Tag: Crematorio, project financing
Norme correlate: D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36
Massima
[ I ] In relazione all'art. 21-quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241 le motivazioni potenzialmente ponibili a fondamento di revoca della procedura di gara possono così sintetizzarsi: a) assenza di esito positivo della procedura di gara; b) assenza di sostenibilità economica dell’offerta; c) avversione manifestata dalla cittadinanza alla realizzazione dell’opera.
[ II ] Costituisce pacifico orientamento giurisprudenziale secondo il quale: “quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente di per sé a supportare l'intero provvedimento, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l'eventuale illegittimità di tali altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104; id., 27 ottobre 2022, n. 9161; id., 11 ottobre 2019, n. 6928; Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63; id., 26 ottobre 2022, n. 9128; Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341; id., 12 settembre 2022, n. 7927; id. 17 agosto 2022, n. 7165; Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791; id., 3 marzo 2022, n. 1529; Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157; id., 18 febbraio 2020, n. 1240)” (C.d.S, VII, 3.5.2023, n. 4517).
[ III ] Il legittimo affidamento dell'operatore economico parte in una procedura di gara rappresenta uno dei principi generali dell’ordinamento europeo elaborato da tempo dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr. Corte di Giustizia, 5.5.1981, C-112/80), che nel corso del tempo ne ha individuato i presupposti e i limiti.
Al riguardo, il giudice eurounitario ha ritenuto tutelabile il legittimo affidamento laddove sussistano, in chiave simultanea: a) l’elemento oggettivo, rappresentato da un provvedimento amministrativo attributivo di una posizione di vantaggio in favore del privato; b) l’elemento soggettivo, rappresentato dalla buona fede del privato, il quale non deve aver determinato, con dolo o colpa, l’illegittimità del provvedimento; c) l’elemento temporale, consistente nel decorso di un ragionevole lasso di tempo, tale da ingenerare nei confronti del privato un affidamento legittimo in ordine alla stabilità del relativo rapporto giuridico, attributivo in suo favore di una situazione di vantaggio.
Testo
Pubblicato il 23/10/2025
N. 08229/2025REG.PROV.COLL.
N. 04222/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4222 del 2025, proposto da
< omissis > s.c. a r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini, Luca Tozzi, Francesco Vagnucci, Federico Tedeschini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Giovanni Valdarno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Grazzini, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, p.zza Vittorio Veneto, n. 1;
nei confronti
< omissis > s.p.a, Cooperativa Sociale < omissis >., < omissis > s.p.a, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 345/2025.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni Valdarno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2025 il Cons. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi, Francesco Vagnucci, Federico Tedeschini e Andrea Grazzini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel febbraio del 2020, < omissis > s.c. a r.l. (in prosieguo: < omissis >) ha presentato al Comune di San Giovanni Valdarno, ai sensi dell’art. 183 co. 15, del d.lgs. n. 50/2016, una proposta di finanza di progetto per l’affidamento in concessione della progettazione esecutiva, della costruzione e della gestione di un tempio crematorio e delle opere connesse, con finanziamento a totale carico del concessionario.
La proposta è stata dichiarata di pubblico interesse con deliberazione della Giunta comunale n. 199 del 1.09.2022.
Quindi, con determinazione del 3.02.2023, è stata indetta la procedura aperta per la selezione del concessionario.
Alla procedura ha preso parte, oltre alla promotrice < omissis >, il RTI costituendo tra < omissis > s.p.a. (mandataria), Cooperativa sociale < omissis > e < omissis > s.p.a.
A conclusione del subprocedimento di verifica di congruità dell’offerta e di sostenibilità del PEF, il Comune, con determinazione n. 1106 del 11.12.2023, ha disposto aggiudicazione in favore di < omissis >.
< omissis > s.p.a. ha impugnato innanzi al TAR Toscana tutti gli atti della procedura, della quale ha chiesto l’integrale annullamento, assumendo che la scelta del Comune di pretendere dai concorrenti la presentazione di un progetto definitivo dell’intervento, anziché di varianti al progetto di fattibilità approvato, fosse in contrasto, come a suo tempo segnalato all’ANAC, con l’art. 183, co. 15, del d.lgs. n. 50/2016 e determinasse un indebito vantaggio per il soggetto promotore.
