è stato tumulato nella tomba di famiglia di mia madre erede con altri cugini, per uno sbaglio degli impiegati comunali che ci hanno detto che non c era bisogno di chiedere il permesso agli altri aventi diritto poiché mio padre essendo marito di uno degli eredi non c era bisogno, invece alcuni eredi adesso chiedono di estumulare la salma perché dovevamo chiedere il permesso a loro, premetto che una delibera comunale lo prevede che questi parenti chiedano l estumulazione ma mio padre è morto da nemmeno due anni come dobbiamo comportarci

    1. X Arrabbiata,

      Premetto che si solito il coniuge premorto dovrebbe aver diritto alla sepoltura nella tomba di famiglia di cui il coniuge superstite sia (co)-titolare, a tal proposito vi è una casistica disparata.

      se in origine il sepolcro sorge come famigliare (per il concessionario/fondatore e la di lui famiglia) laddove il nucleo famigliare (la cosiddetta lex sepulchri) è definito e scolpito dell’atto di concessione da leggersi a rime parallele con il regolamento municipale di polizia mortuaria (sono, infatti, le due fonti cui attingere) per stabilire la “riserva” ossia la rosa delle persone titolari, quando ancora in vita dello jus sepulchri, è inibita ope legis (in quanto sarebbe una turbativa nel possesso del sepolcro privato e gentilizio) la tumulazione di soggetti estranei a questa cerchia per relazioni di coniugio o parentela, salvo non ricorrere all’istituto delle benemerenze, di cui all’art. 93 comma 2 del regolamento statale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285,(da svilupparsi e distendersi, comunque in modo selettivo e puntuale, per evitare possibili abusi, con maglie più o meno larghe e sempre nel rispetto del divieto che vi sia il fine di lucro e speculazione di cui all’art. 92 comma 4 D.P.R. 285/90, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del D.P.R. citato). In tale occasione v’è proprio riserva di regolamento comunale, ed è una delle rarefatte situazioni in cui il D.P.R. 285/90 rinvia, apertis verbis, alla potestà normativa municipale in tema di polizia mortuaria (Artt. 344 e 345 T.U.LL.SS), in difetto della quale l’istituto delle benemerenze non sarebbe minimamente attuabile, se non come enunciazione assiomatica, poi da declinare fattivamente nel locale regolamento dei servizi funerari. Il Comune, quindi, può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze. Parte della dottrina è di questa idea: solo il concessionario primo, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) potrebbe “derogare” alla familiarità dello stesso, permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti esterni rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare l’intransigenza della norma; tuttavia, siccome il diritto di sepolcro s’atteggia come mera aspettativa, per cui l’ordine di sepoltura, nelle nicchie di una tomba di cui si è contitolari, è scandito (salvo patti contrari di cui rendere edotta l’Amministrazione comunale), in relazione all’ordine temporale di morte, servirebbe, comunque, il consenso unanime di tutti i titolari di quote della sepoltura stessa affinché si addivenisse – legalmente – ad una compressione del loro jus sepulchri già maturato. Se ottemperiamo a questo schema, la benemerenza, quindi, presupporrebbe una tripla autorizzazione, rendendo molto difficile l’effettivo esercizio di questa facoltà, diverrebbero, infatti indispensabili questi preliminari documenti:
      1) L’autorizzazione del concessionario (ed essa deve superare un primo vaglio di legittimità ex art. 102 D.P.R. n.285/1990), rectius: il locale ufficio della polizia mortuaria deve attentamente verificare il titolo di accoglimento nel sepolcro, anche attraverso ricerche anagrafiche).

      2) L’autorizzazione di tutti gli aventi titolo ad esser accolti, jure sanguinis o jure coniugii, in quella determinata tomba (il moltiplicarsi esponenziale degli aventi titolo a pronunciarsi, magari a causa di ripetuti subentri, acuisce ed esulcera sempre la conflittualità).

