Norme correlate: Art. 338 R D. 27/7/1934, n. 1265
Massima
Le stazioni radio base per impianti di telefonia mobile non sono soggette al vincolo di inedificabilità nella fascia di rispetto cimiteriale previsto dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, in quanto non sono classificabili come manufatti edilizi incompatibili con tale vincolo. Gli impianti di telefonia mobile, assimilabili ai tralicci dell'energia elettrica e qualificati come opere di urbanizzazione primaria ai sensi dell'art. 86 del D.Lgs. n. 259/2003, non ledono gli interessi tutelati dal vincolo cimiteriale, non arrecando pregiudizio al decoro e alla tranquillità dei defunti, non creando problemi di ordine sanitario e non impedendo futuri ampliamenti del cimitero. È pertanto illegittima la norma tecnica di attuazione del PRG che, nel disciplinare l'area di rispetto cimiteriale come zona a vincolo di inedificabilità, non preveda espressamente la possibilità di installare impianti di telefonia mobile, consentendo solo piccole costruzioni in precario per la vendita di fiori e oggetti per il culto. La verifica della presenza di vincoli archeologici nell'area interessata dall'installazione deve essere effettuata sulla base di una puntuale sovrapposizione cartografica tra le tavole del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e le mappe catastali, al fine di accertare l'effettiva collocazione dell'impianto rispetto alle fasce di rispetto previste per i beni archeologici puntuali. Non sono ammissibili integrazioni postume della motivazione del provvedimento di diniego basate su vincoli (paesaggistici o stradali) non originariamente contestati dall'amministrazione.(sent. 28 febbraio 2017, n. 2964, che richiama Cons. Stato, sez. III, 17 novembre 2015, n. 5257; v. anche, da ultimo, la sent 16 dicembre 2021, n. 13014).
Testo
Pubblicato il 24/02/2022
N. 02187/2022 REG.PROV.COLL.
N. 05035/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5035 del 2021, proposto da
((omissis)) s.p.a. a socio unico, in persona del procuratore speciale avv. ((omissis)), rappresentata e difesa dagli avv.ti ((omissis)), ((omissis))ì e ((omissis)), domiciliata
ex
art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.a.r. Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
Comune di Labico, in persona del legale rappresentante
p.t.
, rappresentato e difeso dall’avv. ((omissis)), presso il cui studio in Roma, via G. Nicotera, 29, ha eletto domicilio;
Regione Lazio;
per l’annullamento
– del provvedimento del 12.3.2021, con cui il Comune di Labico ha sospeso il procedimento relativo alla domanda di autorizzazione presentata da ((omissis))
ex
art. 87 d.lgs 259/2003 per la realizzazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile in via ((omissis)), snc, 00030 foglio n. 12, mapp. n. 1 (cod. imp. “RM00030_010_LABICO”);
– dell’art 33 n.t.a. del prg approvato con delibera di Giunta regionale n. 4506 del 4.6.1991, ove inteso nel senso di ritenere vietata l’edificazione di stazioni radio base nella fascia di rispetto cimiteriale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 18 gennaio 2022 il cons. M.A. di Nezza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
Con ricorso notificato il 7.5.2021 (dep. il 12.5) la società ((omissis)), nel premettere di avere avviato nel maggio 2018, come quarto operatore di rete mobile in aggiunta ai tre “storici” (Tim, Vodafone e WindTre), la fornitura di servizi di telefonia mobile nel mercato italiano e di aver presentato al Comune di Labico in data 15.2.2021 istanza di autorizzazione
ex
artt. 87 e 88 d.lgs. n. 259/2003 per installare una stazione radio base nel territorio comunale, intervento assentito da ((omissis)) (parere 26.2.201), ha chiesto l’annullamento del provvedimento del 12.3.2021, con cui l’amministrazione ha sospeso il procedimento perché l’intervento insisterebbe in zona interessata da un duplice vincolo, cimiteriale e archeologico.