Con successivi motivi aggiunti, < omissis > s.p.a. ha formulato nuove censure avverso l’aggiudicazione, con riferimento alla mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, la quale non avrebbe dimostrato la sostenibilità economico-finanziaria della propria offerta, e il cui progetto definitivo sarebbe stato viziato da carenze insanabili.
La ricorrente ha graduato le censure, chiedendo in via prioritaria l’accoglimento dei motivi aggiunti, suscettibili di assicurarle il bene della vita consistente nell’aggiudicazione della commessa, e solo in subordine del ricorso introduttivo, sorretto dall’interesse strumentale alla riedizione dell’intera procedura.
Con sentenza n. 496/2024, il TAR Toscana ha accolto i motivi aggiunti proposti da < omissis > s.p.a, rilevando il difetto di istruttoria in cui era incorsa l’Amministrazione con riguardo agli esiti del subprocedimento di verifica di congruità dell’offerta in relazione alle significative ed ingiustificate differenze dei ricavi di gestione risultanti dai piani economico-finanziari allegati alla proposta di project financing e all’offerta di < omissis >.
Per tali ragioni, il TAR Toscana ha annullato l’aggiudicazione, dichiarando l’inefficacia del contratto eventualmente medio tempore stipulato tra l’aggiudicataria < omissis > e il Comune di San Giovanni Valdarno.
La sentenza di primo grado è stata impugnata da < omissis > innanzi al Consiglio di Stato.
Nel giudizio di appello si è costituita < omissis > s.p.a, la quale si è limitata a chiedere il rigetto dell’impugnazione, senza proporre, a sua volta, appello incidentale con riguardo alle censure formulate dinnanzi al TAR con il ricorso introduttivo, e rimaste assorbite per effetto dell’accoglimento dei motivi aggiunti.
Nelle more del giudizio di appello, il Comune di San Giovanni Valdarno, preso atto della citata sentenza del TAR Toscana n. 496/24, ha riavviato la procedura di evidenza pubblica, procedendo alla rinnovazione della fase di verifica della congruità dell’offerta e della sostenibilità del PEF.
All’esito delle giustificazioni, il Comune con determinazione 5.6.2024 ha disposto esclusione di < omissis > e di < omissis > s.p.a. dalla gara.
Tale determinazione è stata impugnata da < omissis > e da < omissis > s.p.a. con distinti ricorsi innanzi al TAR Toscana.
Nelle more, con Deliberazione della Giunta comunale n. 153/24, il Comune ha revocato la deliberazione giuntale n. 199/2022 (dichiarazione di pubblico interesse dell’opera proposta da < omissis >), ritenendo venuti meno la fattibilità e il pubblico interesse rispetto alla proposta di project financing a iniziativa privata pervenuta da < omissis >.
Con ulteriore ricorso n. 1387/24 R.G. < omissis > ha impugnato innanzi al TAR Toscana la Deliberazione n. 153/24, assumendo la violazione dell’art. 21 quinquies l. n. 241/90, nonché l’eccesso di potere da parte dell’Amministrazione.
< omissis > ha altresì chiesto che, laddove la deliberazione di revoca fosse ritenuta immune dai vizi denunciati, le fosse riconosciuto l’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. n. 241/1990, o il rimborso di cui all’art. 183, co. 12 e 15, del d.lgs. n. 50/2016, nella misura di € 448.543,12.
Il Comune di San Giovanni Valdarno si è costituito per resistere al ricorso di < omissis >.
Nel frattempo, con sentenza n. 8437/24, questo Consiglio di Stato ha accolto parzialmente l’appello proposto da < omissis > avverso la sentenza del TAR Toscana n. 496/24.
