Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Trento, Sez. Unica, 8 agosto 2005

Norme correlate:  

Massima

Testo

Norme correlate:
Capo 09 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Capo 11 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Capo 13 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Capo 16 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 337 Regio Decreto n. 1265/1934
Art 343 Regio Decreto n. 1265/1934
Art 358 Regio Decreto n. 1265/1934

 

Massima:
Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Trento, Sez. Unica, 8 agosto 2005
Tra gli elementi minimali che la legge stabilisce
Tra gli elementi minimali che la legge stabilisce perché un cimitero possa qualificarsi tale oltre alla camera mortuaria, all’ossario comune, al cinerario comune, ad una recinzione alta non meno di m. 2,50 e al servizio di custodia deve aggiungersi anche la previsione di almeno un campo per l’inumazione dei cadaveri. Un crematorio deve essere costruito solo dentro un cimitero. Pertanto non può essere realizzato un cimitero destinato solo alla costruzione di un crematorio ed a tombe per la sepoltura delle ceneri, se non è prevista anche la presenza di almeno un campo di inumazione.
Testo completo:
Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Trento, Sez. Unica, 8 agosto 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino-Alto Adige, Sede di Trento
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 338 del 2004 proposto da THUN HOHENSTEIN ANNA BARBARA, BARMAZ BRUNA ANGIOLINA, CASET MARIANGELA e NICOLODI LIVIO, rappresentati e difesi dall’avv. Maria Cristina Osele ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Trento, Via Calepina n. 65;
CONTRO
– la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, non costituita in giudizio;
– il COMUNE DI TRENTO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Gianfranco Deflorian e Luca Barbieri ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in Trento, Via Calepina n. 12;
e nei confronti di
MAIOCCHI FRANCESCO, non costituito in giudizio;
per l’annullamento:
– della deliberazione della Giunta provinciale n. 394/04L del 6 agosto 2004 di approvazione con modifiche d’ufficio della Variante al Piano Regolatore Generale, relativo alle opere pubbliche del Comune di Trento adottata con delibera consiliare n. 157 del 3 dicembre 2003;
– della valutazione tecnica del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio della Provincia Autonoma di Trento n. 56/03 VT;
– del Piano Regolatore Cimiteriale del Comune di Trento approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 124 dell’8 ottobre 2003;
– della deliberazione del Consiglio Comunale di Trento n. 157 del 3 dicembre 2003 di adozione definitiva della Variante 2003 del PRG per opere pubbliche;
– della deliberazione n. 96 della Giunta comunale di Trento prot. 2005/32628 del 11.4.2005 con la quale viene approvato in linea tecnica il progetto definitivo dell’impianto crematorio loc. Pavione a Ravina di Trento nonché di tutti i provvedimenti e pareri in essa richiamati;
– di ogni altro atto antecedente, presupposto,conseguente e comunque connesso.
Visti il ricorso ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 24 giugno 2005 – relatore il consigliere Sergio Conti – l’avv. Maria Cristina Osele per i ricorrenti e l’avv. Gianfranco Deflorian per l’Amministrazione comunale resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato l’11.11.2004 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il 9.12.2004, i ricorrenti – proprietari di abitazioni e terreni in località Pavione della frazione Ravina del Comune di Trento – si gravano avverso la serie procedimentale relativa alla localizzazione e realizzazione, in detta località, in prossimità dei loro beni, di un forno per la cremazione dei defunti.
In particolare, con il ricorso introduttivo del giudizio sono state impugnate:
a) la deliberazione n. 157 del 3.12.2003 del Consiglio comunale di Trento, di adozione definitiva della variante 2003 per opere pubbliche al P.R.G.;
b) la valutazione tecnica del Servizio Urbanistica e Tutela del paesaggio della Provincia Autonoma di Trento n. 56/03 VT del 23.4.2004;
c) la deliberazione n. 394 in data 6.8.2004 della Giunta provinciale di Trento, di approvazione, con modifiche d’ufficio, della Variante 2003 per opere pubbliche al P.R.G. di Trento;
d) la deliberazione n. 124 in data 8.10.2003 del Consiglio comunale di Trento di approvazione del Piano regolatore cimiteriale.
