Tar Calabria, Sez. II, 4 aprile 2017, n. 559

Massima:
Tar Calabria, Sez. II, 4 aprile 2017, n. 559
E’ viziata la procedura di gara informale che non abbia predeterminato i criteri di aggiudicazione.

Testo completo:
Tar Calabria, Sez. II, 4 aprile 2017, n. 559
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1162 del 2005, proposto da: I.L.V.C. con Sede in Potenza, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Ciro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Pallone in Catanzaro, via Citriniti, 5;
contro
Comune di Marano Marchesato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Albino Domanico, con domicilio eletto presso il suo studio in Catanzaro, via Lidonnici, 7;
nei confronti di
Giansa Servizi S.a.s. Rende non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della determina n.129 del 27 settembre 2005 del responsabile del settore tecnico avente ad oggetto “Illuminazione votiva nel cimitero comunale. Affidamento gestione a seguito di trattativa privata”; della relativa nota accompagnatoria prot. 6384 del 28 settembre 2005; in subordine ed ove occorra, nei limiti dell’interesse della ricorrente, del verbale in data 26 settembre 2005 relativo alla trattativa privata per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, comunicato alla I.L.V.C. s.r.l. con racc. prot. 6564 del 5 ottobre 2005; di tutti gli altri atti presupposti, connessi e/o consequenziali ai succitati provvedimenti comunque lesivi degli interessi della ricorrente mai notificati e/o comunicati, tra cui il contratto eventualmente stipulato con la controinteressata, nonché in via ulteriormente subordinata ed ove occorra, nei limiti dell’interesse della ricorrente, della lettera di invito prot. n.5731 del 2 settembre 2005 ricevuta il 9 settembre 2005;
nonché per la declaratoria
di inefficacia e/o nullità del contratto eventualmente stipulato tra l’amministrazione resistente e la controinteressata;
nonché per la declaratoria
del diritto della ricorrente all’aggiudicazione dell’affidamento del servizio di illuminazione votiva de quo, ovvero in subordine per la condanna al risarcimento del danno in forma specifica o, in via ulteriormente subordinata, per equivalente economico pari a € 68.152,00 quale risultante degli incassi per la gestione del servizio per dieci anni, detratto l’importo da versare al comune, ovvero pari alla somma da meglio determinarsi in corso di causa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Marano Marchesato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2017 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’atto in epigrafe, la ricorrente I.L.V.C. S.r.l. ha impugnato l’intervenuto affidamento alla Giansa Servizi s.a.s. della gestione del servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale da parte del resistente Comune di Marano Archesato (CS) e gli atti meglio indicati in epigrafe, deducendo i seguenti motivi:
I) Violazione dell’art. 113 D.LGS. 267/2000. Errore e difetto dei presupposti. Sviamento. Violazione dei principi di trasparenza, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa: l’aggiudicazione sarebbe avvenuta in violazione della norma citata, che stabilisce che la titolarità di un servizio pubblico non può essere conferita a società di persone;
II) Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. Mancata fissazione dei criteri di valutazione delle offerte. Eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto di motivazione, dei presupposti, dell’istruttoria. Illogicità manifesta. Violazione dei principi di trasparenza e par condicio: l’amministrazione avrebbe omesso di predeterminare i necessari criteri di valutazione delle offerte, così impedendo di potere ricostruire l’iter logico che ha condotto a preferire un’offerta piuttosto che un’altra;
III) Violazione dell’art. 3 L. n. 241/90. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, errore e difetto dei presupposti e della motivazione, Violazione dei principi generali in materia di appalti pubblici. Illogicità ed ingiustizia manifesta. Sviamento: a) nel caso di specie si sarebbe privilegiato l’aspetto economico rispetto a quello tecnico; b) a fronte della mancanza dell’iscrizione per manutenzione e/o installazione e/o distribuzione di energia elettrica nel certificato di iscrizione alla camera di commercio e della circostanza che l’aggiudicataria ha solo un anno di iscrizione presso il registro delle imprese di Cosenza, l’amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente motivare la propria scelta in relazione alla specificità del servizio in questione; c) vi sarebbero contraddizioni anche nel calcolo dell’aspetto economico nelle valutazioni dell’amministrazione;
IV) Violazione art. 27 comma 4, d.lgs. 157/95 e del R.D. 827/1924 sui requisiti del verbale di gara. Violazione e falsa applicazione dei principi in tema di procedure ad evidenza pubblica e di verbalizzazione e di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per equivocità; eccesso di potere per errore nei presupposti; illogicità e travisamento; carenza assoluta di istruttoria; difetto di motivazione; sviamento. Irragionevolezza ed illogicità nell’omissione delle cautele volte alla custodia e conservazione della documentazione di gara: il verbale difetterebbe dei contenuti minimi di cui all’art.27, co.4, del d.lgs. n.157/1995.