In particolare, questo Consiglio di Stato:
– ha respinto i motivi formulati da < omissis > in relazione ai capi della sentenza di primo grado con i quali era stato evidenziato il difetto di istruttoria commesso dall’Amministrazione comunale;
– ha ritenuto corrette le conclusioni del TAR Toscana in ordine al fatto che le discrasie emerse in ordine all’offerta economica presentata da < omissis >, lungi dal riguardare singole inesattezze, fossero tali da riflettersi, per la loro consistenza, “sulla globalità dell’offerta presentata da < omissis >, incidendo sulla tenuta complessiva del Progetto, e rendendo l’intera operazione intrinsecamente inaffidabile”;
– ha accolto il motivo di appello con il quale era stata contestata, in via subordinata, la violazione dell’art. 34, co. 2, c.p.a, affermando che il TAR Toscana: “dopo aver correttamente accertato l’intrinseca irrazionalità/illogicità del giudizio di anomalia, ha nondimeno successivamente esorbitato dai limiti delle proprie attribuzioni, disponendo immediato annullamento dell’aggiudicazione (e dichiarando altresì l’inefficacia del contratto eventualmente stipulato), in luogo di disporre il rinvio degli atti all’Amministrazione, per la rinnovazione globale del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, da estendersi ad ogni aspetto riguardante l’attendibilità dell’offerta economica di < omissis > scarl”, solo all’esito di tale ulteriore e globale verifica potendo “dirsi effettivamente consumata la discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con conseguente possibilità, da parte del giudice amministrativo, di un sindacato – questa volta diretto – sul modo di esercizio di detta discrezionalità da parte dell’Amministrazione (c.d. one shot)”;
– ha infine accolto l’ultimo motivo di gravame, inerente la violazione in sede progettuale della normativa in materia di barriere architettoniche, considerando l’inosservanza delle norme regionali sulla pendenza della rampa di accesso dei disabili un profilo non determinante significativi scostamenti rispetto all’offerta tecnica e a quella economica e suscettibile di essere corretto in sede esecutiva.
Successivamente alla pronuncia di questo Consiglio di Stato n. 8437/24 < omissis > s.p.a. ha dichiarato di non avere più interesse alla decisione del proprio ricorso.
Con sentenza n. 345/25 il TAR Toscana ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso proposto da < omissis > s.p.a. avverso la delibera 5.6.2024, di esclusione di entrambi i concorrenti dalla gara.
Per quel che riguarda invece i giudizi promossi da < omissis > s.p.a, il TAR felsineo:
– ha rigettato il ricorso n. 1387/2024 R.G, proposto avverso la deliberazione di Giunta comunale n. 153 del 2024, di revoca della deliberazione n. 199/22, in considerazione del venir meno della fattibilità e del pubblico interesse alla realizzazione del tempio crematorio;
– ha rigettato l’ulteriore domanda proposta da < omissis >, di condanna dell’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 quinquies l. n. 241/90;
– ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso n. 1069/24 R.G, avverso l’esclusione di < omissis > dalla procedura di scelta del concessionario.
Avverso tale pronuncia giudiziale < omissis > ha interposto appello, affidato ai seguenti motivi di gravame: 1) error in iudicando, in relazione all’omesso esame delle censure proposte avverso il citato provvedimento n. 462/24, di esclusione di < omissis > (e di < omissis > s.p.a.) dalla gara; 2) error in iudicando, in relazione al capo di sentenza con cui il TAR Toscana ha respinto la domanda dell’appellante, di condanna dell’Amministrazione al riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21 quinquies l. n. 241/90, ovvero del rimborso spettante al promotore della proposta del project financing ai sensi dell’art. 183, commi 12 e 15, d. lgs. n. 50/2016; 3) error in iudicando; illegittimo assorbimento dei motivi di gravame proposti avverso il provvedimento di esclusione dell’appellante dalla gara; riproposizione dei motivi.
Ha chiesto pertanto, in accoglimento dell’appello, e in riforma dell’impugnata sentenza, l’integrale accoglimento delle conclusioni rassegnate nel giudizio di primo grado. Il tutto con vittoria delle spese di lite.
Costituitosi in giudizio, il Comune di San Giovanni Valdarno ha chiesto il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di lite.
All’udienza pubblica del 9.10.2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.
2. Premette anzitutto il Collegio che esula dal perimetro dell’odierno giudizio ogni questione concernente l’ottemperanza del Comune alla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 8437/24. Per tali ragioni, la pronuncia oggetto del presente gravame (TAR Toscana, sent. n. 345/25) verrà esaminata senza alcun riferimento al dictum scaturente dalla citata pronuncia n. 8437/24, alla quale l’Amministrazione, e non il giudice di prime cure, è tenuta a conformarsi.
3. Tanto premesso, l’appello è infondato.
3. Con il primo motivo di gravame (atto di appello, pp. 8-21), l’appellante censura sotto vari profili la deliberazione di Giunta comunale n. 153 del 2024, di revoca della deliberazione n. 199 del 1.09.2022. Ad avviso dell’appellante, non vi sarebbero i presupposti per la revoca, stante l’insussistenza – o comunque l’esclusiva imputazione all’Amministrazione – dei presupposti posti a base dell’esercizio dello ius poenitendi.
