Autorizzazione alla cremazione
Per la Legge Italiana tutte le operazioni di polizia mortuaria soggiacciono sempre a preventiva autorizzazione.
Si parla di “autorizzazione”, intendendo con essa il provvedimento amministrativo con il quale la Pubblica Amministrazione, in funzione preventiva e su istanza di parte, provvede alla rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo preesistente in capo al destinatario.
Per tumulazione ed inumazione, tuttavia, non sono contemplati particolari filtri o procedure ben più strutturate rispetto alla semplice verifica dei titoli formali.
Come noto i principi legislativi da assumere a riferimento in materia di cremazione sono quelli stabiliti dall’articolo 343 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie” e dagli Artt. 78 e seguenti del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria DPR 285/90.
L’autorizzazione alla cremazione e alla sepoltura si collocano su due ambiti distinti, ed hanno finalità diverse, così come ha confermato lo stesso Ministero di Grazia e Giustizia con nota n. 1/50/FG 33 (92) 114 del 12 giugno 1992.
La prima attiene all’autorità comunale (dirigente o funzionario incaricato) l’altra, invece, appartiene agli adempimenti propri dell’Ufficiale di Stato Civile.
L’autorizzazione alla cremazione rientra, oggi, nelle prerogative del dirigente di settore (Art. 107 comma 4 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) individuato da ciascun Comune, di fatto può essere anche, ma non necessariamente, l’Ufficiale di stato civile, qualora vi sia identità personale nell’esercizio delle due funzioni, ma i due ruoli debbono rimanere separati. Tra l’altro l’istituto della delega sul potere di autorizzare la cremazione è fondato sull’Art. 17 comma 1 bis (e 17 bis) del Decreto Legislativo 165/2001.
Autorizzazione al trasporto ed alla cremazione possono esser contestuali, ossia insistere fisicamente sullo stesso supporto cartaceo (occorre sempre applicare l’imposta di bollo ex DPR 642/1972). Il documento, però dovrebbe esser redatto in duplice copia; l’una da consegnare, dopo l’arrivo in cimitero, al responsabile del servizio di custodia, l’altra, invece, dovrebbe rimanere agli atti nell’archivio dell’impianto di cremazione. Questa possibilità di notevole semplificazione è inibita per le autorizzazioni al trasporto ed alla sepoltura in quanto l’una riguarda il dirigente, l’altra, invece, l’Ufficiale di Stato Civile (si veda l’Art. 11 della Legge 4 Gennaio 1968 n. 15).
La competenza dirigenziale risulta, oggi, perfino non derogabile, se non per espressa disposizione di legge, tuttavia per rendere più efficiente la macchina comunale la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento sino alla stessa sottoscrizione finale degli atti autorizzativi può esser trasferita ad altri dipendenti comunali (subordinati rispetto al dirigente) in servizio presso la stessa unità.
Il personale dipendente incaricato è tenuto ad osservare le direttive impartitegli dal datore di lavoro e non può rifiutare tale incarico detto altrimenti “delega interna”. Rispetto alla qualificazione del personale dipendente verso cui il dirigente possa attribuire, ove lo ritenga, tale incarico, occorre precisare che l’individuazione del personale dipendente rientra nei poteri del dirigente che li esercita nel rispetto del CCNL e del Regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi. Questo principio è valido per tutte le autorizzazioni comunali di polizia mortuaria.
E’ il comune nel quale è avvenuto il decesso a rilasciare l’autorizzazione alla cremazione, naturalmente, se si ignora la località in cui si sia consumato il trapasso l’autorizzazione spetta al comune in cui la salma, prima ed il cadavere, poi, sono stati deposti per il periodo d’osservazione. Per la sua intrinseca irreversibilità la cremazione è sottoposta ad un particolare meccanismo autorizzatorio, in cui elemento costitutivo soggettivo è la volontà di procedere alla cremazione di un defunto, in quanto le spoglie umane non sono né di proprietà pubblica né res nullius (ossia cosa di nessuno) e la loro tutela assume riflessi di natura penale.
La cremazione eseguita senza autorizzazione configurerebbe, oltre ad una violazione regolamentare, la fattispecie criminosa di distruzione di cadavere.
La cremazione da effettuarsi in territorio italiano richiede il preventivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, il cui inadempimento comporta l’immediata segnalazione al procuratore della Repubblica (art. 75 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).
La legge italiana regola il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione su più piani, riconducibili a due principali:
- La volontà, con ulteriori livelli distintivi (testamento una volta pubblicato, autonoma volontà dei familiari, adesione ad una SO.CREM.);
- La definitiva rimozione anche del solo sospetto che la morte sia dovuta a reato, ottenuta, in via ordinaria, attraverso apposito certificato redatto dal medico curante o dal medico necroscopo (di solito spetta a quest’ultimo la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di eventuali notizie di reato, ma questa responsabilità di informare la magistratura ai sensi dell’Art. 365 Codice Penale sorge in capo a qualunque sanitario).
In sostanza la norma nazionale con l’Art. 79 comma 4 DPR 10 settembre 1990 n. 285 stabilisce che occorre una determinata verifica in certe situazioni funerarie estreme come, appunto la cremazione con cui si può eliminare definitivamente ogni prova in caso di morte per reato, ed il tipo di soggetto legittimato a compierla
E’, allora, il medico curante o il necroscopo a certificare l’assenza di sospetto che la morte sia dovuta a reato.
Il DPR 285/90 chiede l’autenticazione della la firma da parte del coordinatore sanitario. Ciò dare a chi autorizza la cremazione (dipendente del Comune a ciò incaricato) questa certezza: la firma apposta dal medico è proprio del soggetto che la può apporre. Cosicché il ruolo del coordinatore sanitario (leggasi responsabile del servizio ASL, dopo il riordino del Servizio sanitario nazionale nel 1992 come già giustamente rilevato dalla stessa circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24), citato dal DPR 285/90, è solo quello di autenticare la firma del medico il quale attesta la morte per cause non dovute a reato.
L’autenticazione della firma, sembra, tuttavia, un’anacronistico bizantinismo per almeno due ragioni:
1) ai sensi del DPR 445/2000 la firma dei pubblici ufficiali non è soggetta ad autenticazione;
2) la stessa legge 130/2001 non fa menzione di questa procedura.
La certificazione di cui sopra essendo meramente sanitaria ai sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 non può esser sostituita da altra documentazione non medica.
Diverse regioni, allora, seppur con tecniche diverse non richiedono più l’autenticazione.
Se la morte è violenta (la violenza si qualifica come un evento in cui vi sia una certa forza e brutalità contro natura, non necessariamente correlata a un reato o ad un sospetto di reato) o, peggio ancora è stata prodotta da un omicidio, occorre il Nulla Osta alla sepoltura della Procura della Repubblica e diventa superfluo il certificato di cui sopra firmato dal medico curante o da quello necroscopo.
Abbiamo, quindi 4 possibili fattispecie:
a) la morte dovuta a reato; b) la morte dovuta a sospetto di reato; c) la morte per causa violenta; d) la morte sospetta di causa violenta.
Questo Nulla Osta, tuttavia non è sufficiente per procedere alla cremazione, se esso non riporta espressamente che il cadavere può essere cremato.
Difatti l’Autorità Giudiziaria può consentire l’effettuazione dei funerali e la temporanea sepoltura, riservandosi di procedere ad ulteriori indagini nell’interesse della giustizia in un secondo momento.
In questo frangente non viene consentita la cremazione del cadavere, ma unicamente la sepoltura a sistema di inumazione o di tumulazione, che consentono in tempi successivi ulteriori indagini previa, rispettivamente, esumazione od estumulazione.
Senza Nulla Osta della Autorità Giudiziaria (in questi casi) il comune non può autorizzare la cremazione.
La cremazione, così come il diritto di scegliere il proprio sepolcro, e la tipologia della tomba, è annoverata tra i diritti della personalità.
La cremazione sembrerebbe attenere alla determinazione dei livelli essenziali concernenti i cosiddetti diritti civili e sociali costituzionalmente garantiti e l’espressione del suo desiderio viene pertanto regolata dalla legge nazionale applicabile alla persona.
Questa disciplina vale per deceduti su territorio italiano quando siano cittadini italiani, mentre se si tratta di cittadini stranieri, parimenti venuti a mancare su suolo italiano, si deve provvedere in conformità alla Legge Straniera (art. 24 Legge 31 maggio 1995, n. 218 sul diritto internazionale privato).
Quindi si può cremare in Italia il cadavere di una persona di altra nazionalità se, e solo se, la legge di quella Nazione contempla la possibilità di cremare i defunti della propria popolazione.
L’esclusione che la morte sia dovuta a reato costituisce disposizione imprescindibile ed inderogabile, anche per la cremazione di defunti stranieri.
Di conseguenza le norme volte a fugare il sospetto della morte dovuta a delitto si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche a quelli stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale.
Un cittadino italiano deceduto all’estero può esser colà cremato se l’Autorità Straniera del Paese di decesso ha dato il suo Nulla Osta alla cremazione.
Nella maggior parte degli Stati moderni sussistono, infatti, precise cautele per evitare la cremazione di cadaveri nell’evenienza di morte sospetta.
Quando, invece, si abbia l’estradizione del cadavere in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto di morte cagionata da reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.
In assenza di documentazione certa acquisita all’estero, attestante la morte provocata da cause naturali non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione medico-legale conseguente a specifico esame autoptico da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.
La regola generale del “comune di decesso” non risulta evidentemente idonea per definire quale comune debba autorizzare l’incinerazione se la cremazione viene richiesta successivamente all’introduzione del feretro dall’estero. La cremazione del cadavere di persona deceduta all’estero dopo l’avvenuto trasporto del feretro in Italia, determina, davvero, conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.
In tali casi, la titolarità dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, attraverso un altro criterio da individuare alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, essa, quindi, sorge in capo al comune italiano in cui il cadavere, in transito verso la sua destinazione ultima, è stata introdotto.
Dopo il 27 ottobre 1990 il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 DPR 285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.
E’ pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.
Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.
Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).
Se il feretro era stato precedentemente sepolto, è il comune di seppellimento che autorizza la cremazione. Ciò vale sia nella situazione giuridica di cadavere, sia nella situazione giuridica di resto mortale (esito di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi).
Conviene soffermarsi ancora sulla cremazione dopo un primo periodo di sepoltura:
E’ del tutto legittimo cremare un cadavere precedentemente tumulato o inumato, il comune è tenuto a rilasciare detta autorizzazione purché si acquisiscano agli atti:
1) una dichiarazione di tutti i familiari (in primis il coniuge) circa la loro volontà alla cremazione.
2) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione.
3) l’attestazione comprovante l’effettiva estumulabilità/esumabilità del feretro. In una sepoltura privata, a sistema di inumazione o tumulazione, potrebbero, infatti, esservi dei divieti in tal senso da parte del fondatore del sepolcro, così il disseppellimento potrebbe avvenire solo alla scadenza della concessione (per concessioni a tempo determinato). L’inaccessibilità del feretro, perchè il tumulo è sprovvisto di vestibolo (cioè di spazio necessario alla sua movimentazione senza dover spostare altre bare, comporta l’inestumulabilità, ma, questo impasse potrebbe esser superato con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
In seguito si segue lo stesso protocollo operativo di routine, come se ci si trovasse di fronte al cadavere di un soggetto appena deceduto.