Ha, quindi, chiesto, previa sospensiva, l’annullamento della determina di aggiudicazione e degli atti meglio indicati in epigrafe, nonché la declaratoria della nullità e/o inefficacia del contratto nelle more stipulato, nonché il diritto della ricorrente all’aggiudicazione o, in subordine, la condanna al risarcimento del danno in forma specifica o, in via ancora subordinata, per equivalente economico nei termini indicati.
2. Si è costituito il Comune intimato per resistere al giudizio; questi ha, in particolare, controdedotto che: a) l’attività in questione ossia “illuminazione votiva cimiteriale” non potrebbe essere qualificata come servizio pubblico e comunque non sussisterebbe il carattere economico del servizio de quo nel senso normativo di cui all’art.113 del t.u.e.l.; si tratterebbe, per lo più, di una pubblica funzione a carattere sociale; si sarebbe innanzi ad una concessione di servizio con riguardo alla quale nessuna menzione viene fatta né nella direttiva 92/50/Ce, né nel decreto legislativo di attuazione n.157/95; b) la p.a., contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, avrebbe fissato preventivamente i requisiti di gara e poi, a parità di requisiti tecnici, avrebbe posto l’accento su quello economico, avendo l’aggiudicataria offerto un contributo annuale di € 3.800,00 (pari a € 38.000,00 per l’intera durata del contratto) a fronte di quello una tantum offerto dalla ricorrente di € 5.000,00; c) quanto alla richiesta di pagamento del valore degli ampliamenti dell’impianto elettrico votivo realizzati da ILVC, la materia esulerebbe dall’oggetto del decidere che, comunque, non rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo; d) quanto all’art.27, comma 4, del d.lgs. n.157/95 – ed agli adempimenti connessi al verbale -, lo stesso non troverebbe applicazione; né illazioni relative alla conservazione degli atti avrebbero pregio fino a querela di falso; e) la domanda di aggiudicazione e/o di risarcimento non sarebbe provata, dovendosi, nel caso di ritenuta illegittimità dell’operato dell’amministrazione, procedersi al rinnovo della gara.
3. Alla camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2005 la causa è stata rinviata al merito.
4. In vista della pubblica udienza la ricorrente ha prodotto memoria.
5. Alla pubblica udienza del giorno 15 marzo 2017 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento per la fondatezza dei motivi con cui si contestano l’omessa predeterminazione dei criteri di valutazione delle offerte ed il difetto di motivazione.
1.1. Nella lettera di invito alla gara informale in questione, l’amministrazione comunale indica una serie di elementi da indicare nell’offerta: “l’eventuale quota da versare al comune per ogni contratto; – le modalità di gestione dell’impianto; – eventuali agevolazioni per il comune; – modalità di esecuzione dei lavori e tipologia degli elementi illuminanti che si intendono usare; estensione rete ai nuovi loculi; – manutenzione ordinaria e straordinaria – quanto altro ritenuto necessario alla gestione”.
Orbene, come correttamente rilevato dalla società ricorrente, l’amministrazione, determinatasi per una procedura informale, non ha però predeterminato ed esplicitato i criteri di valutazione delle offerte, così, di fatto, impedendo di poter ricostruire l’iter logico che ha condotto a preferire un’offerta piuttosto che un’altra.
Il fatto è che l’amministrazione non ha inteso esperire un mero sondaggio di mercato, ma ha invece stabilito di condurre una gara ufficiosa.
Ciò non solo perché ha esplicitamente definito la procedura come “negoziata” nella lettera di invito, ma perché ha dato corso ad una valutazione comparativa delle offerte, come appare dalla determinazione di aggiudicazione, ove, dando atto della partecipazione di due ditte (la ricorrente e l’aggiudicataria-controinteressata), afferma che dall’esame delle offerte quella della Gianza Servizi è risultata essere più vantaggiosa per l’Amministrazione, non solo per le tariffe offerte, ma anche per il fatto che la stessa società offre annualmente un contributo di € 3.800,00 per tutta la durata della concessione, a fronte di un’offerta della società I.L.C.V. di un contributo una tantum di € 5.000,00.
In quanto esposto è insito, per definizione, il concetto di gara. Perciò, indipendentemente dalle regole espresse che eventualmente si sia data, l’amministrazione non poteva sottrarsi al rispetto dei princìpi di trasparenza e di “par condicio”, che informano l’attività amministrativa, e non poteva non predeterminare i criteri in base ai quali avrebbe affidato il servizio (Cons. St., sez. V, 30 giugno 2003 n.3856).