Il motivo, globalmente inteso, è infondato.
4. Ai sensi dell’art. 21 quinquies comma 1 l. n. 241/90: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”.
5. Così definita la normativa di riferimento, occorre ora indagarne la portata.
Sul punto, rileva il Collegio che, come ampiamente chiarito da questo Consiglio di Stato: “i presupposti del valido esercizio dello ius poenitendi sono definiti dall’art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990 con formule lessicali (volutamente) generiche e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e in una rinnovata (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario” (C.d.S, IV, 12.4.2021, n. 2945).
Pertanto, le valutazioni compiute dalla pubblica amministrazione per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge sono ampiamente discrezionali e, come tali, sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente inficiate da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti.
6. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, le motivazioni poste a fondamento dell’impugnata revoca della procedura di gara possono così sintetizzarsi:
a) assenza di esito positivo della procedura di gara;
b) assenza di sostenibilità economica dell’offerta;
c) avversione manifestata dalla cittadinanza alla realizzazione dell’opera.
7. Orbene, con riferimento al profilo sub a), emerge dalla documentazione in atti che, con propria determinazione – la quale prescinde del tutto dal dictum contenuto nella pronuncia di questo giudice n. 4387/24, avendo l’Amministrazione provveduto in chiave autonoma – il Comune appellato ha provveduto a rinnovare la verifica di anomalia, sull’offerta di < omissis >, sia su quella del secondo graduato < omissis > s.p.a.
All’esito di tale verifica, l’Amministrazione ha emesso delibera n. 462 del 5.6.2024, con la quale ha ritenuto entrambe le offerte anomale, disponendo in tal modo l’esclusione di entrambi i concorrenti dalla gara.
8. Per tali ragioni, è corretta l’affermazione contenuta nell’impugnata Determinazione n. 153 del 2.7.2024, secondo cui a tale data la procedura di gara non aveva avuto esito, atteso che a tale data era già stata disposta esclusione di entrambi i concorrenti dalla gara (Det. n. 462 del 5.6.2024).
9. Pertanto, considerato si è qui in presenza di un atto plurimotivato, il predetto profilo di criticità è di per sé solo sufficiente a giustificare la disposta revoca della procedura di gara, trovando applicazione il pacifico orientamento giurisprudenziale secondo il quale: “quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente di per sé a supportare l’intero provvedimento, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l’eventuale illegittimità di tali altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104; id., 27 ottobre 2022, n. 9161; id., 11 ottobre 2019, n. 6928; Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63; id., 26 ottobre 2022, n. 9128; Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341; id., 12 settembre 2022, n. 7927; id. 17 agosto 2022, n. 7165; Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791; id., 3 marzo 2022, n. 1529; Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157; id., 18 febbraio 2020, n. 1240)” (C.d.S, VII, 3.5.2023, n. 4517).
10. Premesse tali assorbenti considerazioni – le quali escludono il lamentato vizio dell’atto impugnato, e giustificano ex se il rigetto del relativo motivo di gravame – ragioni di completezza espositiva inducono il Collegio ad interrogarsi altresì – in ossequio allo specifico motivo di gravame articolato dall’appellante – sulla legittimità dell’ulteriore profilo di criticità descritto sub b), id est l’assenza di sostenibilità dell’offerta economica.
11. Sul punto, non si vede come possa deflettersi dal contenuto della pronuncia di questo Consiglio di Stato n. 8437/24. Invero, tale pronuncia contiene:
– una statuizione cassatoria, nella parte in cui questo Consiglio ha affermato che: “il Tar felsineo, dopo aver correttamente accertato l’intrinseca irrazionalità/illogicità del giudizio di anomalia, ha nondimeno successivamente esorbitato dai limiti delle proprie attribuzioni, disponendo immediato annullamento dell’aggiudicazione (e dichiarando altresì l’inefficacia del contratto eventualmente stipulato), in luogo di disporre rinvio degli atti all’Amministrazione, per la rinnovazione globale del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, da estendersi ad ogni aspetto riguardante l’attendibilità dell’offerta economica di < omissis > scarl. Solo all’esito di tale ulteriore e globale verifica potrà dirsi effettivamente “consumata” la discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con conseguente possibilità, da parte del giudice amministrativo, di un sindacato – questa volta diretto – sul modo di esercizio di detta discrezionalità da parte dell’Amministrazione (c.d: one shot). Per tali ragioni, l’impugnata pronuncia è erronea in parte qua, e va dunque riformata”.
