Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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X Paolo,
Ma…alla fine della fiera, l’”odiata” zia ha diritto o no alla tumulazione nella Sua cappella gentilizia? Se Sì Lei non può opporsi più di tanto, salvo non dimostrare in giudizio (con tutta l’aleatorietà di una causa in sede civile e con i tempi dilatati all’infinito della giustizia italiana) la precisa volontà del fondatore del sepolcro di escludere della zia dalla fruizione della tomba, una volta conclusasi per Lei questa vita terrena. Altrimenti, esclusa una certa moral suasion (= lievi pressioni di natura psicologica, sempre che non sconfinino nel penale!) sempre esperibile Lei non può certo inibire un diritto riconosciuto dalla Legge.
Nella complessa e fors’ anche un po’ arida (dal punto di vista sentimentale) “macchina” del diritto funerario italiano a nulla rilevano le questioni di cuore o i rapporti poco idilliaci che intercorrono tra soggetti parimenti aventi diritto alla sepoltura in una tomba gentilizia di cui Lei è divenuto nuovo intestatario, di secondo grado, immagino tramite istituto del subentro.
Quel probabile (…io non ho ulteriori elementi per giudicare sulla fondatezza della pretesa!) jus sepulchri vantato da Sua zia, quando essa sia ancora in vita ex Art. 50 comma 1 Lett. C) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, (i diritti, infatti, si maturano da vivi, quando sussiste la capacità giuridica ex Art.1 Cod. Civile) potrà esser pienamente esercitato al momento della morte, salvo diverse disposizioni testamentarie della stessa persona interessata, la quale potrebbe, per esempio, chiedere la tumulazione in altro loco, o comunque una diversa destinazione per il proprio post mortem (cremazione, dispersione delle ceneri…)., lasciando spirare il proprio diritto alla sepoltura, comunque già costituito.
Si rammenta come il concessionario abbia un ristretto spazio di manovra negli atti di disposizione sui posti feretro e la ratio della norma è proprio la precisa volontà del legislatore di sottrarre gli spazi sepolcrali ad atti negoziali a contenuto patrimoniale (: detto brutalmente al mercimonio). I sepolcri, pertanto, ex Art. 823 Cod. Civile sono extra commercium.
Lo Jus Sepulchri, infatti, almeno sotto questo profilo, si acquisisce non per simpatia o per benevola concessione del titolare della tomba, altrimenti scadremmo nell’arbitrio più sfrenato e nel capriccio funerario, ma jure sanguinis, cioè per legami di consanguineità, cioè per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di parentela, sancito dalla Legge, con il fondatore del sepolcro, ossia con il concessionario primo (= colui che stipula con il comune il contratto di concessione).
Di solito è alla sottoscrizione tra le parti (comune e privato cittadino) dell’atto concessorio che il concessionario stabilisce la lex sepulchri, ovvero la riserva ex Art. 93 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. La cosiddetta riserva consiste nella definizione della rosa delle persone portatrici, in vita, dello jus sepulchri che, con ogni probabilità, è l’unico diritto del quale ci si possa avvalere in proiezione dell’oscuro post mortem (la Legge, dopo tutto, al pari di qualunque altro fenomeno umano e storico è pensata in funzione dei vivi): esse, in quanto famigliari del fondatore del sepolcro, avranno, così il diritto a riposare in pace nel sacello così istituito, con il solo limite della naturale capienza del sepolcro…se lo spazio si esaurisce anzi tempo chi muore per ultimo vedrà inesorabilmente comprimersi, sino ad annullarsi, il proprio Jus Sepulchri…quindi, in caso di aspra contesa per accaparrarsi i loculi chi prima decede meglio alloggia, in quanto sarà la cronologia degli eventi luttuosi a dettare l’ordine di riempimento della tomba famigliare!
A questo punto si rinvia ad un attento esame dell’atto concessorio da cui evincere i nomi degli aventi diritto alla tumulazione, nel suo silenzio sarà il regolamento comunale di polizia mortuaria, vigente al momento del perfezionarsi nel tempo dell’atto di concessione, la fonte da cui attingere quest’essenziale informazione, senza la quale non si può procedere.
Bisogna, in effetti, preliminarmente capire se i posti feretro siano stati nominativamente dedicati ed assegnati ab origine o vi sia ancora un certo margine di discrezionalità, quanto meno nella precedenza a godere dello jus sepulchri (ed è diritto da sempre poco appetibile, poichè presuppone la morte del suo titolare!)
Ad ogni modo, per evitare usi illegittimi o indebiti del sepolcro (tumulazione sine titulo, cioè “clandestina”) cui si potrebbe ovviare con le ordinarie azioni (di manutenzione e negatoria) previste dal Cod. Civile a tutela dei diritti reali del proprietario del sepolcro (Lo Jus Sepulchri, come più volte ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione è diritto poliedrico, in quanto reale, patrimoniale e di natura personalissima insieme!) si richiama il compito di vigilanza affidato al Comune ex Art. 102 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, sull’attività d’immissione di nuovi feretri nel sepolcro stesso, in quanto prima della tumulazione deve esser accertato il regolare titolo di accoglimento. Su questa posizione si attesta anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato.
buonasera sig. Carlo,
nella tomba di famiglia paterna sono tumulati oltre ai miei nonni (morti da 30 anni), mio padre e suo fratello (morto da poco, mai sposato e senza eredi). Gli unici eredi rimasti in vita (aventi lo stesso cognome del fondatore) siamo io e mio fratello oltre a mia zia (sorella di mio padre, mai sposata e senza eredi). Da quello che ho capito (mi dica se sbaglio) ora la titolarità della tomba è passata a me, il primo erede maschio. Volevo capire se, alla morte di mia zia,(con cui non abbiamo mai avuto rapporti) posso rifiutarmi di seppellirla nella tomba di famiglia, volendo sia io che mio fratello lasciare lo spazio libero in futuro per il feretro di nostra madre.
Può darmi qualche indicazione ed eventuali suggerimenti su come affrontare al meglio la questione?
grazie mille da ora per la Sua risposta
Paolo
Trattazione eccellente, ricca di riscontri di casi reali, purtroppo inevitabimente complessa per la natura dell’argomento.Una aggiunta semplice che evidenzi gli elementi essenziali sarebbe a mio avviso sicuramente preziosa. Complimenti eccellente trattazione di situazioni reali e frequenti di grande interesse.Mario Martino
X Davide,
Il cimitero è un luogo pubblico quasi per antonomasia, quindi bisogna ben raccordare tra loro le comprensibili aspirazioni alla riservatezza sepolcrale e le esigenze di carattere pubblicistico, come, appunto, l’individuazione delle sepolture, attraverso appositi “segni” di riconoscimento, anche grafico e visivo, oltreché alfanumerico.
Qui il conflitto strisciante ed oserei dire pure corrosivo, non è tanto tra parenti del de cuius, ma tra il legittimo diritto alla memoria (di chi rimane in questa valle di lacrime) e lo jus eligendi sepulchrum, ossia la volontà sovrana del de cuius stesso nel decidere tipo di destinazione, modalità e luogo di sepoltura.
Il volere del defunto, se ed in quanto manifestato, deve prevalere pure sul necessario requisito di forma per il cosiddetto postulato del FAVOR TESTAMENTI, La legge infatti si prefigge di tutelare il volere ultimo della persona scomparsa, che rappresenta la parte più debole nella successione mortis causa (il morto, in effetti, non ha più possibilità di spiegare o difendere le proprie scelte, nè tanto meno di recedere dai propri propositi funerari!) ; inoltre la scheda testamentaria potrebbe anche contenere disposizioni del de cuius per il proprio post mortem non aventi carattere patrimoniale, così come regolamentate dal Cod. Civile.
Di solito questi contrasti così dilaceranti tra princìpi primi dell’Ordinamento Giuridico si risolvono tramite compressione o estensione di quest’ultimi.
La normativa vigente (salvo forse la Lombardia, il cui regolamento regionale è più possibilista in termine di “privacy” dei defunti) prevede, comunque, la necessità di riportare sulla lapide nome, cognome, data di nascita e di morte delle persone sepolte nella tomba.
Di conseguenza oltre alle iscrizioni dovute ed obbligatorie è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre scritte, purché autorizzate, nulla invece si dice della foto-ricordo, che, pertanto, è da intendersi come facoltativa.
Nella fattispecie, pertanto, oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente comunale competente) altre iscrizioni, autorizzate, come anche un ricordo di persone sepolte da altra parte, purché chiarendo che non vi è la spoglia mortale, così si realizza un piccolo cenotafio (= monumento sepolcrale dedicato a persona sepolta in altro luogo), naturalmente con il nulla osta dell’ufficio comunale della polizia mortuaria cui compete, pur sempre, la funzione di supervisione e controllo dell’attività cimiteriale (lavori lapidei compresi!).
Se Lei e la Sua famiglia ritenete il cenotafio in questione lesivo della più intima volontà del de cuius dovete formalizzare istanza di rimozione, in forma scritta, al comune che lo ha autorizzato adducendo con precisione le vostre motivazioni, solo dopo, si potrà presentare, in caso di diniego, eventuale impugnazione del provvedimento dinanzi al giudice amministrativo.
A mio umilissimo avviso la sede giurisdizionale più propria, se ragioniamo in termini di diritti soggettivi (lesi o da affermare, ovvero Diritto al ricordo versus diritto all’oblio nel post mortem) potrebbe esser quella civile, sottoponendosi comunque all’alea ed agli inevitabili costi che comporta l’adire il giudice ordinario, anche tenuto conto dei tempi molto dilatati della Giustizia Italiana.
X Arca,
consiglio preliminarmente la consultazione di questo link per approfondire l’istituto della “DECADENZA” da applicarsi eventualmente al caso in esame:
https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html
Una delle ipotesi di esaurimento nei fini di una concessione cimiteriale nasce dall’estinzione della famiglia, cioè dei soggetti destinatari dello Jus Sepulchri o comunque aventi causa del concessionario primo/fondatore del sepolcro.
Si tratta, nelle fattispecie da Lei rappresentata, senza dubbio di una sepoltura, a sistema d’inumazione in area data in concessione, forse a tempo indeterminato, in quanto l’allora vigente regolamento statale di polizia mortuaria di cui al Regio Decreto n.448/1992 prevedeva, appunto, anche questa tipologia di sepolcri privati nei cimiteri, oltre ai più classici manufatti per tumulazione.
Ragionando per assurdo, se la tomba non fosse stata concessa in regime di perpetuità la conseguenza “patologica” più eclatante sarebbe questa: significherebbe, infatti, che negli ultimi 100 anni almeno il Comune si è “leggermente” distratto nell’esercizio della sua precipua funzione cimiteriale, “esentando” indebitamente questa fossa, in capo comune, dal turno decennale di rotazione, espressamente richiesto dalla Legge, così da lasciar spazio a nuove sepolture, l’attività cimiteriale, in effetti è ciclica e non ammette – ovviamente – interruzioni disfunzionali o soluzione di continuità.
In particolare, sulla condizione di incuria, è di ausilio quanto espresso dalla giurisprudenza, con riferimento alla sussistenza dello stato di trascuratezza di un’area cimiteriale, per cui debbono presentarsi precisi requisiti: temporali, nel senso che deve potersi agevolmente dimostrare come da lungo tempo il titolare, o chi per lui, con preciso animus, non si sia recato in loco, ed oggettivi, siccome l’area stessa deve riuscire davvero impraticabile o comunque, il manufatto sulla stessa insistente gravemente deteriorato in seguito al lungo stato di abbandono e degrado.
Alla luce delle sullodate considerazioni, il Comune potrà dunque valutare, con la discrezionalità che è propria dell’azione amministrativa, se, in relazione alle previsioni del contratto di concessione, in particolare sulla destinazione impressa alla sepoltura e sugli obblighi di manutenzione posti in capo al concessionario ed ai suoi aventi causa a lui subentrati, ricadano i presupposti perché possa prospettarsi l’inadempimento contrattuale e, dunque, debba determinarsi la decadenza della concessione, secondo modalità, forme di pubblicità-notizia, procedure e tempi dettati dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
La decadenza è un atto di ritiro (con efficacia ex nunc) che la P.A. emette in relazione a precedenti atti ampliativi dei poteri del privato cittadino (come appunto autorizzazioni o concessioni), in occasione di:
– inosservanza delle prescrizioni o degli oneri gravanti sui destinatari, (c.d. decadenza sanzionatoria), ove gli inadempimenti siano gravi ingiustificati, reiterati o permanenti;
– mancato esercizio per un determinato periodo di tempo, da parte dei medesimi delle facoltà derivanti dall’atto amministrativo (decadenza sanzionatoria);
venir meno dei requisiti di idoneità necessari sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto (decadenza accertativa).