A questo proposito occorre ricordare come, per fugare anche il solo dubbio di morte dovuta a fatto criminoso, si possa procedere a riscontro diagnostico o autopsia anche dopo diversi anni dalla morte qualora non si riesca a reperire idonea certificazione per le finalità di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 del DPR 285/90 (esclusione di morte sospetta o dovuta a delitto ed eventuale Nulla Osta dell’Autorità Giudiziaria).
Saranno poi parimenti necessarie le autorizzazioni ad esumazione/estumulazione e quella al trasporto se il feretro per esser cremato dovrà uscire dal recinto cimiteriale.
Se, però, il de cuius, in forza del suo jus eligendi sepulchrum, ossia diritto a scegliersi la propria tomba, aveva chiesto di esser sepolto (non specificando se come cadavere o sue trasformazioni di stato) in una determinata tomba (esempio: a fianco dei genitori o di un figlio prematuramente scomparso) questo suo desiderio deve esser rispettato (inibendo, così, la possibilità di traslazione) e le ceneri verranno ritumulate nello stesso avello dove fu racchiuso il feretro.
Bisogna ora chiarire il problema dello spartiacque temporale rappresentato dal 27 ottobre 1990, data in cui entrò in vigore il DPR 285/90.
In precedenza, in regime di DPR 803/75, poi sostituito dal più recente DPR 285/90, la cremazione di un cadavere sarebbe stata ammessa solo dietro precisa volontà del de cuius formalizzata per mezzo di una disposizione testamentaria scritta.
L’Art 79 comma 2 del DPR 285/90 (cremazione su dichiarazione di volontà resa dai congiunti del de cuius) non è retroattiva, essa, infatti, opera solo per i cadaveri di soggetti morti dal 27 ottobre 1990 in avanti.
Per una certa corrente della dottrina il problema cronologico non dovrebbe porsi in quanto l’Art. 108 comma 2 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 ha abrogato il vecchio regolamento di polizia mortuaria in tutte le sue parti e limitazioni, con riflessi anche sulle situazioni pregresse.
Dunque, ad oggi, la cremazione del cadavere di persona deceduta prima del 27 ottobre 1990 e tumulata da meno di 20 anni sarebbe ammissibile solo caso di rinvenimento postumo di una volontà del de cuius a favore della cremazione (per gli inumati non si registrerebbe, invece, nessuna difficoltà, in quanto per essi sarebbe già pienamente trascorso il periodo legale di sepoltura fissato ordinariamente in 10 anni).
Il 27 ottobre 2010, se non frattempo non sarà intervenuta una riforma dell’ordinamento nazionale di polizia mortuaria, il DPR 285/90 compirà 20 anni, da quel momento in poi tutti i cadaveri tumulati prima del 27 ottobre 1990 saranno direttamente cremabili, in quanto per essi saranno già trascorsi almeno i 20 anni di sepoltura richiesti dal DPR 15 luglio 2002 n. 254(detti cadaveri non saranno più tali in quanto del tutto assimilabili alla fattispecie del resto mortale).
Possiamo, dunque, sintetizzare tutto l’iter autorizzatorio in questo schema: Se il de cuius è deceduto dopo l’entrata in vigore del DPR 285/90 e non vi è uno scritto da parte del defunto che affermi la sua contrarietà alla pratica della cremazione, il comune in cui il feretro è stato tumulato o inumato deve autorizzare l’estumulazione per avviamento a cremazione su esplicita richiesta di tutti i familiari aventi diritto previa la presentazione di tutti i titoli richiesti dal’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
Per la cremazione di cadavere l’autorizzazione deve sempre esser individuale e nominativa.
Cremazione di parti anatomiche, prodotti abortivi ed ossa.
La cremazione è un atto di disposizione non solo su cadaveri o loro sezioni (parti anatomiche riconoscibili) ma anche sulle loro trasformazioni di stato postmortali (ossa e resti mortali). Cerchiamo, ora di esaminare in modo analitico queste diverse fattispecie:
- Parti anatomiche riconoscibili: le inerenti autorizzazioni al trasporto, alla sepoltura o alla cremazione attengono all’Autorità Sanitaria Locale del luogo ove dette parti anatomiche sono state “prodotte” per effetto di intervento chirurgico. Entro 48 ore la persona che ha subito l’amputazione con oneri a proprio carico può deciderne la destinazione, altrimenti prevarrà il trattamento deciso in via generale dall’ASL, la quale corrisponderà al gestore del crematorio o del cimitero la tariffa relativa alla prestazione erogata. Quando non vi sia una destinazione “dedicata” su istanza degli aventi diritto le parti anatomiche possono anche esser sepolte in maniera promiscua ed indistinta in un’unica cassa o fossa. Le parti anatomiche non riconoscibili sono unicamente smaltite attraverso termodistruzione in apposito impianto
- Prodotti abortivi: sempre se hanno raggiunto le 28 settimane di età intrauterina o, comunque, su esplicita istanza dei genitori possono esser accolti in cimitero. L’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non individua il termine di presunta età di gestazione di 22 settimane (termine presente in altre legislazioni, es.: quella francese), quanto tre ipotesi di presunta età gestazionale: 1) meno di 20 settimane, 2) tra le 20 e le 28 settimane, 3) oltre le 28 settimane. La legge Italiana sembra considerare solo la loro sepoltura (inumazione o anche tumulazione se sussiste il titolo di accettazione in sepoltura privata ex Art. 50 comma 1 lettera c) DPR 285/90) con le due autorizzazioni (al trasporto ed al seppellimento) spettanti alla locale ASL; per la loro cremazione, invece, servirebbe una terza autorizzazione firmata dall’autorità comunale. Se ci limitassimo strettamente ad dato testuale, senza considerare lo sviluppo storico e sociale della normativa funeraria la cremazione dovrebbe esser inibita, siccome il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria distingue e pone una rigida separazione tra la tradizionale sepoltura in tumulo o fossa di terra e l’incinerazione. Ma in realtà non è così, perchè ormai le tre pratiche funerarie ammesse dalle Legge Italiana (inumazione, tumulazione e cremazione godono di pari dignità. Un’interpretazione più evolutiva, soprattutto alla luce dell’Art. 3, comma 4 D.M. 1° luglio 2002 consentirebbe, addirittura, di sostenere che le modalità di cui all’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 possano essere ritenute vigenti per quanto riguarda la competenza soggettiva alle autorizzazioni, attribuita all’ASL anche per la cremazione dei prodotti abortivi. Tutto il procedimento autorizzatorio, dunque, si concentrerebbe nella sola ASL, senza, più il bisogno di un’ulteriore provvedimento da parte del comune,con una notevole semplificazione burocratica. L’estensione alle tre pratiche funerarie possibili (inumazione in campo comune o sepoltura privata, tumulazione in sepoltura privata e cremazione) tra l’altro, è considerata anche per le parti anatomiche riconoscibili dall’art. 3, comma 2 D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 senza limitazioni di ordine giuridico. Possiamo, dunque, giungere a questa conclusione: il prodotto abortivo è sempre cremabile solo se richiesto dai genitori attraverso un atto di disposizione in termini affettivi e di pietas verso i defunti. Feti e prodotti abortivi non accoglibili in crematorio (poichè non richiesti), in quanto più assimilabili a rifiuti ospedalieri speciali, ai sensi dell’Art 2, lett. h), punto 2) DPR 254/2003, così come le parti anatomiche non riconoscibili, debbono esser avviati a termodistruzione presso un inceneritore (Art. 14 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Si rendono necessari alcuni chiarimenti: il prodotto abortivo non potrebbe essere considerato neppure un minore non avendo acquisito la capacità giuridica (art. 1 c.c.), esso non è oggetto delle registrazioni di stato civile, per cui non sussiste “titolo” probatorio della cittadinanza bisogna, allora distinguere in relazione alla cittadinanza (seppure questa si acquisti solo con la nascita, almeno nell’ordinamento giuridico italiano) quanto meno con riferimento alla madre (sussistendo con essa rapporto giuridico di filiazione). Per i cittadini stranieri trova applicazione la loro legge nazionale, alla luce dell’art. 24 L. 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”. Naturalmente, trattandosi di un onere a carico della struttura sanitaria laddove l’espulsione del prodotto del concepimento ed assimilati è avvenuta, qualora vi sia richiesta di parte per una specifica pratica funeraria, l’onere viene a porsi in capo al soggetto richiedente. Se è lecita (e lo è!) la cremazione dei prodotti abortivi ed assimilati, deve anche ammettersi la conseguente applicabilità delle forme di conservazione e/o destinazione delle ceneri alternative alla collocazione in cimitero che ne risultino previste dalle norme, anche regionali, laddove emanate.
- Ossa: il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. La cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.
Ovviamente per le ossa contenute nell’ossario comune non sussiste più nessun potere di disposizione da parte dei possibili aventi titolo, in quanto la destinazione dell’ossario comune si configura come un trattamento irreversibile provocato anche dall’inerzia dei congiunti del de cuius. L’unico a poterne deliberare la calcinazione, per recuperare spazio, è il sindaco attraverso un proprio atto.
Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivocabile di rifiuto ad esercitare lo jus sepulchri, protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere, se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Per le ossa racchiuse ancora nella cassetta ossario, ma non più richieste per ulteriori periodi di sepoltura “dedicata” in loculo o celletta e naturalmente per l’ossame dell’ossario comune si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti ossei appartenute a diversi cadaveri. Per le ossa dell’ossario comune il problema nemmeno si pone perchè l’ossario comune presuppone già una conservazione in forma promiscua ed indistinta.
X Anna,
sugli errori (oppure ORRORI???) tecnico-giuridici confezionati dai nostri saggi legislatori in sede di redazione degli atti a contenuto normativo convengo pienamente, in effetti l’istituzione di una sorta di registro comunale per la cremazione pone inquietanti interrogativi sul limite oltre il quale sia, a questo punto, giusto e legittimo spingersi nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, magari anche a fin di bene, nell’intento di avvicinare il cittadino, senza alcun pregiudizio o retaggio storico negativo, al nobile rito della cremazione.
La cremazione attiene ai diritti della personalità, e, quindi, ai diritti sociali e civili, come tali regolati dalla sola Legge Statale ai sensi dell’Art. 117 lettere L) ed M) Cost. e tra l’altro s’interseca, almeno dopo la Legge n. 130/2001, con la materia dello Stato Civile, la quale è di sola ed esclusiva competenza statale ex Art. 117 lett. i) Cost, senza poi contare come le disposizioni per il proprio post mortem siano già ampliamente disciplinate dal Cod. Civile, attraverso la non derogabile forma della scheda testamentaria (olografa, pubblica o segreta).