I ricorrenti articolano le seguenti doglianze:
1) Violazione di legge per violazione dell’art. 78 del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 e violazione dell’art. 343 del TULLSS 27 luglio 1934 n. 1265; erroneità dei presupposti di fatto e di diritto; grave difetto di istruttoria, illogicità, incongruenza e contraddittorietà; in quanto i crematori debbono essere realizzati nell’ambito di un cimitero esistente, mentre il Comune intende realizzare l’impianto in area nuova, priva di strutture cimiteriali.
2) Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e difetto di istruttoria sotto ulteriori profili; poiché la scelta del sito – lontano dal cimitero cittadino – importa disagi, derivanti dalla serie di spostamenti necessariamente indotti, sia per i congiunti dei defunti sia per il traffico cittadino sia per l’igiene e la salute pubblica.
3) Falso presupposto in fatto e diritto, irragionevolezza, contraddittorietà, insufficienza della motivazione, eccesso di potere per pretestuosità; evidenziando come non siano individuate ragioni ostative alla decisione, antecedentemente assunta, di realizzare il crematorio all’interno del Civico cimitero, nonostante gli esiti favorevoli della complessa attività istruttoria effettuata all’uopo.
4) Illegittimità per grave difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà sotto altro profilo, sviamento di potere; in quanto la nuova scelta non risulta assistita dai medesimi gradi di approfondimento che avevano accompagnato quella di realizzare l’impianto all’interno del cimitero civico.
5) Illogicità, irragionevolezza contraddittorietà grave e manifesta, eccesso di potere; atteso che non vi è stata valutazione di compatibilità ambientale, anche in considerazione della natura geologica instabile del sito prescelto e della presenza di due pozzi per l’approvvigionamento dell’acqua potabile.
6) Violazione di legge per violazione degli artt. 28, 31 e 42 l.p. 5 settembre 1991 n. 22; Eccesso di potere per difetto di istruttoria e falso presupposto in fatto e diritto sotto ulteriori profili, in quanto in sede istruttoria è mancata la valutazione di elementi palesemente ostativi all’effettuata localizzazione del crematorio.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Trento, chiedendo il rigetto del gravame.
Successivamente, i ricorrenti hanno impugnato (con atto notificato l’11.5.2004 e depositato presso la Segreteria il 18.5.2004) – con lo strumento dei motivi aggiunti ai sensi dell’art. 21, c. 1 della l. 6.12.1971 n. 1034, così come modificato dall’art. 1 della l. 21.7.2000 n. 205 – la deliberazione n. 96 della G.M. di Trento dell’11.4.2005.
Con tale provvedimento deliberativo, assunto dalla resistente Amministrazione comunale in corso di giudizio, è stato approvato in linea tecnica – ai sensi della l.p. 10.9.1993 n. 26 – il progetto definitivo dell’impianto crematorio loc. Pavione in Ravina di Trento.
Avverso tale ulteriore atto sono dedotte le seguenti doglianze:
1) Violazione di legge per violazione dell’art. 55 e 78 del D.P.R. 10.9.1990 n. 285 e violazione art. 343 del TULLSS 27.7.1934 n. 1265; erroneità dei presupposti di fatto e di diritto; grave difetto di istruttoria, illogicità, incongruenza e contraddittorietà, la decisione di collocare il crematorio in una zona agricola di pregio ed abitata è stata presa in assenza di verifiche preliminari sulla struttura del territorio.
2) Violazione art. 16 e art. 18, comma 2, della l.p. 10.9.1993 n. 26 per grave difetto di istruttoria e contraddittorietà manifesta, in quanto si qualifica come definitivo un progetto che risulta carente di passaggi endoprocedimentali imprescindibili a tutela dell’ambiente e dell’impatto sul territorio.