Salve,
vorrei un chiarimento, siccome mio padre è sepolto in una città diversa, mentre la cognata (moglie del fratello di mio padre) aveva messo il portafoto di mio padre sulla tomba dei genitori di mio padre che si trova nella città natale senza il nostro consenso. Potrà fare? Perché si tratta il contro volontà di mio padre perché lui non vuole essere sepolto nella tomba assieme dei suoi genitori.
Purtroppo non ho le scritture di volontà di mio padre.
E mi sono informato del comune di città Natale e mi ha risposto che questa cosa si tratta una personale tra parenti.
Esiste qualcosa che si possa fare qualcosa per la violazione di privacy o contro la volontà?
Spero che mi sono spiegato in modo chiaro.
Cordiali saluti.
Davide
Per il Sig.Carlo
Buongiorno, ho da porLe un quesito.
Nel piccolo cimitero di un comune della provincia di Aosta, dal 1901, in una tomba a terra, è sepolta una signora.
Lo spazio, decisamente grande per una sola sepoltura, rimane nella parte antica del cimitero che peraltro non prevede da anni nuove concessioni.
Presso l’Ufficio tecnico e nell’archivio storico del Comune non vi è traccia del documento di concessione.
Ho fatto una ricerca presso l’archivio della Curia e son venuto a conoscenza che il marito della signora era scomparso circa dieci anni prima, che fu sepolto altrove e che la coppia non ebbe figli.
La tomba non riceve visite, non è oggetto di alcuna manutenzione, è coperta da erbacce e risulta abbandonata.
Ho anche preso l’iniziativa di scrivere a tutti coloro avessero i cognomi della signora, da nubile e da coniugata, trovati sulla guida telefonica esplicitando la mia intenzione di acquistare la concessione, senza pervenire ad alcun erede avente diritto in grado di esibire documenti di proprietà.
Cosa può suggerirmi?
Grazie per l’attenzione
X Lorenzo,
1) Tramite l’istituto del subentro, normato in sede locale, nel regolamento comunale di polizia mortuaria Lei ed altri (immagino Suoi stretti famigliari) avete sì “ereditato” la mera proprietà del manufatto funebre, in senso patrimoniale o meglio del corpus compositum (opere murarie, arredi e suppellettili) di cui esso consta, ma come dimostrerò qui di seguito per meglio dire avere ottenuto a vostro favore la voltura della titolarità di una concessione cimiteriale (che da Suo Padre, quale fondatore del sepolcro) è stata trasferita a Voi). Dico queste cose “serie ed inopportune” perché nel diritto funerario l’elemento privatistico (la proprietà dell’edificio) è solo strumentale, funzionale ed intermedio rispetto al vero e proprio Jus Sepulchri che è diritto personale o sin anche personalissimo sottratto, quindi, se Dio vuole, a i capricci del mercato
2) la divaricazione dello Jus Sepulchri inteso come titolarità di una tomba dalla legittimazione jure sanguinis a disporre dei defunti ivi tumulati è sempre foriera di liti e conflitti, dunque Le consiglio di prestare la massima attenzione ad acconsentire che il feretro dello zio sia sepolto della Sua cappella di famiglia, perché dopo non sarà più “sfrattabile” ed , il comune, in ogni caso, rimarrà estraneo alla controversia limitandosi a mantener fermo lo status quo ante, pendente una eventuale richiesta di estumulazione, in attesa di una composizione bonaria o di una sentenza del giudice di ultima istanza, in sede civile, titolato ad esprimersi.
3) “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel cieli”, recita il Santo Evangelo, più prosaicamente ogni sepolcro privato e gentilizio sorge dietro presentazione e conseguente approvazione di un progetto in cui sono ben definiti i posti feretro, nel loro numero finale. A monte del rapporto concessorio così costituitosi, poi, vi è pur sempre la stipula dell’atto di concessione in cui le parti contraenti (nella fattispecie Suo padre quale concessionario ed il Comune come ente concedente) specificano i nominativi delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri ex Art. 93 comma 1 I Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al DPR 10 settembre 1990 n. 285. Nel contratto i nomi sono per così dire cristallizzati sono in quel momento solenne ed istitutivo dello Jus Sepulchri il concessionario ha il potere di ampliare o restringere la rosa degli aventi titolo ad esser accolti in quel determinato sacello sepolcrale.
4) Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore[2] del sepolcro sibi familiaeque[3] suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi. Nel silenzio dell’atto concessorio occorrerà interpretare la volontà del concessionario primo-fondatore del sepolcro famigliare.
5) E’ necessario distinguere sempre tra la titolarita’ della concessione e la legittimazione a disporre della salma.
La seconda pone su di un piano di parita’ i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.
Il “parcheggio” di un feretro da tumularsi PROVVISORIAMENTE, anche per pie ragioni, non discuto, in avello nel quale il defunto non vantasse, in vita diritto di accettazione è una prassi seppur radicata e presente, che non trova cittadinanza nell’Ordinamento Italiano di Polizia Mortuaria, anche in ossequio al principio implicito e, quindi, fondativo, della stabilità delle sepolture, giusto per evitare vorticosi giri di walzer.
Gentile Sig. Carlo,
mio padre ha eretto una cappella di famiglia nel cimitero comunale. Dopo la sua morte io e i miei fratelli ne abbiamo ereditato la proprietà. Il nostro desiderio è di fare la sua volontà, ovvero seppellire nella cappella noi membri diretti.
La questione nasce però dalla richiesta di una nostra zia, la quale ci chiede di poter seppellire temporaneamente il proprio marito nella nostra cappella perché la sua volontà è di “non essere messo sotto terra”. Noi tutti vogliamo estremamente bene a nostro zio, e sarebbe nostra volontà aiutare mia zia in questa ultima richiesta, però… ci sono dei grandi punti interrogativi che ci poniamo:
a) possiamo esercitare il diritto, in futuro, di richiedere lo spostamento obbligatorio della salma dalla nostra cappella senza il consenso dei familiari di nostro zio?
b) per dar seguito alla volontà di nostro padre (ovvero solo i membri diretti della nostra famiglia devono essere tumulati nella nostra cappella), come possiamo tutelarci legalmente se decidiamo di acconsentire esclusivamente ad una temporanea tumulazione di nostro zio? Una scrittura privata tra noi e i nostri cugini è sufficiente?
Abbiamo il timore che una volta tumulata la salma, i nostri cugini possano esercitare il diritto di non spostarla più dalla nostra cappella di famiglia.
La ringrazio sin d’ora per la sua gentile risposta.
X Remo,
la situazione è leggermente più complicata perché purtroppo (o per fortuna!) non esiste una norma specifica su tutto lo scibile giuridico (…e poi ci lamentiamo dell’eccessiva burocrazia!) certe questioni dell’anima sembrano proprio travalicare gli angusti confini ordinamentali (spazio, tempo, efficacia delle singole norme, loro ambito di applicazione….) per assurgere, così, a veri e propri postulati della coscienza comune e del vivere civile.
Il cosiddetto diritto secondario di sepolcro non contemplato ancora da nessuna norma formale è un principio implicito e, quindi fondativo di tutto il nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria; esso è il portato di una costante ed omogenea (almeno per una volta!) elaborazione giurisprudenziale formatasi nei massimi Tribunali Italiani proprio per dirimere e ricomporre contenziosi di questo tipo.
Orbene, il diritto secondario di sepolcro (in latino: iter ad sepulchrum, ossia una sorta di servitù di passaggio per raggiungere, attraverso un fondo altrui, un determinato sepolcro) è una figura giuridica la quale consta in un diritto personalissimo (e come tale imprescrittibile e non trasmissibile per acta inter vivos e quindi sottratto alla disponibilità dei privati) di godimento su cosa altrui (jus in re aliena) che segue la destinazione dei defunto (comprese sue eventuali traslazioni verso altre sepolture) ed origina jure sanguinis, cioè dal rapporto di consanguineità che i dolenti intrattengono, anche per il post mortem, con il de cuius.
Il diritto secondario di sepolcro si traduce nella facoltà (o…nel potere?) di render omaggio ai propri cari scomparsi con riti di suffragio attraverso la precisa garanzia di aver libero accesso alla tomba, anche al fine di potervi apporre suppellettili funebri ed arredi floreali, secondo usi costumi e tradizioni locali. Il Regolamento comunale di polizia mortuaria può contenere disposizioni più precise e capillari, ma questo principio si è cristallizzato nel nostro ordinamento giuridico ed è, pertanto, intangibile, a meno di non sovvertire, ex abrupto, tutta la giurisprudenza degli ultimi 150 anni, se ci limitiamo al periodo storico post-unitario, senza scomodare il diritto romano.
In riferimento alla nostra correspondenza del 18 agosto 2013, La prego di citarmi il testo e numero
della legge che mi garantisce “il diritto secondario di sepolcro, cioe’ la facolta’ di fruire del sepolcro per porre in essere atti di pietas e devozione verso i miei defunti”.
Grazie
Remo
X Giuseppe,
gli estremi identificativi obbligatori per una sepoltura (a maggior ragione se PRIVATA, quale è sempre ciascuna tumulazione, anche in sepolcro monoposto) sono nome e cognome del defunto, nonché data di nascita e morte. Il Regolamento comunale di polizia mortuaria, o meglio ancora le norme attuative del piano regolatore cimiteriale, può dettare criteri più specifici e stringenti o anche a maglie più larghe. Il principio da non disattendere mai è che la tomba deve esser chiaramente IDENTIFICABILE. La fotografia ricordo, pure se molto utile allo scopo, è elemento OPZIONALE e non di diritto.
Quanto poi agli atti di disposizione per il post mortem la preponderante dottrina ritiene che il coniuge superstite (dal primo matrimonio) anche se legittimamente risposato, mantenga sul de cuius il proprio diritto a decidere sulla sistemazione delle spoglie mortali. Insomma, la cara e vecchia formuletta del “finchè morte non vi separi” non si applica in ambito di polizia mortuaria e di conseguente diritto di sepolcro, considerando nello jus sepulchri anche i diritti gestionali e patrimoniali sulla sepoltura stessa e sul corpus compositum di opere materiali (arredi votivi, lapidi, suppellettili) di cui essa consta.
Chiudo con questa ultima postilla: tutti i lavori cimiteriali (compresi quelli dei marmisti) debbono esser preventivamente AUTORIZZATI dal comune, la rimozione di lastre sepolcrali o di foto, magari nottetempo e clandestinamente deve ritenersi a ragione, un fatto illecito.
15 anni fa moriva mio fratello e sua moglie sulla lapide a nostra insaputa non metteva nessuna foto ma solo una dedica.Con il passare degli anni sua moglie si e’ risposata e la lapide di mio fratello e’ rimasta cosi’.Nel frattempo sono morte molte persone che si sono affiancate alla lapide di mio fratello rendendo cosi’ difficile ogni qual volta lo si andava a trovare il riconoscimento.Si decide cosi’di mettere una foto del defunto appoggiata alla lapide ma con nostra sorpresa dopo un po’ e’ scomparsa,abbiamo provveduto allora a marchiarla a fuoco sulla lapide e anche questa volta e’ stata tolta .volevo sapere se la moglie puo’ far togliere la foto del defunto dalla lapide(perché e’ lei complice con qualcuno che lo fa.
X Sandro,
Come?!!! Non avete il regolamento comunale di polizia mortuaria? Orrore nero! Sono attonito, sgomento ed allibito…per non dire esterrefatto!
Il suddetto strumento normativo è indispensabile per il buon governo del cimitero, anche per raccordare la gestione degli spazi sepolcrali con usi, costumi e sensibilità locali; altrimenti è impossibile disciplinare compiutamente tutta la galassia delle concessioni cimiteriali, basandosi solo sulle le scarne norme nazionali di sistema.
L’adozione del regolamento municipale (tempo addietro spesse volte accorpato con quello di igiene) è obbligatoria per ciascun comune a far data dal Regio Decreto n. 2322/1865 (giusto l’altro giorno eh?) senza poi considerare le attuali disposizioni attualmente in vigore quali gli Artt. 344 e 345 del Testo Unico Leggi Sanitarie approvato con Regio Decreto n. 1265/1934…cioè più di 80 anni fa, all’epoca del fascismo!
Si tratta di una grave lacuna (o inadempienza???) spesso foriera di liti, conflitti e controversie tar i privati sull’uso delle tombe, perché, all’alba della prima legislazione postunitaria, in tema di servizi funerari, la polizia mortuaria nasce proprio come materia spiccatamente comunale (“federale” si direbbe oggi), tant’è vero che il primo regolamento nazionale risale “solo” al 1891.
