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Tar Puglia, Sez. III, 19 novembre 2015, n. 2950
Tar Puglia, Sez. III, 19 novembre 2015, n. 2950
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero 651 del 2008, conseguente ad atto di opposizione ex art. 10 d. P.R. n. 1199 del 1971, proposto da Giuseppe Orobello, rappresentato e difeso, giusta nuova procura, dall’Avv. Antonina Riccio, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Palermo, via Goethe, n. 71
contro
– il Comune di Trabia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Fricano con domicilio eletto presso o studio dello stesso in Palermo, viale Croce Rossa , n. 18 (studio Avv. Marisa Oliveri);
nei confronti di
– Franco Palumbo, Giuseppe Palumbo ed Enrico Palumbo, non costituiti i n giudizio;
per l’annullamento
– della deliberazione della Giunta comunale n. 48 del 9 marzo 2005, avente ad oggetto «integrazione voltura sepoltura gentilizia posta nella planimetria del cimitero comunale al n. 62 a nome “ Fazio Gioacchino e fam.”».
Visto il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto dal sig. Giuseppe Orobello;
Visto l’atto di opposizione notificato dal Sindaco di Trabia ai sensi dell’art.10 del d. P.R. n. 1199 del 1971;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trabia;
Visto l’atto di costituzione del nuovo procuratore di parte ricorrente;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il dott. Giuseppe La Greca;
Udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 l’Avv. A.Riccio per la parte ricorrente; nessuno presente per il Comune di Trabia
FATTO e DIRITTO
1.1.- Il sig. Giuseppe Orobello ha impugnato in sede straordinaria, chiedendone l’annullamento, la deliberazione della Giunta comunale del Comune di Trabia n. 48 del 2005 con la quale è stato riconosciuto ai sigg.ri Franco Palumbo, Giuseppe Palumbo ed Enrico Palumbo il diritto di voltura della sepoltura gentilizia identificata nella planimetria del cimitero comunale al n. 62 ed intestata a «Fazio Gioacchino e fam.».
1.2.- Egli espone che, con precedente deliberazione n. 239 del 2004, era stata accolta l’istanza dallo stesso presentata volta ad ottenere la voltura in suo favore della titolarità della cappella medesima sicché nessun titolo avrebbero i controinteressati ad ottenere il provvedimento ampliativo emanato dal Comune.
2.- Il ricorso si articola in quattro motivi di doglianza con i quali si deducono i seguenti vizi:
1) Violazione ed errata applicazione dell’art. 150 c.p.c. Nel disporre il «pubblico proclama» per invitare gli interessati a richiedere le volturazioni delle cappelle gentilizie, il Comune avrebbe previsto un termine decadenziale (31 marzo 2004) per la proposizione dell’istanza che, nel caso di specie, sarebbe stata proposta tardivamente dai controinteressati (la cui istanza è del 29 dicembre 2004);
2) Violazione ed errata applicazione dell’art. 475 c.c. poiché trascorso il termine di (asserita) decadenza per la proposizione dell’istanza, il «chiamato » avrebbe perduto il diritto di accettare;
3) Violazione ed errata applicazione dell’art. 522 c.c. La rinunzia avrebbe reso il ricorrente unico erede con conseguente possesso esclusivo della cappella.
3.- Il gravame straordinario è stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale a seguito di atto di opposizione notificato ai sensi dell’art. 10 del d. P.R. n. 1199 del 1971 dal Sindaco di Trabia.
4.- Si è costituito in giudizio il Comune di Trabia che, con memoria, ha eccepito la tardività dell’impugnazione.
5.- In prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato memoria con la quale, tra l’altro, ha chiesto condannarsi il Comune di Trabia al risarcimento del danno.
6.- All’udienza pubblica del 7 ottobre 2014, presente il procuratore di parte ricorrente che si è riportato alle già rassegnate domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta dello stesso, è stato trattenuto in decisione.
7.- L’eccezione di tardività del ricorso straordinario sollevata dal Comune in ragione dell’avvenuta proposizione dello stesso a più di un anno dall’adozione della deliberazione impugnata (il ricorso straordinario è stato proposto a novembre 2007 mentre la deliberazione impugnata è del marzo 2005) è infondata.
L’art. 11, comma 1, della l.r. n. 44 del 1991, come modificato dall’art. 127, comma 21, della l.r. n. 17 del 2004, stabilisce che «tutte le deliberazioni provinciali e comunali sono pubblicate mediante affissione di copia integrale di esse all’albo dell’ente, istituito presso la relativa sede, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge».
Per i soggetti contemplati dall’atto, il termine per l’impugnazione decorre dall’effettiva conoscenza, che si perfeziona con la comunicazione o con la notificazione individuale, essendo, infatti, applicabile la regola generale della piena conoscenza contenuta nell’art. 9 del d. P.R. n. 1199 del 1971 (relativamente al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica), così come, quanto ai termini del processo, nell’abrogato art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034 e, oggi, nell’art. 41 cod. proc. amm.
Il termine per impugnare, pertanto, non decorre sino a che non si dimostri la notifica o la comunicazione diretta dell’atto all’interessato (Cons. St., VI, 7 maggio 2004, n. 2825), essendo la pubblicazione prevista dalla legge, «una forma tipica di conoscenza non piena, rilevante per la decorrenza dei termini di impugnazione degli atti dei Comuni da parte di soggetti non direttamente contemplati dall’atto» (Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2003, n. 6331).
