Norme correlate:
Massima
Testo
Norme correlate:
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934
Capo10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Riferimenti: cfr. TAR Brescia 3.6.04 n. 613
Massima:
TAR Lombardia, Sez. II, 4 dicembre 2006, n. 2856
Chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto, e pertanto ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento di ampliamento e di sistemazione del cimitero, che riducono la profondità della fascia di rispetto al di sotto del minimo legale, in mancanza di tale notificazione individuale, salva l’acquisizione aliunde della piena conoscenza del provvedimento, il termine per impugnare non decorre.
Tale termine non decorre nemmeno dalla verifica dell’esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero, trattandosi di fatto di per sé inidoneo a determinare la conoscenza dei provvedimenti atti a legittimare l’ampliamento del cimitero.
In assenza di una identificazione di “centro abitato”, per il quale vige normalmente l’obbligo di rispetto della fascia di rispetto cimiteriale, deve considerarsi tale, anche l’esistenza di numerosi edifici che di per sé costituiscono un “abitato”.
Testo completo:
TAR Lombardia, Sez. II, 4 dicembre 2006, n. 2856
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione 2^
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 4056 del 1995 proposto da
SCORTA Luigi e SCORTA Amalia Alessandra (in proprio e quale erede del padre Scorta Luigi), nonché da SCORTA BERNASCONI Ernestina Augusta (costituitasi in corso di causa quale erede del padre deceduto), rappresentati e difesi, dapprima, dagli avv.ti Antonio e Lorenzo Spallino di Como nonché dall’avv. Edoardo Rasà e (dopo il decesso di quest’ultimo) dall’avv. Paolo Famà, con domicilio eletto presso questi ultimi in Milano, via Chiossetto 7; quindi, dopo la rinuncia al mandato dei predetti difensori, dall’avv. Riccardo Mandelli, con studio in Como, via Volta 38; infine, dall’avv. Roberto Golda Perini, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Milano, via Morozzo della Rocca 1 contro
COMUNE di BRUNATE, in persona del Sindaco p.t., dott. arch. Darko Pandakovic, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Lavatelli di Como e dall’avv. Micaela Chiesa di Milano, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, viale Regina Margherita 1
nonché contro
USSL n. 5 (già n. 11), non costituita in giudizio
per l’annullamento
delle deliberazioni consiliari 27 febbraio 1989 n. 26 (ampliamento area cimiteriale) e 25 settembre 1990 n. 132 (approvazione progetto di sistemazione del cimitero e costruzione di sei tombe di famiglia a giardino).
Visto il ricorso, notificato il 22 settembre e depositato l’11 ottobre 1995;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria conclusiva del Comune;
Visti atti e documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 23 novembre 2006, relatore il dott. Carmine Spadavecchia, gli avv.ti Golda Perini e Lavatelli;
Considerato quanto segue in
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione consiliare 27 febbraio 1989 n. 26 il Comune di Brunate ha disposto l’ampliamento del cimitero comunale incorporando nel perimetro del medesimo un’area (mappale 700) con sovrastante cappella funeraria edificata intorno al 1900, e riservandosi di provvedere con successivo atto alla nuova delimitazione dell’area di rispetto.
Con delibera 25 settembre 1990 n. 132 il consiglio comunale ha poi approvato il progetto di sistemazione del cimitero e la costruzione di sei tombe di famiglia a giardino.
Con atto notificato il 22 settembre 1995 i ricorrenti, comproprietari di un’area edificata a monte del cimitero comunale (mappale n. 698 del N.C.E.U.), investita dallo spostamento della fascia di rispetto, hanno impugnato entrambi i deliberati, deducendo l’illegittimità dell’ampliamento e del progetto di sistemazione del cimitero, che riducono la profondità della fascia di rispetto al di sotto del minimo legale (50 metri).
Nel corso del giudizio le signore Amalia Alessandra Scorta (già ricorrente in proprio) ed Ernestina Augusta Scorta si sono costituite in qualità di eredi del signor Luigi Scorta, nel frattempo deceduto.
Il Comune ha eccepito la tardività del ricorso (proposto dopo un quinquennio dalla pubblicazione delle impugnate delibere), la sua inammissibilità (in quanto l’ampliamento del cimitero risalirebbe ad atti antecedenti), la sua improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse (l’ampliamento essendo stato confermato in sede di revisione dello strumento urbanistico, oggetto di ulteriori ricorsi sub judice) e l’infondatezza nel merito (in quanto l’ampliamento, non realizzabile in direzioni diverse, corrisponderebbe ad una esigenza insuscettibile di essere soddisfatta altrimenti).
2. Le eccezioni preliminari del Comune non possono essere condivise.
2.1.Quanto alla ricevibilità del ricorso, che il Comune assume tardivo, va osservato che chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto, e pertanto ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento (cfr. TAR Brescia 3.6.04 n. 613), in mancanza della quale – salva l’acquisizione aliunde di una piena conoscenza che qui non è dimostrata – il termine di impugnativa non decorre. Né il termine di decadenza può essere fatto decorrere dal momento (aprile 1995) in cui le ricorrenti hanno verificato l’esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero, trattandosi di fatto di per sé non idoneo a determinare la piena conoscenza dei provvedimenti “a monte” atti a legittimarne la realizzazione, conoscenza effettivamente acquisita dalle interessate solo dopo avere avuto accesso alla relativa documentazione.