      3) L’autorizzazione di chi può (o… deve?) anche ai sensi dell’Art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, occuparsi delle esequie del de cuius in quanto titolato in base al diritto di consanguineità enucleato dall’Art. 79 comma 1 II Periodo D.P.R. n.285/90, ed in questo modo rinuncia al proprio potere di disposizione sul defunto stesso. La benemerenza, infatti, si configurerebbe, pur sempre, come un gesto di liberalità da parte di persona non legalmente obbligata.

      Atteso che l’estumulazione ex art. 88 D.P.R. n. 285/1990 possa avvenire in qualunque momento (anche solo dopo due anni dalla sepoltura) il Comune con atto di riesame (vista l’opposizione motivata del concessionari) potrebbe annullare o revocare l’autorizzazione alla tumulazione concessa per il funerale, disponendo, con oneri a carico dei parenti del defunto “abusivo” ‘d’ufficio l’estumulazione altrimenti i concessionari e tutti gli interessati (cioè tutto coloro che vedono leso o compresso il loro legittimo jus sepulchri) potranno agire in giudizio esperendo l’azione di manutenzione ai sensi dell’art. 1170 Cod. Civile o quella negatoria ai termini dell’art. 949 Cod. Civile.

  5. Vorrei sapere se serve il consenso da parte del coniuge vivente per disotterrare il coniuge morto. Mi spiego, mio fratello vuole disotterrare mia madre e trasferirla in un’altro cimitero ma mio padre non vuole. Mio fratello può farlo?

    1. X Francesco,

      negli atti di disposizione per il post mortem, la Legge (per una volta almeno è chiara, tagliente, tassativa e categorica).

      Nel silenzio del de cuius il titolo privilegiato a decidere per la movimentazione (= disseppellimento) della sua spoglia mortale spetta al coniuge superstite, e solo in subordine ai figli o agli altri parenti.

      Pertanto lo jus coniugii (= vincolo coniugale) prevale sullo jus sangiunis (rapporto di consanguineità).

      In tema vi è giurisprudenza costante ed omogenea, sia di merito sia di legittimità.

      Questo principio prima pretorio di cosiddetta “POZIORITA'” (laddove concorrono potere di scelta e preminenza nell’attuazione stessa) è stato finalmente cristallizzato in norma positiva con l’art. 79 comma 1 II periodo del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285. Si tratta di diritti della personalità soggetti alla sola legge statale.

      Pertanto Suo fratello senza il consenso di Suo padre deve desistere da tale proposito.

      In materia

  6. Gentile Signor Carlo,
    Lo scorso anno ho perso mio marito. Per una questione che al momento sembrava la più logica, ho acconsentito a far tumulare le sue ceneri non nel cimitero della città di residenza – Codogno, provincia di Lodi – ma nel cimitero di Bruzzano, a Milano, nel loculo già occupato dal padre del defunto e del quale mia suocera è la concessionaria.

    I 170 km tra andata e ritorno che percorro in auto quasi tutte le settimane per far visita a mio marito, mi hanno fatto comprendere che tale decisione era stata presa in un momento di temporanea mancanza di lucidità dovuta al dolore.
    Per questi motivi, sono andata al Comune di Milano per chiedere l’autorizzazione a portare le ceneri di mio marito nel nostro comune di residenza. Mi è stato risposto che la cosa era possibile, purché mia suocera desse il suo accordo all’estumulazione.

    I rapporti con la famiglia di mio marito si sono nel frattempo inaspriti – inutile dirlo, per motivi ereditari – di conseguenza non avrò mai la loro autorizzazione all’estumulazione.
    Le posso assicurare che l’intenzione di trasferire i resti non è dettata dal rancore ma dal desiderio di poteri recarmi al cimitero più spesso. Non sono più giovanissima, e non so per quanto tempo potrò ancora arrischiarmi a percorrere 170 km in autostrada e tangenziali.
    Inoltre, quando giungerà anche per me il momento, vorrei essere seppellita accanto a mio marito, nel cimitero del mio paese.
    Le chiedo con la presente se esiste un altro modo legale di riportare le ceneri di mio marito a casa.
    La ringrazio sin d’ora per una sua cortese risposta.
    Angela