Trascorrendo ad altre facezie procedurali, come rilevato prima, la cremazione è diritto della personalità e di conseguenza ai sensi dell’Art. 24 Legge n.218/1995 sul diritto internazionale privato, ai cittadini stranieri si applica la normativa italiana sull’incinerazione delle spoglie umane, solo in rapporto ed in subordine alla Legge nazionale del Paese di provenienza cui la persona è sottoposta (nella fattispecie in esame l’Iran essendo una Repubblica Islamica, -teocrazia secondo altri, meno benevoli, osservatori- di sicuro disapprova e vieta la cremazione in quanto pratica funebre non conforme al dettato Coranico ed alla giurisprudenza da cui spesso, quest’ultimo è implementato nella soluzione dei casi concreti).
Per rapporti giuridici con cittadini extracomunitari si consulti anche il DECRETO del PRESIDENTE della REPUBBLICA 31 agosto 1999, n. 394.
Buongiorno,
sono la segretaria della Socrem di Bolzano. Volevo comunicare che dal gennaio 2014, nella nostra provincia, sarà possibile lasciare le proprie volontà ad essere cremati e dispersi al comune di residenza. Il nostro dubbio, espresso già al legislatore, è che questa modalità di accesso alla cremazione non sia del tutto lecito. Nessun dirigente o amministratore locale ha dato segno di preoccuparsi di ciò. Effettivamente questa iniziativa si inquadra in una scelta di semplificazione burocratica che, forse, non è negativa. Avrei, invece, un quesito da porLe: un ragazzo di 25 anni iraniano è rifugiato politico in Italia. Ha passaporto e documenti italiani, anche se rimane di cittadinanza iraniana. Se tornasse in Iran verrebbe subito arrestato. Non ha più alcun rapporto con i famigliari rimasti nel loro paese. Vuole assolutamente essere cremato e non vuole che neanche il suo cadavere o le sue ceneri siano rimpatriate. La sua iscrizione alla Socrem è possibile e valida affinchè le sue volontà siano assolutamente rispettate? Oppure, non essendo cittadino italiano, i parenti o il governo iraniano potrebbero avanzare diritti ed impedire la sua cremazione? La ringrazio
X Patrick,
Purtroppo la Legge in materia di cremazione non definisce in modo inequivoco il concetto del “silenzio” (consapevole o meno) delle persone titolate a pronunciarsi, tra l’altro secondo il rigido ordine di poziorità. Il disinteresse (caso, per certi aspetti assimilabile alla fattispecie in esame), ad esempio, si configura come l’animus, ossia l’atteggiamento volitivo, sicuro e protratto nel tempo di chi, “fregandosene bellamente” proprio non ha intenzione alcuna, benché nel pieno delle proprie facoltà, di esercitare il proprio jus sepulchri sulla spoglia mortale di un congiunto.
A tal proposito il regolamento comunale di polizia mortuaria, senza sconfinare nell’attività giurisdizionale propria della Magistratura, potrebbe prevedere una specifica procedura a riguardo, in modo da far emergere chiaramente questo disinteresse, figura giuridica a cui, tra l’altro, si collega piuttosto strettamente anche la cosiddetta irreperibilità del coniuge superstite. L’irreperibilità può esser provata in via amministrativa attraverso apposito procedimento anagrafico, da coordinarsi con le disposizioni del Cod. Proc. Civile. (Art. 140)
Si può sempre, in ultima analisi, quando si rilevino questioni afferenti ai diritti soggettivi, esperire l’accertamento giudiziale (Art. 700 Cod. Proc. Civile?) sul diritto alla cremazione della spoglia del de cuius.
Salve, un mio parente nel 2005 si sposava con una marocchina, all’insaputa di parenti e amici, che dopo 6 mesi abbandonava l’abitazione per poi sparire nel nulla. Purtroppo scorsa settimana è morto per una malattia, i familiari volevano cremarlo, ma l’agenzia di onoranze funebre si rifiutava perché era necessaria la firma della “moglie”. In questo momento si trova in un loculo, ma l’intenzione resta sempre quella di cremarlo e portarlo vicino casa, in quanto la “moglie” è irreperibile. Quale strada bisognerebbe seguire? Come la legge tutela questa casistica? Grazie
Mia madre è deceduta il 22 marzo 2013.Vorrei sapere chi ha progettato l’opificio della cremazione una cosa a dir poco mostruosa, come è possibile che non c’è un filo di buon senso e amore per chi ha subito un lutto. Sarebbe più logico fare lasciare la bara dentro il carro funebre e salutare il congiunto, invece di salire su quell’orrenda collinetta con una puzza orrenda di cadavere bruciato entrare dentro in quella camera spettrale con in mezzo un montacarichi, dove viene messa la bara e poi ti viene detto ” salutate” senza un minimo di cortesia e poi con rumore stridente vedere andare giù la bara come in un girone dantesco. E stato orribile avrei voluto fare fermare tutto, ma ero talmente confusa che non ho fatto nulla. Che schifo è stata un’esperienza terribile, spero che si accorgano che non siamo animali da macello.Anna
X Antonio
Come al solito regna la confusione più totale…d’altra parte siamo in Italia, dove in campo funerario vige l’anarchia più totale: dipende, comunque da quale regione Lei mi scriva, perchè le leggi regionali regolano diversamente l’istituto dell’affido delle ceneri. Volendo cercare una norma unificante, anche se residuale, non possiamo prescindere dall’Art. 81 DPR 10 settembre 1990 n. 285, secondo cui copia del verbale di avvenuta cremazione e consegna delle ceneri va trasmessa all’Ufficiale dello Stato Civile del comune che ha autorizzato la cremazione, cioè a quello di decesso, perchè nell’ordinamento italiano fulcro di tutto il procedimento istruttorio è sempre il comune di decesso, il quale ha competenza non solo funzionale, ma anche territoriale. Attenzione, però, il sullodato Art. 81 DPR n. 285/1990 non considera minimamente la possibile fuoriuscita delle urne dal circuito cimiteriale, in altre parole non ne contempla l’ipotesi, invero oggi del tutto legittima, di affido familiare/personale, perchè nello spirito del DPR n. 285/1990 le ceneri possono solo esser tumulate in cimitero (Art. 80 comma 3) o disperse in cinerario comune ex Art. 80 comma 6.
Diventa così necessaria, per uscire dall’empasse procedurale, la laboriosa (ed artificiosa????) costruzione di un “doppio binario”, ragion per cui se l’urna è depositata in un colombario del cimitero si segue il percorso delineato dal pur sempre valido ed applicabile Art. 81 DPR n. 285/1990, mentre se le ceneri saranno collocate presso un domicilio privato ai sensi del DPR 24 febbraio 2004, poi implementato dalle diverse leggi regionali o, addirittura dai regolamenti comunali, copia dell’atto di affido (= verbale di consegna) sarà consegnata all’affidatario delle ceneri, mentre una seconda copia permarrà agli atti del comune che materialmente avrà autorizzato l’affido. SE l’affido avverrà in un comune diverso da quello di decesso, il quale autorizza solo la cremazione ed il trasporto, il comune di decesso si limiterà ex Art. 26 DPR n. 285/1990 a perfezionale e rilasciare i titoli di cremazione, autorizzando solamente il trasporto delle ceneri presso il comune terzo, luogo di stabile destinazione delle medesime, colà si provvederà in base alla normativa locale all’atto di affido.
Grazie Carlo,
un’ ultima : una copia del verbale di consegna urna ai familiari, a chi và consegnata ?
comune di residenza-
comune di decesso-
saluti
X Antonio,
chiedo scusa del ritardo con cui rispondo, ma la faccenda ha richiesto una lunga fase istruttoria di approfondimento.
La questione, invero, molto complessa dell’istituto della rinuncia alla costodia familiare/personale delle urne cinerarie non ha un’unica soluzione a livello nazionale, nel silenzio della Legge n. 130/2001 perchè è, in toto, demandata alla normazione locale (leggi regionali e regolamenti comunali di polizia mortuaria), anzi diverse regioni affrontano il problema con differenti filosofie.
Ad ogni modo, volendo generalizzare in un quadro d’insieme al fine di non esser eccessivamente dispersivi:
L’affidatario:
1. ha l’obbligo di custodire l’urna con modalità tali da consentirne una destinazione stabile e da offrire garanzie contro ogni profanazione;
2. è tenuto a comunicare al Comune, dove le ceneri sono custodite, le modalità della loro conservazione;
3. deve comunicare tempestivamente l’eventuale trasferimento dell’urna in altro Comune, sia nei confronti del Comune di provenienza, sia nei confronti di quello di nuova destinazione, previa acquisizione dell’autorizzazione al trasporto da parte del Comune nel quale si trova l’urna affidata;
4. se, per qualsiasi motivo, intende rinunciare all’affidamento dell’urna, è vincolato a conferirla, per la conservazione, nel cimitero comunale, previa acquisizione dell’autorizzazione al trasporto da parte del Comune nel quale si trova l’urna affidata.
A nostro avviso il comune cui comunicare e formalizzare l’atto di rinuncia allo jus sepulchri sulle ceneri è quello che, precedentemente ha autorizzato l’affido stesso.
Nel caso di rinuncia all’affidamento familiare/personale consegue la conservazione dell’urna nel cimitero comunale (dove? Magari per un congruo tempo in camera mortuaria?) del comune nella cui giurisdizione amministrativa ha originato l’atto di affido, l’ ipotesi per cui sarebbe prevista una comunicazione al Comune di residenza del defunto, avrebbe un’improbabile “ratio” che, a me personalmente rimarrebbe oscura, in quanto sarebbe meglio comprensibile un’avviso a familiari, se reperibili, anche se questo aspetto può essere contemplato in sede di normativa comunale, individuando le condizioni per una presa d’atto della situazione venutasi a creare e di una eventuale “nuova” dichiarazione concernente l’affidamento ai familiari dell’urna cineraria, se vi sia interesse da parte dei familiari medesimi titolati a disporre sulle ceneri medesime.
Comune di residenza, di decesso o conservazione dell’urna al momento della rinuncia sono le tre opzioni per il conferimento delle ceneri in cimitero, ai sensi dell’Art. 50 DPR 10 settembre 1990 n. 285, purchè nel cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR n. 285/1990 in cui hanno diritto ad esser sversate le ceneri, seppur in forma promiscua ed indistinta. Si tratta di un’azione irreversibile e definitiva su cui è bene ponderare attentamente prima di deliberare una destinazione di questo tipo, altrimenti l’urna potrà pur sempre tumulata ai sensi dell’Art. 80 comma 3 in un sepolcro privato (deve, però, pre-sussistere lo jus sepulchri cioè, in altre parole, un rapporto concessorio da cui far sorgere una sepoltura privata ex Capo XVIII DPR n. 285/1990) in un qualunque cimitero italiano, anche se privato (ipotesi rarefatta, sì residuale, ma sempre di un certo fascino)
In altri termini infatti, non si individuerebbe il senso riguardo alle funzioni cui potrebbe essere chiamato, e dichiarato competente, il Comune di residenza del defunto, magari a distanza di tempo dal decesso.
