Privatizzazioni “in fieri” e valore morale dei cimiteri italiani

I nostri cimiteri, forse per un pregiudizio storico, legato alla loro natura essenzialmente pubblica, a partire, almeno dall’Editto Napoleonico di Saint Cloud del 1804, da molti impresari vengono vissuti come luoghi mal amministrati dalle burocrazie municipali dove avvendono scempi, sprechi immani di risorse e mercimoni (stomachevoli passaggi illeciti di denaro) contro la memoria verso i defunti. Tra necrofori-affossatori ed imprese funebri spesso non intercorrono buoni rapporti, c’è reciproca diffidenza e disistima, quindi in questa situazione è inevitabile che sorgano sospetti su presunti comportamenti al limite della legalità.

L’imprenditoria funebre italiana, però, si dimostra molto prudente e guardinga verso l’ipotesi di privatizzare le aree sepolcrali, in cui intravede pericoli e spaventose “cantonate”.

 

Secondo il nostro ordinamento la titolarità della funzione nell’ambito della polizia mortuaria (Artt. 337, 343, 394 Testo Unico Leggi Ssnitarie e DPR n. 285/1990) spetta sempre all’ente locale cui sono attribuiti non solo i poteri di controllo e regolazione, ma anche il dovere di assicurare il pubblico servizio esequiale e di sepoltura o cremazione (Legge 29/10/87 n. 440, Legge n. 130/2001, Art. 1 comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26)

 

Questa logica, in origine prevedeva un’assoluta esclusività (leggasi privativa sui trasporti funebri ex Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383 poi abrogato dalla Legge n. 142/1990) che oggi pare attenuata solo alla fase funebre, ormai affidata al libero mercato, la quale precede l’arrivo del feretro al camposanto.

 

Le imprese, forse anche giustamente, vorrebbero intervenire pure nel secondo momento del funerale, assicurando alla clientela la propria presenza persino nelle operazioni cimiteriali.

 

Questa riforma strutturale del nostro sistema funerario richiederebbe interventi radicali nella definizione stessa dei cimiteri perché dovrebbe sancire la fine dello storico monopolio pubblico sulle aree sepolcrali.

 

Anche soggetti privati, allora, potrebbero costruire autonomamente campisanti e dirigerli, come una qualsiasi impresa capitalistica, secondo le modalità già sperimentate da lungo tempo in America.

 

Questa soluzione di fortissima impronta neoliberista suscita però alcune perplessità: infatti il miraggio di un facile businness quasi illimitato potrebbe condurre a feroci e disinvolte speculazioni edilizie, come è puntualmente avvenuto negli Stati Uniti, senza considerare che una visione troppo aziendalistica del sacro recinto potrebbe, con l’ossessione del profitto, violare la stessa sacrale pietà per i defunti, di cui i sepolcreti sono da sempre silenziosi custodi.

 

Sale forte, dunque, la protesta dei comuni contro l’ipotesi, ventilata, invero nelle passate legislature, da diverse forze politiche, anche a livello regionale, di affidare ai privati l’amministrazione e, forse, anche la stessa proprietà delle aree sepolcrali, ma per quest’ultima occorrerebbe modificare addirittura un corpos normativo di rango primario come, appunto, il Cod. Civile

 

Il cimitero comunale nella cultura italiana costituisce un presidio morale, prima che ancora sanitario, per la popolazione. E’un luogo di affetti e memorie, non una semplice area per lo smaltimento dei cadaveri.

 

Questa posizione raccoglie un insperato consenso anche tra gli operatori privati

 

In effetti, in un recente convegno, dove si ragionava del complessivo riassetto del sistema cimiteriale italiano, un ‘importante federazione di categoria delineava un progetto di notevole ragionevolezza, immaginando come il camposanto dovesse conservare in sostanza la forma della pubblica funzione e del pubblico servizio, con la possibilità però della traslazione in capo ad aziende speciali, o a società di capitali pubbliche, o a partecipazione pubblica.

 

Questa foga nel voler cambiare a tutti i costi l’assetto giuridico dei cimiteri italiani nasce dalle pietose condizioni in cui spesso versano tanti nostri sepolcreti, preda di vandalismi, scempi architettonici e razzie.

 

Per l’ingresso dei privati in questi servizi occorrerebbero interventi legislativi così complessi ed articolati da richiedere un deciso impegno da parte del dello Stato Centrale, che, invece, pare non percepire la consistenza del problema.

