Quanto possono essere … cedibili le “spoglie mortali”? – 1/2

All’art. 93, comma 1 D.P.R. n. 285/1990 e s.m. si prevede che lo ius sepulchri sia “riservato” a determinate persone, distinguendo tra le “sepolture private concesse a persone fisiche” e “quelle concesse ad enti”.
La “riserva” comporta che un dato diritto sussiste unicamente nei riguardi delle persone che si trovino in una data condizione soggettiva.
E, contemporaneamente, esclude che possa sussistere in capo a persone che non si trovino in quella data condizione soggettiva che ne costituisca il fondamento.
Nel primo caso (concessioni cimiteriali fatte a persone fisiche) la “riserva” considera il concessionario, nonché i “loro familiari” (ambito rimesso alla determinazione del Regolamento comunale di polizia mortuaria).
Accanto a questa “riserva”, oggettiva, va considerato il piano soggettivo, valutando quali siano le persone che hanno titolo a disporre delle “spoglie mortali”.
Il termine si utilizza per definire i defunti, senza alcuna distinzione sul loro stato, che può essere – nelle varie fasi – quello:
– della salma e/o cadavere (non poche norme regionali hanno ritenuto opportuno, a determinati fini, di fornire definizioni differenziate tra questi due termini),
– di resti mortali (nella definizione risultante all’art. 3, comma 1, lett. b) D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 (definizione che ha superato le precedenti, date con atti meramente amministrativi),
– di ossa umane (e “altri resti mortali assimilabili”, secondo la dizione dell’art. 36 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.),
– di ceneri (o, meglio, di urne cinerarie contenenti le ceneri).
Sotto il profilo a disporre delle “spoglie mortali”, la costante e consolidata giurisprudenza ha dapprima individuato criteri di poziorità, poi tradotti nell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m..
Ricordando come “poziorità” comporti il concorso tra il potere (di disporre) e l’ordine in cui questo è enunciato.
Con la conseguenza che il potere di chi sia indicato per primo, oltre che comportare legittimazione in capo a questa/e persona/e, comporta conseguentemente l’esclusione di quanti siano indicati di seguito.
Si tratta di un potere di portata generale, per le “spoglie mortali”, che trova un’unica eccezione nella disposizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3 L. 30 marzo 2001, n. 130, quando il titolo a disporne viene azionato ai fini della manifestazione di volontà alla cremazione … dei cadaveri (non di altre tipologie di “spoglie mortali”).
Non si ignora che vi siano orientamenti di altri Autori che tenderebbero a considerare come di portata, ed applicazione, generale questo criterio.
Queste premesse trovano motivo in situazioni in cui persona, avente titolo a disporre di “spoglie mortali” di persona defunta, le abbia “cedute” a soggetti terzi, con atto avanti a notaio.
Per ragioni di semplicità espositiva, si ipotizza che il titolo di disporre sia in capo ad una persona singola.
I soggetti terzi possono essere sia persone fisiche, come “enti” (magari incardinati in ordinamenti che, nel proprio ordine, siano indipendenti e sovrani, non senza escludere persistenze di concezioni per una qualche gerarchia tra gli ordini).
Inoltre, potrebbe trattarsi di “atto pubblico”, di scrittura privata autenticata da notaio o di dichiarazione con firma autenticata ex art. 21 D.P.R. n. 445/2000 e s.m., per non dire dell’applicazione dell’art. 38.
Questi ultimi applicabili esclusivamente quando trattasi di atti da produrre agli organi dell’amministrazione pubblica o ai gestori ed esercenti di pubblici servizi.

Ovviamente, affinché vi possa essere una qualche “cessione” (non la qualifichiamo, intenzionalmente) occorre che il titolo a disporre delle “spoglie mortali” sia un titolo … disponibile.
Dal momento che lo ius sepulchri ha riguardo a sepolture private nei cimiteri (Capo XVIII D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), non guasta ricordare come l’art. 823, comma 1 C.C. disponga che:
“1.- I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Facendo riferimento alle singole leggi che regolano le diverse tipologie di beni demaniali – che per loro intima natura, sono indisponibili, inusucapibili, inalienabili – ne consegue che questo diritto, sul sepolcro, non possa essere oggetto di “cessione” (comunque denominata o denominabile) a terzi.
È ben vero che (quando vigente; ne è intervenuta l’abrogazione ormai da circa 40 anni) l’art. 71. Comma 2 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 (in vigore dal 1° luglio 1943) prevedeva che:
Il diritto di uso di cui al comma precedente, sia totalmente che parzialmente, può essere ceduto ovvero trasmesso, tanto per atto tra i vivi quanto per atto di ultima volontà, a terzi, salvo che la cedibilità o la trasmissibilità, in tutto o in parte, non sia incompatibile con il carattere del sepolcro secondo il diritto civile, e sempre che i regolamenti comunali ed i singoli atti di concessione non dispongano altrimenti.
Disposizione che non consentiva di trascurare la previsione del successivo comma 3 (“La cessione o trasmissione lascia inalterati gli obblighi imposti dal comune all’originario titolare della concessione.”).
Da ciò il passaggio di richiamare altresì l’art. 832 C.C. [1] il passo è breve.
Ora qual è la massima applicazione, in qualche modo estrema, che può darsi alla modalità di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, se non quella di privarsi del bene, sia che ciò avvenga con la vendita, oppure anche con la distruzione del bene?
La stessa norma, abrogata, dell’art. 71, comma 2 R.D. 21 dicembre 1942, n, 1880, citata, poneva una condizione di salvaguardia, anzi due, operanti su piani distinti ( ….. salvo che la cedibilità o la trasmissibilità, in tutto o in parte, non sia incompatibile con il carattere del sepolcro secondo il diritto civile, e sempre che i regolamenti comunali ed i singoli atti di concessione non dispongano altrimenti).


[1] = Codice civile, Art. 832 (Contenuto del diritto).
Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.

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