Ad ogni modo opera, per il principio dell’horror vacui legislativo, pur sempre e di default, come norma quadro, l’Art. 93 comma 1 I Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al DPR 10 settembre 1990 n. 285, il quale rinvia implicitamente agli Artt. 74 e segg. del Cod. Civile dove, come da Lei giustamente rilevato, l’ultimo grado di parentela riconosciuto dal Legislatore è, appunto, il sesto.
Gent.mo sig. Carlo,
faccio seguito al mio precedente post. Sono stato presso il mio Comune il quale mi ha detto, con mio sommo stupore, di non avere un Regolamento di Polizia Mortuaria!!
Sulla base di ciò, presumo che, per la qualificazione del concetto di “famiglia”, in assenza di un Regolamento di Polizia Mortuaria comuinale che ne stabilisca la portata, debba far unicamente riferimento a quanto stabilito dal codice civile che considera la parentela entro il 6° grado.
X Romina,
A volte, i regolamenti comunali prevedono che chi si attivi per richiedere una data operazione cimiteriale possa dichiarare di agire in nome e per conto di tutti gli aventi diritto e con il loro consenso, sollevando gli uffici comunali da eventuali contenziosi endo-famigliari, poi si sa… la Legge punisce le dichiarazioni mendaci, ma malgrado l’Art. 76 DPR n. 445/2000 commini questa sanzione c’è sempre chi tenta la sorte affermando il falso e negando la verità….siamo in Italia.
Il regolamento comunale del Suo Comune presenta una sottile ambiguità: in effetti, precisa come la famiglia sia composta sì da ascendenti e discendenti addirittura ampliando la portata di tale definizione sino agli affini, ma dimentica come il nucleo famigliare legittimo sia soprattutto fondato sull’istituto del matrimonio. Dunque, per costante interpretazione della giurisprudenza, e per norma costituzionale, aggiungo io: bisognerebbe annoverare anche il consorte tra gli aventi diritto alla sepoltura.
Nell’assenza di una norma ad hoc, magari inserita nel regolamento comunale di polizia mortuaria, per tentare timidamente di risolvere una caso così specifico e delicato ci soccorre la giurisprudenza, sempre con l’ovvio limite dell’applicabilità di un pronunciamento ad una fattispecie simile o analoga (In Italia, in effetti, una sentenza, per quanto importante o “storica” fa stato solo tra le parti in giudizio) :
Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 “Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione”.
A mio umilissimo (e servile!) avviso bisogna appurare, in primis, “se” e soprattutto “come” (pleno jure?) i due figli in questione siano subentrati, alla morte del concessionario primo nell’intestazione della concessione.
Occorre, infatti, fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria locale per la verifica di quali siano, o possano essere, le persone che siano subentrate (se vi sia stato subentro) nella qualità di concessionario (precisando che potrebbe anche aversi il caso che non vi sia proprio subentro, ma che con cessionario rimanga determinato nel fondatore del sepolcro (con l’effetto dell’inoperatività dell’art. 93, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).
In linea generale, nei sepolcri privati nei cimiteri sono accogliibili (cioè: hanno il diritto di sepolcro) le persone considerate dall’art. 93, sopra citato salve norme regolamentari che amplino o restringano il diritto di sepolcro), fatta salva la possibilità per il concessionario, esplicitandolo nell’atto di concessione, di indicare, od anche escludere, persone diverse, statuizione che rimane immodificabile di seguito, sia da parte del concessionario, sia da parte (deceduto quest’ultimo) di altri aventi titolo, se subentrati nella titolarità della concessione
Ora nel caso di coo-titolarità (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari, così come spesso ci ricorda la Suprema Corte di Cassazione, con alcune illuminanti sentenze a proposito dello Jus SEpulchri.
Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma non è ammesso che i concessionari definiscano tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe regolare le forme e le modalità di “registrazione” di questa “spacchettamento” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro é riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei concessionari, famiglia che, a questi fini, é stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso è connesso solo al verificarsi del fatto luttuoso (non prevedibile, come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha titolo, una volta stipulato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qualità di persone benemerito per il concessionario, trattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale condizione).
Quando venga a decede il concessionario (o, uno di essi, in caso di co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di polizia mortuaria regolare gli effetti, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi dell’art. 93 comma 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non é proprio ammissibile la tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93, 1, cosa che se richiesta comporta, di èper se’ stesso, la dichiaarzione di didecadenza dalla concessione.
E’ sempre inammissibile una tumulazione in sepolcro di terzi, seppure temporanea, ipotesi che determina la decadenza dalla concessione, quando fosse evenmtualmente richiesta (per altro, in alcuni comuni, e’ – erroneamente – tollerata questa indebita prassi, ipotesi nella quale potrebbe agire unciamente il concessionario).
Se, allora, c’è stato il pieno subentro abbiamo un frazionamento dello Jus Sepulchri attivo e passivo in due quote paritarie, quindi la formula del sibi familiaeque suae
[diritto di sepolcro riservato al concessionario ed alla di lui famiglia] va estesa alle due rispettive famiglie dei concessionari ed il coniuge è senz’altro parte (jure coniugii appunto) della famiglia legittima del concessionario…rectius: di uno dei due concessionari. Insomma chi per consanguineità o istituto del matrimonio, rientri nella rosa delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri si colloca su un piano di pari ordinazione rispetto agli altri aventi diritto con questa conseguenza: chi prima muore meglio alloggia…sin quando ci sia posto!
Per quanto riguarda la difesa dello ius sepulcri, la Cassazione ha precisato che tale interesse è tutelabile con l’azione negatoria sancita dall’art. 949 codice civile (22).
Lo scopo sarà quello di impedire od eliminare l’introduzione nel sepolcro delle salme di coloro che non vi hanno titolo.
Ciascun familiare, perciò, essendo portatore di specifico ed individuale interesse, potrà esercitare l’azione negatoria per sentir dichiarare l’inesistenza di un diritto di sepoltura sul manufatto cimiteriale e qualora il convenuto eccepisca di essere proprietario del bene oggetto del giudizio, all’attore spetterà solamente fornire con ogni mezzo la prova del proprio status familiae.
Il diritto alla tumulazione, nella sua veste di interesse privato e personale, è tutelabile dinanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria mediante ogni azione che il particolare caso richieda, compresa quella di rivendica mentre come sopra detto, alla stregua del diritto sul sepolcro, è destinato ad affievolirsi nei confronti dell’Amministrazione concedente ed a degradare in diritto condizionato o affievolito, qualora lo richiedano esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero.
In questo secondo caso sulle relative controversie, trattandosi di interessi legittimi e non di diritti soggettivi è competente il giudice amministrativo.
G.le Sig. Carlo,
le espongo il mio problema: il signor X è titolare di una concessione cimiteriale. alla sua morte la stessa si trasferisce ai suoi 2 figli. uno di questi seppellisce li la moglie, all’insaputa dell’altro e dichiarando di agire con il consenso di quest’ultimo, esaurendo i posti a disposizione. il regolamento comunale afferma che “la famiglia del concessionario è da intendersi composta dagli ascendenti, discendenti in linea retta e collaterali, ampliata agli affini, fino al 6 grado”. tale tumulazione è legittima???
X Sandro,
in questo caso (salvi patti contrari tra gli aventi diritto, da notificare all’amministrazione comunale, ai quali, comunque, il Comune rimane estraneo, nell’evenienza di un possibile contenzioso, o diverse indicazioni, sull’ordine di occupazione dei posti feretro, contenute nell’atto di concessione)la legittimazione JURE HAEREDITATIS, così come quella JURE SANGUINIS pone tutti i titolari dello Jus Sepulchri su di un livello di pari ordinazione, lasciando così alla naturale cronologia degli eventi luttuosi (la morte è un evento non sempre prevedibile…ma, ad ogni modo certo!) il compito di stabilire chi prima fruirà dello spazio sepolcrale, com’è ovvio sino alla saturazione della tomba…insomma “chi prima muore meglio alloggia”, sempre che abbia davvero maturato il diritto di sepoltura in quella data cappella privata.
Gent.mo Carlo,
La ringrazio per la cortese risposta. Quindi, in parole povere, il cugino di 4° grado ha acquisito il diritto di essere sepolto nel nostro sepolcro, in virtù di successione da mio fratello (de cuius).
Per come mi è parso di capire, non c’è alcuna regola di preferenza tra il discendente e l’ascendente… chi muore prima meglio alloggia!
X Sandro,
E’ sempre difficile districarsi tra rapporti endo-famigliari (dai quali poi, originano i contenziosi sullo Jus Sepulchri) non sempre idilliaci ed al quanto problematici, soprattutto quando si finesce con il litigare sui posti salma.
Comunque: abbiamo due fattispecie: il sepolcro gentilizio (o famigliare) e quello ereditario.
Nel primo caso (sepolcro gentilizio) così come previsto dall’art. 93 del DPR n. 285/90, recante l’approvazione del Regolamento nazionale di polizia mortuaria – il diritto d’uso delle sepolture private spetta al titolare della concessione ed ai suoi familiari, fino al logico completamento della capienza del sepolcro, oltre la quale lo jus sepulchri spira ex se, divenendo non più esercitabile (…per forza: se non c’è più spazio per l’immissione di nuovi feretri!)
Lo stesso concessionario può consentire la tumulazione, nella propria tomba, di salme di persone sue conviventi o a lui legate per particolari benemerenze.
La famiglia del concessionario è comunque da intendersi composta dagli ascendenti e discendenti, in linea retta e collaterali, ampliata agli affini, fino al sesto grado di parentela se ciò viene specificato nel regolamento di polizia mortuaria comunale, il quale, però, potrebbe dettare criteri più selettivi o restrittivi.
Per gli ascendenti e discendenti in linea retta il diritto alla tumulazione è stato implicitamente acquisito dal fondatore il sepolcro, all’atto dell’ottenimento della concessione. Per i rimanenti è il regolamento comunale che può estendere lo jus sepulchri.
In assenza di norma specifica nel regolamento, laddove si voglia consentire la sepoltura di collaterali ed affini, questa estensione, in deroga alla natura familiare della tomba, deve essere autorizzata di volta in volta dal titolare della concessione con apposita dichiarazione, facendo riferimento al 2° comma dell’art. 93 del DPR n.285/90 (istituto delle benemerenze).
Nella seconda evenienza: (ed è il nostro caso, cioè del sepolcro jure haereditatis) il diritto alla tumulazione di natura ereditaria può derivare fin dall’inizio dall’atto di concessione, laddove il fondatore statuisca che il sepolcro viene realizzato per sé e per i propri eredi, come proprio mi par di capire dalla Sua esposizione.
Costui, concentrando nelle proprie mani tutto lo jus sepulchri attivo e passivo, nonchè i diritti di gestione sull’edificio sepolcrale, si limita a compiere una mera destinazione del diritto di sepoltura ai propri eredi (o successibili) in considerazione di tale loro qualità, con la conseguenza che ciascuno di essi (subentrandogli “iure haereditatis”) è legittimato alla tumulazione di salme estranee alla famiglia di origine, entro i limiti della propria quota ereditaria.
In quanto erede, poi, sia in questa condizione sia come portatore di un interesse morale e spirituale alla conservazione del sepolcro che contiene i resti dei più stretti congiunti, risulta titolare di una posizione giuridica soggettiva di carattere sostanziale che abilita ad agire per la difesa, la conservazione e il ripristino dell’interesse stesso ove se ne prospetti l’illegittima lesione da parte di chiunque.
L’identificazione dei soggetti titolari dello ius sepulcri va eseguita in base alle norme civilistiche che regolano la successione mortis causa o i trasferimenti in genere (specie se patrimoniali) dall’originario titolare, trattandosi di un diritto che si trasmette nei modi stessi di ogni altro bene, e può persino essere alienato in tutto o in parte e può essere lasciato, anche in legato, a persone non facenti parte dalla famiglia.
Il diritto alla tumulazione di natura ereditaria può derivare, altresì, come detto appena sopra, dallo ius sepulcri che, trasmesso per vincolo di consanguineità all’ultimo superstite della cerchia degli aventi diritto, all’apertura della successione di tale soggetto diventa trasmissibile per via ereditaria quale parte del suo patrimonio.
In altre parole, con l’estinzione della cerchia dei familiari, esso si trasforma da familiare in ereditario con riviviscenza dello ius successionis e della trasmissibilità per atto inter vivos o mortis causa. Ciò in quanto la presenza di più contitolari realizza quella particolare forma di comunione, differenziata dalla comunione di proprietà o di altro diritto reale sul bene, nella quale non può non riconoscersi la concentrazione dello stesso diritto nelle mani dell’ultimo superstite compreso nella cerchia dei familiari, qualunque sia il suo vincolo col fondatore.