X Carlo
Grazie x la tua disponibilità e gentilezza, cosi ho spunto per potermi muovere poi ti farò sapere
Grazie e buon lavoro
X Stefano, l’incomprensione con l’Autorità Sanitaria nasce
da un errore di fondo, o se si preferisce da un equivoco: L’Art. 3
lettera g) Legge 30 marzo 2001 n. 130 si riferisce alla cremazione
non dei cadaveri, bensì dei resti mortali (= esiti da fenomeno
cadaverico di tipo trasformativo-conservativo) provenienti da
esumazione o estumulazione una volta decorso completamente il
periodo legale di sepoltura pari a 20 anni per i feretri tumulati e
10 anni per quelli, invece, inumati. Per quanto riguarda la
cremazione di resti mortali si ritiene che con la L.R. Marche n.
3/2005 si sia data attuazione alla L. 130/2001, che parla in
maniera generale di autorizzazione alla cremazione (senza
distinguere tra resti mortali e cadaveri, attribuendola, come
competenza funzionale, allo stato civile). Dal punto di vista
sostanziale però la questione è trattata all’art. 3, comma 1, lett.
h) della L. 130/2001 laddove si prevede esplicitamente che per le
salme inumate da più di 10 anni o tumulate da più di 20 anni (non
cera ancora la definizione ufficiale di “resto mortale” oggi
formulata con l’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n. 254/2003), si deve
acquisire l’assenso dei soggetti di cui alla lett. b), punto 3) e
quindi maggioranza assoluta dei parenti di pari grado e se non si
trovano occorre la pubblicazione allalbo pretorio del Comune di
specifico avviso per 30 giorni. Si ritiene che, oggi, a livello
nazionale, la potestà autorizzatoria sia passata in capo al Comune
ai sensi dell’art. 3 comma 5 del D.P.R. 254/2003, mentre la
competenza alla pubblicazione all’albo pretorio debba essere dello
Stato civile. Tutto questo iter, però, riguarda i resti mortali, ma
non i cadaveri ed un defunto tumulato da pochi anni (per la
precisione meno di 20) per la Legge Italiana è ancora cadavere, e
non, appunto, resto mortale. In questo caso, infatti stiamo
ragionando su questo quesito: è possibile cremare un cadavere
estumulato quando non sia ancora trascorso completamente il periodo
legale di sepoltura pari ad anni 20? Le certificazioni mediche
relative a situazioni pregresse si chiamano, per consuetudine, “ora
per allora”. l’autorizzazione “postuma” alla cremazione e non
contestuale al giorno del funerale può essere certamente
rilasciata, previa, però, l’acquisizione della documentazione
richiesta dall’art. 79 comma 4 D.P.R. n.285/1990 (disposizione
replicata poi, in toto, dalla Legge n. 130/2001) attestante che la
morte non è dovuta a reato. l’unica figura deputata
istituzionalmente al rilascio del certificato ex art. 79 co. 4 “ora
per allora” è il medico necroscopo il quale al momento del decesso
aveva rilasciato il certificato ex art. 4 D.P.R. n.285/90 e
soprattutto di cui all’Art. 74 del DPR n. 396/2000. Se neghiamo
questo presupposto per ogni estumulazione straordinaria finalizzata
ad avviare il feretro a cremazione sarebbe allora obbligatorio
disporre l’autopsia/riscontro diagnostico. L’autopsia di un
cadavere estumulato è straziante per le famiglie: non va inoltre
trascurato l’aspetto economico. La mia proposta è di affidare allo
stato civile il compito di rintracciare il certificato necroscopico
stilato in occasione del decesso (quelli degli anni passati sono
archiviati presso l’Ufficio Territoriale di Governo in allegato
all’atto di morte) e di controllarlo: se non figura una causa di
morte violenta e non ci sono condizioni particolari poste
dall’autorità giudiziaria l’autorizzazione alla cremazione dovrebbe
essere concessa automaticamente, senza l’acquisizione,ex novo, del
certificato di cui all’art. 79, co. 4 D.P.R. n.285/90. Siccome so
per primo che modifiche in questo senso dell’ordinamento dello
stato civile e del D.P.R. n.285/90 sono molto improbabili, credo
che ancora per molto tempo il problema ruoterà attorno alla firma
del medico necroscopo.
X Carlo
Grazie per la tempestiva risposta, pensavo anche io la stessa cosa, ma nella regione Marche su questa problematica ribadiscono che l’art. 3 -lett. g della legge n. 130 del 30 Marzo 2001 ” Disposizione in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” che dice:
“l’ufficiale di stato civile,………(non scrivo tutto)………, autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni”
in base a questo articolo il medico necroscopo della ASUR, dopo una interrogazione alla Regione Marche, non rilascia il famoso certificato dicendo che attraverso l’Ufficiale di stato civile non puo’ autorizzare la cremazione.
Come si puo’ fare?
P.S. la persona deceduta e’ venuta a mancare nel giugno 2011
Grazie
X Stefano,
Se il decesso è avvenuto nel 2012 siamo ancora in presenza di cadavere, quindi la procedura da seguire sarà quella aggravata, di cui all’Art. 79 DPR n. 285/1990 o della Legge n. 130/2001, laddove essa sia stata attuata, ordinariamente prestabilita per l’autorizzazione alla cremazione subito dopo il funerale.
Si, quindi: è del tutto legittimo, purché acquisiate agli atti:
a) una dichiarazione di tutti i familiari aventi diritto ad esprimersi (secondo ordine di poziorità) circa la loro volontà alla cremazione, nelle forme dell’atto sostitutivo di atto di notorietà (DPR n. 445/2000) di cui alla Circolare Ministeriale 1 settembre 2004 n. 27
b) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione (l’affermazione mendace integra fattispecie di reato)
Per il resto ci si comporta come se ci si trovasse di fronte al caso di un cadavere, senza considerare il primo periodo di sepoltura più tradizionale in loculo.
Pertanto occorre sia escluso il sospetto di morte dovuta a reato e la piena applicazione dell’articolo 79 del DPR n. 285/1990. Per il rilascio dell’autorizzazione “ora per allora”, senza ricorrere ad un’inutile autopsia o riscontro diagnostico ci si può basare sulla documentazione sanitaria (Scheda Istat ex Art. 103 lett. a) Testo Unico Leggi Sanitarie e certificato necroscopico ex Art. 74 comma 2 DPR n. 396/2000) prodotta in occasione del decesso, da cui potranno esser agevolmente estrapolate tutte le informazioni necessarie per diradare anche il solo dubbio di morte violenta o, peggio ancora dovuta a fatto criminoso, altrimenti se dovessero sussistere degli indizi in questo senso sarà necessario il preventivo nulla osta della Magistratura ex Art. 116 D.LGS n. 271/1989.
Se il de cuius aveva, in vita, optato per la propria sepoltura in un particolare tumulo (senza, però, specificare in quale forma, cioè cadavere, resti mortali, ossa o ceneri, la sue spoglie avrebbero dovuto trovar accoglimento in quel dato sepolcro) tale desiderio dovrà esser rispettato e l’urna verrà ivi tumulata.
Per quanto riguarda la competenza territoriale nell’istruttoria finalizzata ada accordare l’autorizzazione alla cremazione si veda il paragrafo 14.2 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24; in effetti ad autorizzare è il comune nella cui giurisdizione amministrativa insiste il cimitero di prima sepoltura, il quale dovrà altresì autorizzare l’estumulazione ed il trasporto del feretro verso un impianto di cremazione, perfezionando tutti i titoli necessari.
Si puo’ cremare una persona deceduta nel 2012 e attualmente tumulata?
Mi iserisco visto che si è parlato di cremazione.
x Carlo
Nel caso che dopo la cremzaione uno degli eredi abbia deciso per la
conservazione in casa delle ceneri, e poi dopo un pò di tempo decide di trasferirli in cimitero, chi si deve interessare come ufficio di stato civile quello di residenza delle ceneri oppure quello di decesso della fu salma, visto che all’ epoca dei fatti la nonnina mori non nel comune di residenza ma in uno vicino.
grazie
X Veronica,
Non mi risulta che lo Stato Italiano abbia sottoscritto trattati in materia di polizia mortuaria con le Antille Olandesi, l’unico accordo internazionale in tema, tra l’altro non di cremazione, ma di trasporti funebri internazionali cui aderisca anche l’Italia è quello di Berlino del 10 febbraio 1937, per il resto ogni singolo stato, essendo appunto SOVRANO ha la piena potestà di regolare come meglio creda l’istituto della cremazione. In certe nazioni, la cremazione non è nemmeno ammessa, per ragioni religiose, si pensi ad esempio a stati confessionali (teocrazie) dove il canone vieti l’incinerazione dei defunti.
Per ulteriori indagini ed approfondimenti conoscitivi sarebbe opportuno contattare l’Autorità Diplomatica del Governo Isolare di Saint Maarten, antille olandesi, anche attraverso il nostro ministero degli Affari Esteri, così da accelerare pure il rimpatrio delle ceneri che immagino interessi oltremodo i famigliari del de cuius.
A quanto pare una qualche autorizzazione alla cremazione del de cuius è stata perfezionata ed accordata, non so, però, in base a quali presupposti, forse che in quel determinato Paese la cremazione non sia soggetta a quei particolari filtri (= manifestazione della volontà legata allo jus sanguinis) contemplati, invece, dall’Ordinamento Italiano? E’solo un’ipotesi, magari anche peregrina, ma merita di esser approfondita. Con ogni probabilità l’Autorità di Saint Marteen ha agito su impulso di parte e non “motu proprio”, cioè qualcuno, ma è una mia ricostruzione del tutto defettibile e molto influenzata dall’esperienza italiana, deve aver presentato un’istanza di cremazione: si tratta di stabilire chi sia stato e quale grado di legittimazione avesse, magari per promuovere un azione legale per il risarcimento dell’ingiusto danno esistenziale patito. Può anche darsi che in quello Stato la cremazione sia il trattamento d’ufficio disposto per i cadaveri umani, nell’evenienza di disinteresse oppure irreperibilità dei famigliari titolati a disporre del cadavere ma, onestamente, lo ignoro.
In ogni caso la cremazione è già avvenuta ed essa, per sua intima natura è trattamento delle spoglie umane distruttivo ed irreversibile, conviene, pertanto, interessarsi presso le Autorità Competenti per il trasporto in Italia dell’urna cineraria.
grazie per la risposta tempestiva. l’autorizzazione per la cremazione è stata data dal governo Isolare di Saint Maarten, antille olandesi, come specificato sul certificato di cremazione. ma possibile che l’autorità del posto possa scavalcare il volere dei parenti in questa decisione, senza nemmeno interpellarli? sembra un fatto così assurdo!
l’hanno cremato senza il volere dei genitori, e senza nemmeno chiedere il loro consenso, i quali si recarono sull’isola dopo la notizia della morte scoprendo che il corpo era già stato cremato quindi negando loro la possibilità di vederlo e poter decidere.
non esistono normative di diritto internazionale con valore superiore rispetto al diritto vigente sull’ isola?
grazie, ogni informazione è preziosa.