 

Ecco allora la soluzione più semplice e ragionevole: sino a quando la legge attuale è in vigore (cioè per molto, moltissimo tempo) va applicata ed il comune, quale titolare ultimo dell’ impianto cimiteriale deve garantire tutti i servizi nel migliore dei modi e con tutto il tatto e educazione che il luogo richiede da parte del personale preposto.

 

Questo salto di qualità dipende da parte pubblica anche da una precisa volontà politica, siccome in regime di monopolio non dovrebbero esser certo i bilanci a languire (anche se, in verità, la gestione dei cimiteri nonostante l’Art. 117 D.LGS n. 267/2000 ed il D.M. 1 luglio 2002, è sempre in perdita), mentre, per una valida gestione esterna, si dovrebbero motivare “monetariamente ” gli esecutori con grave disagio economico per l’utenza, soprattutto in un momento storico in cui il reddito delle famiglie subisce una forte erosione nel potere d’acquisto.

 

 

 

 

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Carlo Ballotta

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2 thoughts on “Privatizzazioni “in fieri” e valore morale dei cimiteri italiani

  1. Si possono costruire con capitali propri e gestire cimiteri da parte di privati?

    No, essendo l’ipotesi in contrasto con l’art. 824 comma 2 Cod. Civile.

    Il caso di un cimitero privato avrebbe potuto, a certe condizioni (non agevoli), essere ammesso prima del 1934, data di entrata in vigore del TULLSS Regio DEcreto n. 1265/1934 o, con minori vincoli, prima del 1891, data a cui risale il primo regolamento statale di polizia morturia approvato, appunto con Regio Decreto 11 gennaio 1891, n. 42

    Accademicamente parlando, anche se ciò fosse anche possibile, probabilmente la fattispecie in esame del “cimitero impresa capitalistica” tanto caro all’esperienza americana, non reggerebbe dal punto di vista dell’iniziativa economica in questo senso: essendo quest’ultima libera, non potrebbe aversi il paradosso che chi l’avvii sia tenuto a continuarla senza limiti temporali, a prescindere dalle condizioni economiche le quali siano necessarie alla continuità di funzionamento della struttura, compresa, giustamente, la remunerazione dell’attività economica.

    Un conto sarebbe impiantare ed esercitare (esercire ?) un cimitero privato, altro, invece, e’ l’affidamento di un servizio ai sensi dell’art. 113 D. Lgs. 267/2000.

    Tuttavia ai sensi dell’Art. 104 comma 4 dPR 10/9/1990, n. 285. Possono esservi, e ve ne sono, cimiteri “particolari” non demaniali, purchè impiantati antecedentemente all’attuale TULLSS.

    2) I cimiteri, anche se “particolari” (per usare l’espressione sopra ricordata), sono soggetti alla vigilanza comunale (estesa alla preventiva valutazione sul diritto di una salma/cadavere di esservi accolta) e alle disposizioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria. Sono tuttavia consentiti Regolamenti “propri”, come atti “interni” all’ente che ne sia titolare, per quanto riguarda aspetti non definiti dal dPR 285/1990 e dal Regolamento comunale di polizia mortuaria.

    Ad ogni modo, la tenuta dei registri di cui all’art. 52 ovviamente del DPR 285/1990 attiene all’esercizio di una funzione pubblica (e quindi si tratta di azione amministrativa estranea all’affidamento di in servizio pubblico locale). Va osservato, come sempre, come in questo ambito risulti del tutto rilevante il contratto di servizio (da predisporre tra gli atti di gara, potendo aversi un affidamento mediante gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa nazionale e dell’Unione europea).

