Cremazione senza autorizzazione? – 2/3

Questo articolo è parte 2 di 3 nella serie Cremazione senza autorizzazione

4.-Ora l’inumazione, oppure la tumulazione “senza autorizzazione” possono (potrebbero?) essere molto prossime a fattispecie di [a] distruzione, [b] soppressione, [c] sottrazione, [d] occultamento di cadavere, dove il ricorso, anche dubitativo, al condizionale trova motivazione nelle variabilità delle diverse fattispecie e di elementi “ambientali” (e.g.: si ha, sempre e comunque, sottrazione, occultamento, ecc. quando un inumazione, od una tumulazione, avvenga all’interno di un cimitero, sito deputato a queste pratiche?
Ma qui il discorso potrebbe essere complesso, lasciando le valutazioni del caso per caso al soggetto chiamatovi, cioè a chi assolva alla funzione giurisdizionale, in particolare in ambito penalistico).
Nell’ipotesi della cremazione, si è in presenza di un processo che porta, per definizione, alla distruzione del corpo del cadavere, con la trasformazione del corpo del cadavere nelle ceneri risultanti, per cui la carenza della prescritta autorizzazione (alla cremazione) assume significati propri.

Allontanandoci dalle possibili implicanze di natura penale, la questione della inumazione, tumulazione o cremazione senza la preventiva prescritta autorizzazione va considerata anche sotto il profilo delle procedure proprie del servizio di polizia mortuaria, portando altresì a dover considerare le fattispecie ordinarie, quelle in cui alle diverse pratiche funerarie si acceda (questa volta) con le debite preventive autorizzazioni (cosa che generalmente avviene, mentre quando non vi siano le prescritte e preventive autorizzazioni si è in una situazione di patologia, per altro abbastanza rara).
Anche se la realtà superi la fantasia, come considerato inizialmente, gli eventi in cui ciò non avvenga non permettono di assumere le “eccezioni”, quale ne siano le contingenze, a sistema, che è e rimane generalmente sempre quello della “regola” per cui l’inumazione, la tumulazione o la cremazione avvengono “con” la preventiva prescritta autorizzazione.
A questo punto, soccorre il necessario richiamo all’art. 52 , comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., per il quale (premesso al comma 1 che: “ Tutti i cimiteri, sia comunali che consorziali, devono assicurare un servizio di custodia”, prevede: “ 2. Il responsabile del servizio, per ogni cadavere ricevuto, ritira e conserva presso di sé l’autorizzazione di cui all’art. 6; inoltre, iscrive giornalmente sopra apposito registro vidimato dal sindaco in doppio esemplare: … ” (si omette quanto segua).
Osserviamo, fin da ora, che l’art. 52 appena citato va coerentemente letto avendo presente anche l’immediatamente successivo art. 53, dato che questo “apre” alla questione, non secondaria, di quelle che siano la incombenze del responsabile del servizio di custodia del cimitero, una volta “ricevuto” il cadavere, dato che il sopra citato art. 52, comma 2 prevede che a seguito del “ricevimento” questi ritiri e conservi presso di sé la relativa autorizzazione, cosa che pone anche la questione, temporalmente “a valle”, della conservazione, dovendosi mettere a fuoco per quanto tempo questa “conservazione” debba avvenire, cioè la sua durata, aspetto che interessa un rilevante spettro di atti, documenti, autorizzazioni, ecc. che si generano nel corso della gestione cimiteriale (e non casualmente, alla lett. d) dell’art. 52, comma 2 qui a riferimento, si prevede: “d) qualsiasi variazione avvenuta in seguito ad esumazione, estumulazione, cremazione, trasporto di cadaveri o di ceneri”).
5.-Un osservatore avveduto potrebbe rilevare, fondatamente, come l’art. 52, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. appaia essere “disegnato” come riferendosi alle pratiche funerarie dell’inumazione, oppure di quella distinta della tumulazione, ma non consideri (sembrerebbe) quando si abbia l’accesso alla cremazione.
Come affrontare questa (apparente) impostazione? Un primo passaggio è quello di partire, né potrebbe essere diversamente, dalla struttura in “Capi” del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., dato che in essa è presente un’impostazione sistemica.
Tralasciando l’intera elencazione per “Capi”, basti qui rilevarne alcuni che fanno emergere, anche per la loro sequenzialità, alcune “logiche”. Dopo i “Capi” aventi ad oggetto i cimiteri (Capi da IX a XIII), si trovano: Capo XIV “Inumazione”, Capo XV “Tumulazione”, Capo XVI “Cremazione”, Capo XVII “Esumazione ed estumulazione”, per passare quindi al Capo XVIII “Sepolture private nei cimiteri”, Capo XIX “Soppressione dei cimiteri” che, in qualche modo, “chiude” l’impianto iniziato col Capo IX.
È chiaro che qui si sono ignorati alcuni Capi, sia prima che dopo quelli richiamati, ma lo scopo dei richiami era, come segnalato, quello di sottolineare la presa in considerazione delle tre pratiche funerarie attualmente ammesse ed i loro “flussi” nel tempo: non è un caso che il Capo XVII si collochi dopo i Capi XIV, XV e XVI, anche se nel Capo XVII non sia considerata la pratica funeraria della cremazione, il ché manca per una motivazione del tutto elementare: la cremazione è oggettivamente un processo irreversibile.

Se ne ricava la conseguenza che il “ricevimento” (con connesso “ritiro” e “conservazione” dell’autorizzazione relativa) non può che essere esteso anche al caso di scelta della cremazione. Infatti, gli impianti di cremazione sono costruiti entro i recinti dei cimiteri e sono soggetti alla vigilanza comunale (art. 78, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285; ma anche art. 343 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., seppure con, apparente, meno evidente esplicitazione, anche se al suo comma 1, secondo periodo si legge: “area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematoi.” (qualche dubbio (per noi, certezza) semmai potrebbe sollevarsi sulla persistenza della gratuità della concessione di tale area, dal momento che molto è mutato dall’entrata in vigore del T.U.LL.SS.).
Già la previsione di una concessione di area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematoi, fa emergere la possibilità che la costruzione, ed esercizio, di un impianto di cremazione possa legittimamente fare capo a soggetto diverso dal comune.
Tuttavia, proprio la parte finale dell’art. 78, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., quella che prevede che i crematori (qui non più “crematoi” come nel T.U.LL.SS., ma non è questione nominalistica, pur risultando maggiormente attuale il termine di “impianti di cremazione”) siano soggetti alla vigilanza del comune (e “vigilanza” è termine presente, non a caso, anche nell’art. 51 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) porta a dover concludere che il “ricevimento” del cadavere presso il cimitero (più volte citato art. 52, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. non sia limitato ai soli cadaveri (rectius: feretri contenenti i cadaveri) destinati all’inumazione, oppure alla tumulazione (cosa che permette di ricordare la previsione dell’art. 90, comma 3 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., norma contenuta nel Capo XVIII), ma debba essere considerato esteso anche ai feretri destinati alla cremazione nell’impianto di cremazione presente entro i recinti dei cimiteri, con gli opportuni adattamenti conseguenti alle differenze che la pratica della cremazione comporta, in primis quella data dalla sostanziale definitività (ed irreversibilità) del processo di cremazione, compiuto il quale entrano in gioco unicamente le possibili differenti “destinazioni” delle ceneri derivantini (o, anche, del contenuto delle urne cinerarie, contenitore che è pur sempre necessario, almeno per una qualche fase di trasporto, anche quando alla scelta della cremazione concorra altresì l’ulteriore scelta (come “destinazione”) della dispersione delle ceneri.

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Sereno Scolaro

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