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Tar Puglia, Sez. II, 19 giugno 2015, n. 908
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1442 del 2012, proposto da:
Grazia Benvenuta Messinese, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Alfarano, con domicilio eletto presso Valeria Taranto in Bari, piazza Aldo Moro n. 8;
contro
Comune di Barletta;
nei confronti di
Andrea Raffaele Messinese, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Domenico Torre, con domicilio eletto presso Luca Alberto Clarizio in Bari, alla via Vito Nicola De Nicolo’ n.7;
per l’annullamento
-del provvedimento del 24.5.12 prot. n. 34626 reso dal Dirigente settore Ambiente e Servizi Pubblici del Comune di Barletta, con cui si è autorizzato il sig. Messinese Andrea Raffaele all’estumulazione del defunto Messinese Angelo Michele, deceduto il 17.5.1982, tumulato nella cappella “Messinese” area 52 del Cimitero Monumentale di Barletta, per ritumularne i resti in una nicchia della medesima cappella in cassa metallica di zinco, conosciuto in data 19.06.2012 a seguito di istanza di accesso agli atti proposta dalla ricorrente in data 8.6.2012;
-di tutti gli atti presupposti e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Andrea Raffaele Messinese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2015 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Luigi Alfarano e Giuseppe Domenico Torre;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il gravame in epigrafe, la sig.ra Grazia Benvenuta Messinese ha impugnato l’atto comunale che ha autorizzato il sig. Andrea Raffaele Messinese all’estumulazione del defunto padre, Angelo Michele, deceduto nel 1982 e tumulato nella cappella “Messinese” area 52 del Cimitero monumentale di Barletta, per ritumularne i resti in una nicchia della cappella stessa.
Nel posto reso libero, il sig. Andrea Raffaele ha poi fatto tumulare la salma della propria madre, Romilda Martino, deceduta il 23.5.2012, rendendo una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà datata 25.5.2012, nella quale si è dichiarato “coerede del concessionario della cappella Messinese”.
E’ insorta la sig.ra Grazia Benvenuta Messinese sul presupposto che tali operazioni non avrebbero dovuto essere consentite senza il suo preventivo assenso, nella qualità di erede legittima del concessionario.
Si è costituito in giudizio il predetto Andrea Raffaele, controinteressato nella vicenda che ci occupa, con atto prodotto in data 27.12.2012, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del gravame sotto distinti profili e, in ogni caso, la sua infondatezza.
All’udienza dell’8 gennaio 2015 la causa veniva trattenuta in decisione e successivamente, in data 1° aprile 2015, riportata in Camera di consiglio.
2.- Le eccezioni di inammissibilità non appaiono fondate.
2.1.- Le prime tre presuppongono che l’interesse azionato nel presente giudizio sia quello alla conservazione di posti liberi nella cappella di famiglia (cfr. memoria depositata il 6.12.2014, sub A.1, A.2 e A.3). Sono, infatti, tutte dirette a dimostrare che la ricorrente non subirebbe alcuna lesione concreta ed attuale dal provvedimento gravato, essendo ancora disponibili un posto all’interno della cappella e altri dodici ricavabili attraverso l’estumulazione di altrettante salme seppellite oltre 25 anni fa; un posto nell’aerea di pertinenza e altri tre ricavabili sempre attraverso l’estumulazione; 24 nicchie – ossario immediatamente disponibili per tumulare le salme estumulabili.
In particolare, con l’eccezione sub A.3 si sostiene che la ricorrente non ricaverebbe alcuna utilità dall’annullamento dell’autorizzazione impugnata, non avendo gravato l’atto con cui sarebbe stata concessa la tumulazione della sig.ra Martino al posto del sig. Messinese; sicché, quand’anche il ricorso fosse accolto, non si otterrebbe il risultato di liberare il posto di cui si tratta.
Deve in proposito osservarsi –e la precisazione è assorbente- che la presente azione è in realtà diretta a salvaguardare il potere di gestione della cappella che la ricorrente assume spettante in via esclusiva agli eredi legittimi del concessionario. In buona sostanza, con il gravame in epigrafe rivendica per sé, quale unica erede, la facoltà di disporre degli spazi sepolcrali ai sensi e per gli effetti dell’art. 92 del regolamento comunale di polizia mortuaria, approvato con delibera del Consiglio comunale di Barletta n. 9 del 13.3.2012.