Orbene, rispetto a tale capo della pronuncia giudiziale, va ribadito che nessuna valutazione può essere formulata in questa sede, costituendo essa il proprium del giudizio di ottemperanza instaurato da < omissis >, che verrà definito nella competente sede giudiziale.
– una statuizione resa all’esito di un ordinario giudizio di legittimità, che reca pertanto il crisma della definitività (non essendo soggetta a gravami ordinari), e da cui non può pertanto prescindersi nella presente sede giudiziale. Orbene, in tale pronuncia si è affermato che: “emerge dalla documentazione in atti una sensibile discrasia, quanto ai ricavi di gestione, tra la proposta di project financing approvata dal Comune appellato, e quella presentata nella procedura di scelta del concessionario. Si passa invero, nel terzo anno di vita della concessione, da € 243.275,00 a € 380.151,00 e nel trentaduesimo anno da € 1.335.181,00 a € 1.962.525,00. Stessa discrasia si riscontra quanto al numero di cremazioni, che passano dalle iniziali 700 annue alle 1.050 finali.
Per effetto di tali discrasie, il valore della concessione di cui al punto 4.3 del Disciplinare di gara, corrispondente al flusso dei ricavi attesi, passa da € 26.555.960 ad € 40.514.442. All’evidenza, trattasi di discrasie che incidono sul risultato globale dell’offerta, determinando un totale stravolgimento della stessa. Né tali discrasie possono dirsi sanate dalla natura asseverata del PEF, in quanto l’asseverazione non riguarda la verosimiglianza dei dati iniziali posti a base del PEF, ma sul presupposto della loro esistenza essa certifica un complessivo giudizio di coerenza del contenuto del Piano. Con la conseguenza che se i dati numerici di partenza sono errati, tale errore si ripercuote sul giudizio finale, parimenti falsato … L’appellante contesta le valutazioni operate dal giudice di prime cure anche in ragione delle giustificazioni che essa ha fornito nel corso del giudizio di primo grado. Ma, tale modus operandi conferma – anziché smentire – il giudizio di anomalia dell’offerta. Se infatti soltanto in sede di giudizio innanzi al TAR l’odierna appellante ha prodotto analitiche giustificazioni in ordine alle suddette discrasie, evidenziando per la prima volta – con grafici, dati e tabelle giammai esibite in sede di verifica di anomalia – la congruità e sostenibilità del Piano, ciò vuol dire che tali aspetti non erano in alcun modo riscontrati e/o riscontrabili in sede di gara. In tal modo, l’appellante ha prodotto documentazione giustificativa in maniera del tutto impropria, sterilizzando completamente il giudizio di anomalia, che è l’unica sede deputata alla verifica delle riscontrate anomalie, a tutela della par condicio” (cfr. C.d.S, sentenza n. 8437/24 cit, punto n. 5 della parte motivazionale).
12. Orbene, tale capo della citata pronuncia giudiziale fa senz’altro stato anche nel presente giudizio, il quale mira a contestare la legittimità del relativo elemento posto a fondamento della disposta revoca della gara.
Ne discende, mutatis mutandis, che anche detto profilo di criticità (la contraddittorietà e/o irrazionalità dell’offerta, e comunque, la sua insostenibilità sul piano economico-finanziario) regge al vaglio giurisdizionale, sicché anche sotto tale profilo l’impugnata determinazione di revoca deve ritenersi immune dalle lamentate censure.
13. Trattandosi di atto plurimotivato, l’affermata legittimità di due dei tre citati profili di criticità posti a fondamento dell’atto di revoca rende superfluo l’esame dell’ulteriore elemento evidenziato dall’Amministrazione a fondamento della stessa (la contrarietà della popolazione residente al progetto di che trattasi), trattandosi di un elemento dal quale – per le ragioni sinora esposte – non può in alcun modo discendere un diverso esito del presente giudizio.
14. Per tali ragioni, il primo motivo di appello è infondato, e va dunque disatteso.
15. Il rigetto del primo motivo di gravame determina parimenti il rigetto del terzo motivo di appello (pp. 27-50), con il quale l’appellante l’illegittimità dell’esclusione dalla gara disposta dall’Amministrazione. Sul punto, non può che ribadirsi quanto già affermato in ordine alle incongruenze del piano, e dunque alla sua fattibilità economica (cfr. supra, punto n. 11), con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, l’operato dell’Amministrazione deve senz’altro ritenersi legittimo.
