Dalle superfici ai volumi

Nel Punto 13.2) della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993 è previsto che, per le nuove costruzioni, i posti per la tumulazione di feretri, di cassette ossario od urne cinerarie siano realizzati rispettando alcuni dimensionamenti, espressi in termini di “di ingombro libero interno”, cioè definendo misure da osservare “almeno”, cioè come misure minime da assicurare.
Tralasciando i primi, per le seconde si indica un parallelepipedo di lunghezza di m 0,70, larghezza m 0,30 e altezza m 0,30, mentre per le terze tali misure non potranno essere inferiori rispettivamente a m 0,30, m 0,30 e m 0,50.
Indipendentemente da dove si collochino i termini di lunghezza, larghezza e altezza, ne esce che le seconde (ossarietti individuali per l’accoglimento di cassette ossario) vengano ad avere un volume di 0,063 m3 e le terze (nicchie cinerarie per l’accoglimento di urne cinerarie) di 0,045 m3.
Va ricordato come la regione Lombardia, con l’Allegato III al reg. reg. (Lombardia) 14 giugno 2022, n. 24 “Caratteristiche tecniche dei loculi” (Punto 1), abbia indicato che gli ossarietti individuali debbano avere misure di ingombro libero interno non inferiore a cm 80 x 40 x 40 e le nicchie cinerarie individuali devono avere misure di ingombro libero interno non inferiore di cm 0,40 × 0,40 × 0,40.
In precedenza, con l’Allegato 2 al reg. reg. (Lombardia) 9 novembre 2004, n. 6 era indicato: ”4. Gli ossarietti individuali devono avere misure di ingombro libero interno non inferiore a m 0,70 x 0,30 x 0,30. 5. Le nicchie cinerarie individuali devono avere misure di ingombro libero interno non inferiore di m 0,40 x 0,40 x 0,40.

Quando si considera il dimensionamento del fabbisogno cimiteriale, l’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. considera la superficie (per l’accoglimento di sepolture di feretri a sistema d’inumazione sia per quelle che avvengono nell’immediato post mortem, sia quelle che avvengono a seguito di estumulazioni, aggiungendovi anche l’eventualità di eventi straordinari che richiedano un maggior numero di inumazioni.
Si ricorda che con lo stesso D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 si è iniziato a computare le inumazioni nel decennio, mentre in precedenza il criterio del dimensionamento era basato sui defunti nel decennio, senza considerare se questi accedessero all’inumazione o ad altre pratiche funerarie.
Questa superficie è determinata dal dimensionamento delle fosse di cui ai successivi artt. 72 e 73 (per inciso rammentandosi che dal 10 febbraio 1976 non opera più un rapporto fisso predeterminato tra queste due tipologie, com’era, pur se con parametri differenti, dall’entrata in vigore del R.D. 11 gennaio 1891, n. 42), per cui per le prime (inumazioni di cadaveri di oltre 10 anni) la fossa comporta un impiego di superficie di 3,51 m2 e per le seconde (inumazioni di bambini di età inferiore a 10 anni) di 2,0 m2.
Questo ha portato che per individuare le dimensioni dei cimiteri si facesse riferimento a logiche di superficie. Tuttavia, non tutte le persone defunte accedono all’inumazione, ma alcuni optano per la tumulazione, altri per la cremazione.

Nel caso di tumulazione, la questione passa da una logica superficiaria ad una volumetrica.
Non è stato a caso che in alcune realtà (poche per la verità, dal momento che non accade spesso che si colgano i presupposti di fondo) si era cercato di collegare i volumi previsti per le tumulazioni a criteri di corrispondenza (almeno) alla superficie, collegamento che non poteva prescindere dal tenere conto delle durate delle tumulazioni, ipotesi costruite con l’ipotesi che fosse salvaguardato un coerente rapporto tra il numero dei defunti e la superficie conseguentemente necessaria (o, richiesta).
Nel caso di cremazione, il volume necessario per il collocamento delle urne cinerarie (si tratta di tumulazione di urne cinerarie e non di feretri; non sembri un’ovvia puntualizzazione) diventa ancora inferiore, riducendosi alle dimensioni riportate inizialmente.
Non parliamo delle ipotesi di accesso alla cremazione nei casi in cui vi siano le condizioni per la dispersione delle ceneri o in cui sia richiesto l’affidamento delle urne cinerarie ai familiari, dal momento che in queste evenienze non vi è più una “domanda” di spazi espressi in termini volumetrici all’interno dei cimiteri.
Ma questo produce anche altri effetti, il primo dei quali può individuarsi nel fatto che un loculo (cioè un posto feretro a sistema di tumulazione), stante le dimensioni “interne” previste, può, fisicamente, contenere una pluralità di cassette ossario e una ancor maggiore pluralità di urne cinerarie.
Si tratta di situazioni che possono far divenire il singolo “vano” (leggi: spazio interno libero), costruito per accogliere un feretro (e magari anche una cassetta ossario/urna cineraria), può assumere la funzione di un sepolcro di famiglia, nel senso di poter, fisicamente, accogliere cassette ossario/urne cinerarie di una pluralità di persone appartenenti alla famiglia del concessionario (art. 93 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), in numeri che sembrano ricordare strutture familiari la cui numerosità non è più molto attuale.

La crescita dell’accesso alla cremazione, con il suo irrompere in termini esponenziali, porta conseguentemente a dover considerare non più l’elemento “superficie” (almeno, in termini di non più solo questo), ma anche quello del “volume”, cosa che si presenta particolarmente interessante non solo per la progettazione ex novo di manufatti sepolcrali, ma – soprattutto – per le possibilità che apre in tutte quelle situazioni in cui si rendano necessari interventi di ristrutturazione di sepolcri esistenti, sia che si tratti di sepolcri considerati dal Capo XVIII D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., sia che si tratti di manufatti nella disponibilità del comune (o, del soggetto gestore del cimitero, quando vi sia stato affidamento del servizio), potendo “convertire” queste costruzioni dalla sola destinazione ad accogliere feretri a destinazioni per l’accoglimento di altro, oltretutto con alcuni vantaggi, come (i.e.) il fatto di presentare caratteristiche ponderali del tutto diverse.
Per i feretri va tenuto presente l’art. 76, comma 5 (o, meglio, l’intero art. 76) D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., mentre i pesi di una cassetta ossario e quello di un’urna cineraria sono del tutto inferiori.
Non solo, ma non vengono a trovare applicazione neppure i commi 6, 8 e 9 del citato art. 76.
Qualche dubbio potrebbe aversi per il comma 3, ma in proposito occorrerebbero valutazioni caso per caso. Si tratta di aspetti che costituiscono opportunità.

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Sereno Scolaro

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