In questo caso, pertanto, le successive vicende della proprietà dell’edificio cimiteriale nella sua materialità non diventano indifferenti per l’individuazione dei titolari del diritto, anzi, costituisce presupposto indispensabile per l’esercizio della facoltà di sepoltura proprio il fatto che il sepolcro (o parte di esso) rientri nel patrimonio del soggetto.
La volontà del fondatore di erigere ab origine un sepolcro familiare o ereditario può trovare innanzitutto espressione nell’atto concessorio (come accade, appunto, nel fatto da Lei esposto). In questa sede il fondatore può stabilire se il diritto di sepoltura sorga esclusivamente in capo ai suoi successori oppure alle persone che rientrano nella cerchia della sua famiglia. La qualificazione dello status del sepolcro in forma scritta è ovviamente quella da preferire giacché riduce al minimo le situazioni di possibile contenzioso tra soggetti interessati all’uso della tomba.
In assenza dell’atto scritto, la volontà può essere manifestata in qualunque forma, potendo risultare anche da elementi indiziari presuntivi, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito.
Nell’eventualità di una pluralità di concessionari, la titolarità jure haereditatis è riconosciuta in via esclusiva al concessionario rispetto al quale sussista la posizione erede al momento del decesso. Ciò comporta che il comune sia tenuto alla verifica della sussistenza della condizione solo nei confronti del richiedente, restando del tutto estranei al procedimento gli altri eventuali concessionari, sia in termini di consenso o anche di mera consultazione.
Dopo questa lunga e necessaria premessa per inquadrare giuridicamente il fenomeno posso solo aggiungere questo: come a più riprese rilevato dal Consiglio di Stato la legittimazione a deporre in un sacello mortuario privato una determinata salma, deve esser attentamente verificata dall’Autorità Comunale attraverso apposita ed attenta istruttoria, in cui ponderare i titoli di sepoltura (seppur solo formali, perchè l’azione amministrativa non può mai sconfinare nell’attività giurisdizionale) prodotti agli atti dell’ufficio della polizia mortuaria e tale modus operandi (di cui spesso gli stessi Comuni si dimenticano…colpevolmente!) è sancita dall’Art. 102 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. Vale a dire: lo jus sepulchri accertato al momento del decesso della persona interessata, ex Art. 50 comma 1 lett. c) DPR 10 settembre 1990 n. 285, la quale, quindi, doveva esserne portatrice, quando ancora in vita, soprattutto se la concessione preesiste e non è fatta al momento stesso, deve in qualche modo esser documentato affinché il comune possa autorizzare la tumulazione. Di più: certi regolamenti comunali, con una procedura invero piuttosto farraginosa, ma che ha il pregio della chiarezza, richiedono un’autorizzazione preliminare da parte del concessionario, magari per salme detentrici pleno jure dello Jus Sepulchri, ma non specificate nominativamente nell’atto di concessione. Altri regolamenti, questa volta in modo sì ultroneo ed in un eccesso di prudenza prossimo alla paralisi, domandano addirittura il consenso di tutti gli altri potenziali titolari dello jus sepulchri che vedrebbero così attuarsi un’inevitabile compressione del loro stesso diritto di sepolcro, siccome lo spazio sepolcrale, com’è noto, non è dilatabile all’infinito.
Per quanto riguarda la difesa dello ius sepulchri, dalla cosiddetta “tumulazione illegittima” (= turbativa di sepolcro) la Cassazione ha precisato, a più riprese ed in modo pressoché costante ed uniforme, nel tempo, che tale interesse è tutelabile con l’azione negatoria sancita dall’art. 949 codice civile.
Quindi, azzardo una possibile risposta: se il defunto tumulato nella Sua cappella funeraria rientra nella rosa degli eredi (anche in prospettiva futura) del concessionario…o meglio dei concessionari) ha diritto ad esser deposto in quel determinato monumento sepolcrale, se no si è trattato di un ab-uso (nel senso tecnico del termine). Per questa possibile lesione del Suo Jus Sepulchri è possibile, avverso l’autorizzazione comunale di cui parlavo prima, adire anche il T.A.R. o, altrimenti, esperire qualche forma di ricorso amministrativo interno alla “macchina comunale” perché, magari, agendo in autotutela, senza, allora, il bisogno di instaurare o eccitare un giudizio dinanzi al T.A.R., il Comune annulli i provvedimento di cui sopra, in quanto viziato ab origine, forse (penso io, ma potrei aver preso un clamoroso abbaglio) per difetto d’istruttoria.
Salve. Prima di tutto Le faccio i complimenti per l’utilità del sito e per la Sua grande competenza al riguardo, secondo vorrei illustrarLe un problema che mi è capitato.
Nel 1982 mia madre, i miei 2 fratelli ed io abbiamo avuto in concessione una cappella gentilizia. Nel contratto di concessione è riportato che “il diritto di uso della concessione in parola è riservato al concessionario ed ai suoi legittimi eredi, successori e successibili, con divieto di alienazione, a qualsiasi titolo e causa, per atto tra vivi, in favore di terzi”.
Nella cappella in questione, fino a qualche mese fa, era seppellito soltanto mio padre. Successivamente, la moglie di mio fratello vi ha fatto tumulare il figlio del fratello di mio padre.
La tumulazione è stata fatta senza consultarci… in pratica ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto.
Approfittando della sua competenza vorrei chiederLe se ciò sia legittimo, tenuto conto di quanto Le ho riportato e, qualora sia una sepoltura indebita, se possiamo chiedere al Comune di agire in autoutela per ottenere il trasferimento della salma in altro posto.
La ringrazio infinitamente.
X Roberto,
Mi mancano troppi elementi per poterLa davvero aiutare, provo comunque a sintetizzare qualche aspetto procedurale e di sostanza.
Innanzi tutto: a chi era intestata originariamente la concessione? Glielo chiedo perché, come mi par di capire sono già passati oltre 90 anni dal decesso della prima sorella ed in tutto questo tempo le cose possono anche esser cambiate, soprattutto riguardo alla possibile voltura del rapporto concessorio. MI spiego meglio: adesso a che è riconducile la concessione? Ci sono state variazioni, magari mortis causa, nella titolarità della stessa?
Occorre, ad ogni modo, fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria locale per la verifica di quali siano, o possano essere, le persone che siano subentrate (se vi sia stato subentro) nella qualità di concessionario (precisando che potrebbe anche aversi il caso che non vi sia proprio subentro, ma che con cessionario rimanga determinato nel fondatore del sepolcro (con l’effetto dell’inoperatività dell’art. 93, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).
In linea generale, nei sepolcri privati nei cimiteri sono accoglibili (cioè: hanno il diritto di sepolcro) le persone considerate dall’art. 93, sopra citato salve norme regolamentari che amplino o restringano il diritto di sepolcro), fatta salva la possibilità per il concessionario, esplicitandolo nell’atto di concessione, di indicare, od anche escludere, persone diverse, statuizione che rimane immodificabile di seguito, sia da parte del concessionario, sia da parte (deceduto questi di altri aventi titolo, se subentrati nella titolarità della concessione.
Il diritto di accoglimento in un dato sepolcro privato (quali sono le tumulazioni tutte) è regolato dall’Art. 50 lett. c) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285. Detto diritto, attraverso apposita istruttoria comunale, basata naturalmente sulla produzione agli atti dei soli titoli formali (SENZA, QUINDI, ESTENUANTI INDAGINI), ai sensi dell’Art. 102 del DPR citato, deve esser provato al momento della morte, specie quando la concessione della tomba sia pre-esistente. IN altre parole, forse più semplici, lo jus sepulchri è l’unico diritto che si eserciti, in proiezione dell’oscuro post mortem, da morti, appunto, ovvero quando cessa la capacità giuridica. Dello Jus Sepulchri, quindi, bisogna esser titolari (in realtà bisognerebbe ragionare non in termini di un diritto vero e proprio, ma di una legittima aspettativa dove forti sono gli elementi di romantica idealità)quando si è ancora vivi e comunque il diritto di sepolcro vale e diviene effettivo solo quando ci sia materialmente spazio per la tumulazione di un nuovo feretro, oltre questo limite di capienza fisica, lo Jus Sepulchri stesso spira…cioè si estingue da solo, divenendo lettera morta (= un vano miraggio!.
Allora se Sua madre, era, quando ancora in vita, portatrice dello Jus SEpulchri, il quale, non dimentichiamo mai, nel sepolcro di tipo famigliare, si trasmette unicamente jure sanguinis o jure coniugii, vale a dire per consanguineità o matrimonio e nella tomba c’è ancora posto si potrà provvedere, pleno jure, alla sua tumulazione, altre ragioni ostative non si rilevano…per il momento!
buonasera, volevo sottoporvi un quesito al quale non riescono a darmi risposta. mia madre è morta da poco, come ultima sorella ha diritto alla concessione cimiteriale nel sepolcro nel quale 92 anni fà fu sepolta la sorella che è titolare della concessione? nonostante defunta è ancora titolata alla concessione o ad essere sepolta nella tomba assieme alla sorella?
grazie mille
X Eva,
In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari. Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma, non è ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe regolare le forme e le modalità di “registrazione” di questa “DIVISIONE” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro, infatti, é riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei concessionari, famiglia che, a questi fini, é stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso é connesso solo al verificarsi dell’evento (non prevedibile, ma comunque certo come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha mai titolo, una volta rogato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qualità di persone benemerito per il concessionario, trrattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale condizione).
La questione posta è, quindi, un po’ complessa, siccome, in linea di massima, dovrebbe sussistere nella titolarità della concessione tra più persone una comunione indivisibile, anche se possano esservi “regolazioni” pattizie tra diversi soggetti (regolamento su cosa comune ex art. 1106 Cod. Civile?), sempre se ed in quanto dichiarate ammissibili o consentite dal Regolamento comunale. In tale ipotesi, l’utilizzo, pro-indiviso, si verifica in conseguenza di fattori esterni alla volontà degli interessati, cioè all’evento del decesso di persone aventi diritto, in quanto concessionarie o appartenenti alla famiglia del concessionario, e fino al raggiungimento della saturazione del sepolcro stesso. È tradizione che vi sia una sorta di equa divisione dei posti in base alla quota di proprietà del sepolcro, ma questo non è elemento di diritto.
Fermo restando il necessario rinvio al Regolamento comunale (che, in questi casi, senza mai dimenticare l’art. 117 comma 6 III Periodo Cost. assume/svolge un ruolo importante, quando non assoluto), potrebbe – forse – anche riuscire comprensibile un intervento giudiziale di “modulazione”, del diritto di sepolcro; qualora il giudice acceda a questa tesi detto frazionamento, per altro, comporterebbe una sorta di compressione dei diritti di ciascuno degli altri soggetti interessati, venendosi così ad alterare il postulato per cui il titolo ad essere sepolti andrebbe ponderato in occasione del suo immediato utilizzo.
Detto regolamento interno ai titolari dello Jus Sepulchri potrà senz’altro, per conoscenza, esser inoltrato al Comune, rimanendo, però, quest’ultimo estraneo ad ogni potenziale controversia, da dirimersi dinanzi al Giudice Ordinario, poiché si tratta, pur sempre, di diritti soggettivi.
desidero sapere se è possibile scrivere un regolamento interno tra familiari.
X Paola,
La condizione da Lei rappresentata parrebbe configurare la situazione di una tumulazione sine titulo, ossia indebita ed illegittima (= abusiva?), in quanto a suo tempo non autorizzata, con atto formale, dal concessionario.
In primis, bisogna sempre ricordare, però, come il concessionario autorizzi sì l’ingesso nel sepolcro di un determinato feretro, ma autorizza non ad arbitrio o capriccio (= non può autorizzare chicchessia, cioè un estraneo alla rosa dei destinatari dello Jus Sepulchri) bensì sulla base di due precisi elementi normativo-contrattuali:
a) del regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’atto della stipula dell’atto concessorio che si pone come premessa necessaria a tutti i procedimenti di polizia mortuaria che interessino, come parte contraente, il Comune
b) dello stesso atto di concessione.
E’il combinato disposto tra queste due fonti del diritto a determinare la cosiddetta “RISERVA” ossia il novero delle persone che, quali titolari dello jus sepulchri, siano portatrici, quando ancora in vita, del diritto alla tumulazione in sepolcro privato della loro futura salma (in realtà, mentre si è in vita lo Jus Sepulchri, unico ed ultimo diritto da esercitarsi nel post mortem, rimane una mera aspettativa, in attesa di concretizzarsi in prospettiva postuma, fatta salva la raggiunta saturazione del sepolcro stesso: se materialmente non dovesse esserci più posto per immettere nuove bare (…e lo spazio sepolcrale non è dilatabile all’infinito…purtroppo!) lo Jus Sepulchri spirerebbe di per sé, naturalmente senza più la possibilità di esser attuato verso chi ne sia ancora astrattamente titolare.