In assenza di criteri predefiniti, l’amministrazione ha proceduto quindi al raffronto di talune caratteristiche delle offerte e non di altre, prediligendo l’aspetto economico e tralasciando di esaminare quello tecnico.
Peraltro, anche sotto l’aspetto economico, la ricorrente ha evidenziato che, relativamente alle quote da versare al comune per ogni utenza, la controinteressata ha offerto € 1,10 annui, contro € 1,20 della I.L.C.V., ed € 1,00 per ogni contratto stipulato, contro € 2,00 della I.L.V.C, mentre il canone agli utenti era fissato in € 13,00, a fronte di € 10,80 della I.L.C.V.; dimochè l’unico aspetto che sembra avere guidato la scelta dell’amministrazione, in assenza di previ criteri, è il parametro del contributo al comune.
L’assenza, pertanto, di criteri prefissati nonchè di una congrua motivazione a supporto delle scelte dell’amministrazione comportano la non verificabilità del percorso che ha condotto alle decisioni impugnate, in violazione dei principi di trasparenza e di par condicio.
2. Proseguendo nell’esame delle censure, occorre premettere che il servizio di illuminazione votiva rientra tra i servizi pubblici locali a rilevanza economica e a domanda individuale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 maggio 2014, n. 2716; Cons. Stato, Sez. V, 11 agosto 2010, n. 5620; Cons. Stato, Sez. V, 29 marzo 2010, n. 790; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2004, n. 2155; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2004, n. 2155) e che, nel caso, viene in considerazione una concessione di pubblico servizio, sussistendone tutti i presupposti .
Tanto premesso è infondata la censura della ricorrente secondo cui l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in quanto, ai sensi dell’art.113 del d.lgs. n.267/2000, come allora vigente, l’affidamento avrebbe potuto essere disposto solo a favore di società di capitali e non anche di società di persone.
2.1. Sulla questione – all’epoca della proposizione del ricorso ancora controversa – la giurisprudenza si è ormai consolidata in senso contrario alle argomentazioni sostenute dalla ricorrente.
In particolare, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4242 del 8 settembre 2008, ha chiarito che “l’art. 113, comma 5, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 e successive modifiche e integrazioni, che prevede il conferimento della titolarità di servizi pubblici locali solo a società di capitali ed esclude che la società in nome collettivo sia abilitata ad ottenere l’affidamento di tali servizi, non è più applicabile dopo che la Corte di giustizia CE, con la sentenza del 18 dicembre 2007 n. 357, ha stabilito che l’art. 26 n. 1 e 2 della direttiva del Consiglio 92/50/Ce osta a disposizioni nazionali, che impediscono ad operatori economici di presentare offerte nelle gare pubbliche di servizi per il solo fatto di non avere forma giuridica di società di capitali” (cfr. anche T.A.R. Latina, sez. I, 27 novembre 2014 n.1007).
3. Con ulteriore censura parte ricorrente contesta la mancanza dei requisiti in capo all’aggiudicataria per la gestione del servizio in questione.
La lettera di invito, impugnata nei limiti d’interesse della ricorrente, prevedeva che le imprese producessero, oltre che l’offerta, anche copia del certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A, senza ulteriore specificazione.
La ricorrente osserva che l’aggiudicataria, iscritta da solo un anno presso il registro delle imprese di Cosenza, nonostante annoveri nell’oggetto sociale una molteplicità di attività, difetterebbe di iscrizione per manutenzione e/o installazione e/o distribuzione di energia elettrica e non risulterebbe in possesso di abilitazione di cui alla legge n.46 del 1990.
3.1. La censura è infondata.
Il servizio in questione, dalla documentazione agli atti, risulta avere ad oggetto la gestione e il servizio di erogazione energia elettrica.
Orbene, nel caso, il certificato risulta regolarmente prodotto dall’aggiudicataria e dallo stesso emerge, nell’ambito dell’attività esercitata nella sede legale, l’attività di “gestione lampade votive cimiteri” dal 27 maggio 2004.
Quanto alla mancata menzione dell’abilitazione ai sensi della legge n.46 del 1990, va osservato che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, il possesso di tale abilitazione non costituisce requisito di partecipazione alle gare.