Ciò impone il rigetto sia della relativa azione impugnatoria, sia dell’ulteriore istanza qualificata dall’appellante come risarcitoria – e rispetto alla quale essa ha formulato riserva di richiesta in separato giudizio (cfr. atto di appello, p. 50) – ma che può essere giuridicamente qualificata in termini di azione di accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa, in vista di futuri ed eventuali giudizi risarcitori.
16. Va ora esaminato il secondo motivo di gravame (atto di appello, pp. 21-27), con il quale l’appellante ha chiesto in via subordinata la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 quinquies l. n. 241/90, ovvero al rimborso spettante al promotore della proposta del project financing, ai sensi dell’art. 183, commi 12 e 15, d. lgs. n. 50/2016.
Il motivo è infondato.
17. Ai sensi dell’art. 21 quinquies, secondo periodo, l. n. 241/90: “Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”.
18. La previsione normativa dell’indennizzo costituisce il punto di equilibrio individuato dal legislatore, nel rapporto tra l’esigenza della pubblica amministrazione di adeguare le proprie statuizioni provvedimentali alla migliore cura dell’interesse pubblico ad essa affidato, e la posizione del privato che sulla stabilità di dette statuizioni nutra un legittimo affidamento.
In ciò risiede la differenza con la similare previsione di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/90 (annullamento d’ufficio), la quale ha in comune con quella di cui all’art. 21 quinquies il fatto di legittimare l’Amministrazione all’esercizio di uno ius poenitendi, il quale è in entrambi i casi espressione dei principi di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), che impongono la cura dell’interesse pubblico non solo nella fase coeva all’emanazione del provvedimento amministrativo, ma anche in quelle ad essa successive.
19. In particolare, il legittimo affidamento – presente nell’una come nell’altra previsione normativa – rappresenta uno dei principi generali dell’ordinamento europeo elaborato da tempo dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr. Corte di Giustizia, 5.5.1981, C-112/80), che nel corso del tempo ne ha individuato i presupposti e i limiti.
Al riguardo, il giudice eurounitario ha ritenuto tutelabile il legittimo affidamento laddove sussistano, in chiave simultanea: a) l’elemento oggettivo, rappresentato da un provvedimento amministrativo attributivo di una posizione di vantaggio in favore del privato; b) l’elemento soggettivo, rappresentato dalla buona fede del privato, il quale non deve aver determinato, con dolo o colpa, l’illegittimità del provvedimento; c) l’elemento temporale, consistente nel decorso di un ragionevole lasso di tempo, tale da ingenerare nei confronti del privato un affidamento legittimo in ordine alla stabilità del relativo rapporto giuridico, attributivo in suo favore di una situazione di vantaggio.
Come sopra anticipato, tali coordinate eurounitarie trovano pratica applicazione, nell’ordinamento nazionale, nelle citate previsioni di cui agli artt. 21 quinquies e 21 nonies l. n. 241/90.
Nondimeno, la tutela dell’affidamento è più pregnante nell’ambito dell’annullamento d’ufficio rispetto a quello della revoca, poiché, nel primo caso, il decorso del termine ragionevole, oggi non superiore a 12 mesi, impedisce alla P.A. di esercitare il potere di annullamento, pena l’illegittimità del provvedimento di secondo grado per violazione di legge; nell’ipotesi della revoca, al contrario, l’interesse del privato destinatario non potrà mai risultare ostativo all’esercizio del potere di riesame, dovendo questo eventualmente essere soltanto indennizzato economicamente.
20. In particolare, limitando il campo di azione alla previsione della revoca, l’indennizzo ex art. 21 quinquies l. n. 241/1990 è diretto a ristorare un pregiudizio che il privato subisce a causa di un affidamento tradito.
Per tali ragioni, è evidente che l’indennizzo debba variare al variare della consistenza dell’affidamento in questione. La conoscibilità (o addirittura la conoscenza) della contrarietà dell’atto all’interesse pubblico certamente ridimensiona l’affidamento del privato e, quindi, giustifica la decurtazione dell’indennizzo, e finanche la sua esclusione.
