Tar Sicilia, Sez. III, 12 agosto 2014, n. 2175

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Tar Sicilia, Sez. III, 12 agosto 2014, n. 2175
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1346 del 2012, proposto da:
Castiglia Angelo e Rizzo Lidia Maria Concetta, rappresentati e difesi dall’avv. Antonino Tramuta, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, corso Finocchiaro Aprile n. 10;
contro
il Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ezio Tomasello, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale del Comune di Palermo, sito in piazza Marina n. 39;
per l’annullamento
– della determinazione dirigenziale, non notificata, n. 475 del 18/06/2012 del Comune di Palermo settore risorse immobiliari -servizio gestione impianti cimiteriali, avente ad oggetto: “decadenza della concessione relativa alla sepoltura gentilizia sez. 338 n. 72 sita presso il cimitero S.M. dei Rotoli, intestata al de cuius Castiglia Nunzio”;
– della comunicazione del 19/6/2012 prot. n. 460317, del comune di Palermo settore risorse immobiliari – servizio gestione impianti cimiteriali, avente ad oggetto “comunicazione relativa alla concessione intestata al sig. Castiglia Nunzio sez. 338 lotto 72, cimitero S.M. dei Rotoli” con la quale si informavano ì ricorrenti che con d.d. n. 475 del 18/6/2012 era stata formalizzata la decadenza della concessione suddetta;
– di ogni altro connesso, presupposto e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo in persona del Sindaco pro tempore;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza cautelare n. 1346 del 7 settembre 2012;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 luglio 2014 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti impugnano il provvedimento di decadenza dalla concessione cimiteriale “perpetua” presso il cimitero di S. Maria dei Rotoli di Palermo, adottato dal resistente Comune e motivato da gravi e reiterate violazioni delle norme che disciplinano l’uso della sepoltura oggetto della concessione. In particolare, è stata contestata ai ricorrenti la violazione del divieto previsto nel contratto di concessione di immettere nel sepolcro salme estranee non prima di avervi immesso almeno un proprio parente o affine entro il 6° grado; dette tumulazioni sono state effettuate su richiesta di Girolamo Lo Cicero, in qualità di procuratore della moglie e del figlio del concessionario originario Nunzio Castiglia.
I ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento di decadenza sotto numerosi profili riguardanti l’incompetenza dell’organo emanante, la sussistenza di vizi procedimentali, l’assenza di una congrua motivazione e dell’indicazione dell’autorità giurisdizionale contro cui agire, la violazione del contratto di concessione nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e per sviamento dell’interesse pubblico.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune, depositando memorie scritte e contestando la fondatezza delle censure proposte.
Alla camera di consiglio del 7 settembre 2012 è stata respinta l’istanza cautelare proposta, per difetto dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Alla pubblica udienza del 22 luglio 2014, in presenza dei difensori delle parti e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto.
Con il provvedimento impugnato l’amministrazione Comunale ha dichiarato la decadenza della concessione cimiteriale relativa alla sepoltura gentilizia in uso ai ricorrenti, motivata dalla violazione dell’art. 3 del contratto di concessione stipulato il 4.3.1974 tra il Comune e l’originario concessionario e dell’art. 9 del regolamento cimiteriale del 1912, norma applicabile ratione temporis alla sepoltura oggetto della controversia. L’atto di decadenza è stato legittimamente disposto dal dirigente dell’Ufficio competente, rientrando nel novero degli atti gestionali ed esecutivi adottati nel corso dello svolgimento del rapporto concessorio, come tale espressione della funzione di amministrazione attiva spettante, ai sensi dell’art. 107 del T.U.E.L., alla dirigenza (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2013, n. 5421).
Il provvedimento è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e l’apporto partecipativo fornito dagli interessati, come risulta dal preambolo dell’atto impugnato, è stato oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione benché le osservazioni formulate non siano state in grado di modificare l’esito del provvedimento finale. Invero, come si evince dalla ricostruzione dei fatti risultante dagli atti del giudizio, la decadenza è stata pronunciata a seguito delle ripetute violazioni dell’art. 3 della concessione-contratto stipulata tra le parti e del divieto ivi sancito di tumulare soggetti estranei nel sepolcro; non assume rilievo in proposito la circostanza che le tumulazioni siano state disposte da soggetto diverso dal concessionario, in quanto questi ha operato in qualità di procuratore speciale all’uopo nominato, in forza di atto notarile, dall’odierno ricorrente Angelo Castiglia, unitamente alla madre, soggetti sui quali incombeva un obbligo di vigilanza sul corretto operato del delegato.
Non risulta del resto che i rappresentati, venuti a conoscenza dell’illecito comportamento del procuratore e delle operazioni poste in essere sulla sepoltura gentilizia, abbiano intrapreso azioni volte a far cessare gli effetti della procura conferita e a contestare la legittimità degli atti compiuti dal rappresentante. Non rileva, inoltre, sul punto che il Comune non sia stato in grado di contestare immediatamente le irregolarità compiute nella gestione del sepolcro, in quanto il decorso del tempo non inficia il potere di pronunciare la decadenza a fronte dell’accertamento delle violazioni del rapporto concessorio (cfr. T.A.R. Campania, sez. VII, 4 settembre 2013, n. 4166).
Il provvedimento adottato, infatti, va ascritto alla categoria della decadenza sanzionatoria in quanto evidenzia, a carico del destinatario di un precedente provvedimento concessorio, inadempimenti tali da impedire la costituzione o la prosecuzione del rapporto sorto per effetto del suddetto provvedimento ampliativo (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. II, 7 aprile 2006, n. 985). In ciò si differenzia dagli altri atti di ritiro (quali l’annullamento o la revoca) perché non comporta un riesame dell’atto, alla stregua della sua legittimità o opportunità, bensì una valutazione del comportamento tenuto dal destinatario durante lo svolgimento del rapporto.
In questa direzione la decadenza dall’autorizzazione amministrativa è un atto dovuto, vincolato ed espressione di un potere di autotutela ad avvio doveroso, che non richiede specifiche valutazioni in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione (T.A.R. Liguria, sez. I, 21 settembre 2011, n. 1393).
Dalla natura vincolata del provvedimento consegue altresì l’irrilevanza di eventuali vizi procedimentali, che non potrebbero comunque comportare, ex art. 21 octies della L. 241/1990, l’annullamento dell’atto impugnato.
Tanto meno rileva l’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui ricorrere che non determina, per giurisprudenza costante, l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ma solo una mera irregolarità eventualmente valutabile ai fini della rimessione in termini in ipotesi di impugnazione tardiva, in quanto la disposizione dell’art. 3 comma 4, l. n. 241 del 1990 tende semplicemente ad agevolare il ricorso alla tutela giurisdizionale (T.A.R. Lecce, sez. III, 07 aprile 2011, n. 608; T.A.R. Campania, sez. VII, 08 aprile 2011, n. 2009).
Infine, è infondata la linea difensiva addotta secondo la quale, essendo la concessione oggetto di giudizio di tipo “perpetuo”, la stessa non potrebbe essere comunque oggetto di decadenza. Giova in proposito ricordare che l’art. 842, comma 3 del codice civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale e la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro. Ciò comporta la legittimità sia degli atti di revoca che di decadenza a valere su dette concessioni, non potendosi configurare atti dispositivi, in via amministrativa, senza limiti di tempo a carico di elementi del demanio pubblico (cfr. T.A.R. Sicilia, sez. II, 18 gennaio 2012, n. 70).
Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso non può essere accolto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore del resistente Comune come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore del Comune di Palermo, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori se e in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Nicolo’ Monteleone, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere
Lucia Maria Brancatelli, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)