Al riguardo, infatti, il giudice amministrativo ha affermato che “l’abilitazione di cui alla legge 46/1990, in quanto non annoverata nella tassativa elencazione dei requisiti di qualificazione d’ordine generale e d’ordine speciale previsti rispettivamente dagli artt. 17 e 18 del D.P.R. 34/2000, viene in rilievo solo ai fini dell’esecuzione dell’appalto, ma non costituisce requisito di partecipazione alle gare, onde è in linea generale irrilevante ai fini dell’esclusione dalle stesse” (T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 4 settembre 2008; id., 19 ottobre 2005, n. 3394; cfr. anche Cons. St., VI, 19 agosto 2003, n. 4671).
Ne consegue che – in astratto – la mancanza della abilitazione di cui alla legge n.46 del 1990, comunque, non potrebbe determinare l’esclusione dalla gara, in quanto essa assumerebbe rilievo non nella fase dell’ammissione alla gara, bensì in quella dell’esecuzione dell’appalto.
4. Parimenti infondata è la censura che fa riferimento alla omessa valutazione del pagamento del prezzo di prelievo degli ampliamenti effettuati dalla ricorrente durante la precedente gestione.
Come osservato dall’amministrazione, tale censura esula dallo specifico oggetto del decidere, non sussistendo alcun obbligo, nella valutazione complessiva dell’offerta, di tenere in considerazione gli impianti già effettuati dalla ricorrente nella precedente gestione.
Peraltro, come riferito dall’amministrazione, l’art.4 del contratto di concessione, a suo tempo stipulato con la ricorrente, prevedeva che “…tutte le opere inerenti all’impianto, compresi gli allacciamenti agli utenti, diverranno di proprietà del Comune senza pagamento di indennità di sorta alla ILVC”.
5. Conclusivamente, il ricorso va accolto per la fondatezza delle censure di difetto di motivazione e di difetto di predeterminazione dei criteri, potendosi assorbire le ulteriori censure sin qui non esaminate.
6. La fondatezza delle superiori censure, ed il conseguente accertamento dell’illegittimità all’operato dell’amministrazione, non consente, tuttavia, l’accoglimento della domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto e della domanda risarcitoria in forma specifica.
Non v’è, infatti, certezza che la ricorrente sarebbe stata aggiudicataria del servizio, attesa, da una parte, la mancata predeterminazione dei criteri e l’impossibilità di sostituire la valutazione discrezionale dell’amministrazione e, dall’altra, l’infondatezza della censura relativa all’assenza dei requisiti in capo all’aggiudicataria.
Ne consegue che non può trovare accoglimento la richiesta della declaratoria del diritto della ricorrente all’aggiudicazione dell’affidamento del servizio di illuminazione votiva de quo, né quindi la richiesta di declaratoria d’inefficacia del contratto, non essendo stato accertato il diritto al subentro; né può trovare accoglimento la domanda di risarcimento in forma specifica con la riedizione del potere amministrativo, avuto riguardo alla decorsa durata del contratto.
6.1. Quanto alla domanda di risarcimento del danno per equivalente, richiesta dalla parte in via subordinata, anch’essa, come prospettata, non può trovare accoglimento.
Parte ricorrente, in particolare, richiede la somma pari a € 68.152,00, quale risultante degli incassi per la gestione del servizio per dieci anni, detratto l’importo da versare al Comune, ovvero la somma da determinarsi in corso di causa a titolo di mancata aggiudicazione del servizio in questione, nonché il risarcimento dal danno curriculare.
Chiede, pertanto, a titolo di responsabilità da mancata aggiudicazione, il ristoro per equivalente dell’utile che la stessa avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto. I presupposti su cui si fonda la richiesta sono dunque dati da un vizio di legittimità occorso nella fase della gara e dall’accertamento del diritto del concorrente ad aggiudicarsi la stessa nell’ipotesi in cui tale illegittimità non si fosse verificata (Cons. St., sez. IV, 23 maggio 2016, n.2111).
Orbene, nel caso non risulta accertato il diritto della ricorrente ad aggiudicarsi la gara per le motivazioni sopra esposte, dimodochè non sussistono i presupposti per il chiesto risarcimento del danno.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e limiti di cui in motivazione.
Respinge le domande risarcitorie.
Condanna il Comune resistente, in persona del l.r.p.t., al pagamento delle spese e competenze nei confronti della parte ricorrente, con distrazione in favore dell’avvocato, come da richiesta, liquidandole in euro 2.000,00, oltre accessori di legge.
Manda alla Segreteria per la trasmissione della presente sentenza all’Anac, ai sensi del comma 32 bis dell’art.1 della legge 6 novembre 2012, n.190, ed alla Procura regionale della Corte dei Conti, per le valutazioni di competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente
Nicola Durante, Consigliere
Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Giuseppina Alessandra Sidoti
IL PRESIDENTE
Salvatore Schillaci
IL SEGRETRARIO

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