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Tar Toscana, Sez. III, 12 giugno 2014, n. 1023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2556 del 2000, proposto da:
Angelone Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Luca Spaziani, domiciliatario in Firenze, via P. Colletta 25;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Annalisa Minucci e Francesca De Santis, con domicilio in Firenze, Palazzo Vecchio – piazza Signoria;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Riccardo Scotti, Daniela Spinelli, rappresentati e difesi dall’avv. Luca Spaziani, con domicilio eletto presso Luca Spaziani in Firenze, via P. Colletta 25;
per l’annullamento
del provvedimento del Dirigente Ufficio Condono Edilizio, prot. n. 19419/2000 D/V 2000/5222 del 19 maggio 2000, notificato al ricorrente in data 14 giugno 2000, con cui si revoca, dopo averla concessa, l’istanza di concessione edilizia in sanatoria del 19 aprile 1999, n. 102987/s D/V 99/5059/29 del manufatto agricolo annesso al terreno agricolo già di proprietà del ricorrente, posto in località San Quirichino di Marignolle, a Firenze.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 maggio 2014 la dott.ssa Rosalia Messina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Oggetto della controversia in esame sono due manufatti (fabbricato agricolo e accessorio costituito da un servizio igienico e rimessa) realizzati in località San Quirichino di Marignolle a Firenze, in zona di vincolo cimiteriale, caratterizzata dalla inedificabilità assoluta. Come risulta dalla documentazione in atti, l’edificazione risale al 1964; i manufatti hanno formato oggetto di istanza di sanatoria del 12 novembre 1985. Nella relativa istanza il ricorrente aveva omesso di specificare l’esistenza del predetto vincolo; emerso tale elemento, a seguito di controlli effettuati dall’amministrazione su impulso di esposti presentati da privati, veniva revocata, con il provvedimento impugnato, la sanatoria già concessa con determinazione n. 99/5059/29 del 19 aprile 1999.
Il ricorrente reagisce con il ricorso in epigrafe.
Il Comune di Firenze si è costituito in resistenza.
Le antitetiche prospettazioni delle parti (come cristallizzate nei motivi di gravame e nelle controdeduzioni del Comune di Firenze) possono così riassumersi:
a) parte ricorrente lamenta la mancata acquisizione del parere dell’ASL circa la sanabilità delle opere di cui trattasi, invocando l’art. 33 l. n. 47/1985 e la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 3357/25 del 1985; il Comune a tale deduzione oppone la natura assoluta, non già relativa, del vincolo di cui trattasi, richiamando in proposito la medesima normativa invocata in ricorso e un parere del Consiglio di Stato (n. 3031 del 28 febbraio 1986);
b) controversa anche l’applicabilità dell’art. 338 T.U. leggi sanitarie, con particolare riguardo all’ampiezza della fascia in cui il vincolo di inedificabilità cimiteriale deve considerarsi assoluto: secondo parte ricorrente tale ampiezza oscillerebbe tra 50 e 100 m, a seconda della popolazione del Comune (inferiore ovvero superiore a 20.000 abitanti); inoltre, pur ammettendosi una misura di 200 m, questa andrebbe calcolata partendo dal centro abitato, senza tenere conto di eventuali edifici isolati. Secondo parte resistente, invece, la fascia di inedificabilità assoluta, all’epoca in cui fu realizzato il manufatto, sarebbe stata di 200 m; soltanto in epoca successiva tale fascia sarebbe stata ridotta a soli 100 m.; il già richiamato art. 338, al comma quarto, prevede la possibilità di derogare al limite massimo della fascia di inedificabilità assoluta soltanto per la costruzione di opere afferenti nuovi impianti cimiteriali ovvero l’ampliamento di quelli già esistenti; parte resistente rileva inoltre che la deroga di cui trattasi è ulteriormente limitata alla ricorrenza di alcune condizioni e, infine, che la questione sarebbe oziosa, essendo la distanza fra i manufatti e il cimitero di soli 20 m, come accertato dalla Polizia municipale (v. infra). Nessuna rilevanza avrebbe poi la circostanza che si tratta di manufatto isolato e non già facente parte di un agglomerato edilizio, sicché la nozione di centro abitato sarebbe invocata in modo pertinente;
c) secondo parte ricorrente i manufatti in questione non ricadrebbero sotto il divieto di edificazione per vincolo cimiteriale, in quanto aventi natura di annesso agricolo; di opposta opinione è invece il Comune, il quale richiama la normativa di settore, che non opera distinzioni tra edifici realizzati in zona cimiteriale, attribuendo rilevanza soltanto alla natura di costruzioni edilizie, sotto i profili concorrenti della durata, della inamovibilità e della incorporazione al suolo.
Con memoria del 6 marzo 2014 il ricorrente ha rappresentato e documentato (contratto del 5 aprile 2000) di avere alienato i beni in questione ad altri soggetti, insistendo nelle deduzioni già svolte.