X Veronica,
tutto dipende dalla legislazione in materia di polizia mortuaria dello Stato Estero in cui è avvenuto il decesso e dove è stata eseguita la cremazione del de cuius.
Senza questa informazione è difficile esser più dettagliati e precisi.
Se in quella determinata nazione caraibica la cremazione è soggetta ad autorizzazione, come, ad esempio, accade in Italia, qualcuno legittimato dalla Legge Locale avrà pur dovuto manifestare la volontà di cremare il defunto, è pressochè impossibile che le Autorità del posto si siano attivate d’ufficio.
A parti invertite (cremazione in Italia di cittadino straniero) la Legge Italiana prevederebbe una sorta di clausola di reciprocità con l’Art. 24 della Legge sul diritto internazionale privato 31 maggio 1995, n. 218, essendo l’opzione cremazionista, così come lo jus sepulchri, da intendersi in senso ampio, un diritto della personalità.
Ad ogni modo la Giurisdizione Italiana, sconta l’ovvio limite della competenza geografica, poichè si applica solo su territorio italiano, essendo in vigore il principio implicito e, quindi, fondativo della sovranità tra Stati.
buongiorno, vorrei un’informazione: un mio parente è deceduto all’estero, isola caraibica, l’hanno cremato sull’isola senza avere l’autorizzazione dei parenti stretti dicendo che il consenso era stato dato da un ufficio dell’isola di competenza. hanno agito correttamente o essendo cittadino italiano dovevano aspettare il consenso dei genitori per poter procedere alla cremazione? grazie
Nel nostro ordinamento non esiste una specifica norma che espliciti il diritto a disporre di un cadavere, se non, appunto, in caso di cremazione.
Nel silenzio del de cuius (altrimenti la sua contrarietà deve esser formalizzata in modo scritto ed inequivocabile attraverso disposizione testamentaria) la manifestazione della volontà cremazionista, per giurisprudenza costante, sintetizzata, poi, in norma positiva dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990, spetta al coniuge superstite, addirittura anche in stato di separazione, in quanto il vincolo di coniugio prevale sullo jus sanguinis (ad esempio: rapporti di filiazione) A nulla rileva, per motivi personali, la contrarietà dei figli a meno che essi possano provare in giudizio un volere in senso opposto da parte del de cuius stesso, ma questa dimostrazione, sic stantibus rebus, non è per nulla facile nè scontata, anche perchè si è già provveduto ad effettuare la cremazione del cadavere in questione.
Ribadisco il concetto: la produzione della giurisprudenza, conseguente alle numerose vertenze sorte tra i familiari, ha elaborato un indirizzo costante e consolidato. Tale orientamento, ripreso dal legislatore nazionale in forma regolamentare per la materia della cremazione (art. 79 d.P.R. n. 285/1990), consente di affermare che il diritto a disporre del cadavere spetta, in primis, al defunto stesso, da manifestare, ovviamente in vita e, tendenzialmente, nella forma testamentaria. In mancanza di una disposizione testamentaria del defunto, la scelta spetta ai parenti (e, mai, agli affini) – secondo il grado di prossimità e con prevalenza del coniuge – che vengono ad esercitare un diritto loro proprio e non rappresentano la volontà del defunto, quando sia stata inespressa. Tra le varie massime giurisprudenziali ne riportiamo alcune che potranno essere risolutive per il caso segnalato: – Lo ius eligendi sepulcrum rientra nella categoria dei diritti della personalità, e come tale non può formare oggetto di trasferimento mortis causa. Solo nel caso in cui, in base ad una valutazione complessiva delle risultanze probatorie, anche testimoniali e presuntive, si escluda che il defunto abbia manifestato, in vita, la propria volontà circa il luogo di sepoltura, la scelta può essere esercitata dai prossimi congiunti. Nel caso in cui la electio non sia stata esercitata da defunto durante la sua esistenza in vita, la scelta del sepolcro e della sepoltura compete ai prossimi congiunti, senza alcun rigore di forme, con prevalenza dello ius coniugii sullo ius sanguinis e di questo sullo ius successionis. (Corte di Cassazione, sez. 1^ civile, sent. n. 2475 del 21 novembre 1970).
Mio Padre e’ stato cremato 2gg dopo il decesso – avvenuto ad Agosto 2012 nell’ospedale di Grosseto – a mia completa insaputa. Mia madre attraverso un agenzia di Livorno ha deciso autonomamente il tutto tacendo completamente sia quello che stava facendo sia il fatto che le ceneri sarebbero state deposte nella tomba di mia nonna. Domanda: io come figlia legittima non avrei dovuto avere il diritto del consenso ? Mio Padre in vita non ha mai espresso parere favorevole alla cremazione. Vi prego una risposta .. non riesco a darmi pace mio Padre non avrebbe voluto. Cosa devo fare ? Grazie mille Monica
Se è una esumazione straordinaria con trasporto del cadavere in Italia per essere inumato, dopo la inumazione valgono le usuali regole per un esumato destinato a cremazione. Prima di 10 anni e’ cadavere, dopo resto mortale, con ciò che ne consegue (procedura di cremazione semplificata ex Art. 3 commi 5 e 6 DPR n. 254/2003)
Per la LEGGE ITALIANA (DPR 10 settembre 1990 n. 285) il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. Di conseguenza, nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria anche le ossa possono esser cremate, soprattutto per dar seguito alla volontà cremazionista espressa in vita dal de cuius stesso.
Il discrimen per risolvere questo caso è rappresentato dalla cittadinanza del de cuius (cittadinanza di cui il defunto godeva al momento della morte da provarsi mediante l’iscrizione dello stesso nei Registri dello Stato Civile Italiano).
Se il de cuius era straniero si rinvia all’Art. 24 della legge sul diritto internazionale privato (Legge 31 maggio 1995, n. 218), occorre, pertanto,certificazione/attestazione (non importa la denominazione) con cui l’autorità consolare documenta quale sia la legge nazionale applicabile per la procedura autorizzatoria alla cremazione.
Ma, superati i nominalismi (spesso inutili, o dovuti a ragioni di brevita’ espositiva), si ricorda come in nessun caso l’autorità amministrativa italiana sia legittimata a rivolgersi direttamente ad autorità di altri Stati (salve alcune convenzioni specifiche, ma sono 2 e riguardano il matrimonio, cioe’ i 2 accordi (bilaterali) Italia-Svizzera e Italia-Austria).
Spetta alle parti presentare all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione i titoli a ciò necessari.
La documentazione risponderà ai requisti dell’art. 2, e 2.bis DPR 31/8/1999, n. 394, da cui risulti come sia regolato l’accesso alla cremazione in quello Stato Estero (nella fattispecie la Croazia).
Eventuali manifestazioni di volontà (e legittimazioni per questa) sonor regolate dalla legge straniera, applicandosi, in via esclusiva, quest’ultima. Anche per le procedure.
Se il defunto, era, invece, cittadino italiano, anche se inumato all’Estero, il problema non si pone e la calcinazione delle sue ossa, previo trasporto in un crematorio italiano, potrà aver luogo senza restrizione alcuna, sarà sufficiente oltre all’autorizzazione al trasporto, quella alla cremazione, perfezionata da un comune italiano e quindi valida su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’Art. 79 del citato d.P.R. n. 285/1990. Ovviamente la relativa richiesta di esumazione dovrà esser presentata alle Autorità Amministrative Locali della Croazia e da esse dovrà esser autorizzata insieme al trasporto alla volta dell’Italia.
Il criterio del comune di decesso non risulta evidentemente idoneo per definire la competenza di un’autorità italiana in Italia, nel caso in cui la cremazione venga richiesta successivamente all’introduzione della salma dall’estero.
In tali casi, la competenza territoriale al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, secondo altro criterio che va individuato alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, cioè in capo al comune “ove è sepolta la spoglia mortale”, da intendersi come il comune in cui le ossa saranno state è stata introdotte entro i confini italiani, sulla base del passaporto mortuario o dell’autorizzazione prevista dall’art. 28 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, quando le mortale exuviae non siano state ancora “sepolte”, oppure nel suo senso letterale, quando la “sepoltura” (da intendersi in senso lato) abbia avuto luogo. In quest’ultimo caso, va tenuta presente anche la circolare del Ministero della sanità n. 10 del 31 luglio 1998, salvo non ricorrano i casi di cui agli artt. 83, comma 1, 88 e 89 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Conviene ora soffermarsi brevemente sull’autorizzazione al trasporto:
Il trasferimento di esiti da completa scheletrizzazione di un cadavere (= ossa) richiede le normali autorizzazioni di cui agli Art. 28 e 29 del DPR 10 settembre 1990, n.285, ad esclusione delle misure precauzionali di carattere igienico stabilite per il trasporto dei cadaveri (ex par.8.1 e 8.2della circ.Min.Sanità n.24/93).
Il linea di massima nei rapporti di diritto internazionale vige il principio della sovranità tra gli Stati, la legge italiana, nella fattispecie il DPR 285/89 produce i suoi effetti solo entro i confini nazionali, tuttavia per il nostro ordinamento possono esser accettati sul territorio italiano solo trasporti funebre che rispondano alle prescrizioni del regolamento nazionale di polizia mortuaria.
Si evidenzia che condizione per l’avvio dell’istruttoria è, tra l’ altro, il fatto che all’Estero vengano rispettate disposizioni di rango regolamentare “italiane”, con la conseguenza che le autorità sanitarie locali devono essere poste nella condizione di conoscerle e di porle in esecuzione. Sotto questo profilo, si dovrebbe concludere per l’ inidoneità dell’adempimento delle disposizioni stabilite dalla legge locale, se diverse da quelle italiane, cosa che dovrebbe comportare il rigetto dell’istanza, fin dal momento della sua presentazione. Il condizionale è d’obbligo, vigente il principio di sovranità degli Stati.
Le ossa, quindi, saranno raccolte nella cassetta di zinco di cui all’Art. 36 DPR n. 285/1990.
Il titolo di accoglimento in cimitero è condicio sine qua non per autorizzare l’introduzione del feretro, della cassetta ossario o delle ceneri, poiché ogni trasporto funebre è soggetto alla regola della tipicità, dovendo esser certi e preventivamente autorizzati i luoghi di partenza ed arrivo del medesimo. Agli effetti concreti trova applicazione l’Art.50 DPR 285/90. Questa verifica è superflua solo se il trasporto è indirizzato verso un cimitero del comune di residenza del de cuius dove il feretro sarà inumato d’ufficio. Si ritiene valida questa norma anche in caso di dispersione delle ceneri in cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR 285/90.Per una sepoltura privata ex Art. 93 DPR 285/90 dovrà esser dimostrato lo jus sepulcrhi vantato dal de cuius verso quella particolare sepoltura a sistema di inumazione o tumulazione. Nel caso di cremazione si ritiene sufficiente sia il titolo di accettazione in crematorio (l’autorizzazione alla cremazione) sia il titolo di accoglimento delle successive ceneri presso il luogo di loro conservazione o dispersione.