A sostegno del ricorso ha dedotto:
I)
violazione degli artt. 3 e 6 l. n. 241/1990, 86 e 87 d.lgs. n. 259/2003 e 338 r.d. n. 1265/1934;
II)
violazione degli artt. 3 e 97 Cost., 3 e 6 l. n. 241/1990, 134 d.lgs. n. 42/2004 e 13 l.r. Lazio n. 24/1998; eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti;
III)
violazione dell’art. 87 d.lgs. n. 259/2003;
IV)
violazione degli artt. 3 e 4 d.lgs. n. 259/2003, dell’art. 4, par. 2, TUE e del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 4.11.2016.
Disposta ed espletata istruttoria documentale, all’odierna udienza, in vista della quale le parti hanno prodotto memorie, il giudizio è stato trattenuto in decisione.
2.
Il ricorso è fondato.
Si legge nella determinazione impugnata – avente natura di atto soprassessorio comportante arresto procedimentale (vista la statuizione secondo cui “si sospendono i termini temporali di efficacia dell’istanza”) – che l’area interessata dall’intervento sarebbe collocata:
– “all’interno della zona omogenea H1 di vincolo cimiteriale che nell’articolo 33 delle N.T.A. del PRG viene definita Zona a Vincolo di Inedificabilità con la prescrizione che ‘… sono consentite solo piccole costruzioni in precario per la vendita di fiori ed oggetti per il culto’”;
– “all’interno di una particella dove viene indicata la presenza di un bene archeologico puntuale identificato con la sigla 058_1145 che presuppone l’esistenza di tombe a cappuccina”, rendendosi perciò “necessaria una verifica archeologica preventiva”.
3.
Col primo motivo Iliad deduce che il divieto di edificare entro il raggio di 200 metri dal perimetro cimiteriale, previsto dall’art. 338, co. 1, r.d. n. 1265/1934, non riguarderebbe gli impianti di telefonia mobile, sia perché la realizzazione di tali infrastrutture non sarebbe in contrasto con nessuna delle tre finalità sottese alla disciplina dell’art. 338 cit. (assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno al cimitero; consentire futuri ampliamenti del cimitero; garantire il rispetto della tranquillità e il decoro dei luoghi di sepoltura), sia perché l’art. 86 d.lgs. n. 259/2003, assimilando tali impianti alle opere di urbanizzazione primaria, li renderebbe compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica delle diverse zone del territorio comunale.
In questa prospettiva, sarebbe illegittimo anche l’art 33 delle n.t.a. del prg approvato con delib. Giunta regionale n. 4506 del 4.6.1991 per violazione dell’anzidetta previsione normativa, “se inteso nel senso di vietare l’edificazione di stazioni radio base nella fascia di rispetto cimiteriale”.
La censura è fondata.
Per pacifica giurisprudenza (anche di questa Sezione) le stazioni radio base per gli impianti di telefonia mobile non possono essere classificate come manufatti edilizi incompatibili con il vincolo cimiteriale, non ledendo in alcun modo gli interessi dei quali il vincolo in questione “persegue la tutela. Gli impianti di telefonia mobile, infatti, assimilabili ai tralicci dell’energia elettrica, non arrecano alcun danno al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi di ordine sanitario, non impediscono l’ampliamento del cimitero” (sent. 28 febbraio 2017, n. 2964, che richiama Cons. Stato, sez. III, 17 novembre 2015, n. 5257; v. anche, da ultimo, la sent 16 dicembre 2021, n. 13014).
Di qui, l’illegittimità dell’art. 33, 1° co., lett. H.2, n.t.a. al prg (all. 3-2 ric.), che, qualificata “l’area di rispetto del cimitero” come zona “a vincolo di inedificabilità”, sancisce come in detta area siano “consentite solo piccole costruzioni in precario per la vendita di fiori e oggetti per il culto”, nella parte in cui non prevede, per l’appunto, la possibilità di assentire impianti di telefonia mobile (quale quello per cui è questione).
4.