Quid juris, allora, nella fattispecie?
Io, fossi in Lei (oggi sono più “mafioso” ed omertoso del solito, ma mi permetto, in confidenza, questo spregiudicato suggerimento) me ne starei zitto, in qualche modo invertendo l’onere della prova, poiché una tumulazione sine titulo, ovvero in difformità dall’atto di concessione e dalla “RISERVA” da lui prestabilita comporterebbe ex lege, oltre all’applicazione delle previste sanzioni amministrative (oggi, forse prescritte, in quanto ragioniamo di una sepoltura “clandestina” risalente al lontano, ormai, 1983) anche un altro intervento punitivo ben più grave come la decadenza della stessa concessione per violazioni unilaterali alle obbligazioni sinallagmatiche contratte dal concessionario primo, verso il Comune quando la concessione stessa fu rilasciata.
Tra l’altro una recente sentenza del Consiglio di Stato (da maneggiare con estrema cautela, perchè nel nostro ordinamento giuridico una sentenza fa stato solo tra le parti) sembrerebbe proprio corroborare questa mia tesi così “spericolata”, in base a questo assunto agevolmente dimostrato nello sviluppo logico-argomentativo della sentenza: se il comune omette l’attenta verifica dello jus sepulchri all’atto di ogni singola tumulazione (avallando anche comportamenti di dubbia legittimità “border line”) l’eventuale dichiarazione di decadenza sanzionatoria sarebbe viziata da eccesso di potere e difetto di motivazione, proprio perché il controllo deve esser a monte.
Si ricorda, infatti, l’art. 102 dPR 10/9/1990, n. 285, non agevolmente obliterabile, in forza del quale il Comune deve tramite apposita istruttoria valutare attentamente il titolo di accoglimento di un feretro in un sepolcro privato, proprio per evitare una sorta di “usurpazione” di sepolcro, o detto più delicatamente di una turbativa di sepolcro.
Il comune potrebbe, forse, avvalersi del potere di auto-tutela, annullando (motivatamente) le autorizzazioni indebite impropriamente rilasciate, poichè viziate ab origine, e assegnando un termine affinchè i familiari del defunto “sine titulo”, procedano, a propria cura, diligenza ed onere (chiedendo le prescritte autorizzazioni ecc. ecc.) a dare diversa destinazione al feretro.
Il problema sarebbe semmai, quello relativo al da farsi in caso di inadempimento, per cui (da valutare) si potrebbe operare un rinvio agli artt. 2028-2032 CC.
Se, poi,come nel caso presente si ipotizza, il Comune ha erroneamente assentito alla tumulazione in contrasto con il titolo concessorio, l’Ente Locale – come è stato rilevato in dottrina, potrebbe agire in autotutela annullando l’autorizzazione illegittima invitando, altresì, gli aventi diritto sulla salma abusivamente tumulata in primo luogo alla estumulazione e successivamente alla collocazione del feretro, entro un dato termine, in altro legittimo sito.
In caso di inadempimento degli intimati, il Comune potrebbe (con provvedimento dirigenziale ) disporre d’ufficio la rimozione della salma abusiva ponendola – come è stato scritto, provvisoriamente, in attesa di sistemazione definitiva, in altro loculo non ancora concessionato, ovvero, in via definitiva, nel campo di terra.
Diciamo che dovrebbe sempre essere preventivamente acclarato che il defunto avesse titolo ad essere accolto in un determinato sepolcro. Non si ignora, parimenti, come, talora, tali accertamenti o non avvengano o sono effettuati in modo del tutto molto “soft”.
Gentile Sig. Carlo,
ho ereditao da mio padre una cappella di famiglia con la ricettività delle salme al completo. Mi viene il dubbio che una cugina di secondo grado ivi sepolta sia stata tumulata nel 1983 e che al comune ove si trova la cappella sia stata data comunicazione ufficiale ma non il permesso di tumulazione della salma in quanto il titolare della concessione della cappella era già morto. In questo caso come mi devo comportare? E’ necessario che mi rechi in comune per regolarizzare la posizione amministrativa? Grazie
X Viviana,
Qui il conflitto strisciante non è tanto tra parenti del de cuius, ma tra il legittimo diritto alla memoria (di chi rimane in questa valle di lacrime) e lo jus eligendi sepulchrum, ossia la volontà sovrana del de cuius stesso nel decidere forma, modalità e luogo di sepoltura.
Di solito questi contrasti così dilaceranti tra princìpi primi dell’Ordinamento Giuridico si risolvono tramite compressione o estensione di quest’ultimi.
La normativa vigente (salvo forse la Lombardia, il cui regolamento regionale è più possibilista in termine di “privacy” dei defunti) prevede, comunque, la necessità di riportare sulla lapide nome, cognome, data di nascita e di morte delle persone sepolte nella tomba. Pertanto oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre scritte, purché autorizzate, nulla invece si dice della foto-ricordo, che, pertanto, è da intendersi come facoltativa.
Alcune delle caratteristiche che deve presentare una tomba per essere considerata in stato d’abbandono possono essere, per esempio, la non leggibilità delle iscrizioni (obbligatorie la data di nascita, morte, nome e cognome),
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Generalmente le soluzioni individuate nei diversi Comuni sono le seguenti:
– norme tecniche attuative di piano regolatore cimiteriale (che però non entrano nel dettaglio).
Spesso la norma tecnica rimanda ad altro strumento d’attuazione (deliberazione di Giunta, determina dirigenziale, regolamento comunale) gli aspetti di dettaglio, che possono variare nel tempo, anche in relazione all’?evoluzione dei materiali e delle preferenze della cittadinanza.
– progettazione del complesso architettonico. In fase di approvazione del progetto di realizzazione del corpo loculi il progetto esecutivo arriva al particolare sia per le caratteristiche della lapide, sia per quelle dell’?oggettistica (per garantire una progettazione uniforme dell’?insieme e non lasciare troppa libertà a chi acquisisce una concessione o a marmisti);
– regolamento di polizia mortuaria comunale che entra nel merito o spesso lascia a determina dirigenziale il dettaglio;
– determina dirigenziale che fissa le caratteristiche.
Una volta operata la scelta strategica occorre applicarla ai casi concreti e il sistema preferibile è una istanza del cittadino per la collocazione dell?’oggettistica e scritte, che esplicitamente faccia riferimento alla piena ottemperanza delle prescrizioni dettate.
Nella autorizzazione comunale, soggetta ad apposita tariffazione (= corresponsione di diritto fisso) alla collocazione vengono specificate le conseguenze in caso di inadempienza e cioè l’elevazione della sanzione prevista nel regolamento comunale in caso di violazione di questo e diffida al ripristino secondo quanto autorizzato.
Il gestore ha il compito di istruttoria e di segnalazione all?’Amministrazione comunale delle trasgressioni regolamentari intervenute.
Nella fattispecie, pertanto, oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre iscrizioni, autorizzate, come anche un ricordo di persone sepolte da altra parte, purché chiarendo che non vi è la salma, realizzando, così, un piccolo cenotafio (= monumento sepolcrale dedicato a persona sepolta in altro luogo), naturalmente con il nulla osta dell’ufficio comunale della polizia mortuaria cui compete, pur sempre, la funzione di supervisione e controllo dell’attività cimiteriale (lavori lapidei compresi!)
Questa ulteriore facoltà deve essere cedevole rispetto agli obblighi normativi minimi.
Se cioè una tomba è a 4 posti e c?è solo posto sulla lapide per 4 morti (nome, cognome, data nascita e morte) il ricordo della salma lì non contenuta può essere inserito solo se c?è lo spazio occorrente per le altre scritte. Se fossimo nella situazione in cui nella tomba vi sono 3 morti sepolti, può essere inserito il ricordo per la salma lì non sepolta, ma a condizione che tale iscrizione venga tolta nel momento in cui occorre fare la quarta scritta, oppure occorre che le scritte siano di dimensioni tali da contenere tutti gli elementi. Questi obblighi devono essere previsti nella autorizzazione del dirigente per l?iscrizione del ricordo.
Se Lei e la Sua famiglia ritenete il cenotafio in questione lesivo della più intima volontà del de cuius dovete formalizzare istanza di rimozione, in forma scritta, al comune che lo ha autorizzato adducendo con precisione le vostre motivazioni, solo dopo, si potrà presentare, in caso di diniego, eventuale impugnazione del provvedimento dinanzi al giudice amministrativo.
A mio avviso la sede giurisdizionale più propria, se ragioniamo in termini di diritti soggettivi (lesi o da affermare, ovvero Diritto al ricordo versus diritto all’oblio nel post mortem) potrebbe esser quella civile, sottoponendosi comunque all’alea ed agli inevitabili costi che comporta l’adire il giudice ordinario, anche tenuto conto dei tempi molto dilatati della Giustizia Italiana.
Buongiorno, avrei un quesito da sottoporvi.
Mio padre morto lo scorso gennaio e’ stato, per sua volonta’, cremato e tumulato nel cimitero d’origine di mia madre.
Premetto che mio padre non ha voluto sulla lapide la data di nascita/morte.
Le sorelle di mio padre, a nostra insaputa, hanno posizionato una foto (con indicato sul piedistallo della stessa, la data di nascita e di morte) sulla tomba dei loro genitori sepolti in un altro paese. Io, mia madre e mio fratello abbiamo chiesto la rimozione della foto ma ad oggi nulla e’ stato fatto.abbiamo diritti legali di far rimuovere la foto posizionata contro la volonta’ di mio padre e nostra? grazie. cordiali saluti
X Marino,
qui, per dirimere la potenziale controversia (come direbbe Fantozzi al suo compare Fracchia: ” mi accomodo io nel sepolcro? No, No Ragioniere, prego…”vada pure lei”!) su chi abbia il diritto d’uso per occupare, da morto, l’ultimo loculo disponibile bisognerebbe interpretare la volontà del fondatore della cappella gentilizia, di solito cristallizzata nello stesso atto di concessione, al fine di capire la destinazione che questi abbia inteso imprimere alla tomba. “I vostri nomi sono scritti nei cieli” recita un passo del Santo Evangelo, senza spingerci nel sublime metafisico a me basterebbe sapere, per risponderLe, se il contratto di concessione rechi espressamente i nominativi delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri o si limiti alla formula di rito “sibi familiaeque suae” ossia per il concessionario e la di lui famiglia, senza specificarne il novero o l’ambito, poiché magari l’atto di concessione stesso rinvia, per la definizione di famiglia, alla fonte regolamentare comunale, in assenza o nel silenzio della quale opererebbe, pur sempre, di default l’Art. 93 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, con implicito rimando agli Artt. 74, 75, 76, e 77 Cod. Civile. Il problema si sostanzia in questi termini: Sua Madre, pur non essendo legata con vincoli di parentela al fondatore dei sepolcro, ma solo quale coniuge di un avente diritto ha acquisito a Sua volta, anche se indirettamente, jure coniugii, lo Jus Sepulchri? Senza questi elementi mi è impossibile esser più preciso. Ad ogni modo, quando tra 2 o più soggetti parimenti titolati, cioè portatori tutti ed indistintamente dello Jus Sepulchri, dovesse sorgere aspra contesa, salvo diverse regolazioni pattizie tra gli stessi, per disciplinare l’uso del sacello funerario, (regolamento su cosa comune???) da notificare al Comune ed al quale lo stesso rimane estraneo, semmai limitandosi a garantire il mantenimento dello status quo, sin quando la lite si sia ricomposta, anche con accordo extragiudiziale, sarà la naturale cronologia degli eventi luttuosi a determinare l’ordine di ingresso dei feretri nel sepolcro: insomma… chi prima muore meglio alloggia, sino alla saturazione fisica della capacità ricettiva del sepolcro, se, infatti, non dovesse più esserci spazio per l’immissione di nuove bare il potenziale Jus Sepulchri vantato in vita si estinguerebbe in automatico, perché esso, appunto, si esercita sino al completamento di tutti i posti feretro, oltre questo limite esso spira, ossia diviene lettera morta, ex Art. 93 comma 1 II Periodo del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Salve, avrei bisogno di un parere.
nella tomba di famiglia, costruita da mio nonno attualmente vi sono sepolti: mio padre, mio nonno, mia nonna e due mie zie, della famiglia di mio nonno è rimasta in vita solo una zia (figlia di mio nonno) che rivendica l’ultimo posto disponibile nella tomba di famiglia. Mio Padre (unico figlio maschio) alla sua morte esprime il desiderio di avere al suo fianco mia madre quando il Signore la chiamerà nell’aldilà.
a chi spetta l’ultimo posto disponibile? a mia madre o a mia zia?
grazie
X Paola,
Suo padre, se, quale erede universale, è subentrato allo zio, ormai defunto, nella piena titolarità della concessione, è da considerarsi a tutti gli effetti, quale nuovo concessionario, portatore dello jus sepulchri, inteso come duplice potere di esser sepolto o dar sepoltura in quella particolare cappella gentilizia oggetto della concessione, ovviamente entro i limiti fisici di capacità ricettiva del sepolcro stesso.
il diritto secondario di sepolcro (iter ad sepulchrum, secondo la più aulica formula latina, cioè, alla lettera: “passaggio verso il sepolcro”) non deve mai sconfinare nell’uso eccessivo o dannoso, verso terzi, del diritto stesso, la Legge, infatti, vieta espressamente gli atti emulativi, e di questa proibizione si trova traccia nell’Art. 833 Cod. Civile, da leggersi in senso estensivo, per l’esercizio di qualsivoglia diritto, anche se questa questione dirimente è, pur sempre, affidato alla prudente valutazione del Giudice, in sede civile.