Peraltro, la tumulazione della sig.ra Martino sembrerebbe riconducibile ad un’autocertificazione del controinteressato di cui, in effetti, la ricorrente contesta la legittimità nel corpo del ricorso (cfr. in particolare ultimo motivo).
2.2.- Quanto, infine, all’eccezione di inammissibilità per intervenuta acquiescenza di cui al punto A.4, non viene provato né che l’erede abbia prestato il suo consenso agli atti autorizzatori pregressi (anzi il controinteresssato vorrebbe invertire l’onere probatorio pretendendo che sia l’erede a fornire la prova del mancato assenso); né, di contro, la mancata impugnazione di eventuali autorizzazioni rilasciate senza l’assenso stesso. In ogni caso, si tratterebbe di atti distinti la cui tolleranza in passato non sarebbe idonea a legittimare ulteriori successivi atti contra legem.
3.- Sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari, deve osservarsi che il ricorso non può trovare accoglimento nel merito; non nei termini in cui le censure sono state formulate.
Tutta la questione ruota sull’interpretazione del combinato disposto degli artt. 92 e 130 del citato regolamento di polizia mortuaria (cfr. in particolare i motivi articolati sub 1 e 2).
L’art. 130 disciplina le concessioni cd. “perpetue”, antecedenti al 1975; qualificazione sulla quale nella fattispecie non pare esserci contestazione, come si dirà meglio tra breve. Per queste concessioni è, invero, stabilito dal predetto art. 130 che “è consentita la tumulazione di salme o di resti mortali di parenti ed affini del concessionario, in tutti i gradi e linee, sempre che l’atto di concessione non disponga diversamente”.
L’art. 92 disciplina poi le “modalità” di richiesta di qualsiasi operazione cimiteriale, stabilendo che debba essere effettuata dal concessionario ovvero, dopo la sua morte, da chi abbia dimostrato la qualità di “erede” e la dichiari ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.
Parte ricorrente, valorizzando il dato testuale dell’art.130 su riportato (“è consentita la tumulazione..”) e il collegamento sistematico con l’art. 92 pure richiamato, pretenderebbe di attribuire all’erede la facoltà di esprimere l’assenso preventivo alla tumulazione dei parenti e degli affini al di fuori della linea di successione legittima, rimarcando in ultima analisi la centralità delle prerogative dell’erede stesso, sancita dalla seconda delle citate disposizioni regolamentari.
In verità, l’art. 130 in questione riveste la qualità di norma transitoria, di raccordo e di chiusura; peculiarità che si coglie pienamente nel raffronto con le ulteriori disposizioni transitorie contenute negli artt. 129 e 131 (parimenti destinate a regolamentare situazioni pregresse) nonché nell’art. 78 che, diversamente, disciplina il possibile contenuto delle concessioni rilasciate “dopo” l’approvazione del regolamento stesso.
Alla stregua della disciplina prevista “a regime” (contenuta –si ribadisce- nell’art. 78), le concessioni cimiteriali autorizzano la sepoltura, nel sepolcro considerato, secondo una delle seguenti tre formule:
a) per sé, coniuge, parenti ed affini di ogni grado e linea;
b) per sé, parenti ed affini fino al sesto grado e non più di due persone determinate;
c) individuale.
Resta vietata la sepoltura di soggetti estranei al vincolo familiare, anche inteso nel senso più ampio di cui al punto a), salvo la ricorrenza di eccezionali condizioni descritte all’ultimo comma dell’art. 78 stesso.
Orbene l’art.130 in esame, nel disciplinare le concessioni rilasciate anteriormente all’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975 senza termine di durata, previa conferma della relativa perpetuità, le riconduce, quanto all’estensione dello ius sepulchri, alla fattispecie di cui al riportato art. 78, comma 1, lett. a), facendo salve eventuali contrarie disposizioni contenute nell’atto di concessione; in ultima analisi, la centralità della volontà espressa dal concessionario.
Nella fattispecie che ci occupa, non è in contestazione né che si tratti di concessione perpetua né che l’atto concessorio fosse privo dell’indicazione dei beneficiari dello ius sepulchri.
Dirimente in proposito uno stralcio del ricorso, che di seguito si riporta: “..l’originario atto concessorio rilasciato in capo al dante causa della ricorrente sig. Luigi Messinese fu all’epoca emesso senza determinazione né della durata né delle persone destinatarie dello ius sepulchri nell’edicola funeraria” (cfr. pag. 5, ult. cpv. e inizio 6).