    1. X PierAngela,

      il quesito non è nuovo, perchè periodicamente il problema (cioè il conflitto endo-famigliare sulla spoglia mortale del de cuius), in modo quasi ciclico si ripropone e si ripresenta quasi sempre negli stessi termini.
      In linea generale e di massima bisogna sempre distinguere la posizione del concessionario che è titolare dei diritti di gestione sulla tomba e concentra nelle sue mani lo jus sepulchri attivo e passivo dallo status di congiunto della persona defunta jure coniugii (per vincolo coniugale) o jure sanguinis (per rapporto di parentela riconosciuto ex lege)

      Le due qualità possono anche divergere pesantemente, ingenerando spesso liti, attriti ed incomprensioni. Il sepolcro, con il suo pietoso contenuto, non è mai una proprietà privata gestibile in piena autonomia e sui diritti patrimoniali prevalgono, comunque, quelli di natura personalissima tipo, apppunto, il diritto a disporre delle spoglie mortali del coniuge pre-morto.

      La premessa che deve necessariamente farsi è quella per cui il coniuge ha la piena, quanto esclusiva (si sottolinea questo aspetto) titolarità nel disporre della spoglie mortali del coniuge pre-deceduto, che non può essere limitata o gravata da soggetti terzi, fermo restando che nella scelta di luogo e modalità della propria sepoltura sovrana è la volontà del de cuius, ma nel suo silenzio si applica rigidamente il postulato di poziorità (brutta parolaccia di derivazione latina dove concorrono potere di scelta + preminenza nella decisione).

      Si tratta prima di un principio pretorio (enunciazione di una fortunatamente omogenea e costante giurisprudenza da parte dei Tribunali aditi per ricomporre simili controversie) che, poi, il legislatore ha recepito nello jus positum, ovvero nel diritto scritto attraverso l’elaborazione ragionata dell’art. 79 comma 1 II periodo del vigente regolamento statale di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285. Nemmeno l’art. 3 della più recente legge statale n. 130/2001 si discosta da questo solco tracciato, si tratta di diritti civili, promossi e tutelati dalla sola Legge dello Stato, e ciò ci protegge dall’ingerenza indebita di leggi e leggine regionali, spesso confuse, velleitarie e pasticciate

      Nel caso di specie, poiché l’estumulazione ha quale fine il trasferimento dell’urna in altro sepolcro, va solo tenuto conto di quanto previsto dall’art. 88 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, fermo restando che gli oneri per l’estumulazione (quali, es., la tariffa per le estumulazioni effettuate prima della scadenza della concessione, la materiale smuratura del loculo con rimozione momentanea della lapide e degli eventuali arredi sono a carico di chi richiede l’estumulazione. Il concessionario può solo pretendere il ripristino della piena funzionalità della tomba, ma non può opporsi (se non costituendosi in giudizio, in sede civile) al trasferimento delle ceneri in altro sito.

      E’molto strana la risposta (…a proposito è stata solo verbale ed informale o è stata redatta in forma scritta e solenne?) fornitaLe dal Comune di Milano.

      Se l’atto di concessione della tomba non prevede cluasole “vessatorie” e fortemente restrittive come l’inestumulabilità tout court dei defunti in esso deposti (ma tale inibizione deve sancita e quaasi “scolpita” nell’atto di concessione di cui Lei potrà prendere visione quale soggetto direttamente interessato (D.P.R n. 184/2006 o anche D.Lgs n. 33/2013) l’amministrazione cittadina, anche e soprattutto in caso di rigetto della Sua istanza di estumulazione è obbligata a motivare ex art. 3 Legge n. 241/1990, il provvedimento di reiezione, indicando altresì l’Autorità di Garanzia cui presentare un possibile ricorso amministrativo. La carenza di motivazione, infatti, caratterizza una situazione patologica dell’atto amministrativo.

      1. Gentile Sig. Carlo,

        Grazie per il suo esaustivo commento. Sì, in effetti la risposta datami dal Comune di Milano è stata solo verbale.

