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Tar Sicilia, Sez. III, 7 agosto 2014, n. 2167
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1786 del 1999, proposto dai Sig.ri Vito LA TORRE, Giuseppe LA TORRE e Anna LA TORRE, rappresentati e difesi dall’avv. Ludovico La Grutta, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Giancarlo Savagnone in Palermo, via Principe Villafranca n.32;
contro
Comune di Erice, in persona dl Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 863 del 2000, proposto dai Sig.ri Vito LA TORRE, Giuseppe LA TORRE e Anna LA TORRE, rappresentati e difesi dall’avv. Ludovico La Grutta, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Giancarlo Savagnone in Palermo, via Principe Villafranca n.32;
contro
Comune di Erice in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 1786 del 1999:
diniego di sanatoria edilizia notificato il 24.3.1999 (relativo all’istanza di sanatoria prot. 20885 del 26.9.1986);
quanto al ricorso n. 863 del 2000:
ingiunzione di demolizione n.1 V.E./2000 del 28.1.2000 con cui il Comune di Erice ingiunge la demolizione delle opere ivi descritte;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 maggio 2014 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti i Difensori indicati nell’apposito verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. Nel 1980 la Sig.ra Francesa Impiccichè, dante causa dei Sig.ri La Torre (ricorrenti), realizzò abusivamente un corpo di fabbrica costituito da un piano terra e due ulteriori piani, con sovrastante terrazza di copertura.
In data 2.7.1982 presentò una prima istanza di sanatoria.
Successivamente, in data 26.10.1986 presentò istanza di condono ai sensi della L. 28.2.1985 n.47, riferita anche ad un ulteriore piano (il quarto fuori terra), evidentemente edificato nel frattempo.
In data 10.8.1990 donò ai propri figli, i Sig.ri Giuseppe, Vito ed Anna La Torre, tre unità immobiliari facenti parte dell’immobile.
Con provvedimento del 31.3.1999, notificato sia alla Sig.ra Francesca Impiccichè che ai figli, il Comune ha negato la invocata concessione in sanatoria; e ciò in quanto l’immobile abusivo ricade nella fascia di rispetto cimiteriale e dunque su un’area sulla quale grava un vincolo di inedificabilità assoluta.
Con il ricorso n.1786 del 1999, i Sig.ri Vito La Torre, Giuseppe La Torre ed Anna La Torre hanno impugnato il predetto provvedimento negativo e ne chiedono l’annullamento per le conseguenti statuizioni reintegratorie e di condanna.
Con unico mezzo di gravame lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 35 della L. n.47 del 1985 e dell’art.338 del RD n.1265 del 1934, ed eccesso di potere, deducendo che il vincolo di inedificabilità è stato apposto successivamente all’edificazione del corpo abusivo; e che pertanto quest’ultimo è sanabile.
II. In pendenza del giudizio, e precisamente il 28.1.2000, l’Amministrazione ha adottato l’ingiunzione di demolizione dell’immobile in questione.
Con il ricorso n.863 del 2000 i predetti Sig.ri Vito La Torre, Giuseppe La Torre ed Anna La Torre hanno impugnato anche quest’ultimo sopravvenuto provvedimento.
Lamentano, al riguardo:
1) la illegittimità derivata dell’ingiunzione di demolizione, deducendo che il vizio dell’atto presupposto (dedotto con il primo dei due ricorsi) si riflette sull’atto ad esso sopraggiunto, viziandolo parimenti;
2) e, in via subordinata, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione, deducendo che l’ingiunzione di demolizione avrebbe dovuto essere limitata ai piani rialzati, con esclusione del piano terra preesistente alla edificazione dello stabile.
III. Il Comune di Erice non si è costituito.
IV. L’istanza cautelare volta ad ottenere la sospensione degli effetti dell’ingiunzione di demolizione è stata respinta.
V. Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dei ricorsi, entrambe le cause sono state poste in decisione.
DIRITTO
1. In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva dei ricorsi in esame (e del rapporto di pregiudizialità esistente fra le questioni sollevate con il primo e quelle sollevate con il secondo), se ne dispone la riunione perché vengano trattati e decisi congiuntamente.
