Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2990

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Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6077 del 2006, proposto da:
Comune di Casagiove, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Ennio Luponio in Roma, via Michele Mercati, 51;
contro
Natale Rosa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sergio Simpatico e Luigi Adinolfi, con domicilio eletto presso Anna Bei in Roma, via Ovidio, n.10 c/o Studio Rosati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE IV n. 19763/2005, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Natale Rosa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 aprile 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Lamberti (su delega di Romano) e Adinolfi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR della Campania, la signora Natale Rosa esponeva di aver aveva ottenuto dal Comune di Casagiove, con delibera di Giunta Municipale n. 1009 del 29.11.1985 e successivo contratto del 15.9.1986, la concessione di un lotto di suolo cimiteriale per mq. 30,50 nel nuovo comprensorio del cimitero del predetto Comune.
La signora Natale otteneva quindi la concessione edilizia n. 55 del 12.12.2002 per la realizzazione sul detto suolo di una cappella gentilizia. La ricorrente realizzava tuttavia opere in difformità dalla predetta concessione, avendo diviso la prevista unica cappella in due unità distinte dotate di accessi autonomi, con conseguente diversa disposizione dei loculi posti a ridosso del muro divisorio centrale anziché lungo i muri perimetrali.
A seguito dell’accertamento compiuto dall’Area Tecnica del Comune, la ricorrente presentava quindi una domanda di sanatoria per gli abusi commessi, ma il Comune di Casagiove, con provvedimento n. 12647 del 12 ottobre 2004, respingeva la domanda <>; successivamente, con l’ordinanza n. 54 (registro particolare n. 13, prot. n. 13913) del 4.11.2004, il Comune ordinava la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Di qui il predetto ricorso istante l’annullamento del provvedimento di demolizione delle opere in questione e del diniego di permesso in sanatoria, ritenuti illegittimi sotto diversi profili.
Con la sentenza epigrafata, il T.A.R. ha accolto il ricorso annullando gli atti impugnati.
2.- La pronunzia è stata tuttavia impugnata dal Comune di Casagiove innanzi a questo Consesso. Al gravame resiste l’originaria ricorrente, eccependo la tardività dell’appello, assumendone l’infondatezza nel merito e concludendo per la conferma della sentenza impugnata (memoria 5-10-2006).
2.1.- Con ordinanza cautelare (n.4812/2006), la Sezione ha accolto la domanda di sospensione della sentenza gravata, avanzata da parte appellante.
2.2.- Quest’ultima ha replicato con propria memoria (18.2.2014) e, alla pubblica udienza dell’1.4.2014, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- La controversia sottoposta alla Sezione dall’appello in esame verte sulla legittimità di un provvedimento di demolizione, seguente a diniego di permesso in sanatoria, relativi ad opere realizzate in difformità da concessione edilizia e consistenti nella divisione di una cappella cimiteriale in due unità distinte dotate di accessi autonomi.
1.1.- Deve preliminarmente essere trattata l’eccezione di tardività del ricorso, mossa dall’appellata ed argomentata sul fatto che il Comune ha ricevuto l’avviso di deposito della sentenza il 19.12.05, mentre il ricorso è stato notificato il 30.6.06.,
L’eccezione è infondata. Non risultando notifica della sentenza, deve applicarsi il termine lungo di impugnazione (all’epoca ancora di un anno) previsto dall’art. 327 c.p.c e ribadito dal c.p.a, rispetto al quale l’appello risulta assolutamente tempestivo.
1.2.- Nel merito il gravame è meritevole di accoglimento .
Il primo giudice ha ritenuto l’illegittimità degli atti contestati osservando a motivazione che:
– le opere realizzate non alterano la struttura di cui al permesso di costruire, non incidono sui parametri urbanistici, tanto meno sulle volumetrie e sulle superfici, non modificano la destinazione d’uso, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano alcuna altra prescrizione del permesso di costruire;
– le difformità dalla concessione edilizia n. 55 del 12.12.2002, hanno natura pertinenziale e “non potevano non essere sanate in quanto non esiste alcuna norma che vieti o ritenga insanabile la suddivisione in due ambienti interni di un’unica cappella gentilizia, il doppio ingresso alla stessa e la dislocazione dei loculi a ridosso del muro divisorio”;
– ricordato il principio di doppia conformità quale presupposto per la concessione in sanatoria , il diniego di sanatoria è illegittimo in quanto “nel caso di specie, come sostenuto in ricorso, il Comune di Casagiove non ha indicato quale norma della strumentazione urbanistica non consentiva la sanatoria delle opere realizzate dalla ricorrente in difformità dalla concessione edilizia n. 55 del 12.12.2002 e già tale circostanza rende illegittimo il diniego di sanatoria impugnato”;
– le opere in questione ( suddivisione in due ambienti distinti della prevista unica cappella gentilizia) “devono peraltro ritenersi anche sostanzialmente irrilevanti sotto il profilo urbanistico non avendo determinato, come è sostenuto dalla parte (e non è contraddetto dal Comune di Casagiove), né un incremento di superfici né un aumento volumetrico né un utilizzo diverso né una sagoma diversa…..”.; per la stessa ragione è da ritenersi illegittimo il conseguente ordine di demolizione.