La ratio di un tale divieto va ravvisata nel principio dell’abuso del diritto che, sebbene non sia stato espressamente recepito nel codice civile italiano, discende ugualmente dalla concezione del diritto soggettivo come diritto tutelato per il raggiungimento di interessi socialmente apprezzabili. Il titolare del diritto di proprietà che compia un atto costituente esercizio del suo diritto, senza che questo tuttavia persegua un interesse socialmente apprezzabile, e anzi ove quest’atto persegua un fine riprovevole, compie un atto emulativo, sanzionalo come illetico dalla legge.
Gli aspetti patrimoniali e manutentivi del sepolcro attengono esclusivamente al titolare della concessione ex Art. 63 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285, che li organizza come meglio egli creda, nel rispetto della Legge.
Il concessionario di suolo cimiteriale, su cui, poi, erigere un manufatto sepolcrale, è titolare, nei rapporti con altri privati, di una posizione di diritto soggettivo, tutelabile con tutte le azioni normalmente spettanti al proprietario per la difesa del diritto dominicale (= di proprietà)
Come ha rilevato il Supremo Giudice della nomofilachia (=Cassazione Civile) con sentenza del 20 settembre 1991 n. 9837 Lo ius sepulchri ha natura anche di diritto reale patrimoniale; ne discende che l’esercizio del potere di fatto, corrispondente al contenuto di tale diritto, concreta “possesso”, ai sensi dell’art. 1140 c.c., ed è quindi tutelabile pure con l’azione di manutenzione ex Art. 1170 Cod. Civile.
Gentile Carlo non Le avevo giustamente fatto una premessa che la concessione cimiteriale era stata fatta allo zio di mio padre per poter costruire l’avello e mio padre è l’erede univerale dello zio. Tranne alcuni legati che lo zio ha fatto ad alcuni congiunti per riconoscenza. Essendo mio padre erede universale dello zio ha ereditato anche la concessione cimiteriale e la possibilità di potervi essere sepolto.
Grazie
Gentile Carlo,
quindi io sono abbligata in base alla legge a far entrare nella cappella le due cugine di secondo grado a deporre fiori e quant’altro lo ritengano opportuno ( e su questo sono completamente in accordo ci mancherebbe). Ma queste due signore non partecipano alla manutenzione straordinaria (riparazione tetto, tinteggiatura pareti) e neanche questo a loro ho mai chiesto per carità. Però le due cugine si sono sentite in diritto di allontanare la mia donna delle pulizie arbitrariamente senza chiedermi pareri, mettere al posto di questa persona di loro fiducia che fa dispetti in continuazione ed in più si ritengono esse stesse padrone della tomba. Perchè queste due persone dovrebbero ereditare il diritto di disporre come vogliono della tomba solo per fare dei dispetti e quando si tratta di dover decidere come intervenire per riparare o avvisare di riparare la tomba stanno zitte e nessuno le sente per anni? Se un domani la tomba si degrada sono sempre io il pollo che deve correre?
Grazie
X Paola,
Capisco i rapporti poco idilliaci che intercorrano con alcuni Suoi parenti; mi spiace deluderLa amaramente, ma le due cugine, ormai ottuagenarie, di Suo padre sono pur sempre, indiscutibilmente, titolari del cosiddetto diritto secondario di sepolcro.
Questo diritto così particolare, secondo dottrina e, soprattutto, giurisprudenza costante, spetta a chiunque — pure non titolare del diritto primario — sia congiunto di una persona che vi riposa e consiste nelle facoltà di accedervi (passaggio al sepolcro), ad esempio in occasione delle ricorrenze, per il compimento di atti di
culto e di pietà (far celebrare messe nella cappella in onore dei defunti, pregare sulle tombe, accendere lampade, portare fiori), di provvedere all’ornamento del sepolcro stesso e alla sua manutenzione, e nel potere di opporsi ad ogni sua trasformazione, che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella data spoglia e ad ogni atto costituente violazione od oltraggio a quella tomba. Anche
la conservazione delle iscrizioni funerarie con le indicazioni delle persone sepolte rientra, poi, nel diritto alla tutela del sentimento di pietà verso i defunti.
Circa la natura del diritto secondario, un’opinione lo considera ius in re
aliena, gravante sulla tomba, seguendone gli eventuali trasferimenti, sicché gli acquirenti della cappella (non familiare, ma ereditaria) sono obbligati a rispettarlo.
Si tratterebbe di un diritto reale, poiché, pur essendo il culto dei defunti
una pratica pia, esso si estrinseca nell’accesso al sepolcro e nel potere di fatto sulla tomba e su tutte le opere che servono ad ornamento della stessa, come le statue, le lapidi, nonché nel potere di controllare il rispetto delle sistemazioni già date alle salme seppellite nella cappella e, conseguentemente, di opporsi ad atti che comportino turbativa delle sistemazioni stesse. In realtà, sembra doversi escludere la natura reale, mancando anche il potere di uso che
caratterizza, invece, il diritto primario e che rappresenta il presupposto di ogni diritto reale. Può, perciò, concludersi che esso è un diritto personale di GODIMENTO imprescrittibile che sorge jure sanguinis, il cui esercizio dura fino a quando permanga la sepoltura. Non manca, comunque, l’opinione secondo cui esso sarebbe una figura di natura ibrida, di natura personale e reale.
desidero chiedere questo.
Gli zii di mio padre (sei fratelli) hanno fatto costruire nel 1960 una cappella per la famiglia Griffini. Il settimo fratello sposato con due figlie non ha voluto partecipare alla spesa per la costruzione poichè non interessato. Quando questo fratello è morto però le due figlie hanno fatto si che venisse sepolto nella cappella Griffini (gratis moridei) così è stato anche per la loro madre moglie di questo defunto. Gli zii per benevolenza hanno fatto seppllire nella cappella sia il fratello estraneo alla costruzione della cappella sia la di lui consorte (sempre gratis moridei). Adesso le due figlie che hanno 80 ed 82 anni rispettivamente vorrebbero entrare in possesso delle chiavi per accedere alla cappella e farvi i porci comodi, fare zizzania ecc.Mio padre erede legittimo della cappella è obbligato per legge a fornire le chiavi di accesso alla cappella alle sue due cugine oppure può per gentile concessione ogni qualvolta esse desiderano trovare i propri cari aprire la cappella e farle accedere? qualcuno mi potrebbe dare un consiglio? io non vorrei dovre ricorrere ad un legale. Grazie
X Arcangelo,
La soluzione della semplice diffida, sempre esperibile, per altro, lascia un po’ il tempo che trova.
Il comune potrebbe, forse, avvalersi del potere di auto-tutela, annullando (motivatamente) le autorizzazioni indebite impropriamente rilasciate e assegnando un termine affinchè i familiari del defunto “sine titulo”, procedano, a propria cura, diligenza ed onere (chiedendo le prescritte autorizzazioni ecc. ecc.) a dare diversa destinazione al feretro.
Il problema è, semmai, quello relativo al da farsi in caso di inadempimento, per cui (ipotesi da valutare) si potrebbe fare un rinvio agli Artt. 2028-2032 Cod. Civile sulla negotiorum gestio (= gestione di affari altrui).
Si Può procedere d’ufficio.
Comunque la procedura corretta da seguire si trova a questo link:
https://www.funerali.org/?p=373
In caso di tumulazione illegittima in cappella funeraria privata, quale sarebbe la procedura per la estumulazione delle persone illegittime? Tale responsabilità è da addebitarsi al comune? Gli oneri per la estumulazione a chi competono? Grazie
X Alessandro,
Dal 1924 ad oggi è passato molto tempo: il rapporto posto in essere negli anni ’20 del XX Secolo in essere sussiste ancor oggi, con ogni probabilità, infatti siamo dinanzi ad un concessione perpetua, i fondatori del sepolcro sono senz’altro deceduti e quindi è giocoforza esaminare l’istituto del “subentro”. Prima di avventurarmi in un’accurata disamina del fatto esposto, consiglio vivamente la consultazione del seguente link: https://www.funerali.org/?p=7523
Nell’anno 1924 vigeva il Regolamento Speciale di Polizia Mortuaria approvato con Regio Decreto n. 448/1892.
il diritto d’uso sui manufatti sepolcrali, trattandosi il cimitero di bene
demaniale ex Art. 824 comma 2 Codice Civile, è disciplinato in primis dal regolamento comunale di polizia mortuaria in vigore quando si stipula il contratto e poi dalle norme interne allo stesso atto di concessione. Vige sempre, in via generale l’irretroattività della norma giuridica, ma l’atto di concessione può anche prevedere che situazioni future siano regolate e risolte alla luce dei nuovi regolamenti comunali di polizia mortuaria i quali si succederanno nel tempo, in fondo, come dicevano i giuristi latini, tempus regit actum.
Al momento costitutivo della concessione di cui, ad oggi, all’’art. 90 dPR 10 settembre 1990, n. 285, il quale, per altro, ricalca fedelmente la
precedente normativa susseguitasi, in epoca post unitaria a cavallo tra
l’Ottocento ed il XX Secolo, non sussistono difficoltà al fatto che essa
possa avvenire e produrre tutti i propri effetti giuridici, nei confronti di
più persone, anche se non appartenenti ad un’’unica famiglia, ma in tal caso occorre avere l’’avvertenza di regolare i rispettivi rapporti tra i diversi concessionari o di prevedere, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando che l’’utilizzo effettivo, in ultima istanza sia
determinato dalla naturale cronologia eventi luttuosi, di per sè certi
(purtroppo!) ma non prevedibili.
In tal caso, le persone che potranno essere accolte nel sepolcro privato
così concesso saranno pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’atto di concessione. Poiché la situazione rappresentata sembra segnalare che la concessione sia già stata rilasciata e perfezionata, si deve considerare come essa non possa più essere modificata unilateralmente dalle parti contraenti nel rapporto concessorio così formatosi sotto l’imperio del Regio Decreto n.448/1892.
Nella stipula dell’atto di concessione, infatti, sono indicati i titolari
dello jus sepulchri, cioè i soggetti riservatari del diritto di sepolcro.
In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione,
altre indicazioni di riferimento, per dirimere eventuali controversie sulla
precedenza o esclusività nell’uso del sepolcro) si ha, quindi, una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari.
Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma non è
ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “frazionamento” quantitativo dei posti, sempre che ciò non sia – espressamente – contemplato dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, frangente nel quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe disciplinare le forme e le modalità di “registrazione” di questa “ripartizione” da parte dell’ufficio comunale
della polizia mortuaria
Il diritto di sepolcro è, pertanto, riservato ai concessionari e alle
persone appartenenti alle famiglie dei concessionari, famiglia che, a questi fini, è fissata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di
utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non
prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i
diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di
pari-ordinazione e l’uso e’ connesso solo al verificarsi dell’evento (non
prevedibile, come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha titolo, una volta stipulato
l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno
ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di
convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la
qualità di persone benemerite per il concessionario, trattandosi di
fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di
polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il
riconoscimento di tale status sui generis, in deroga, cioè alla familiarità
dell’istituto del sacello privato ed, appunto, gentilizio.).
Quando venga a decede il concessionario (o, uno di essi, in caso di
co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di polizia mortuaria
regolare gli effetti, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi dell’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non è
consentita la tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo
stesso art. 93 comma 1, forzatura che se richiesta comporta, di per sé stesso, la dichiarazione di decadenza dalla concessione.