Di conseguenza, va escluso l’indennizzo quando il privato, alla data in cui ha sostenuto le spese in relazione alle quali chiede di essere indennizzato, fosse a conoscenza della contrarietà dell’atto amministrativo (oggetto di successiva revoca) all’interesse pubblico, ovvero abbia lui stesso dato causa, in tutto o in parte, alla situazione di inopportunità che la p.a. abbia poi inteso rimuovere.
21. Per come delineata, la sussistenza di una condotta diligente, da parte del privato, costituisce pertanto elemento costitutivo della fattispecie indennitaria di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/90, rendendo giuridicamente tutelabile un affidamento incolpevole.
Viceversa, laddove non vi sia affidamento legittimo da tutelare – perché il privato abbia dato causa, con la propria condotta negligente, alla situazione di inopportunità rimossa con l’atto di revoca – viene meno la ratio posta a fondamento dell’obbligo di indennizzo, con la conseguenza che quest’ultimo non potrà essere liquidato, per difetto di un elemento costitutivo.
22. Inteso in tali termini, l’esclusione dell’obbligo di indennizzo in presenza di comportamento negligente da parte del privato è espressione del generale divieto di venire contra factum proprium, non potendo la parte che abbia dato causa alla situazione giuridica da rimuovere giovarsi dei propri errori.
Per tali caratteristiche della fattispecie in esame, è presente un eadem humus con il divieto di abuso del diritto, che nel diritto comune, nella sua versione più avanzata, preclude alla parte – attraverso il riconoscimento in capo alla controparte di una exceptio doli generali – l’esercizio ovvero la conservazione di un diritto ottenuto in maniera abusiva.
In tale ottica, la condotta negligente del privato – tanto nel diritto comune, quanto in quello pubblico – si traduce in un rifiuto di tutela da parte dell’ordinamento, non potendo quest’ultimo accordare protezione giuridica a condotte che stridano con precise disposizioni di legge, ovvero con il generale principio di buona fede.
23. Ai medesimi principi si ispirano le speciali previsioni di cui all’art. 183 commi 12 e 15 d. lgs. n. 50/16 (applicabile ratione temporis), che attribuiscono al promotore il riconoscimento dell’interesse contrattuale negativo, qualora egli non risulti aggiudicatario della gara. Anche in tale ipotesi, invero, il riconoscimento di tutela, nei limiti dell’interesse negativo, non opera in chiave automatica, ma solo in presenza di una condotta del privato conforme ai precetti della normale diligenza, essendo estranea all’ordinamento giuridico l’idea di riconoscere qualsivoglia utilità economica ad un soggetto che agisca in violazione di specifiche regole giuridiche, ovvero che tenga condotte contrastanti con quelle esigibili in base ad una valutazione ex fide bona.
24. Tale costruzione giuridica è stata oggi positivizzata dal nuovo codice dei contratti pubblici (d. lgs. 31.3.2023, n. 36), che pur non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, fornisce nondimeno spunti interpretativi a supporto di tale tesi. Ci si riferisce, in particolare, alla previsione di cui all’art. 5 del codice (rubricato “Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento”), che stabilisce anzitutto (1° comma) che: “Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento”.
Di particolare rilievo, ai fini in esame, è poi la previsione di cui al 3° comma del medesimo art. 5, a termini della quale: “In caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l’affidamento non si considera incolpevole se l’illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti”.
25. All’evidenza, il nuovo codice dei contratti pubblici ha sposato la tesi per la quale nell’esercizio del potere autoritativo volto alla scelta del contraente l’Amministrazione è bensì tenuta a comportarsi in modo corretto, pena il ristoro del pregiudizio economico subito dal privato in conseguenza di tale scorrettezza, attizia o comportamentale.
Nondimeno, l’eventuale scorrettezza dell’Amministrazione non è sufficiente ai fini del riconoscimento, in capo al privato, del ristoro per equivalente monetario, occorrendo altresì che tale condotta abbia pregiudicato un affidamento incolpevole del privato, tale non potendosi ritenere quello di chi abbia dato causa alla situazione di lamentata illegittimità (es. tacendo circostanze rilevanti ai fini in esame), ovvero non si sia conformato agli obblighi di “diligenza professionale richiesta ai concorrenti”.