Non può, dunque, dubitarsi che la fattispecie in esame ricada nell’ambito di operatività del più volte richiamato art. 130; trattasi –si ribadisce- di concessione rilasciata prima del 1975, senza limiti temporali né indicazione dei beneficiari.
Per completezza e a supporto della suggerita interpretazione, deve rimarcarsi il diverso regime transitorio dettato dal regolamento stesso per le situazioni pregresse diverse dalle concessioni perpetue. Più precisamente, l’art. 131 per i sepolcri comunque preesistenti e sempre in assenza di precisa indicazione dell’atto concessorio, ha circoscritto lo ius sepulchri agli eredi ed affini entro il 4° grado; e analogamente, entro gli stessi limiti, l’art. 129 consente la “regolarizzazione” di atti concessori di incerta esistenza, relativi a manufatti cimiteriali di vecchia data.
Il dato testuale, in entrambi i casi, è nel senso di “consentire” la sepoltura entro i limiti indicati.
Non può allora dubitarsi che il regolamento si sia fatto carico di disciplinare puntualmente tutte le possibili situazioni pregresse, che si collocano in un abito temporale antecedente all’entrata in vigore a regime delle nuove disposizioni in materia, stabilendo precipui criteri per l’utilizzazione delle concessioni e dei sepolcri rispettivamente già rilasciate è già esistenti; nè che la dizione utilizzata da ciascuna delle disposizioni transitorie (ossia “è consentito…”) abbia inteso alludere ai poteri autorizzatori del Comune e non già del titolare della concessione pregressa o dei suoi eredi, tenuti essi stessi all’osservanza di quanto previsto nell’atto concessorio o, in mancanza, dalle menzionate disposizioni regolamentari.
In tale contesto (si ribadisce ancora una volta: disciplina transitoria dettata dagli artt. 129, 130 e 131 e disciplina a regime contenuta nell’art. 78), l’art. 92, invocato dall’odierna ricorrente a fondamento di un asserito potere di veto dell’erede legittimo, non può che svolgere la meno ambiziosa funzione di individuazione di un centro di imputazione di tutte le operazioni cimiteriali.
Soltanto in questi limiti, le prerogative della ricorrente devono essere garantite.
I primi due motivi di gravame, pertanto, nei termini in cui sono stati formulati (in relazione ad un preteso potere di disposizione e di veto), non possono trovare accoglimento.
Non è revocabile in dubbio che, in assenza di diverse disposizioni dell’atto concessorio, lo ius sepulchri, debba essere riconosciuto a tutti i parenti ed affini del concessionario, “in tutti gradi e linee”, secondo le disposizioni dell’art. 130 più volte richiamato, di significato inequivocabile ove inserite nel complessivo contesto normativo di riferimento; ferma restando la necessità di far riferimento all’erede o agli eredi legittimi per la presentazione delle relative domande.
Del resto, negli ottanta anni precedenti, anche quando era in vita il concessionario originario, si è consentita la tumulazione di tutti i componenti della famiglia Messinese, in linea con la dicitura riportata all’ingresso della stessa cappella intestata –appunto- alla famiglia, trattandosi di sepolcro familiare e non di sepolcro ereditario.
Correttamente da tali elementi sintomatici, unitamente all’assenza di qualsivoglia precisazione nell’atto concessorio, la difesa del controinteressato ricava la volontà del concessionario originario di non porre limiti di sorta quanto a grado e linea di parentela o affinità; tanto più che, al momento della richiesta (testualmente formulata per l’edificazione di “edicola funebre per la famiglia Messinese”), non era coniugato.
4.- Né può essere accolto l’ultimo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dell’art.76 del D.P.R. n. 285/90, sul presupposto della tumulazione contemporanea di due salme nello stesso loculo.
In realtà, il riferimento normativo è inconferente essendo errato il presupposto di fatto sul quale la censura risulta fondata. Nello stesso loculo è stata tumulata una sola salma unitamente ad una cassetta metallica di zinco.
5.- In conclusione, ferma restando la prerogativa dell’ erede legittimo di costituire il centro di formale imputazione e riferimento di tutte le operazioni cimiteriali che concernono la gestione degli spazi sepolcrali, il ricorso -nei termini in cui è formulato- non può trovare accoglimento. Considerata, tuttavia, la novità e peculiarità della questione trattata, il Collegio ritiene che sussistano le condizioni per procedere alla compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nelle camere di consiglio dei giorni 8 gennaio 2015 e 1 aprile 2015, con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)