Resti mortali: il cavillo dispersoio irrisolto

Solito dilemma della volontà effettivamente rispettata in tema di cremazione e successiva “sistemazione” (da intendersi nel modo più ampio possibile) delle risultanti ceneri.
L’oggetto del contendere è sempre la solita faccenda dell’estumulazione di mio papà, per altro già avvenuta, con l’esito (fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo) da tutti ormai ampiamente previsto: S.N.M. = S-alma N-on M-ineralizzata.
La cremazione del resto mortale non rappresenta una difficoltà insormontabile, anche per il cittadino medio.
È pratica amministrativa ampiamente accessibile senza particolari conoscenza della materia funeraria. (ci sono riuscito anch’io!). Si sconfina nella terra di nessuno (hic sunt leones!) quando si tratti della destinazione delle ceneri da resti mortali e non di cadavere.

Il mio Comune dell’Emilia-Romagna, ad esempio, adotta una linea molto rigida sulla dispersione ceneri specificamente di resto mortale, vietandola – fors’anche con qualche motivazione invero seria e fondata, per difetto assoluto di volontà.
Improcedibilità-irricevibilità dell’istanza eventualmente in tal senso, allora: il reg. municipale è perentorio.
Non è, quindi, ammesso l’atto sostitutivo di atto di notorietà, concesso, invece, per la cremazione di cadavere e successiva dispersione delle sue derivanti ceneri (seppur con una procedura aggravata, data la solennità dell’atto, come firma autenticata, consenso almeno di tutti gli aventi diritto di primo grado).

Il de cuius in effetti non espresse MAI desiderio di dispersione delle ceneri proprie, detto confidenzialmente, anche perchè al momento del decesso l’istituto de quo, non solo non sussisteva, ma avrebbe addirittura configurato reato.
Allora, censurata (dura lex sed lex!) l’ipotesi di dispersione in natura per ceneri di resto mortale, in via di questa proibizione ope legis, ipotizzo una più innocua dispersione in giardino delle rimembranze interno al cimitero, più consona, a dire il vero alla tradizione cristiana della “sepoltura” in luogo consacrato.
Niente da fare! Anche qui vi è carenza di volontà, per le ragioni di diritto di cui sopra…condivisibili?

Più di qualità, eminentemente tutta giuridica, la questione della destinazione delle ceneri derivanti da cremazione di resto mortale, dove la L. 130/2001 pressoché nulla dice.
Questo silenzio del legislatore potrebbe essere interpretato (potrebbe anche sussistere, invece, un tassativo ed implicito diniego se lo si legge in questo senso: non è previsto quindi è vietato!) alla luce di un inquadramento generale dell’istituto (mal applicato) introdotto dalla L. 130/2001, con atteggiamento più aperturista, ma qua sconfineremmo nella filosofia del diritto funerario: pura astrazione!
Le “destinazioni” delle ceneri “tutte”, viste ad ampio spettro, tra quelle naturalmente autorizzabili e desumibili dal combinato tra l’art. 80 D.P.R. n. 285/1990 e la stessa L. 130/2001 dovrebbero esser riferite alle ceneri umane, punto (!); indipendentemente dalla loro provenienza (cadavere, resto mortale, …) e senza bisogno di speciose distinzioni.
Limitare le “sistemazioni”, per le ceneri a solo alcune di queste soluzioni, es. alla sola provenienza (cadavere), rischierebbe di produrre effetti perversi (= imprevisti), come (es.) condizionare pesantemente verso l’unica “destinazione” alternativa per molti realmente praticabile: ossia la tumulazione (che, per inciso, è sempre a tempo determinato e diverrebbe di fatto “quasi” obbligatoria, mentre ben altra parrebbe l’intenzione, il principio nobile cui si ispirò il legislatore, quando approvò la controversa L. 130/2001).
Opererei anche un richiamo all’art. 80 comma 6 dPR 285/1990, laddove si annovera tra le potenziali fattispecie anche il caso di chi nulla disponga …
Tutto ciò va visto anche al contrario, in termini di suscettiva e piena titolarità nel porre in essere questa specifica forma di dispersione perchè nei comuni limitrofi è, infatti, legittimo disperdere in natura e giardino rimembranze le ceneri di resto mortale.