Il secondo motivo attiene alla ritenuta presenza (sempre nell’area interessata dall’intervento) di un bene archeologico puntuale, necessitante di previa verifica archeologica.
Iliad – muovendo dai rilievi che l’area in questione sarebbe censita nel NCT di Labico al foglio n. 12, part. 1 (all. 4 ric.) e che la determinazione comunale, individuando il bene archeologico puntuale indentificato con la sigla “058_1145”, farebbe riferimento alla tavola B30, foglio 388, del Piano territoriale paesaggistico regionale, tavola che individua il bene archeologico con l’anzidetta sigla
ex
art. 13, co. 3, lett.
a)
, l.r. Lazio n. 24/1998, quale “bene puntuale diffuso, testimonianza dei caratteri identitari archeologici e storici”, prevedendo una “fascia di rispetto di 100 m” – assume che l’area dell’intervento sarebbe al di fuori di detta fascia, come agevolmente desumibile dalla sovrapposizione della tavola del Ptpr sulla mappa dei luoghi (in cui sarebbe indicata l’esatta posizione dell’impianto) e sulla tavola catastale.
Il motivo è fondato.
Dall’elaborato grafico prodotto dalla ricorrente (all. 9-8, “sovrapposizione del PTPR alla tavola catastale”) si evince come l’area in questione sia effettivamente al di fuori della fascia di rispetto stabilita dal Ptpr.
L’amministrazione ha osservato, in proposito, che “da una sovrapposizione delle planimetrie, confrontandole con le tavole 30 B e A30, l’opera risulta ubicata all’interno del vincolo […]” (così la relazione del Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, dep. 31.8.2021, che rinvia agli allegati 1 e 5 della relazione stessa).
Sono però condivisibili le repliche della ricorrente (mem. 27.12.2021), che ha esattamente osservato, in proposito, come i documenti prodotti dall’amministrazione valgano piuttosto a confermare l’errore denunciato da Iliad (in effetti, l’all. 1 non indica il sito dell’impianto, mentre l’all. 5 è identico all’elaborato, prodotto dalla ricorrente, recante “sovrapposizione” del Ptpr alla tavola catastale; v. all. 9-8 ric. cit.; la parte privata assume, ancora, come sia proprio la difesa comunale a convenire che quest’ultimo documento individua “il punto esatto di installazione” dell’impianto, pag. 6 mem. 14.12.2021).
Costituiscono, infine, integrazione postuma della motivazione e sono pertanto inammissibili le ulteriori deduzioni dell’amministrazione (contenute nella citata relazione tecnica e nella memoria difensiva) circa la necessità di autorizzazione paesaggistica (perché l’intervento rientrerebbe in area “paesaggio agrario di valore”) e sull’asserito posizionamento dell’impianto all’interno della fascia di rispetto stradale (minimo 10 m. a fronte dei 7 m. in concreto rilevati; la ricorrente ha peraltro contestato anche la fondatezza nel merito di tali rilievi).
5.
Le precedenti considerazioni permettono di reputare assorbiti sia il terzo motivo (prospettante violazione del termine perentorio di 15 giorni fissato dall’art. 87, co. 5, d.lgs. n. 259/03 per chiedere chiarimenti agli interessati) sia il quarto mezzo (con cui Iliad, “nuovo entrante” nel settore della telefonia mobile, lamenta la perpetrazione di una disparità di trattamento a suo danno rispetto agli operatori “storici”, ai quali sarebbe stato consentito il posizionamento dei propri impianti nella medesima area oggetto della richiesta).
6.
In conclusione, il ricorso è fondato e va accolto. La determinazione impugnata e
in parte qua
l’art. 33 n.t.a. devono essere di conseguenza annullati.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II-
quater
, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei sensi di cui in motivazione.
Condanna l’amministrazione resistente a pagare alla società ricorrente le spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre iva e cpa come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:
((omissis)), ((omissis)) di Nezza, Consigliere, ((omissis)), Referendario
L’ESTENSORE
IL ((omissis)) di ((omissis))
IL SEGRETARIO
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