Alla pubblica udienza del 24.6.2005- all’esito di ampia discussione orale – il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Preliminarmente il Collegio deve esaminare le eccezioni, di inammissibilità e di tardività, sollevate dalla resistente Amministrazione.
Sotto un primo profilo, la civica Avvocatura eccepisce che il mandato apposto a margine dell’atto introduttivo non può intendersi come speciale ma generale, essendo privo di qualsiasi elemento di individuazione degli atti impugnati, mentre il ricorso per motivi aggiunti risulta inammissibilmente introdotto senza il conferimento di uno specifico ed autonomo mandato.
Le due predette argomentazioni vanno disattese.
Sotto il primo profilo, va osservato che se è pur vero che – ai sensi dell’art. 6 R.D. 17 agosto 1907 n. 642 (applicabile anche ai giudizi dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali per il rinvio ad esso operato dall’art. 19 l. 6 dicembre 1971 n. 1034) – il conferimento al difensore del potere di rappresentanza deve essere formalizzato mediante apposito mandato speciale, essendo insufficiente la procura generale ad lites (Cfr. Cons.St., Ad. plen. 20 luglio 1984 n. 16 e Sez. IV, 7 maggio 1999 n. 798), peraltro l’indicazione nel mandato speciale dell’oggetto della impugnazione, delle parti contendenti, del giudice adito e di altri consimili elementi, conferito al difensore, è necessaria solo per la procura conferita dinanzi ad un notaio e non anche per il mandato in calce o a margine del ricorso stesso. Infatti, in tal caso non è configurabile alcun dubbio sulla delimitazione soggettiva, oggettiva e funzionale del mandato ad litem (cfr. Cons. St. Sez. V 2 dicembre 2002 n. 6617).
Per quanto attiene la proposizione dei motivi aggiunti, va condiviso l’indirizzo maggioritario in giurisprudenza (cfr. TAR Lecce 18 dicembre 2002 n. 8416, TAR Friuli Venezia Giulia 27 gennaio 2003 n. 1, TAR Lazio Sez. 2° 13 maggio 2003 n. 4141, Cons. St., Sez. V., 6 luglio 2002 n. 3717), il quale afferma che questi possono essere validamente proposti sulla scorta del mandato conferito per il ricorso originario, senza la necessità di una nuova procura alle liti, quando vengono impugnati atti organicamente collegati a quelli già impugnati, in quanto il mandato originario deve ritenersi comprensivo di tutti i poteri processuali finalizzati alla rimozione della lesione subita dal ricorrente
Come è stato posto in luce, in tal modo si rafforza l’idea di un istituto visto come mezzo per integrare le censure prospettate non tanto nei confronti del primo provvedimento, ma nei riguardi dell’intero esercizio del potere che ha comportato la lesione della situazione soggettiva nel suo insieme.
Sotto altro profilo, la difesa del Comune sostiene che il gravame avverso l’approvazione del progetto definitivo sarebbe tardivo, per lo meno rispetto alla ricorrente Thun, in quanto la medesima avrebbe avuto compiuta contezza dell’atto già in data 26.11.2004, allorché – prima dell’approvazione – le fu data comunicazione, ai sensi del comma 4 bis dell’art. 18 della l.p. 10.9.1993 n. 26 (come introdotto dall’art. 30 della l.p. 22.3.2001 n. 3), del progetto di opera pubblica per l’eventuale proposizione di osservazioni.
Inoltre, la mancata presentazione di osservazioni costituirebbe acquiescenza.
Siffatte prospettazioni devono essere disattese.
Invero, non può certo affermarsi che il termine per l’impugnazione di un provvedimento possa iniziare a decorrere ancor prima che l’atto si sia perfezionato.