E’ sempre vietata una tumulazione in sepolcro di terzi, seppure
temporanea, soluzione illegittima che determina la decadenza dalla concessione, quando fosse eventualmente richiesta (per altro, in alcuni comuni, e’ – erroneamente – tollerata questa indebita prassi, situazione estrema nella quale potrebbe agire unicamente il concessionario).
Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire /
individuare arbitrariamente chi possa essere sepolto nel sepolcro in
concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la
definizione di famiglia a tal fine è data dal regolamento comunale di
polizia mortuaria).
Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo momento) ed ai sensi dell’Art. 93 DPR 10 settembre 1990 n. 285 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi
familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi.
P.Q.M.a mio avviso se materialmente nel sepolcro c’è ancora spazio, Suo padre, in quanto titolare dello Jus Sepulchri, come discendente del fondatore del sepolcro, dovrebbe vantare il diritto alla tumulazione, acquisito tramite subentro.
Quesito per Carlo: Nell’anno 1924 un fratello di mio nonno, unitamente ad altra persona estranea, acquista con atto del segretario comunale il diritto di costruire un’edicola funeraria. Successivamente, nel 1968 fa una scrittura dove dice che quel diritto era acquistato per sè ed eredi e per i suoi tre fratelli A, B e C. Pochi giorni fa muore mio padre che è figlio di uno dei fratelli. Aggiungo ch i fratelli sono tutti deceduti ed anche la persona estranea. Secondo Lei ha diritto alla sepoltura?
X Felice,
Le cellette ossario costituiscono una delle possibili tipologie di sepolcri privati presenti nel cimitero (si veda anche l?’art. 85, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), così la questione posta va affrontata in linea generale per tutti i sepolcri privati presenti nei cimiteri, indipendentemente dalla natura, funzione, durata e capienza. La qualifica di concessionario è, in genere, riferita alla persona che stipula la concessione cimiteriale, spesso chiamato anche “fondatore del sepolcro” e rispetto a questi, va individuata la famiglia, cioè le persone che devono essere considerate familiari del concessionario, in quest’evenienza possono aversi più possibilità: ad esempio, un’?unica definizione di “famiglia” per tutte le specie di sepolture private oppure distinte definizioni, eventualmente in relazione al tipo, alla durata, alla capienza del saccello od ad altri fattori ritenuti degni di apprezzamento.
In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari, così almeno si è espressa la Suprema Corte di Cassazione.
Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma non è ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe gestire le forme e le modalità di “registrazione” di questo spacchettamento in quote dello jus sepulchri” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro è riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei concessionari, famiglia che, a questi fini, è stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, o nel suo silenzio dalla nuova disciplina del diritto di famiglia dettata dal Cod. Civile, anche dopo le recenti riforme sulla figliazione legittima o naturale.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro stesso). In effetti i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso è connesso solo al verificarsi dell’evento (non prevedibile, come comprensibilmente noto…ma, purtroppo certo!).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha titolo, una volta formatosi e perfezionatosi l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qualità di persone benemerite per il concessionario, trattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria statuisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale status così particolare.
Quando venga a decedere il concessionario (o, uno di essi, in caso di co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di polizia mortuaria regolare gli effetti, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi dell’art. 93 comma 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non è ammissibile la tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93 comma 1, comportamento indebito che se richiesto e perseguito comporterebbe, di per se’ stesso, la dichiarzione di di decadenza dalla concessione.
Lei con sua Sua Sorella è, divenuto tramite subentro titolare al 50% del rapporto concessorio; orbene l’istituto del subentro contempla almeno ed alternativamente (o nel loro complesso) queste tre situazioni giuridiche che incidono nella sfera del Suo potenziale Jus Sepulchri; infatti l’ingresso nell’intestazione della nicchia ossario può comprendere:
1) i meri doveri dominicali (= solo gli obblighi manutentivi della sepoltura ex Art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285 derivanti dalla proprietà del manufatto) e non lo jus sepulchri. In altre parole la voltura della concessione implica il solo subentro all’originario fondatore del sepolcro stesso nel sostenere eventuali oneri, senza la possibilità, in futuro di poter fruire della tomba
2) l’acquisizione del solo jus sepeliendi (= diritto personalissimo alla tumulazione delle Sue spoglie in quel dato avello) limitato, però alla sua persona e non estensibile a soggetti terzi, seppur a Lei legati da vincoli di consanguineità.
3) la piena titolarità dello jus sepulchri attivo e passivo (–> jus sepeliendi e jus inferendi mortuum in sepulchrum) inteso come duplice facoltà di esser ivi sepolti o di dar sepoltura in quel determinato sepolcro ai propri famigliari.
Se il Suo Comune intende il subentro nel senso ampio di cui al punto 3) (e penso proprio sia così!) Sua sorella è legittimata, quale concessionaria, a tumulare nel piccolo sepolcro gentilizio i resti della Madre.
Hallo! Carlo
ti pongo alcune domande. Nell’oculo osseo perpetuo di mio padre concessionario oltre alla sua prima moglie (loculo perpetuo acquistato per lei) ed a suo figlio della prima moglie e lui stesso è stato inserita la sua seconda moglie. L’inserimento è stato fatto da mia sorella a mia insaputa. Tieni presente che siamo solo 2 eredi della seconda moglie del concessionario. La domanda è: poteva mia sorella tumulare la seconda moglie (nostra madre) nello stesso loculo di mio padre?
Poteva eseguire questa operazione di tumulazione senza mio esplicito consenso quale erede del concessionario?
Poteva l’ufficio cimiteriale del Comune di B…. concedere la tumulazione ossea nello loculo osseo perpetuo di mio padre?
A domanda di subentro effettuato giorni orsono il comune risponde:
il subentro alla concessione è stato equamente suddiviso 500/1000 pro quota. Si informa che in questo particolare caso eventi comunicativi saranno comunicati ad entrambi i nuovi concessionari.
Il Comune di B….. precedentemente ha fatto fare a mia sorella:
apertura di 3 cassette zincate e versamento dei 3 feretri ossei in una unica cassetta, poi ha concesso a mia sorella la tumulazione ossea della seconda moglie ( mia madre) nello loculo di mio padre senza mio consenso.
Il Comune si avvale che limiterà a mantenere ferma la situazione di fatto.
X Nina,
Premessa: Quando si parli di trasformazione del sepolcro di famiglia (detto, anche, gentilizio) in ereditario, deve tenersi presente come la posizione di erede non derivi solo da testamento, ma anche da successione legittima.
Ne consegue che, a seguito del decesso delle persone prima concessionarie (che si presume siano subentrate all’originario concessionario/fondatore del sepolcro nei modi e forme stabiliti per un tale avvicendamento dal regolamento comunale di polizia mortuaria), e se non vi sia testamento (da parte dell’ultimo concessionario in vita), il sepolcro si trasforma da gentilizio ad ereditario, e si dovrà farsi riferimento alle persone che siano eredi dell’ultimo concessionario, secondo le regole proprie della successione legittima dettate dal Cod. Civile.
Il regolamento municipale, però, è “fonte” spesso lacunosa, in merito all’istituto del subentro nell’intestazione di un rapporto concessorio, ed in questa sfortunata ipotesi si deve considerare quale unico concessionario ancora il fondatore del sepolcro, mentre coniuge e discendenti sarebbero solo persone aventi diritto di sepoltura e, quindi, sprovvisti della qualità/titolarità a disporre per testamento, quanto meno per quanto riguardi il sepolcro, proprio per il fatto di non essere a loro volta concessionari a pieno titolo e nel senso proprio del termine giuridico). Se c’è il vero subentro, invece, jure haereditatis gli eredi non divengono titolari solo degli obblighi manutentivi concernenti gli aspetti patrimonialistici del sepolcro (la proprietà del manufatto in sé è sempre intermedia e strumentale rispetto all’esercizio dello jus sepulchri che è diritto di natura personale o, sin anche personalissima), ma anche del diritto primario di sepolcro, con ciò dilatando la rosa delle persone ivi aventi diritto alla tumulazione, soprattutto in caso di co-intestazione dello jus sepulchri da cui potrebbe discendere uno spacchettamento in quote di quest’ultimo.
Per quanto riguarda l’eventuale trasformazione del sepolcro da gentilizio in ereditario, va ricordato come questa avvenga quando la famiglia del concessionario (quale individuata, a tale fine, dal Regolamento comunale di polizuia mortuaria) venga ad estinguersi (Corte di Cassazione, sez. 1^ civ. sent. n. 1672 del 16 febbraio 1988; Sez. 2^ civ., sent. n. 5015 del 29 maggio 1990; Sez. 2^ civ., sent. n. 112957 del 29 settembre 2000; Sez. 2^ Civ. sent. n. 1789 del 29 gennaio 2007, tra le altre), ma in passato (Es. Art. 71 e segg Regio Decreto n. 1880/1942) sarebbe stato anche possibile disporre del proprio jus sepulchri per acta inter vivos e pure attraverso scheda testamentaria, quindi per successione mortis causa.
1)
Il diritto di sepoltura é riservato, per legge, ai sensi dell’Art. 93 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria, al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia. Il punto nevralgico e dirimente è che la definizione di famiglia, a questi fini, va individuata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria e non in astratto.
In genere, il Regolamento comunale di polizia mortuaria riconosce nel concessionario un diritto di disposizione (autorizzazione) del diritto di sepolcro rispetto alle persona appartenenti alla famiglia.
In ogni caso, quando tra più familiari, parimente titolati (= aventi diritto, cioè portatori dello Jus Sepulchri) i insorgano liti o diverse valutazioni, spetta solo a quest’ultimi risolvere la situazione, magari dinanzi al Giudice in sede Civile, rimanendo il comune estraneo ai contenziosi endo-familiari.
2)
Poiché un sepolcro, originariamente familiare, si “tramuta” in ereditario quando vi sia estinzione della famiglia del concessionario, nel caso di specie, gli eredi conseguono lo status di titolari del sepolcro, assumendo così (salva diversa specificazione nel Regolamento comunale di polizia mortuaria che, per altro, qui si afferma essere silente) anche la qualificazione di concessionari e, in caso di loro pluralità, di co-concessionari, in termini di indivisibilità, dato il regime di comunione solidale che origina dal rapporto concessorio, il quale sorge sempre “INTUITU PERSONAE”, è bene non dimenticarlo.
Comprensibilmente, l’uso dei posti ora disponibili, sarà determinato dall’ordine (non prevedibile, ma comunque certo!) di … utilizzo, in base alla cronologia degli eventi luttuosi, sempre nell’ambito della massima capacità ricettiva (in senso fisico, s’intende!) della tomba, insomma se non c’è materialmente spazio per immettere nuovi feretri nel tumulo il diritto di sepolcro si esaurisce.
3)
la titolarità del manufatto non ha relazione con la titolarità a disporre delle salme, che sono/saranno estumulate alla scadenza della concessione (art. 86 dPR n. 285/1990) (o, neppure mai estumulate, se si tratti di concessione perpetua), persistendo, fino alla scadenza della concessione, tutti gli oneri in capo all’erede (che, volendo, poteva anche rinunciare all’eredità …).
4)
Ammesso che il sepolcro sia divenuto ereditario, per estinzione della famiglia, la titolarita’ del manufatto non ha relazione con la titolarità a disporre delle salme, che sono/saranno estumulate alla scadenza della concessione (art. 86 dPR 285/1990) (o, neppure mai estumulate, se si tratti di concessione perpetua), persistendo, fino alla scadenza della concessione, tutti gli oneri in capo all’erede (che, volendo, poteva anche rinunciare all’eredità …).
Il titolo a disporre delle spoglie mortali dei defunti spetta, sempre e comune, al congiuge e, se manchi quest’ultimo ai parenti nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità , a tutti costoro.
P.Q.M
la questione dell’appartenenza di genere e di perpetuazione di un dato cognome non ha alcun fondamento logico nè tanto meno legale, se non in forza di diverse clausole inserite nell’atto di concessione, delle quali, non sono a conoscenza. Tuttavia anche l’atto di concessione deve esser interpretato alla luce delle novelle sul diritto di famiglia succedutesi nel tempo.
Dato che il diritto di sepoltura non è collegato solo all’appartenenza alla famiglia del fondatore del sepolcro (ambito di famiglia quale definito dal Regolamento comunale di polizia mortuaria), ma anche alla capienza fisica del sepolcro, si deve considerare come per gli appartenenti alla famiglia il diritto venga a concretizzarsi non in linea teorica (legittima aspettativa?), ma al momento del decesso (prima rimane un mero desiderio in proiezione dell’oscuro post mortem). In altre parole, se al momento del decesso, la persona deceduta è appartenente alla famiglia ha titolo ad essere sepolta nella tomba data concessione.