– L’orientamento testè riassunto è avversato dal Comune appellante mediante tre ordini di censure.
a)- Il primo critica la decisione rilevando che la natura di concessione demaniale insita nel titolo edilizio, alla base del rapporto, determinerebbe che ogni violazione della stessa costituisce “ex se” un abuso non sanabile;
b)- la procedura sanzionatoria deriva dall’accertamento della stipula di un atto tra privati posto in essere al fine di realizzare opere diverse da quelle assentite e dall’uso previsto dalla concessione demaniale;
c)- le opere realizzate costituiscono variazione essenziale della concessione originaria e contraddicono il Regolamento di polizia mortuaria, in base al quale il diritto d’uso della sepoltura è incedibile ed incommerciabile.
Quest’ultimo rilievo, ad avviso del Collegio, assume carattere decisivo. Sotto il profilo generale deve ribadirsi anzitutto che la concessione demaniale, in quanto costitutiva di posizioni private insistenti su bene pubblico, riceve in effetti una normazione speciale che non ne permette l’equiparazione ad una ordinaria concessione edilizia. In particolare, l’art. 824 del codice civile è del tutto chiaro nel porre la cennata disciplina, peraltro menzionando espressamente i cimiteri. In tale quadro, le varianti-difformità edilizie dalla concessione cimiteriale, a differenza di quelle che afferiscono ad titolo edificatorio ordinario, non vedono in uno strumento urbanistico la fonte rispetto alle quali può ponderarsi la loro legittimità, dovendosi conformarsi unicamente ai caratteri delle concessione demaniale. Tale situazione è disposta proprio dalle disposizioni regolamento che vieta la cessione del diritto all’uso della sepoltura (cfr artt. 90 e 94 del d.p.r. n.285/1990), in quanto essa introduce sul demanio posizioni soggettive che, a fini privati, modificano l’uso del bene pubblico concesso in un senso non previsto dal titolo originario. In particolare, la posizione conferita al concessionario del demanio cimiteriale riceve dal regime del bene concesso il medesimo carattere di incedibilità che connota tra gli altri i beni demaniali. Pertanto, pur non comportando la natura delle opere edilizie di suddivisione compiute uno stravolgimento volumetrico dell’edificio funerario, il loro compimento presupponeva una preventiva modifica del titolo concessorio nel senso di legittimare, se normativamente possibile, l’estensione della concessione anche a soggetti ulteriori rispetto al suo originario titolare.
Di tale regime da atto del resto la stessa sentenza impugnata, ove osserva: “6.- Si deve aggiungere, in relazione a quanto affermato dal Comune (anche in memoria) circa il necessario collegamento (che avrebbe giustificato i provvedimenti impugnati) fra la concessione del suolo cimiteriale e la concessione edilizia rilasciata alla ricorrente, che tale collegamento sicuramente esiste, nel senso che l’immobile realizzato con la concessione edilizia può essere utilizzato solo dal beneficiario della concessione del suolo, con la conseguenza che un uso difforme dell’immobile (o di una sua porzione) da parte del beneficiario della concessione del suolo può determinare l’adozione di provvedimenti sanzionatori (in ordine a tale concessione) da parte del Comune”. Ciò che non risulta coerente con tali premesse è però la conclusione cui cionondimeno giunge il primo giudice, affermando che i profili urbanistici sono sufficienti a determinare l’illegittimità degli atti impugnati; tali aspetti conservano infatti un ruolo secondario rispetto al carattere primario delle norme disciplinati la concessione demaniale.
2.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso di primo grado.
3.- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c), con riferimento ad entrambi i giudizi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), accoglie l’appello proposto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna parte appellata al pagamento, in favore del Comune di Casagiove, delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila (3.000), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)