Tutti gli atti formati da consolati stranieri in Italia sono, di norma, soggetti alla legalizzazione (da parte della Prefettura-UTG), salvo non si tratti di Stato aderente a convenzioni che l’esentino (es.: Convenzione di Londra del 7/6/1968). Con altri Stati esistono convenzioni che superano, per taluni atti e documenti, anche l’esigenza
della formalità della “apostille”. Sono individuabili al sito http://www.ciec1.org.
Vi contatto per avere informazioni sulla possibilità di esumare il corpo di
una persona sepolta per volere altrui in Croazia e ora dopo molti anni i figli vorrebbero riportarlo in Italia e cremarlo, come da suo espresso desiderio.
Abbiamo già saputo che in Croazia non cremano le ossa di persone decedute da tempo, bensì solo al momento della morte.
X Ale,
Lei dice bene, e dimostra una perfetta conoscenza della materia.
Procediamo, quindi, per gradi.
Per poter effettuare la estumulazione e la traslazione occorre una domanda di un avente titolo (familiare, con il criterio dello jure sanguinis) a patto che quest’ultimo, in caso di una pluralità di congiunti del de cuius dichiari su propria responsabilità, anche penale (la legge, infatti nell’atto sostitutivo di atto di notorietà ex Art. 49 DPR n.445/2000, punisce le dichiarazioni mendaci) di agire in nome e per conto di tutti gli altri aventi titolo a pronunciarsi. Negli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri si segue sempre il criterio di poziorità cristallizzato, in norma formale e positiva, dall’Art. 79 comma 2 del REgolamento Nazionale di Polizia mortuaria, il quale, per operazioni di questo tipo, prescrive, appunto, il consenso di tutti i famigliari di pari grado rispetto al de cuius stesso.
La raccolta delle ossa o la destinazione dei resti mortali non ha necessità di intervento del parente più prossimo, ma è automatica alla scadenza della concessione. La destinazione delle ossa è, allora, la dispersione nell’ossario comune. Una volta sparse nell’ossario comune, in modo promiscuo, anonimo ed indistinto le ossa non possono più esser recuperate per una diversa sistemazione come potrebbe esser, ad esempio, una sepoltura privata e dedicata (Tumulazione in nicchia muraria?)
Dei resti mortali ci si occupa secondo quanto stabilito dalla ordinanza del sindaco che regola esumazioni ed estumulazioni (e quindi inumazione in campo inconsunti, cremazione). Ciò premesso, si ritiene possibile la estumulazione del feretro o della cassetta ossario anticipatamente alla naturale scadenza della concessione sia per un trasferimento ad altra sepoltura, sia per provvedere alla cremazione.
Anche se escludiamo eventuali fatti di rilevanza penale (violazione di sepolcro, falso in atto sostitutivo di atto di notorietà) saremmo in presenza di una violazione all’intero corpus normativo dettato dal DPR n.285/1990 (cioè dal regolamento nazionale di polizia mortuaria) punibile con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 358 Testo Unico Leggi Sanitarie
L’Art.52 del DPR 10 settembre 1990, n.285, dispone che il responsabile del servizio di custodia debba annotare molto diligentemente tutti i movimenti e cambiamenti di stato in ordine alle salme, inumate ed esumate, tumulate ed estumulate, cremate, trasportate altrove, ecc. Si tratta di un pubblico registro (di ingresso ed uscita dal camposanto)… una sorta di anagrafe parallela dei morti.
Anche qui, se il comune di prima sepoltura non maniene memoria della movimentazione delle ossa (sono state avviate verso un nuovo cimitero?), si individua una trasgressione regolamentare sanzionabile ai sensi dell’art. 358 citato.
salve. una mia bisnonna è deceduta nel 1986. passati i 10 anni una parente (nipote) con la quale nn abbiamo più contatti ha deciso di trasportare i suoi resti in altro cimitero e presumibilmente in un ossario comune. Può averlo fatto senza il consenso di altri nipoti/parenti?! Inoltre in questo caso dovrebbe lo stesso risultare agli archivi, se non del primo cimitero almeno di quello che la riceve. Grazie
Grazie mille Carlo!
X Lorena
Allo stato attuale della normativa nazionale le urne devono essere tumulate (per cui entro un manufatto, indipendentemente dal materiale di cui sia realizzato, cemento, plastica, vetroresina, ecc.). La L. 130/01 ha previsto anche l’interramento, in quel caso occorre sia specificato il materiale dell’urna (si ritiene debba essere biodegradabile). La nota vicenda della sospensiva della L. 130/01 si è arricchita di un ulteriore capitolo. Attualmente è consentita, secondo il DPR 24/2/04 l’affido dell’urna a familiare per la conservazione in abitazione. La motivazione del parere del Consiglio di Stato, però, apre altri spiragli, tra cui quello della possibilità di rendere operative parti della L. 130/01 attraverso specifici regolamenti e altre lo sono se la combinazione con le norme preesistenti determina la possibilità di darvi attuazione.
Lo Jus Sepulchri, ossia il titolo di accoglimento in cimitero per cadaveri e loro trasformazioni di stato, cioè resti mortali, ossa ovvero ceneri, parti anatomiche riconoscibili e prodotti abortivi del concepimento è normato dall’Art. 50 del REgolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n.285/1990. Afferendo il diritto di sepolcro ai diritti della personalità (qualche giurista, ragiona, invece, addirittura in termini di diritti pesonalissimi) e quindi all’ordinamento civile esso è di esclusiva tutela da parte della Legge Statate ai sensi dell’Art. 117 lettere I) L) M) Cost., così come riformato dalla Legge Costituzionale n. 3/2001.
Ai sensi del combinato disposto tra Art. 343 Testo Unico Leggi Sanitarie (REgio DEcreto n.1265/1934) ed Art. 80 comma 3 DPR n.285/1990 con relativo paragrafo 14.3 della Circolare Ministeriale esplicativa 24 giugno 1993 n. 24 Le urne possono anche essere collocate in appositi spazi dati in concessione ad enti morali o privati, altrimenti si avrebbe “automaticamente”, ossia “ope legis” la loro destinazione residuale ex Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990, cioè la dispersione in modo promiscuo ed indistinto in cinerario comune, finalizzata alla conservazione in perpetuto, anche se in forma anonima e massiva. Essa potrebbe avvenire nel cimitero dove insiste l’impianto di cremazione in cui il feretro è stato incinerato o anche in altro camposanto (quello di ultima residenza??? quello del comune di decesso in ossequio al principio secondo cui la sepoltura dovrebbe naturalmente avvenire nel luogo doive si sia consumato l’evento luttuoso????), magari con una differenziazione sul piano tariffario.
Il seppellimento in senso lato di cadaveri di persone non decedute nel territorio di un comune o non aventi in esso in vita la residenza, è sicuramente possibile secondo quanto previsto dall’art.50 comma 1, lettera C, del D.P.R. 10.9 1990 n.285. Una sepoltura privata, cioè dedicata ed “uti singuli” come accade sempre per la tumulazione può essere concessa ex novo per la bisogna, a tempo determinato; essere a sistema di inumazione o tumulazione.
Generalmente la concessione è onerosa, ma può essere anche gratuita laddove il Comune decida di riconoscere particolari benemerenze per tale persona. Più generalmente la persona vanta un diritto ad essere inumata o tumulata in sepolture già esistenti al cimitero e quindi si attua tale previsione.
Un cittadino richiedente, tuttavia non può vantare alcun diritto in proposito, a meno che non ricada nella situazione di cui all’art.50, comma 1, lettere c,d,e. E’ sempre facoltà dell’Amministrazione, in relazione alle sepolture disponibili, concederle in uso a cittadini che non abbiano il requisito della residenza.
Nella collocazione in loculo o altro manufatto assimilabile come la nicchia cineraria, in quanto sepolcro privato, il diritto sussiste: a) se pre-esiste la concessione, b) se la persona ha titolo sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell?atto di concessione, c) previo avvenuto integrale pagamento della tariffa stabilita essendo ordinariamente l’atto di concessione un provvedimento della pubblica amministrazione a titolo oneroso per l’utenza.
Salve, ho un quesito… In caso di cremazione le ceneri possono essere riposte nel cimitero del comune di nascita o devono essere riposte nel comune di residenza (diverso da quello di nascita)? Una signora anziana che abita in Trentino vorrebbe “Tornare” nel cimitero del comune di nascita ma qualcuno le ha detto che ciò non è possibile…..qualcuno sa rispondermi?
Grazie
Ringrazio Giorgio per le preziose informazioni, in buona sostanza si fa esattamente come dice lui, aggiungo solo qualche postilla per indomiti legulei fanatici cultori della materia funeraria.
In Sicilia l’istituto della cremazione è normato dalla Legge Regionale 17 agosto 2010, n. 18 che, però, con l’Art. 2 comma 1 rinvia, in toto, nulla innovando a tal proposito, all’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. Se il defunto è tumulato da più di 20 anni siamo in presenza non più di cadavere, ma di resto mortale, così definito con doppio criterio cronologico e medico-legale dall’Art. 3 comma 1 lett.) b DPR n.254/2003, il quale interviene, in caso di incinerazione di esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo (= resti mortali) disapplicando i commi 4 e 5 dell’Art. 79 DPR n.285/1990, siccome non richiede la documentazione volta ad escludere anche il solo sospetto di morte improvvisa, sospetta, o peggio ancora dovuta a reato, per la quale, altrimenti occorrerebbe uno specifico nulla osta da parte della magistratura (Art. 116 comma 1 D.LGS n.271/1989)
Per semplificare al massimo le procedure di trasporto sarebbe bene effettuare la cremazione in loco, ossia in Sicilia, perché il trasporto dell’urna ex Art. 80 comma 5 DPR n.285/1990, non è soggetto ad alcuna delle misure precauzionali igieniche stabilite per il trasporto dei cadaveri che oltre i 100 KM di distanza deve sempre avvenire con la doppia cassa integra ed ermetica.
Per il resto ci si comporta come per una normale cremazione e, quindi, bisogna, in virtù della procedura semplificata di cui prima dettata dal DPR n.254/2003, produrre agli atti una dichiarazione di tutti i familiari circa la loro volontà alla cremazione. Ad autorizzare ex Art. 3 comma 5 DPR 15 luglio 2003 n. 254 sarà il comune nella cui “giurisdizione amministrativa” insiste il cimitero di prima sepoltura.
X Danilo
Rivolgiti al tuo comune, ufficio cimiteri. Poi servira’ una impresa funebre per il trasporto dei resti mortali al crematorio. Invece l’urna cineraria dal crematorio a verona la puoi portare anche tu, ma occorre che trovi dal comune di verona la sepoltura la’.