2.2. Quanto all’ammissibilità del ricorso, il Comune eccepisce che l’impugnata deliberazione n. 26/1989 non sarebbe innovativa rispetto ad una precedente (delibera 20.9.1982 n. 190 di giunta municipale, ratificata dal consiglio con atto 20.12.1982 n. 46) con la quale era stato disposto di “considerare acquisita”, per abbandono, una cappella privata esistente sul mappale n. 700, esterna al perimetro cimiteriale, e di revocare contestualmente la relativa concessione.
Sul punto va osservato che la mera “acquisizione” della cappella al patrimonio pubblico, operata nel 1982, non implicava né l’incorporazione della cappella nel cimitero, né l’ampliamento dell’area cimiteriale, operazioni, queste, effettivamente realizzate solo con la successiva delibera 27 febbraio 1989 n. 26 (oggetto del presente giudizio), che in tal senso ha esplicitamente disposto. Del resto la stessa difesa comunale ammette che dalle delibere anteatte (di acquisizione della cappella) “non deriva[va]no effetti pregiudizievoli per i ricorrenti”, che non le hanno impugnate, né avevano ragione di impugnarle. Un pregiudizio effettivo alla proprietà dei ricorrenti è infatti riconducibile soltanto alla delibera n. 26/1989, che, avendo disposto l’incorporazione della cappella e il correlativo ampliamento del cimitero, non può considerarsi atto meramente confermativo dei precedenti.
2.3. Quanto alle modifiche apportate successivamente allo strumento urbanistico, esse non determinano l’improcedibilità del ricorso.
La variante al piano regolatore adottata con deliberazione consiliare 31 ottobre 1997 n. 45 non è frutto di una nuova valutazione, ma è dichiaratamente volta ad adeguare lo strumento urbanistico alla situazione determinatasi in seguito alla delibera n. 26/1989 di ampliamento del cimitero, la quale rimetteva espressamente ad un atto successivo la (ri)delimitazione formale della fascia di rispetto; tale variante si configura pertanto come atto consequenziale, la cui adozione non fa venire meno l’interesse alla rimozione dell’atto presupposto. Né induce tale effetto la revisione generale del p.r.g. realizzata – da una serie procedimentale impugnata con altri ricorsi tuttora pendenti – nell’arco temporale 1999~2004 (doc. 4~9 fasc. Comune), permanendo l’interesse delle ricorrenti a rimuovere la delibera che per la prima volta ha realizzato il contestato ampliamento.
3. Nel merito, il ricorso è fondato.
E’ pacifico che per effetto dell’ampliamento la fascia di rispetto compresa tra perimetro del cimitero e l’edificio preesistente sul mappale 698 si è ridotta a valori inferiori a quelli minimi (di ciò dà atto la relazione alla variante sopracitata: delibera C.C. n. 45/1997, che richiama i rilievi espressi in tal senso dal servizio Ipatsll dell’USSL n. 5 con nota 24.5.96).
E’ altrettanto pacifico che per effetto di tale ampliamento la fascia di rispetto del cimitero viene ad investire il mappale n. 698 ed il sovrastante fabbricato ad uso abitazione di proprietà dei ricorrenti. Né è contestata la circostanza da questi dedotta, che cioè il nuovo muro di cinta del cimitero è stato realizzato a distanza di 17,50 mt dal piede della recinzione del mappale 698 e a 37,5 mt dalla soglia di ingresso dell’abitazione.
Si tratta di distanza inferiore a 50 mt, che costituisce un limite – già ridotto rispetto a quello ordinario (200 mt) – non ulteriormente riducibile alla stregua di quanto dispongono le norme di settore, di cui i ricorrenti deducono la violazione (art. 338, quarto comma, regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265, testo unico delle leggi sanitarie; art. 57, quarto comma, d.p.r. 10 settembre 1990 n. 285, regolamento di polizia mortuaria).
La difesa comunale argomenta che l’obbligo di rispettare la distanza minima è fissato con riguardo ai “centri abitati”, dunque non opera rispetto ai fabbricati sparsi. L’obiezione, teoricamente condivisibile sulla base della giurisprudenza in materia (cfr. Cons. Stato IV 16.9.93 n. 775), si basa però su una circostanza non provata, anzi smentita dalla relazione 8 febbraio 1989 della commissione provinciale centrale per i cimiteri, richiamata dalla delibera n. 26 del 1989; la quale attesta la presenza nell’area di rispetto cimiteriale di numerosi edifici, che “rientrano tutti nella normativa prevista dalla legge n. 983 del 17/10/1957” (quella cioè che, novellando il quarto comma dell’art. 338 TU leggi sanitarie, ha ridisciplinato la zona di rispetto).
Da un lato, quindi, manca l’identificazione di un “centro abitato” rispetto al quale soltanto opererebbe il divieto di ampliamento; dall’altro, è comprovata l’esistenza di numerosi edifici i quali costituiscono di per sé un “abitato” rispetto al quale l’art. 57 del regolamento di polizia mortuaria pone quella esigenza di isolamento che preclude l’ulteriore ampliamento del cimitero.
4. Per le considerazioni esposte, che assorbono ogni altro profilo di censura, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento della delibera di ampliamento e di quella che, sul suo presupposto, ha approvato il progetto di sistemazione del cimitero. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia accoglie il ricorso e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna il Comune alla rifusione delle spese di causa, che si liquidano a favore della parte ricorrente nella complessiva somma di € 2.000,oo (Euro duemila), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 23 novembre 2006, con l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, presidente
Carmine Spadavecchia, consigliere-estensore
Daniele Dongiovanni, referendario