Sono intervenuti ad adiuvandum (con atto depositato il 6 marzo 2014) i nuovi proprietari del terreno agricolo sul quale insiste il manufatto, sostenendo che la dismissione del cimitero di San Quirico a Marignolle avrebbe comportato la cessazione dell’efficacia del vincolo in questione.
Parte resistente contesta tale assunto, richiamando − a proposito di una decisione di questo Tribunale, resa su fattispecie analoga (sent. n. 417/2006), in cui si sono stabiliti principi favorevoli alle tesi adesso sostenute dagli intervenienti − una più recente pronuncia nella quale il predetto orientamento è stato ribaltato (Sezione I, sent. n. 1561/2008, seguita dalle sentenze n. 660/2011 e n. 518/2013).
Alla pubblica udienza del 27 maggio 2014 il ricorso è stato tratto in decisione.
È opportuno riportare le disposizioni (da entrambe le parti richiamate negli scritti difensivi) che disciplinano la fascia di rispetto cimiteriale:
art. 338 r.d. 1265/1934 (T.U. leggi sanitarie)
I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell’ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Al fine dell’acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.
All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
DPR n. 285/1990 (Regolamento di polizia mortuaria):
art. 97
Il terreno di un cimitero di cui sia stata deliberata la soppressione non può essere destinato ad altro uso se non siano trascorsi almeno 15 anni dall’ultima inumazione. Per la durata di tale periodo esso rimane sotto la vigilanza dell’autorità comunale e deve essere tenuto in stato di decorosa manutenzione.
Trascorso detto periodo di tempo, prima di essere destinato ad altro uso, il terreno del cimitero soppresso deve essere diligentemente dissodato per la profondità di metri due e le ossa che si rinvengono debbono essere depositate nell’ossario Comune del nuovo cimitero.
Il Collegio ritiene opportuno, per ragioni di economia processuale, prendere le mosse dai precedenti di questo Tar con i quali sono stati stabiliti alcuni principi che si condividono e che devono quindi essere applicati anche alla presente controversia.
Con la sentenza n. 1561/2008 è stata ricostruita la storia del cimitero di San Quirico a Marignolle, dichiarato soppresso con deliberazione consiliare n. 60/31/C del 18 febbraio 1964, mentre con deliberazione n. 1759-260 del 1° dicembre 1998 il Consiglio comunale di Firenze ha approvato il Piano di settore cimiteriale, prevedendo la conferma del cimitero di San Quirico a Marignolle (rispetto al quale l’ampiezza della fascia di rispetto è stata ridotta da 200 a 100 metri).
Orbene, discostandosi da un precedente orientamento espresso dal Tar Toscana (con sentenze nn. 417 e 418 del 2006), la medesima decisione ha così statuito:
‹‹Il Collegio ritiene necessario riconsiderare l’argomentazione secondo cui, deliberata la soppressione di un cimitero e decorso il periodo di 15 anni dall’ultima inumazione, cessa di avere efficacia il vincolo di rispetto ex art. 338 TULS; il che si verificherebbe in via sostanzialmente automatica, a prescindere dalla circostanza che sia concretamente avviata la procedura per dissodare il terreno del cimitero soppresso e destinarlo ad altro uso. In altre parole, non appare convincente la tesi secondo cui il mero decorso del quindicennio di disuso, successivo al provvedimento di soppressione, avrebbe come effetto l’accertamento dell’avvenuto esaurimento della funzione naturale del cimitero; e ciò sarebbe sufficiente per determinare l’inefficacia del vincolo di rispetto. Al contrario, il Collegio ritiene che le circostanze suindicate costituiscono condizioni necessarie e sufficienti per consentire all’Amministrazione di procedere alla materiale trasformazione dell’area già cimiteriale, ma non impongono affatto una simile trasformazione, né tantomeno impediscono che, anche successivamente al decorso dei 15 anni, la scelta della soppressione possa essere rivista e superata, come in effetti è avvenuto nel caso di specie attraverso la conferma del cimitero in questione, disposta con il Piano di settore approvato dal Consiglio comunale di Firenze nel 1998. In sostanza, quindi, solo gli adempimenti previsti dal secondo comma dell’art. 97 del Regolamento di polizia mortuaria (secondo cui, trascorsi 15 anni dall’ultima inumazione, “prima di essere destinato ad altro uso, il terreno del cimitero soppresso deve essere diligentemente dissodato per la profondità di due metri e le ossa che si rinvengono debbono essere depositate nell’ossario comune del nuovo cimitero”) rendono effettiva e irreversibile la scelta di sopprimere il cimitero. Prima del concreto avvio dell’attività di trasformazione del terreno (già) cimiteriale (che presuppone, tra l’altro, l’intervenuto trasferimento presso altro cimitero delle spoglie mortali inumate nel cimitero soppresso, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 98 del citato Regolamento) non possono perciò dirsi venuti meno gli interessi pubblici che il vincolo di rispetto cimiteriale intende tutelare e che si identificano innanzitutto in esigenze di natura igienico-sanitaria e di salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura; nonché nell’esigenza di preservare un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale, che solo la materiale esecuzione di interventi attuativi della disposta soppressione è idonea a far cessare››.