Salve vorrei fare incenerire una salma deceduta e tumulata nel 1978 in un cimitero della sicilia e la vorrei portare a Verona come posso fare ??
grazie Carlo. Allora non mi rimane che attendere e richiedere i certificati che servono. Ancora grazie! Cari saluti
X Roberta,
In Regione Piemonte, ex Legge regionale 31 ottobre 2007 n. 20, l’istituto dell’autorizzazione alla cremazione è anora disciplinato dall’Art. 79 del DPR n.285/1990, il cui comma 5, in caso di morte violenta, sospetta o IMPROVVISA (come nel caso di Suo fratello) ai sensi dell’Art. 116 D.LGS n.271/1989 richiede di produrre all’ufficio comunale della polizia morturia il nulla osta rilasciato dalla Magistratura.
Senza questo provvedimento liberatorio dell’Autorità Giudiziaria in cui sia esplicitamente indicata la possibilità di cremazione non si da luogo all’incinerazione del cadavere, ma solo alle due pratiche funebri più “convenzionali” come inumazione e tumulazione, in quanto la cremazione è un trattamento irreversibile e distruttivo della spoglia mortale. La procedura seguita dal Suo comune, mi pare, pertanto, corretta ed inappuntabile.
GENTILMENTE VORREI UN INFORMAZIONE. MIO FRATELLO è SEPOLTO DA 3 MESI. HA SUBITO UN’AUTOPSIA. DOBBIAMO FARLO CREMARE. IL COMUNE HA DATO IL PERMESSO MA SERVE IL DOCUMENTO SANITARIO DI CREMAZIONE E STAMATTINA IL MEDICO LEGALE NON L’HA POTUTO FARE PERCHè DICE CHE, A CAUSA DELL’AUTOPSIA, SERVE IL PERMESSO DEL MAGISTRATO MA, MIO FRATELLO è MORTO DI ARRESTO CARDIACO SOLO CHE L’ABBIAMO SCOPERTO DOPO ALCUNI GIORNI E QUESTO HA FATTO SCATTARE L’AUTOPSIA. è MORTO MENTRE DORMIVA. QUINDI è GIUSTO L’ITER DEL PERMESSO DEL MAGISTRATO? SONO COSì STANCA!!!! NON CE LA FACCIO PIù CREDETEMI! Regione Piemonte
L’obbligo del prelievo di liquidi biologici ed annessi cutanei della Legge n. 130/2001 non è ancora vigente; ciò non toglie che sia, dal momento in cui potrebbe divenire operativo, una difficoltà notevole. Le stesse AUSL hanno opposto fortissime resistenze. SEcondo la più autorevole dottrina investiti di questo compito dovrebbero esser gli istituti di medicina legale. Da più parti ci si sta adoperando per evitare che entri in vigore e, a quanto pare, il Ministero della Salute sia intenzionato ad abrogare la norma o, quanto meno, a depotenziarla.
vorrei sapere se i campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei prelevati a norma dell’art.3 lettera h, della leggen°130 del30/03/2001 debbano essere custoditi in appositi frigoriferi e con quali altre precauzioni.
Sì, l’interpretazione del comune è corretta: in effetti, le ossa derivanti dalla completa mineralizzazione, che si rinvengono in occasione delle esumazioni e delle estumulazioni ordinarie, sono raccolte e depositate nell’ossario comune, a meno che coloro che vi hanno interesse non richiedano di deporle nelle celle, le quali costituiscono pur sempre una tra le forme e le tipologie di sepolture private, a sistema di tumulazione, nei cimiteri. In questo caso le ossa sono raccolte in cassetta con gli estremi
identificativi del defunto. È altresì ammessa la collocazione all’interno di loculi o tombe assieme a feretri di congiunti.
scrivi dalla Regione Campania il Comune in cui abito sta per procedere alla collocazione in ossario comune, in modo promiscuo , di tutti i resti mortali attualmente in cssettine di zinco per i quali non è stata richiesta alcuna collocazione in celletta o loculo. il Comune lo può fare?
Astrattamente, potrebbe esservi la possibilita’ di un giudizio per indennizzo del c.d. danno esistenziale (ex art. 2043 CC), con azione civile, contro il gestore dell’impianto di cremazione o nei confronti dell’impresa funebre. ma non so ne’ posso stimare quanto questa possa avere un esito positivo (ne’ in quali tempi).
Ne parli con un legale di sua fiducia.
Salve, il 16 giugno scorso a Roma è deceduto mio padre. I servizi di onoranza funbre sono stati affidati ad un’agenzia specializzata ed è stata espressa da mia madre e contrattualizzata la volontà di far cremare il corpo, Due giorni dopo l’evento si è svolto il funerale e la salma è stata trasportata presso il cimitero di Prima Porta in attesa della cremazione. Attendevamo da tempo la telefonata dell’agenzia per conoscere la data di disponibilità delle ceneri, ma dopo circa due settimane trscorse inutilmente, mia madre ha chiamato personalmente in sede. Il titolare dell’agenzia, rammaricandosi per l’accaduto, le ha comunicato che le ceneri erano già disponibili dal 24 giugno e di aver lasciato disposizioni agli operatori di rendere noto immediatamente questo fatto a mia madre, essendo impossibilitato a farlo personalmente perchè in ferie. La cosa invece è stata completamente disattesa, e soltanto la nostra telefonata ha evitato di trascorrere inutilemente altri giorni angosciosi. Pertanto, chiedo un vostro parere per conoscere se tale evento configuri gli estremi di un inadempimento contrattuale con relativa richiesta di risarcimento del danno. Grazie per l’attenzione.
L’amministrazione di sostegno e’ istituto introdotto al fine di assicurare la persistenza (per cosi’ dire), la salvaguardia della capacita’ di agire.
L’amministratore di sostegno puo’ svolgere unicamente i compiti stabiliti, caso per caso, nel decreto di nomina.
Conseguentemente, fatte salve differenti (ed espresse) statuizioni nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, la beneficiaria (si chiama cosi’ la persona a cui e’ stato nominato un amministratore di sostegno) conserva la capacita’ di agire e, pertanto, esercita i propri diritti, specie quando, come nel caso, si tratta di diritti personalissimi e, in quanto tali, non suscettibili di rappresentanza.
Per fare un esempio riferendosi ad altri istituti, l’inabilitato agirebbe (in relazione all’art. 250, 3 CC) sempre e comunque da solo (cioe’ senza l’assistenza del curatore, il cui ruolo di ‘assistenza’ attiene agli atti di straordinaria amministrazione e, quindi, ad atti di contenutio patrimoniale, e non personale); oppure, se vi fosse interdizione, il tutore non sarebbe comunque legittimato (= titolare del potere) di agire in nome e per conto dell’interdetto per quanto attiene ai diritti personali e, a maggiore ragione, per i diritti personalissimi, come appunto la scelta cremazionista.
Si vedano anche gli Artt. 4 e 5 DPR n.445/2000
Le spoglie del defunto deceduto 28 anni fa non sono più cadavere ma “resto mortale”, cioè esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo ai sensi dell’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 luglio 2003 n. 254 e per la cremazione dei resti mortali si applica la procedura semplificata di cui ai commi 5 e 6 Art. 3 DPR n.254/2003.
Quanto alla manifestazione della volontà alcuni giuristi ritengono sia sufficiente assenso, nemmeno troppo formalizzato, magari da verbalizzare presso lo stesso ufficio del gestore cimiteriale ex Art. 3 comma 9 della Legge 15/5/97 n. 127 (si veda, in proposito questo link: https://www.funerali.org/?p=3555) altri cultori del diritto ritengono, invece, sia necessario l’atto sostitutivo di atto di notorietà ex DPR n.445/2000, come affermato dalla Circ. MIn. Interni 1 settembre 2004 n. 37 riguardo alla cremazione di cadavere subito dopo il decesso.
L’ordinanza del sindaco con cui si disciplinno le estumulazione ex Artt 82 comma 4 ed 86 comma 1 DPR n.285/1990 può esser un valido strumento per chiarire la situazione, si veda anche l’Art. 41 comma 2 della Legge Regionale Veneta 4 marzo 2010, n. 18
Chi richiede la cremazione agisce moto proprio con un atto di disposizione sui resti mortali in termini di pietas, oppure è solo un nuncius di una volontà cremazionista o, meglio, di una non contrarietà alla cremazione da parte del de cuius? Su questo problema si stanno arrovellando molti studiosi della materia funeraria.
Per determinare chi abbia diritto a decidere sulla cremazione del resto mortale si segue, in via esclusiva il criterio di poziorità (potere di scelta + preminenza del decidere) delineato dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990 il quale tra congiunti di pari grado richiederebbe l’unanimità, tuttavia l’Art. 47 della Legge Regionale Veneto rinvia alle modalità di cui all’Art. 3 Legge n.130/2001 in forza del quale basta anche solo la maggioranza assoluta tra gli aventi diritto a pronunciarsi (la faccenda, quindi, sarebbe risolta). Sino a quando sopravvivano i due figli superstiti i nipoti della nonna non hanno alcun diritto di disposizione sulla spoglia mortale della nonna stessa.
Se, uno dei soggetti legittimati ad esprimere la volontà cremazionista è interdetto con sentenza passata in giudicato si veda il punto 5 del Paragrafo 14.2 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24; se costui, invece, non è materialmente capace di intendere e di volere, altro ragionamento si potrebbe sviluppare per la condizione di incapacità naturale, senza, cioè che la grave menomazione psichica sia stata già accertata tramite sentenza. L’ordinamento ha inquadrato il tema dell’incapacità naturale del soggetto secondo le regole dell’oggettività, sia pure con dei correttivi, prescindendo da valutazioni soggettive di terzi, e prendendo in considerazione soprattutto la reale potenzialità del soggetto a concepire il significato dell’atto da lui compiuto. L’incapacità naturale ha presupposti completamente diversi da quelli dell’interdizione e dell’inabilitazione, perché, rispetto a queste, non è necessaria un’abituale infermità di mente, potendo l’incapacità di intendere o di volere essere riferita – come si esprime il legislatore – «per qualsiasi causa». Il motivo di una così ampia previsione, è spiegabile tecnicamente con la seguente considerazione: per ogni causa transitoria ed imprevista d’incapacità non vi può essere né interdizione né inabilitazione. Con il termine incapacità si intende, quindi, la condizione di una persona che non è idonea da sola ad acquistare ed esercitare diritti e assumere obblighi. A tale condizione la legge ricollega gli istituti di protezione, che consentono agli incapaci di svolgere un’attività giuridica, sia pure in via mediata attraverso l’ausilio di altri soggetti. Le cause di incapacità legale di agire sono tassativamente determinate dalla legge: minore età, interdizione legale, inabilitazione. L’incapacità legale e l’incapacità naturale si distinguono per le seguenti ragioni: l’incapacità legale opera de iure, mentre l’incapacità naturale ha rilevanza giuridica solo quando si può fornire la prova rigorosa che il soggetto era effettivamente incapace nel momento in cui compiva l’atto (si consulti, per maggiori approfondimenti, questo link: https://www.funerali.org/?page_id=2109)
La figlia recentemente deceduta per attuare il comprensibile desiderio (disposizioni dell’anima???) di sepoltura assieme alla madre deve vantare lo Jus Sepulchri su quel particolare loculo, per altro già occupato, ciò significa che deve trovarsi in rapporto di consanguineità (Jus Sanguinis) con il titolare della concessione.