26. Riecheggiano, in tali formule normative, le generali previsioni dell’art. 1337 e 1338 c.c, che nel diritto comune tutelano bensì il diritto della parte a non venire coinvolta in trattative inutili, ovvero a non stipulare contratti rivelatisi invalidi e/o inefficaci, ma che non accordano tuttavia alcuna tutela risarcitoria nei casi in cui non vi sia un affidamento meritevole di tutela, perché la parte sia a sua volta in colpa, non avendo diligentemente verificato le cause ostative alla stipula negoziale che rientravano nella propria sfera materiale e giuridica.
27. Di tenore analogo è l’orientamento di questo Consiglio di Stato, che nella sua versione più autorevole, ha di recente affermato che: “La responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sia insorto un ragionevole convincimento sulla legittimità dell’atto, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento” (C.d.S, AP n. 20/2021).
28. Concludendo pertanto sul punto, reputa il Collegio – alla luce di una lettura comparatistica della previsione di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/90 – di affermare il principio secondo il quale l’indennizzo conseguente a revoca di un atto amministrativo legittimo, ma non più rispondente all’interesse pubblico demandato alla cura dell’Amministrazione, non consegue in via diretta e automatica all’atto di revoca, occorrendo altresì che abbia inciso su un affidamento incolpevole del privato, tale non potendosi intendere quello di chi abbia volontariamente dato causa all’atto oggetto di successiva revoca, ovvero abbia tenuto una condotta complessiva non improntata ai canoni della normale diligenza, ovvero al generale dovere di buona fede.
29. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, rileva anzitutto il Collegio che non trova applicazione la previsione speciale di cui al citato art. 182 comma 12 d. lgs. n. 50/16, atteso che nella fattispecie in esame il promotore è divenuto soggetto aggiudicatario della gara, sia pure a monte della nuova verifica di anomalia operata dall’Amministrazione a seguito delle vicende giudiziali sopra delineate.
Pertanto, non trovando applicazione la lex specialis, la relativa fattispecie viene disciplinata dalla generale previsione di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/90, nei termini sinora evidenziati.
30. In particolare, riprendendo quanto sopra precisato (cfr. punto n. 11), ribadisce il Collegio che la revoca è stata disposta, ex alia, sia per il fatto dell’essere la gara andata deserta, e sia per l’assenza di fattibilità economica del progetto in esame.
Entrambe tali ipotesi si caratterizzano per la negligente condotta dell’odierna appellante, la quale, come sopra detto, ha presentato un’offerta contenente: “… discrasie che incidono sul risultato globale dell’offerta, determinando un totale stravolgimento della stessa” (C.d.S, sent. n. 8437/24 cit.).
Pertanto, in presenza di una condotta negligente dell’appellante, la quale ha costituito la causa decisiva della revoca, non trova ingresso la tutela indennitaria invocata dall’appellante, per difetto di un elemento costitutivo previsto dalla generalklausel di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/90, nei termini sopra chiariti (assenza di un affidamento legittimo in capo all’odierna appellante).
31. Infine, è appena il caso si soggiungere che l’essere la determinazione n. 1106 del 11.12.2023 – che ha disposto aggiudicazione in favore di < omissis > – stata ritualmente impugnata dalla seconda classificata < omissis > s.p.a, con giudizio conclusosi con sentenza di annullamento del TAR Toscana n. 496/24, confermata in parte qua da questo Consiglio di Stato con pronuncia n. 8437/24, fa sì che difetti anche l’elemento temporale richiesto ai fini della tutela dell’affidamento incolpevole, non potendo un affidamento ritenersi meritevole di tutela in presenza di una condotta la cui legittimità sia stata da subito revocata in dubbio mediante proposizione di autonomo ricorso giurisdizionale.
Detto in altri termini: in presenza di un ricorso giurisdizionale avverso la determina di aggiudicazione n. 1106/23, l’aggiudicataria < omissis > era perfettamente conscia della natura cedevole della propria posizione giuridica, in quanto suscettibile di venir meno (come poi è accaduto) all’esito del suddetto percorso giurisdizionale e amministrativo.
Pertanto, anche sotto tale angolo prospettico, difetta l’affidamento legittimo richiesto ex art. 21 quinquies l. n. 241/90 ai fini del riconoscimento del chiesto indennizzo, la qual cosa impone il rigetto della relativa domanda.
32. Conclusivamente, l’appello è infondato.
Ne consegue il suo rigetto.
33. Sussistono giusti motivi, legati alla peculiare natura delle questioni esaminate, per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2025, con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Roberto Michele Palmieri)
IL PRESIDENTE (Diego Sabatino)
IL SEGRETARIO