2. Il ricorso n.1786 del 1999 è infondato.
Con unico mezzo di gravame i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 35 della L. n.47 del 1985 e dell’art.338 del RD n.1265 del 1934, ed eccesso di potere, deducendo che il vincolo di inedificabilità (per fascia di rispetto cimiteriale) è stato apposto nel 1982 (con l’approvazione del Regolamento Edilizio ed annesso Programma di Fabbricazione) e dunque successivamente all’edificazione del corpo abusivo; e che pertanto quest’ultimo è sanabile.
La doglianza non merita accoglimento.
Il Cimitero di Erice esiste da tempo ben anteriore al 1982 ed il vincolo di inedificabilità assoluta nelle cc.dd. fasce di rispetto cimiteriali deriva direttamente dall’art.338 del RD 27.7.1934 n.1265; e dall’art.5 bis della L. n.359 del 1992 (per il periodo successivo all’entrata in vigore di tale untima legge).
Per il resto, poiché la L. n.47 del 1985 esclude la condonabilità degli abusi realizzati su aree gravate da vincolo di inedificabilità assoluta, correttamente e doverosamente l’Amministrazione ha respinto l’istanza di condono edilizio relativa al fabbricato in questione.
L’ordine di idee testè illustrato si conforma, peraltro, al costante orientamento della giurisprudenza amministrativa e, nella specie, di questo TAR, che in precedenti analoghi ha già avuto occasione di precisare:
– che “è (…) vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante degli strumenti urbanistici vigenti nel Comune, o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge” (TAR Sicilia, Palermo, II^, n.14149/2010);
– che “la salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale di 200 metri (…) prevista dal richiamato art.338 del RD 1265/1934 consiste in un vincolo assoluto di in edificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione di molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale” (TAR Sicilia, Palermo, II^, n.14149/2010; conformi: TAR Lombardia, Milano, IV^, 2.4.2010 n.962; C.S., IV^, 8.10.2007 n.5210);
– che il vincolo gravante sulle fasce di rispetto cimiteriale “determina una tipica situazione di inedificabilità legale assoluta, che non richiede valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’uso con i valori tutelati dal vincolo e non può dare ingresso ad ipotesi alcuna di disparità di trattamento” (TAR Sicilia, Palermo, II^, n.14149/2010, C.S., IV^, 8.10.2007 n.5210).
Sicchè, in conclusione, poiché nella fattispecie per cui è causa è incontestato in giudizio che l’abitazione ricade nella fascia di rispetto cimiteriale (e cioè entro 200 metri dall’impianto cimiteriale), correttamente l’Amministrazione comunale ha negato la concessione in sanatoria.
3. Il ricorso n. 863 del 2000 è del pari infondato.
3.1. Con il primo mezzo di gravame i ricorrenti lamentano l’illegittimità derivata dell’ingiunzione di demolizione impugnata, deducendo che il vizio dell’atto presupposto (il diniego di condono) si riflette sull’atto sopravvenuto viziandolo per le medesime ragioni.
La doglianza è infondata.
Posto, infatti, che il diniego di concessione in sanatoria non è illegittimo, ne consegue che “cade” anche la doglianza di illegittimità derivata dell’ingiunzione di demolizione, provvedimento che si connota – invece – come atto dovuto, consequenziale al precedente.
3.2. Del pari infondata è la seconda doglianza, con la quale i ricorrenti deducono che l’ingiunzione di demolizione avrebbe dovuto escludere il piano terra, esistente da tempo anteriore alla edificazione dello stabile al quale si riferisce il diniego di sanatoria.
La doglianza non può essere accolta in quanto l’argomentazione su cui si basa è smentita dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 24.9.1986 a firma della Sig. Francesca Impiccichè, dante causa dei ricorrenti, che afferma di aver interamente costruito nel 1980 l’edificio abusivo.
2. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi vanno riuniti e respinti entrambi.
La mancata costituzione del Comune intimato, esime il Collegio dalla pronunzia sulle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sez. III^, riunisce i ricorsi in epigrafe e li respinge entrambi.
Nulla statuisce in ordine alle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2014 con l’intervento dei Signori Magistrati:
Nicolo’ Monteleone, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Aurora Lento, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)