Va ricordato che – in relazione ad una fattispecie che presenta alcuni tratti di somiglianza – il Supremo Consesso Amministrativo ebbe modo di precisare che la presentazione di osservazioni alla Commissione di controllo sugli atti regionali non dà la prova rigorosa della piena conoscenza della deliberazione cui le osservazioni sono dirette, concludendo nel senso che il termine per l’impugnazione non può decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni stesse e neppure dal successivo momento in cui la Commissione ha emanato il proprio atto positivo, bensì da quello ancora posteriore in cui la deliberazione è stata portata a conoscenza legale o di fatto del soggetto interessato (cfr. Cons.St., Ad. plen., 22 ottobre 1985 n. 20).
Inoltre, l’esigenza sottesa agli istituti di partecipazione al procedimento amministrativo – ed in particolare di quelli a carattere ablativo – verrebbe del tutto stravolta ove si ritenesse che dagli stessi consegua l’avvio anticipato dei termini per proporre gravame giurisdizionale, con conseguente restrizione dei tempi e degli spazi di tutela.
Parimenti non può affermarsi che la mancata proposizione di osservazioni si configuri come comportamento acquiescente nei confronti dell’approvato progetto.
Invero, l’acquiescenza – come insegna consolidata giurisprudenza – postula un comportamento chiaro ed inequivocabile, liberamente posto in essere dall’interessato, dal quale possa evincersi la sua evidente ed irrefutabile volontà di accettare gli effetti e l’operatività delle determinazioni a lui sfavorevoli, rinunciando a far valere contro di esse eventuali motivi di impugnativa.
Ciò comporta l’impossibilità di configurare una acquiescenza per mera presunzione, perché in tal caso non sarebbe concettualmente possibile effettuare l’univoco riscontro della volontà della parte di accettare tutte le conseguenze derivanti dall’atto stesso.
Così definite le eccezioni preliminari, il Collegio può ora passare alla disamina del merito del gravame, che – come sopra esposto – è diretto avverso la serie procedimentale relativa alla localizzazione e alla realizzazione, in località Pavione della frazione Ravina del Comune di Trento, di un impianto per la cremazione dei defunti.
In particolare, il Comune di Trento – con la variante 2003 per opere pubbliche al PRG e con il Piano regolatore cimiteriale – ha ritenuto non più opportuna la collocazione del forno crematorio all’interno del Civico cimitero, come era stato antecedentemente deciso, pervenendo alla scelta di realizzare tale impianto in una struttura destinata esclusivamente a tal fine che ha individuato nel predetto sito, posto in prossimità di terreni ed edifici di proprietà degli odierni ricorrenti, aventi destinazione agricola.
Il ricorso si appalesa fondato.
Va innanzi tutto rilevato che, in base a quanto disposto dall’art. 75 della legge provinciale 11.9.1998 n. 10, “nel territorio della provincia autonoma di Trento trova applicazione il regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990 n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria) …”.
Il nodo ermeneutico che il Collegio è chiamato a sciogliere riguarda la portata dell’art. 78 del D.P.R. 285/90, che stabilisce (al primo comma) che “i crematori debbono essere costruiti entro i recinti dei cimiteri”.
Secondo i ricorrenti, tale norma richiede che l’impianto venga realizzato ove già esiste un cimitero, inibendo l’individuazione di uno specifico luogo riservato alla sola cremazione.
Per contro, secondo il Comune di Trento la norma non richiede affatto la preesistenza del cimitero, cosicché l’Amministrazione comunale ben può istituire un cimitero ad hoc per ivi localizzare il crematorio.
Tale è stata la scelta operata dal Consiglio comunale che ha individuato una nuova struttura cimiteriale in loc. Pavione, assegnandole, in via esclusiva, la funzione di effettuare la cremazione dei cadaveri dei defunti.
Si soggiunge che la prevista realizzazione ai quattro angoli della struttura di apposite celle per la conservazione delle ceneri dimostra che si tratta di un vero e proprio cimitero.
La tesi prospettata dall’Amministrazione comunale non può essere condivisa.
L’interpretazione della richiamata disposizione richiede un inquadramento di tipo sistematico.