In veneto, viene richiesto l’assenso alla cremazione dei resti di un’anziana madre deceduta da oltre 28 anni, per rispettare la volontà della figlia deceduta in questi giorni che ha chiesto di essere sepolta nel loculo con l’anziana madre.
Il problema è che i parenti più prossimi dell’anziana madre sono i due figli ancora viventi (essendo il terzo premorto) ma uno di questi è incapace ed attualmente sottoposto ad amministrazione di sostegno.
Potrebbe bastare il consenso del solo figlio capace, considerato che l’amministrazione di sostegno è cosa del tutto diversa dall’interdizione?
Potrebbero i figli del fratello premorto esprimere il proprio consenso alla cremazione della nonna?
La ringrazio per la risposta
Sì, è senz’altro possibile. L’Art. 88 DPR n.285/1990 prevede in qualunque periodo dell’anno l’estumulazione volta al trasporto del feretro in altra sede.
Nella Regione Marche la cremazione è disciplinata dall’Art. 6 della Legge Regionale 1 febbraio 2005, n. 3, la quale, per il procedimento autorizzatorio, rinvia alla Legge n.130/2001. Si tratta, però, di una disposizione vuota, perchè la suddetta Legge n.130/2001 non è pienamente applicabile.
I puristi della dottrina, allora, preferiscono riferirsi obbligatoriamente all’Art. 79 DPR 10 settembre 1990 n. 285
Se il feretro era stato precedentemente sepolto, è il comune di primo seppellimento che autorizza la cremazione (Art. 3 comma 5 DPR n.254/2003). Ciò vale sia nella situazione giuridica di cadavere, sia nella situazione giuridica di resto mortale (esito di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi).
Conviene soffermarsi ancora sulla cremazione dopo un primo periodo di sepoltura:
E’del tutto legittimo cremare un cadavere precedentemente tumulato o inumato, il comune è tenuto a rilasciare detta autorizzazione purché si acquisiscano agli atti:
1) una dichiarazione di tutti i familiari (in primis il coniuge) circa la loro volontà alla cremazione e la successiva destinazione delle ceneri
2) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione.
3) l’attestazione comprovante l’effettiva esumulabilità/esumabilità del feretro. In una sepoltura privata, a sistema di inumazione o tumulazione, potrebbero, infatti, esservi dei divieti in tal senso da parte del fondatore del sepolcro, così il disseppellimento potrebbe avvenire solo alla scadenza della concessione (per concessioni a tempo determinato). L’inaccessibilità del feretro, perchè il tumulo è sprovvisto di vestibolo (cioè di spazio necessario alla sua movimentazione senza dover spostare altre bare, comporta l’inestumulabilità, ma, questo impasse potrebbe esser superato con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
In seguito si segue lo stesso protocollo operativo di routine, come se ci si trovasse di fronte al cadavere di un soggetto appena deceduto, ben sintetizzato dal paragrafo 14.2 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n.24.
Vorrei sapere se è possibile la cremazione di un defunto dopo 4 anni dalla sua morte essendo tumulato in un loculo cimiteriale a Porto Sant’Elpidio nelle Marche.
Grazie.
Bisognerebbe preliminarmente riferirsi ad un’eventuale carta del servizi adottata dall’impianto di cremazione anche in relazione all’art. 2, comma 461, L. 24 dicembre 2007, n. 244 (si tratta tuttavia ancora di una facoltà, e non di un obbligo, come, invece, accade per la Regione Lombardia ex Art. 11 Decreto Legislativo n.286/1999.
Sulla tempistica della cremazione è difficile pronunciarsi, perchè ogni impianto ha i propri tempi tecnici per adempiere a quanto richieso dall’Art. 2 D.M. 1 luglio 2002, tra cui si debbono necessariamente considerare queste operazioni:
1) accogliere il feretro e dargli decorosa sistemazione incamera mortuaria, mentre si attende la cremazione
2)creare un percorso di tracciabilità delle ceneri, così ha evitare profane commistioni tra più defunti, confezionare. Il de cuius sia esso cadavere o cenere deve sempre esser identificabile
3) confezionare l’urna cineraria (ai sensi dell’Art. 2 comma 1 lettera e) D.M. 1 Luglio 2002 e paragrafo 14.1 lettera d) Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24)
4) provvedere alla consegna tramite apposita cerimonia (anche se molto sobria e minimale)
5) verbalizzare ex Art. 81 DPR n.285/1990 la presa in consegna dell’urna da parte degli aventi diritto.
Se c’è la fila perchè alta è la domanda di cremazione (noi in Italia, si fa la coda anche nel post mortem) l’unica soluzione è aspettare e “parcheggiare” il feretro in deposito, dove potrà aspettare il proprio turno in tutta sicurezza, sia per l’igiene pubblica, sia per tutelare l’integrità delle spoglie da eventuale scambi di salma o atti di sacrilegio, nemmeno, poi, tanto rari.
Il crematorio non funziona a ciclo continuo, siccome abbisogna, pur sempre, di una manutenzione continua.
Quasi nessun crematorio ammette la presenza dei congiunti alla cremazione del de cuius, siccome è una scena abbastanza terrificante, che, almeno nella nostra mentalità occidentale, richiama molto le vampe infernali. E’solo una precauzione per evitare svenimenti, attacchi di nausea violenta o momenti di isterismo.
Ulteriori motivazioni possono esser dettate dal regolamento comunale di polizia mortuaria oppure dallo stesso protocollo operativo in vigore presso la stessa ara crematoria.
Non è, quindi, un sopruso, ma la Legge (la quale, concordo pienamente, potrebbe anche esser modificata, magari in futuro, quando la cremazione non sarà più considerata come una pratica funebre nichilista ed angosciante.
Bongiorno,
Il decesso di mio papa é intervenuto in data 15 luglio à Roma.
Una ditta di pompe funebri si é occupata di tutto l’iter burocratico, peraltro una domanda mi interpella: Come mai i famigliari debbono attendere 8 giorni prima della cremazione al cimitero di Prima-Porta (RM) e neanche poter assistere alla cremazione (formalmente vietato secondo il dire del titolare della ditta Pompe funebri….??!!); Da quest ultimo giorno bisogna. sempre secondo questo titolare aspettare ancora 5 giorni per ottenere le ceneri ?
Mi domando se tutto cio corrisponde alla realtà e o ad una normativa di legge ?
In molti altri paesi europei e non, una volta la cerimonia religiosa adempita, si effettua la cremazione con i familgliari presenti e dopo un paio d’ore si ottengono le ceneri.
Vorrei cortesemente sapere se tutta questa procedura alla quale siamo stati notro malgrado obbligati ad eseguire (abbiamo a molte riprese chiesto se si poteva assistere…e sempre risposta negativa) é cautelata da una norma di legge o altro decreto ministeriale o allora solo alla leggerezza di questa ditta ?
La ringrazio d’anticipo per la votra gradita risposta e nell’inervallo, cordiali e distini saluti.
Luca
Comune di Brescia, quindi regione Lombardia dove le norme in materia funeraria sono dettate dal Regolamento 9 novembre 2004 n. 6 così come modificato dal Reg. REg. n.1/2007.
Ai sensi, dunque dell’Art. 14 Reg. REg. n.6/2004 in Lombardia l’affido delle ceneri è famigliare, cioè non si può autorizzare l’affido ad un soggetto che intrattenesse con il de cuius un rapporto di convivenza MORE UXORIO (questa almeno è, ad oggi, la posizione ufficiale del legislatore, corroborata anche dal dettato della Legge n.130/2001, se in futuro una giurisprudenza più progressista dovesse scardinare questo caposaldo della norma formale…staremo a vedere).
Se non ho capito male il quesito è il seguente: la compagna del de cuius può far richiesta di affidamento ceneri in qualità di tutrice della figlia ed il Comune può affidarle temporaneamente le ceneri sino al compimento della maggiore età della figlia, che ovviamente vive con la mamma?
Yes, può bastare, se non vi sono altri parenti di pari grado del defunto (i genitori). E laddove vi fosse una dichiarazione di volontà contraria la cosa non sarebbe possibile essendo tutti dello stesso grado. La possibilità di espressione del tutore (o meglio di chi abbia la patria potestà) è già prevista esplicitamente per la cremazione dal punto 4) del paragrafo 14.2 della circolare Ministero sanità n. 24 del 24/6/1993. per analogia è possibile applicare lo stesso criterio al caso in esame.
Naturalmente in caso di disaccordo l’urna è temporaneamente tumulata in cimitero o depositata in camera mortuaria, con oneri a carico di chi faccia richiesta di tale sistemazione provvisoria.
in data 1 marzo 2009 è deceduto il mio compagno con il quale convivevo ma non eravamo sposti dal 2003 e ho avuto una figlia.i miei suoceri hanno portato via la salma e l’hanno cremata senza nessuna mia autorizzazione nonostante sia tutrice legale dell’unica erede legittima. Ora vorrei portare le ceneri a brescia dove noi viviamo vorrei sapere costi e modi e se ne ho l’autorità.grazie
Come si potrà notare dal contenuto del dell’Articolo 1, comma 1 della Legge .Regionale Toscana n. 29/2004 la legge non interviene in materia di autorizzazione alla cremazione, che quindi resta al momento regolata dall’articolo 79 del D.P.R. 285/1990.
L’autenticazione sembrerebbe, allora, ancora necessaria, ma secondo l’Art. 31 DPR n.445/2000 la firma di un pubblico ufficiale non è soggetta a legalizzazione (la medicina necroscopica è un ambito meramente pubblico e non surrogabile da soggetti terzi Si veda a a tal proposito L’Art. 1 comma 1 lettera a9 del DPCM 23 aprile 2008 con cui si definiscono i L.E.A., ossia i livelli essenziali di assistenza sanitaria.). Semmai il problema potrebbe porsi se a sottoscrivere il certificato in carta libera attestante l’esclusione anche del solo sospetto di morte dovuta a reato è il medico curante (soggetto esercente la professione medica di cui all’Art. 103 comma 1 lettera a) Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, il quale potrebbe essere un libero professionista.
In Toscana serve l’autenticazione della la firma da parte del coordinatore sanitario, sul certificato che esclude il sospetto di reato?
Buon giorno,
avrei una domanda inusuale da sottoporvi:
Vivo a Firenze e parte dell’anno all’estero, specificatamente in India e Nepal, e ho il desiderio, nei limiti della mia volontà, di morirvi, di essere colà cremato e sepolto.
Ho chiesto informazioni a tal riguardo durante l’ultimo mio soggiorno in India e mi è stato risposto che per essere cremati e sepolti in India ( in Nepal non so…) è necessario un accordo preventivo tra le Autorità italiane ed indiane.
Ora Le chiedo:
– sa se risponde al vero quest’ultima affermazione?
– conosce l’Autorità competente in Italia addetta a tale eventuale pratica?
– ha notizie o informazioni ulteriori che possano essermi utili a tal riguardo?
Le sono immensamente grato per tutto ciò che cortesemente potrà indicarmi o suggerirmi.
Le invio i miei cordiali saluti