  7. Non pensavo davvero che “post mortem” debbano essere osservate piu’ leggi che da “vivi”………

  8. Dopo aver richiesto delucidazioni su questo sito per l’estumulazione di mia madre lascio un piccolo resoconto che spero possa essere utile ad altri.
    Mia madre è stata tumulata nel 1980. Il loculo è stato pagato per 50 anni ma volevo riportarla al suo paese quindi ho richiesto l’estumulo e la cremazione. Mi sono stati restituiti circa 12 anni di loculo già pagato e non usufruito ma la cifra restituitami è ovviamente molto contenuta.
    L’apertura del loculo è costata €25,82 + iva. L’estumulazione e la tentata raccolta resti sempre eseguita da personale preposto dal Comune di Alba (CN) è costata €207,00 + iva.
    Dalla somma di questi due importi mi hanno scalato il residuo del loculo di cui sopra.
    La cremazione, per via di una convenzione con il comune di Bra sede del forno e il comune di Alba, è costata €305,00 + 32,00 di bolli.
    Cassa in cellulosa fornita da ditta onoranze funebri €100,00 + iva + 50,00 + iva non precedentemente preventivati ma resisi necessari per un lenzuolino contenitore impermeabile poichè i resti erano umidi.Trasporto al forno €250,00 più iva.
    Spero possa servire ad altri quale comparazione.
    Grazie per le informazioni che mi sono state fornite.

  9. Buongiorno,vorrei gentilmente un suo parere per la fattura che il mio comune ha fatto pervenire a mio padre. Apertura loculo piccolo ed estumulazione cassetta in zinco,euro 400,estumulazione loculo grande,euro 300,smaltimento zinco,euro 50. Totale euro 750. Manca ancora la cremazione. Non Le sembra un po’ esagerato il tutto? Grazie mille.

    1. X Marina,

      non entriamo volutamente nel merito delle strategie tariffarie del Suo Comune, esso le decide in piena autonomia, essendo un Ente Territoriale a rilevanza politica, con organi di governo elettivi, secondo i parametri di contabilità generale di cui all’art. 117 D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267, recante il Testo Unico Ordinamento Enti Locali, dietro approvazione del Consiglio Comunale ai termini dell’art. 42 comma 2 lett.) f) medesimo D.Lgs n. 267/2000, mentre la fissazione della declaratoria dell’entità delle tariffe spetta alla Giunta Comunale.

      Il piano tariffario per i servizi erogati dal Comune deve rispondere a questi requisiti di base dettati dal sullodato art. 117 D.Lgs n. 267/2000 che così testualmente recita:

      1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
      a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
      b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
      c) l’entita’ dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
      d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.

      2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa e’ determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.

      3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa é riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.

      Da queste norme, così concatenate, discende logicamente che praticare tariffe a prezzo “politico”, e sotto-costo, anche su servizi di particolare delicatezza come quelli cimiteriali, comporterebbe un “danno erariale” alle casse del Comune stesso ai sensi dell’art. 93 D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267, con obbligo di segnalazione immediata alla sezione regionale della Corte dei Conti.

      Tutte le operazioni su sepolcro privato (quali sono sono le tumulazioni tutte) sono da considerarsi necessariamente a titolo oneroso per il richiedente (a fortiori dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, la quale ha statuito la generale onerosità per il cittadino delle prestazioni cimiteriali, anche per quelle cosiddette istituzionali, e sino all’anno 2001 a titolo gratuito ex Legge n. 440/1987, come accadeva per la sepoltura in campo di terra con relativa esumazione al termine dell’ordinario turno di rotazione solitamente decennale).

      Le tariffe per la cremazione classificata ancor oggi come servizio pubblico locale, ai termini della Legge 30 marzo 2001 n. 130, nel loro MASSIMO sono stabilite dagli artt. 1, 3 e 5 del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n. 130 ciò significa che potranno con un certo margine di discrezionalità esser modulate, secondo parametri abbastanza elastici, e graduate in base alla tipologia di cremazione da effettuare (di cadavere, parti anatomiche riconoscibili, esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo provenienti da esumazione/estumulazione ordinaria, ossa, prodotti abortivi o del concepimento…)