Salve, vorrei capire come funziona in caso conflittuale avente una sepoltura lasciata in eredità…al mio bisnonno fu lasciato in eredità una sepoltura, avente diritto anche i fratelli e i cugini…di conseguenza in eredità a mio nonno e i relativi fratelli già deceduti. Dunque la stessa spetterà a mio padre e ai relativi fratelli (i miei zii) e ai nipoti (i miei cugini) avente lo stesso cognome..però altri parenti non aventi lo stesso cognome credono di averne il diritto poichè era della madre (sorella di mio nonno)..è possibile?
X Remo Faieta,
grazie per i complimenti, ma io non sono certo un dominus o un deus ex
machina della polizia mortuaria, anzi sono piuttosto transeunte e del tutto
contingente (della serie, parafrasando Vasco, oggi sono vivo…domani chi lo
sa!), cioè il vero “principe” della situazione è questo blog, non chi
incidentalmente vi scriva, perché permette approfonditi spazi di riflessione
al comune cittadino utente, suo malgrado, dei servizi funerari.
Dunque, procedendo per gradi: Lei, se non erro, quale cittadino della
Repubblica, benché residente all’Estero, è titolare di un sepolcro privato
ed il rapporto concessorio si è formato attraverso la stipula di un regolare
atto di concessione ex Art. 98 comma 2 DPR n.285/1990, la Sua posizione,
quindi, sotto il profilo della legittimità è tetragona ed inattaccabile.
Di conseguenza Lei, Ex Art. 50 comma 1 lett. c) DPR 10 settembre 1990 n.
285, in vita, quale intestatario della concessione, è portatore dello Jus
Sepulchri (da esercitarsi, in un futuro remotissimo, in prospettiva
dell’oscuro post mortem) in quella determinata tomba data in concessione ed
a nulla rileva la Residenza, la quale, invece, importerebbe per il titolo di
accoglimento nei campi comuni ad inumazione.
Ora, l’istituto della concessione di spazi sepolcrali (essendo il cimitero
bene demaniale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile) è regolato da tre fonti del
diritto ed esse, direi, rappresentino un numerus clausus, cioè non
ulteriormente ampliabile, poichè il rapporto concessorio è di tipo
para-contrattuale, non gestibile, cioè in piena e privata autonomia tra le
parti, in quanto risponde ad esigenze di carattere pubblico:
1) Il capo XVIII del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria (norma
quadro di riferimento, stante la natura appunto demaniale del camposanto e
quindi assoggettata al regime speciale di cui all’Art. 823 Cod. Civile)
2) Il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, obbligatorio per ogni
comune giusta gli Artt. 344 e 345 del Testo Unico Leggi Sanitarie e
sottoposto per mezzo dell’omologazione ministeriale a preventiva verifica di
legittimità, controllo che incide sulla sua efficacia
3) L’atto di concessione stesso (assieme alla convenzione contrattuale che
sovente l’accompagna, in cui le parti contraenti fissano nel dettaglio le
rispettive obbligazioni sinallagmatiche).
Ovviamente l’atto di concessione, anzi il regolare atto di concessione
(formula aulica, ma molto efficace!) trae forza e legittimazione dai due
regolamenti di cui sopra ed essi (non si dimentichi l’Art. 117 comma 6 III
Periodo Cost.) operano, su un livello di pari ordinazione e dignità negli
ambiti di propria, specifica competenza.
Bene, data la stabilità, nel tempo, della legislazione statale, l’unico
elemento ad esser mutato dovrebbe/potrebbe esser il regolamento comunale di
polizia mortuaria, ma come recitano le Preleggi del Cod. Civile la Legge
stessa non dispone che per l’avvenire (= principio generale
dell’irretroattività della norma giuridica)
Di conseguenza il regolamento locale del Comune Italiano nel cui cimitero
insiste la sepoltura privata di cui Lei è titolare potrebbe anche aver
introdotto criteri più selettivi nelle concessioni cimiteriali, magari
orientati a favorire la popolazione residente, ma questa nuova regola, in
ogni caso si applicherebbe solo per le concessioni future, non certo alla
Sua.
Vale a dire: quando sussistano già regolari atti di concessione
pre-esistenti, perfettamente validi e produttivi di tutti i loro effetti
giuridici, in quanto formatisi sotto il dominio di una diversa disciplina,
per gli ovvi e logicissimi principi dell’affidamento e del tempus regit
actum non potrebbero, in alcuna maniera, essere introdotte modifiche
unilaterali, men che meno, d’imperio, da parte del comune in veste di
autorità amministrativa (e parte pubblica contraente nel rapporto
concessorio). Il Comune stesso non può in alcun modo seguire la filosofia
dello jus superveniens nei rapporti giuridici già perfezionati, da cui
derivano diritti perfetti ed acquisiti, perché egli stesso, senza avere
alcun obbligo a contrarre, se non in termini di mera facoltatività, ha
liberamente deciso di porli in essere.
La Sua concessione, pertanto, allo stato attuale, è intangibile, certo può
esser revocata per interesse pubblico o decadere, per causa patologica, se
Lei commette gravi violazioni unilaterali alle obbligazioni assunte con la
sottoscrizione dell’atto di concessione, ma altrimenti non è suscettibile di
atti ablativi ed arbitrari da parte del Comune, anzi tali atti andrebbero
impugnati, dinanzi al Giudice Amministrativo, in quanto pesantemente viziati
(inadempienza contrattuale da parte del Comune, come parte del rapporto
concessorio, eccesso di potere, violazione di legge…)
Tra l’altro l’unico modo consentito dalla Legge (al di là della rinuncia
sempre possibile) per ottenere il cambio d’intestazione in una concessione
cimiteriale è il subentro il quale si attiva solo mortis causa, essendo
vietato ogni atto di disposizione a carattere privatistico, per acta inter
vivos, sui beni sepolcrali, stante la loro demanialità, come prima
agevolmente dimostrato.
Carlo.
Per fortuna c’e’ Lei ad aiutarci.
Io sono titolare di una tomba (fossa vergine?) per tre posti. Ho tutte le carte legali rilasciate dal Comune. In quella tomba furono sepolti mia nonna e mio padre. Quella mia sorella “cattiva” construi’ una sua cappella e ci trasporto’ quei due nostri defunti. Ora la tomba e’ vuota. Quella sorella sta facendo
tanto per darmi triboli. Ora ha informato il Comune che, siccome non sono
“residente” in Italia, non ho il diritto di essere titolare di quella tomba. Io sono residente all’estero. Il Comune ha detto che ci sono nuove leggi ed il titolare “non residente” non puo’ avere la tomba a nome suo e quindi dovra’
essere intestata ad una persona in Italia oppure il Comune lo prendera’.
Domanda: un italiano residente all’estero non puo’ essere titolare di una tomba? Eppure io sono titotare della mia casa paterna nello stesso Comune. Cosa dice esattamente la nuova legge sul suggetto, se e’ vero che esiste?
Grazie molto.
X Anna,
1) se lo zio (cattivo & inadempiente???) è ancora concessionario e, quindi, titolare dello jus sepulchri ha, senz’altro, diritto alla tumulazione nel sepolcro privato e gentilizio di cui Lei mi parla.
2) la concessione cimiteriale rilasciata a più persone (sempre possibile, per altro, costituisce una comunione indivisibile, così, almeno si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, da questo carattere strutturale, peculiare e distintivo del rapporto concessorio discende logicamente, questa conseguenza: i concessionari, nei confronti del comune, sono obbligati, IN SOLIDO, a garantire la manutenzione dell’edificio sepolcrale ai sensi dell’Art. 63 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. L’eventuale ripartizione degli oneri manutentivi con accordo anche extragiudiziale, tra le parti è questione cui l’amministrazione comunale rimane estranea, dovendo essa, semplicemente assicurare la funzione cimiteriale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile ed Artt. 337, 343 e 394 Testo Unico Leggi Sanitarie
3) Anche sepolcri privati, eretti, però, all’interno dei cimiteri comunali, in forza di una concessione amministrativa da cui origina un diritto di superficie di natura traslativa, appartengono, a loro volta, per una sorta di “attrazione” al demanio comunale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile e giusta l’Art. 823 del Cod. Civile non possono formare oggetto di diritti da parte di terzi, se non nei modi stabiliti dalle leggi speciali sui beni demaniali (nella fattispecie il Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria). Le tombe, pertanto, sono extra commercium e non usucapibili.
Buonasera
Avrei un quesito da sottoporvi. Allora i 4 fratelli di mio padre dopo la morte dei loro genitori nel 1970 decidono di construire una tomba di famiglia. Dividedendosi le spese, poi loro non si occupano della manutenzione della tomba per 30 anni. Mio padre si è sempre occupato di tutto..ora passati tutto questo tempo e dopo che mio padre è morto e è stato sepolto nella tomba da noi considerata la nostra, uno dei miei zii vuole essere sepolto nella stessa tomba posso vietare questa cosa
Esiste un uso capuone anche per le tombe.
Caro Carlo.
Grazie dell’ultima risposta. Ne ho un’altra, se e’ di sua competenza.
Siamo nove figli. Per molti anni nostra madre viveva sola dopo la morte di nostro padre. Poi sorella M. si compero’ un nuovo appartamento come investimento e volle che nostra madre ci vada ad abitare. Sorella M. non ci abito’ mai e si e’ sempre rifiutato di essere pagata da nostra madre (piu’ per vantarsi che per generosita’).Mamma ci ha vissuto per dodici anni ed ammobiglio’ tutto l’appartamento da A a Z per un valore di minimo venti milioni di lire. Mesi fa mamma ritorno’ a Dio ed ora tutto e’ restato in quell’appartamento in possesso di sorella M. Abbiamo gia diviso per nove un gruzzoletto di soldi liquidi che mamma aveva. Sorella M. sta facendo troppo l’impertinente sulla divisione del gruzzoletto. Noi altri non abbiamo nessuna intenzione di toglierle la mobilia comperata da mamma, pero’ vogliamo mettere la cosa al chiaro.
Domanda: abbiamo noi altri il diritto legale di dividere quella mobilia di mamma in nove parti, come eredita’ materna? Grazie. Remo
X Giuseppe,
il diritto d’uso sui manufatti sepolcrali, trattandosi il cimitero di bene demaniale ex Art. 824 Codice Civile, è disciplinato in primis dal regolamento comunale di polizia mortuaria in vigore quando si stipula il contratto e poi dalle norme interne allo stesso atto di concessione. Vige sempre, in via generale l’irretroattività della norma giuridica, ma l’atto di concessione può anche prevedere che situazioni future siano regolate e risolte alla luce dei nuovi regolamenti comunali di polizia mortuaria i quali, via via, si succederanno nel tempo, in fondo, come dicevano i giuristi latini, tempus regit actum.
Il problema verte tutto su questa raffinata “querelle” giuridica: il coniuge di una avente diritto alla sepoltura jure sanguinis è a sua volta titolare dello jus sepulchri nella medesima tomba, per una sorta di proprietà transitiva? Ovvero: Il diritto di sepolcro si trasmette solo per consanguineità oppure anche jure coniugii? Certo, il sepolcro privato e “gentilizio”, appunto, sorge sibi familiaeque suae, quindi per il fondatore e per la sua famiglia, ma la definizione univoca di “famiglia” è rimessa di volta in volta al regolamento comunale di polizia mortuaria.
Le opinioni, come al solito sono discordanti, ed anche la giurisprudenza appare piuttosto ondivaga ed altalenante.
Il concessionario (o, un concessionario, nell’evenienza di più titolari della concessione stessa) non ha titolo, una volta stipulato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, men che meno di consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93 comma 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qualità di persone benemerite per il concessionario, trattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale status)
Quando venga a decedere il concessionario (o, uno di essi, nell’ipotesi di co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di polizia mortuaria regolare gli effetti della voltura, esso, infatti, può prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi enumerati dell’art. 93 comma 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non e’ ammissibile la tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93 comma 1, trattandosi di una forzatura indebita, la quale, se, comunque, richiesta comporta, di per sé stessa, la dichiarazione di decadenza dalla concessione.
E’ sempre inammissibile una tumulazione in sepolcro di terzi estranei al nucleo famigliare del concessionario, così come definito dall’atto di concessione.
Si segnala, però, questo pronunciamento giurisprudenziale: la pretura di Genova (decreto 30/12/95) Est. Belfiore ha stabilito che: “Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione”. La massima, con il decreto per esteso ed il commento, è pubblicato sul trimestrale “Il diritto di famiglia e delle persone”, Ed. Giuffré, Anno 1997, Gennaio-Marzo (pag. 223 e segg.).