Va, sotto un primo aspetto, ricordato che la polizia mortuaria è l’attività sanitaria preordinata a salvaguardare le condizioni di igiene, che possono ricevere pregiudizio dalla presenza di cadaveri.
L’ambito della polizia mortuaria si desume dal D.P.R. 10.9.1990 n. 285, che disciplina la denuncia delle cause di morte, l’accertamento dei decessi, il riscontro diagnostico della cause di decesso, il trasporto, la custodia dei cadaveri, i servizi cimiteriali, le modalità di seppellimento e di esumazione, le sepolture private, la soppressione dei cimiteri.
Ciascuno di questi settori è disciplinato con specifico riferimento alle esigenze sanitarie di cui si è fatto cenno.
Va ricordato che il richiamato D.P.R. ha natura regolamentare, essendo stato emesso – secondo quanto risulta dalle premesse dello stesso – in base all’art. 358 del t.u. 27.7.1934 n. 1265, che attribuisce competenza regolamentare all’amministrazione in materia sanitaria, configurandosi come fonte secondaria indipendente.
I cimiteri sono i luoghi destinati alla sepoltura dei morti, che devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dall’art. 338 del t.u. 27.7.1934 n. 1265 e successive modificazioni (art. 57 D.P.R. 10.9.1990 n. 285).
I sistemi di sepoltura possono essere di tre tipi:
a) inumazione, in una fossa scavata nel terreno,
b) tumulazione, mediante collocamento in un loculo,
c) cremazione, attraverso l’incenerimento.
Dal complesso delle disposizioni dettate del D.P.R. 285/90 al capo IX “Disposizioni generali sul servizio dei cimiteri” discende che un cimitero deve avere:
– una camera mortuaria (art. 64);
– un ossario comune (art. 67);
– un muro di cinta avente altezza non inferiore a m. 2,50 dal piano esterno di campagna;
– un servizio di custodia (art. 52).
Particolare rilievo assume – ai nostri fini – la norma posta dall’art. 49 – primo comma – secondo il quale “ogni comune deve avere un cimitero con almeno un reparto a sistema di inumazione”.
La predetta disposizione espressamente richiama l’art. 337 del t.u. della LL.SS., che dispone che Ogni comune deve avere almeno un cimitero a sistema di inumazione, secondo le norme stabilite nel regolamento di polizia mortuaria.
Il Collegio, in presenza di siffatto complesso normativo, ritiene che si configuri un cimitero solamente allorché si abbia anche la presenza di un campo per l’inumazione dei cadaveri.
Se ciò è vero, la localizzazione operata dal Comune di Trento di un crematorio in località Pavione, risulta in contrasto con la chiara disposizione posta dall’art. 78 del D.P.R. n. 285 del 1990, che richiede che tale impianto sia collocato all’interno della cinta cimiteriale.
Va rammentato che la struttura in questione non prevede alcuna forma di sepoltura diversa dalla cremazione, ma solo una struttura per la conservazione delle ceneri.
Infatti, non basta denominare la stessa come cimitero e prevederla nell’ambito del piano regolatore cimiteriale, per farle assumere le caratteristiche che l’ordinamento di settore individua come indispensabili.
Tale lettura riceve ulteriore conforto dalla previsione posta dall’art. 55 del cit. D.P.R. n. 285, il quale, nell’individuare le caratteristiche dei siti da destinarsi a cimiteri, prevede che i progetti devono essere preceduti da uno studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione, dell’area e la natura fisico-chimica del terreno, la profondità e la direzione della falda idrica.
La disamina della natura fisico-chimica del terreno costituisce imprescindibile presupposto per la realizzazione dei processi di mineralizzazione delle salme che vengono inumate.
Va soggiunto che l’art. 78 del D.P.R. n. 285 del 1990 – dopo aver stabilito, al primo comma, che i crematori devono essere costruiti entro i recinti dei cimiteri e sono soggetti alla vigilanza del sindaco – specifica (al secondo comma) che Il progetto di costruzione di un crematorio deve essere corredato da una relazione nella quale vengono illustrate le caratteristiche ambientali del sito, le caratteristiche tecnico-sanitarie dell’impianto ed i sistemi di tutela dell’aria dagli inquinamenti sulla base delle norme vigenti in materia.