  10. Buongiorno, Vi espongo il mio quesito. Mia madre morì 28 anni fa e all’epoca fu tumulata. 20 giorni fa, purtroppo, é venuto a mancare anche mio padre e per lui abbiamo adottato la cremazione. Su suggerimento delle pompe funebri abbiamo chiesto al cimitero di estumulare mia madre per rendere il feretro resti ossei e per poter conseguentemente posizionare mio padre accanto a lei in quello stesso loculo. Il direttore del cimitero ci ha negato il permesso dicendo che sono solo 2 i motivi per cui si può aprire un tumulo: su ordine della magistratura per indagini o su nostra richiesta ma solo per pulire il feretro (e renderlo resti ossei) che però poi va riposizionato nello stesso posto sempre “da solo” perché il tumulo é destinato ad una sola persona. Le pompe funebri insistono invece con la loro tesi che ciò é possibile. Mi può dire chi ha ragione e gli eventuali riferimenti normativi? Grazie.

    1. X Raffaele,

      Ad esser in discussione è, quindi, il concetto di “ampiezza del sepolcro”, il quale, è necessariamente da intendersi in senso lato (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione o nel regolamento comunale di polizia mortuaria ), per le diverse forme in cui si presenta o si trasforma un cadavere (quindi anche resti mortali, ossa e ceneri).
      La domanda trova, poi, una precisa risposta nella norma di diritto positivo contenuta nell’enunciazione di cui al paragrafo 13.3 della circolare n. 24 emanata dal Ministero della sanità il 24 giugno del 1993 che così recita:
      “E’ consentita la collocazione di più cassette di resti e di urne cinerarie in un unico tumulo sia o meno presente un feretro”.
      Il limite naturale allo spazio sfruttabile è l’intrinseca capienza del sepolcro (Art. 93 comma 1 II periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285) da leggere in modo coordinato con l’Art. 87 DPR n.285/1990 con il quale si proibiscono atti violenti e brutali per ridurre l’ingombro di cadaveri e resti mortali proprio per guadagnare i metri (o i centimetri?) necessari ad immettere nel tumulo una nuova bara.
      La legge ammette solo due modalità per comprimere il volume di un cadavere: la scheletrizzazione dovuta al dissolversi dei tessuti sino alla raccolta delle ossa (et in pulvem reverteris!) o la cremazione. Tertium non datur!

      Ovviamente la sullodata Circolare 24 giugno 1993 n. 24 è solo una atto amministrativo di carattere istruttivo, le sue indicazioni, quindi non sono fonte di diritto se non vengono recepite dai regolamenti comunali di polizia mortuaria.

      Alle volte la capacità non tanto fisica ma “di fruibilità giuridica” della tomba può esser fortemente limitata da una disposizione del fondatore che riserva il diritto di sepoltura solo ad una particolare persona, negandolo, quindi ad altri potenziali aventi titolo, oppure introduce nell’usabilità del sepolcro il concetto di “tomba chiusa” con l’espresso divieto di traslare un feretro o di estumularlo per tentare la riduzione dell’ossame in cassetta ossario e liberare posti per nuove tumulazioni.

      E’ bene specificare sotto il profilo semantico il concetto di divieto di trasferimento ad altra sepoltura perché esso si limita ad interdire la traslazione ad altra sepoltura, non del feretro, ma di tutte le trasformazioni di stato in cui un cadavere degrada ossia:

      1. Esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (resti mortali)
      2. Ossa
      3. Ceneri.
      L’inestumulabilità è volta ad impedire qualsiasi spostamento o manomissione del feretro (non si possono quindi ridurre in cassettina ossario eventuali resti ossei)

      Il divieto di traslazione, invece, specifica che la spoglia del de cuius non possa esser rimossa dalla cella sepolcrale, ma con il termine “spoglia” s’intendono tutte le involuzioni post mortali che possano interessare un corpo privo di vita, dunque la permanenza nel sepolcro sarà soddisfatta anche se le membra del de cuius non sono presenti come solo cadavere sigillato nella bara, ma anche come resti mortali, ossa, ceneri.

      Questa precisazione è molto importante laddove occorresse ricavare ulteriore spazio per nuove tumulazioni, garantendo parallelamente la continuità del sepolcro gentilizio.

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