  2. condivido le perplessità di molti colleghi sulla possibilità di importare in Italia un’amministrazione dei cimiteri all’americana, ossia completamente affidata ad imprese private e cercherò di chiarire questa posizione con alcune schematiche considerazioni:
    A livello politico e giuridico i problemi relativi alla “morte” sono stati rimossi per decenni, nel senso che per tutti questi anni i servizi cimiteriali sono stati completamente abbandonati dal legislatore, lasciati ad una guida spontanea e selvaggia, con regole vecchie, inadeguate ed in sostanziale regime di monopolio.
    Se non si ridefiniscono diritti e doveri, competenze e responsabilità avventurarsi in una gestione “al buio” sarebbe un suicidio economico per qualsiasi soggetto di mercato.
    Le attività in concorrenza debbono esser individuate, definite chiaramente e separate da quelle istituzionali altrimenti cadremmo nel paradosso dei pubblici poteri che, come nel passato, si improvvisano imprenditori e delle imprese costrette ad occuparsi di questioni “sociali” e quindi, invece, meramente di natura pubblica (si pensi alle esequie per persone indigenti o abbandonate per indegnità dai famigliari)
    Pochi hanno compreso l’effetto devastante che può avere per l’amministrazione di un camposanto la mancata catalogazione delle proprio sistema tombale assieme ad una cattiva logistica.
    La conoscenza del luogo di destinazione dei cadaveri e delle loro trasformazioni di stato (in ossa, esiti di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi, ceneri), come la titolarità sull’uso delle sepolture, è elemento di rilevanza estrema per consentire l’attuale e la futura programmazione cimiteriale.
    Alcune direzioni del grandi cimiteri non fanno mistero di aver smarrito il conto di tombe, cappelle gentilizie ossari grazie, soprattutto, alle speculazioni impunite degli scorsi decenni.
    Spesso, poi, la polizia mortuaria non riesce ad impedire nemmeno gli atti criminosi che si consumano nei nostri tentacolari cimiteri perché si è perso completamente il controllo di legalità all’interno del sacro recinto tra interessi inconfessabili, mala burocrazia e corruzione.
    Scusate, ma le funzioni di polizia sono proprie delle istituzioni e dove falliscono i pubblici poteri dovrebbe riuscire un’impresa privata che per l’occasione si trasforma in gendarme del caro estinto?
    Qualsiasi privato subentrasse nella stanza dei bottoni dovrebbe sostenere costi di entrata altissimi per ammodernare tutta la farraginosa macchina cimiteriale con criteri più manageriali ed assicurarle efficienza nella propria azione quotidiana.
    Nelle forme di gestione miste con società a prevalente capitale pubblico cui potrebbero partecipare anche i privati, la municipalità con il suo 51% continuerebbe a fissare le regole operative.
    Il dubbio, allora, assume la forma di un sottilissimo raggiro: si pensa di dare ai privati la conduzione dei cimiteri, giusto per raccogliere risorse economiche fresche, ma a condurre la danza normativa sarebbero sempre e solo i comuni, così il gestore, ad esempio, non si potrebbe rifiutare accogliere e seppellire i cadaveri di persone indigenti in stato di abbandono il cui funerale graverà totalmente sul comune e, di riflesso, sull’impresa che gestisce il cimitero.
    Cè un innegabile problema sulla qualità del personale: lo sfalcio del verde, le manutenzioni, ma, negli ultimi anni, anche le stesse operazioni cimiteriali, sono ormai sempre più svolte a mezzo terzi, magari attraverso cooperative che, per contenere i costi, assumono di preferenza extracomunitari o soggetti di dubbia professionalità.
    Se un appunto si può muovere a questa strategia è proprio sulla corsa al ribasso nella qualità delle prestazioni.
    I numeri parlano chiaro, là dove i servizi cimiteriali (immagino nella grandi città) sono stati esternalizzati spesso il rapporto con il cittadino e la percezione di quest’ultimo sulla qualità complessiva di quel caotico microcosmo chiamato “cimitero” sono peggiorati.
    Questo gioco impazzito sin ora ha retto grazie a questo implicito patto tra amministrazione ed utenti: “Tu ti accontenti di servizi mediocri ed io mi impegno a non farti pagare nulla (come succedeva sino a qualche anno fa) oppure a fissare una tariffa “politica”
    Tale meccanismo è completamente saltato da quando i servizi mortuari sono divenuti a titolo oneroso ai sensi dell’ormai famigerato Art. 1comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26. Se il cittadino paga ha il sacrosanto diritto a pretendere il massimo in termini di tempestività, sicurezza e soddisfazione dei propri bisogni.
    Un privato, poi, per sopravvivere in un contesto di libera competizione dovrebbe fissare prezzi di mercato, quindi anche piuttosto alti rispetto agli standards odierni, e quest’esigenza mal si concilierebbe con la presenza di affossatori di spesso improvvisati e poco attenti al rapporto con il pubblico. Per intenderci se sono un imprenditore serio e chiedo x Euro per una tumulazione o una traslazione debbo garantire necrofori che almeno sappiano parlare correttamente la lingua italiana, si propongano con decoro, con una divisa in ordine e sappiano comunicare con il cliente.

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