La lettura coordinata delle due disposizioni consente di scorgere con immediatezza la ratio ad esse sottesa.
Il regolamento n. 285/90 ha voluto massimizzare il grado di tutela, prevedendo che il crematorio possa essere installato esclusivamente all’interno del recinto di un cimitero, vale a dire di un sito che si caratterizza, per quanto sopra si è esposto, per la presenza di predeterminate caratteristiche, volte alla prevenzione igienico-sanitaria. Ma a tale presupposto si aggiunge la richiesta di predisposizione di ulteriori e specifiche misure volte alla prevenzione ed eliminazione delle particolari problematiche relative all’attività di combustione dei feretri, espressamente richiedendosi il rispetto della normativa di tutela della qualità dell’aria dagli inquinamenti.
Conclusivamente il Collegio reputa che, nell’attuale sistema normativo in tema di polizia mortuaria, non sia possibile la realizzazione di crematori al di fuori di cimiteri e che la nozione di cimitero postuli la sussistenza di sistemi di seppellimento ad inumazione.
La tesi svolta dal Collegio sembrerebbe del resto essere stata condivisa dallo stesso Comune di Trento in alcuni punti di uno degli atti impugnati.
In particolare, va rilevato che la relazione (doc. 4.1 del fascicolo del Comune) che accompagna il Piano regolatore cimiteriale, nell’esaminare il sistema normativo, svolge (cfr. le pagine 4, 5 e 6) considerazioni in buona parte similari sia con riguardo agli elementi indispensabili per la sussistenza di un cimitero sia con riferimento alla necessità che sia riservato all’inumazione almeno un settore.
Del resto, tali affermazioni risultano in linea con le specifiche ed inequivocabili norme poste dal Regolamento comunale di polizia mortuaria (cfr. doc. n. 25 del deposito comunale), il quale all’art. 30 individua i cimiteri urbani e suburbani, soggiungendo – per quanto in questa sede interessa – all’art. 31, p. 4 che ogni cimitero ha riquadri denominati campi comuni, destinati alle inumazioni ordinarie, mentre l’art. 34 specifica che Nei campi comuni dei cimiteri sono inumate al momento del decesso le salme di persone per le quali non è stata richiesta dai familiari altra destinazione.
Un’ulteriore conferma della validità del percorso argomentativo sin qui sviluppato è possibile trarre dalla c.d. dimostrazione a contrario. Posto che sia ammissibile qualificare cimitero la struttura localizzata e progettata in località Pavione, dal Comune di Trento, ad essa dovrebbero potersi applicare tutte le disposizioni poste sia dal D.P.R. n. 285/90 sia dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ma ciò non è possibile perché la struttura in questione ha solo il nome ma non integra i presupposti indispensabili per la sussistenza di un cimitero.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Collegio, ritenuta la sussistenza della prima – e più radicale – delle censure articolate dai ricorrenti, deve disporre l’annullamento, previo assorbimento delle ulteriori doglianze articolate, degli atti impugnati con il ricorso originario, nella parte in cui hanno localizzato un impianto crematorio in Pavione.
L’accertata illegittimità della scelta – operata dal Consiglio comunale sia con la delibera di adozione della variante 2003, approvata dalla Giunta provinciale di Trento, sia con il Piano regolatore cimiteriale – comporta l’annullamento, per invalidità derivata, anche dell’atto, successivamente impugnato mediante la proposizione di motivi aggiunti, di approvazione del progetto definitivo del crematorio, che in quelli trova il necessario presupposto.
Sussistono giusti motivi per addivenirsi alla compensazione, fra le parti, delle spese del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 338/2004, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 24 giugno 2005, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Paolo Numerico – Presidente
dott. Sergio Conti – Consigliere estensore
dott. Stelio Iuni – Consigliere