Il Collegio ritiene, tuttavia, che, nel caso di specie, non possa ritenersi che il termine per l’impugnazione degli atti decorra dall’ultimo giorno di pubblicazione della delibera di Giunta
Comunale all’albo pretorio. Il ricorrente, infatti, benché controinteressato procedimentale, non risulta abbia mai ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento sicché egli neppure era a conoscenza della possibilità che fosse emanato l’impugnato provvedimento.
«Orbene, se è vero che l’art. 21 l. n. 1034/1971, a seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 205/2000, prevede, per i soggetti non direttamente contemplati dall’atto o che comunque devono essere destinatari di notifica individuale, che la piena conoscenza, idonea a far decorrere il termine decadenziale di impugnazione, si maturi dalla data di pubblicazione dell’atto stesso, ove prevista (o dall’ultimo giorno di questa, se previsto un tempo determinato di pubblicazione), è altrettanto vero che tale articolo presuppone che i soggetti che, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, devono ricevere
comunicazione dell’avvio del procedimento, onde valutare di potervi partecipare, devono essere appunto informati dell’esistenza dello stesso.
Ove ciò non accada attraverso una rigorosa verifica da parte dell’amministrazione dei soggetti coinvolti nel procedimento, non è ragionevole ritenere che per questi stessi soggetti – che
l’amministrazione non ha posto in condizione di venire a conoscenza dell’esistenza del procedimento – il termine decorra dalla pubblicazione all’albo pretorio dell’atto conclusivo di quello stesso procedimento del quale, pur dovendolo essere, non sono stati informati» (Cons. St., IV, 13 luglio 2011, n. 4239).
Poiché, nel caso di specie, non è stato provato essere intervenuta la predetta «piena conoscenza», l’eccezione deve essere disattesa.
7.- Il ricorso, poiché infondato, deve essere nel merito rigettato.
8.- Il ricorrente deduce, sostanzialmente, che:
– sarebbe stato violato l’asserito termine decadenziale entro il quale avrebbe dovuto presentarsi l’istanza di voltura, sicché la tardività dell’istanza di voltura dei contro interessati avrebbe dato luogo ad una rinunzia alla loroeredità (recte: al diritto di accettare);
– l’istanza dallo stesso ricorrente presentata sarebbe stata caratterizzata dalla «condizione che il Comune non consentisse ad altri supposti eredi la voltura».
9.- E’ incontestato che i controinteressati siano eredi e, dunque, in quanto tali potevano chiedere la voltura di intestazione cimiteriale a seguito della produzione dell’atto di acquisto inter vivos o mortis causa.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza civile, infatti, il diritto sul sepolcro già costituito è un diritto soggettivo perfetto di natura reale assimilabile al diritto di superficie, suscettibile di possesso e soprattutto di trasmissione sia inter vivos che per via di successione mortis causa, e come tale opponibile agli altri privati, atteso che lo stesso nasce da una concessione amministrativa avente natura traslativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (Cass. civ. sez. II, 30 maggio 2003, n. 8804, e 30 maggio 1984, n. 3311). D’altronde, il pubblico proclama emanato dal Comune al fine di razionalizzare la situazione delle sepolture in punto di titolarità delle stesse, in relazione al suo oggetto, non poteva intendersi quale fonte di ipotesi «decadenziali» diverse da quelle contemplate dal d. P.R. n. 285 del 1990. Neppure la «condizione» asseritamente posta dal ricorrente all’amministrazione all’atto della richiesta risulta indicata nell’istanza la quale, invero, si limita a contenere una semplice domanda di formale declaratoria della titolarità del bene.
I controinteressati avrebbero potuto, dunque, in qualsiasi momento far valere il loro diritto alla voltura: non è condivisibile l’assunto di parte ricorrente secondo cui la mancata presentazione dell’istanza avrebbe comportato una sorte di rinunzia in capo agli eredi: la voltura di che trattasi assume mera natura amministrativa e nessuna conseguenza può esplicare sulla vicenda ereditaria. Né può, qui, ovviamente, trovare ingresso la censura introdotta per la prima volta con la memoria del ricorrente volta ad evidenziare come i controinteressati non fossero contemplati nella situazione anagrafica familiare del de cuius : al contrario la condizione di eredi dei controinteressati è presupposta e riconosciuta in seno al gravame in sede straordinaria.
9.- Alla luce delle suesposte considerazioni la domanda di annullamento deve essere rigettata; analogo esito involge la domanda di risarcimento del danno per l’assenza di un pregiudizio risarcibile (in disparte i profili di inammissibilità della stessa poiché contenuta in memoria non notificata).
10.- Ritiene il Collegio che non sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 122 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per ammettere il ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, stante la rilevata manifesta infondatezza dell’impugnativa, sicché va revocata l’ammissione disposta dall’apposita Commissione in data 22 febbraio 2008.
11.- Le spese possono essere compensate tra le parti costituite avuto riguardo alla natura della controversia; non è luogo a provvedere nei confronti dei controinteressati non costituiti in giudizio.
diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate tra le parti costituite; nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Nicolo’ Monteleone, Presidente
Giovanni Tulumello, Consigliere
Giuseppe La Greca, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)