La mia città adotta la sua politica. Altre amministrazioni seguono tendenze diverse, e sin qui ci siamo, peccato che vi siano in giuoco anche diritti personalissimi…un po’ di omogeneità non guasterebbe, almeno in territori contermini, almeno per evitare interessatissime migrazioni e viaggi dell’ultima speranza delle urne fuori dei confini comunali.
Invoco, qui, in questa sede qualche Vostra (amara?) considerazione a sostegno delle mie perplessità “cosmiche” sulla polizia mortuaria che da sempre mi affliggono.
Non entro (nemo iudex in causa propria) nel merito del caso e delle potenziale polemica per conflitto di interesse manifesto, anzi sapendo appena un poco di diritto funerario, ho agito d’imperio invocando: art. 80 comma 6 D.P.R. n. 285/1990 ossia il cinerario comune…a pensarci bene l’unica sepoltura “atemporale” oggi concessa. E così sarà: in data ancora da sapersi, ma tra qualche giorno forse, comunque sin troppo presto.
Molto mi sono arrovellato sul reale rispetto della volontà del de cuius in queste situazioni, cioè quando si tratti di applicare soluzioni estreme (almeno per i nostri ancora odierni costumi funerari) a decenni ormai trascorsi dall’exitus della persona interessata, quando l’onda emotiva del lutto tende ad appiattirsi riducendosi prossima allo zero, sono ad ogni modo decisioni impegnative.
Penso già al futuro prossimo: presto mi dovrò confrontare con l’assenza totale di ritualità per il momento della “dispersione/conferimento ceneri in cinerario comune.
Anche questa “prova” sarà, per il necroforo, Carlo un’altra esperienza protratta verso l’assoluto metafisico, di cui renderò edotti Voi tutti popolo del web, attraverso www.funerali.org.

In effetti non capita tutti i giorni di leggere sul blog un tale (sarei io) che durante la dispersione ceneri di un proprio caro, si è già mentalmente preparato al mesto rito.
Giusto per esser onesti, non so come fare, quali le formule recitare? Meglio tacere?
Coinvolgere un religioso per il pietoso ufficio sarà quasi impossibile.
Purtroppo Santa Romana Chiesa pare deprecare l’uso del cinerario comune se vissuto come una dispersione, mentre almeno le istruzioni (Ad Resurgendum cum Christo???) della sede apostolica nulla vietano in tema di conferimento in perpetuo in tumulo (anche se massivo ed anonimo???).
Quindi, non avendo voglia alcuna di disputare con i frati in servizio presso il civico cimitero monumentale di San Cataldo (quello di effettiva dispersione/conservazione)) su questioni molto sottili, ma delicatissime, ossia se prevalgano elementi di mantenimento o distruzione della spoglia mortale, nella pratica funebre prevista, credo proprio mi improvviserò cerimoniere.

Per me è dispersione in terra/luogo consacrata, per altri è tumulazione promiscua in vano chiuso, chiuderei la querelle con un’espressione linguistica di pacificazione quale:
“conferimento ceneri in cinerario comune”.
Stop alle illazioni d’accademia…per ora.
Così accontentiamo un po’ tutti, e ognuno si vivrà la cerimonia come più riterrà opportuno.
Vabbè, due orazioni vanno pur sempre recitate, mica si potrà sversare il contenuto dell’urna nella completa indifferenza dei partecipanti, fossi anche solo io.
La mancanza di un protocollo esequiale esteso anche alla dispersione/conservazione indistinta in cinerario comune si fa però sentire, amaramente.
Si sa, i riti di commiato sono pensati innanzi tutto per i vivi, per infonder loro sicurezza, nei momenti di passaggio cruciali.

Written by:

Carlo Ballotta

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