Con la sentenza n. 660/2011 sono stati affermati analoghi principi:
‹‹ Il provvedimento è chiaramente e compiutamente motivato con riferimento alla sussistenza, sull’area sulla quale sorgono le opere oggetto di condono, di vincolo cimiteriale ai sensi dell’art. 338 del T.U.LL.SS. in quanto ricadente nella fascia dei 200 metri dal cimitero di S. Maria a Marignolle, nella quale è vietato costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti e con richiamo al disposto dell’art. 33 legge n. 47/85, secondo il quale non sono suscettibili di sanatoria opere in contrasto con vincoli che comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere. La ricorrente non nega la circostanza, contestata col provvedimento, che trattasi di nuova edificazione entro la fascia di rispetto cimiteriale ma si limita a sostenere la tesi della decadenza del vincolo senza, peraltro, fornire il benché minimo elemento che comprovi sussistessero i presupposti definiti dal regolamento di polizia mortuaria (DPR n. 285/1990) per la definitiva dismissione di un cimitero, tra cui la traslazione delle ossa e il materiale dissodamento dei terreni.
Il vincolo cimiteriale ha, secondo concorde giurisprudenza, carattere assoluto e risponde alla triplice finalità di assicurare condizioni di igiene e salubrità, di garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, di consentire eventuali futuri ampliamenti dell’impianto funerario; pertanto non rilevano aspetti quali la tipologia od il carattere pertinenziale della nuova edificazione, comunque vietata››.
Infine, con la recente sentenza n. 518/2013, è stato stabilito che ‹‹ il vincolo cimiteriale rileva in termini di totale inedificabilità anche per singoli fabbricati o loro parti rientranti nella loro fascia di rispetto in considerazione dei preminenti interessi pubblici di igiene e salubrità dell’area e di decoro e tranquillità dei luoghi di sepoltura, posti a tutela dalla normativa de qua (cfr. anche tra le tante TAR Veneto, II, n. 325 del 2008; TAR Lombardia, IV, n. 692 del 2010; TAR Toscana, III, n. 2784 del 1996). Le eventuali deroghe al suddetto vincolo d’inedificabilità erano consentite, nella vigenza dell’art. 338, comma 3 del R.D. n. 1265 del 1934 ed art. 57, comma 4 del D.P.R. n. 285 del 1990, unicamente per l’ampliamento dei cimiteri esistenti, mentre non risulta che sia stata emanata una disposizione prefettizia inerente alla riduzione della zona di rispetto cimiteriale di che trattasi, in assenza di opposte ragioni igieniche e per gravi e giustificati motivi, secondo la procedura di cui al comma 4 del medesimo art. 338 (nella formulazione risultante dall’intervenuto art. 1 della legge n. 983 del 1957)››. Si è anche affermato che ‹‹ È in sostanza il dato oggettivo della sottoposizione al vincolo ex art. 338 del r.d. n. 1265/1934 a precludere l’assentibilità dell’intervento, senza che possa il Comune frapporre una propria diversa valutazione sulla consistenza e destinazione delle opere eseguite abusivamente. Ciò perché, come già detto, l’apposizione del vincolo in questione persegue una molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l’interesse a mantenere un’area di possibile espansione del perimetro cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri, senza che sia richiesta all’Ente pubblico una valutazione in concreto della compatibilità della presenza del manufatto rispetto al vincolo de quo (Tar Toscana, sez. II, 27/11/ 2008, n. 3046; Cons. Stato, sez. V, 3/5/2007, n. 1933; idem, 27/8/ 1999, n. 1006) ››.
Ciò premesso sui principi da applicare, si precisa in fatto:
− che il manufatto, come accertato alla presenza del proprietario, si trova a 20 m dal cimitero di San Quirico a Marignolle (relazione della Polizia municipale prot. 00/W/726-01 del 16 marzo 2000);
− che il cimitero predetto, pur essendo trascorsi diversi decenni dall’ultima inumazione, non è stato sottoposto alla bonifica prescritta dalle norme su menzionate;
− che la stessa ASL si è più volte espressa nel senso della propria incompetenza in ordine ai vincoli cimiteriali, come attesta la relazione depositata dal Comune di Firenze a firma del Direttore dell’Ufficio condono edilizio (ciò che del resto è in linea con la natura assoluta del vincolo in questione).
Pertanto, tutte le censure dedotte e le argomentazioni svolte in ricorso sono infondate.
Il ricorso deve, conclusivamente, essere respinto.
Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) − definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe − lo respinge.
Le spese, poste a carico della parte ricorrente, si liquidano, in favore del Comune di Firenze, in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere, Estensore
Raffaello Gisondi, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)