Tar Liguria, Sez. II, 27 agosto 2014, n. 1308

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Tar Liguria, Sez. II, 27 agosto 2014, n. 1308
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1494 del 1996, proposto da:
Soverino Maria Luisa e Cabula Sergio , rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Roberto Damonte in Genova, V. J. Ruffini 7 anzi V. Corsica 10;
contro
Comune di Genova, rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Chiesa, con domicilio eletto presso Caterina Chiesa in Genova, via Garibaldi 9;
per l’annullamento
provvedimento di diniego di concessione in sanatoria prot. N.2089 del 19\6\1996.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Genova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori Avv.Damonte-Avv.Chiesa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la ricorrente ha impugnato il diniego di sanatoria deciso dal comune in data 19\6\1996 e relativo ad un manufatto in lamiera nel quale viene esercitata l’attività artigianale di lavorazione marmi, in area di rispetto cimiteriale.
Il nucleo della controversia ruota infatti attorno alla possibilità di considerare l’area in questione come non soggetta ad un vincolo assoluto d’inedificabilità.
Parte ricorrente è al corrente della insistenza del manufatto su area sottoposta al vincolo cimiteriale ma, confortata da alcune pronunce, che hanno lasciato uno spazio interpretativo al diniego assoluto di edificazione, assume l’illegittimità del provvedimento di diniego, sul presupposto che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto riconoscere, nella fattispecie, la possibilità di mantenimento del manufatto destinato ad uso artigianale, in un contesto di complessiva aggressione all’area di espansione del cimitero che ne avrebbe ormai compromesso il futuro allargamento, anche in considerazione della particolare orografia del terreno.
Inoltre, (primo motivo) il provvedimento sarebbe stato assunto senza la necessaria delega sindacale e sarebbe pertanto, anche per questa ragione, illegittimo.
Si costituiva in giudizio il comune di Genova che, con la memoria conclusiva, replicava su tutti i motivi di ricorso.
Acquisita la replica della ricorrente, la causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 12\6\2014.
DIRITTO
In via preliminare il Collegio deve darsi carico della preoccupazione della ricorrente circa l’inammissibilità del ricorso, per l’esistenza di ben due pronunce successive al 1996 che hanno, la prima, ritenuto inammissibile la nuova richiesta di sanatoria della costruzione in discussione e la seconda, respinto un accertamento di conformità ex art.13 l.n.47\85.
In verità il comune ha sì depositato la documentazione complessiva della vicenda amministrativa di cui è causa, ma non ha insistito, nella sua difesa conclusionale, sull’eccezione d’inammissibilità, ma sulla infondatezza nel merito del ricorso.
Il Collegio conviene con la ricorrente che residua tutt’oggi l’interesse alla definizione del diniego del 1996, poiché in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato la richiesta di riesame è stata dichiarata inammissibile perché meramente confermativa del diniego di condono oggi scrutinato, mentre il successivo procedimento ex art. 13 l.n.47\85, non si è ancora definito, per la pendenza di una domanda di revocazione introdotta dalla sig.a Soverino, con la conseguenza della necessità di una pronuncia nel merito sul diniego di condono espresso dal comune nel 1996.
Ciò premesso il ricorso non è fondato.
Quanto al primo motivo di ricorso, nel quale ci si duole dell’assenza di una espressa delega da parte del Sindaco, la giurisprudenza in materia, ha affermato che “Alla luce del mutato quadro normativo in ordine alle competenze del Sindaco e della dirigenza degli Enti locali (già per effetto della l. 8 giugno 1990 n. 142 e del d.lg. n. 267 del 2000 e successive modifiche) deve ritenersi implicitamente abrogata ogni previsione della l. n. 47 del 1985 relativa alla competenza del Sindaco in materia edilizia, dal momento che tutti i provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia e urbanistica, compreso quindi il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in sanatoria o di condono, rientrano ai sensi delle sopravvenute disposizioni, nella sfera di competenza del dirigente” (Tar Lazio II 8\2\2012 n.1236).
Venendo poi agli altri motivi di ricorso che ruotano attorno alla contestata inedificabilità assoluta della fascia di rispetto cimiteriale, qualificazione che invece trova espressa indicazione nella legge, la disciplina di tutela è confermata dalla giurisprudenza maggioritaria, cui questo Collegio ritiene di conformarsi.
Ha infatti affermato sulla questione il Tar Palermo III 18\1\2012 n.77 che “La salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall’art. 338, r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, consiste in un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale”.
Va dunque respinta la lettura restrittiva che parte ricorrente dà della disciplina in questione, volendo introdurre una distinzione tra i manufatti non destinati alla residenza, compatibili, e le altre opere, incompatibili con il vincolo, che la legge non contempla.
La disciplina delle aree “d’inedificabilità assoluta”, deve necessariamente essere valutata con riferimento alla volontà del legislatore di evitare di compromettere la futura fascia di espansione del cimitero e quindi nessuna importanza può avere la funzione del manufatto o la sua destinazione, dovendosi piuttosto considerare la sua amovibilità o provvisorietà.
Nella specie l’immobile contestato risulta esistente da quasi quarant’anni, secondo gli accertamenti compiuti dall’amministrazione, in esito all’istruttoria della domanda di condono, negandosi così in radice la temporaneità o precarietà dell’attività svolta.
Il Collegio come detto, aderisce alla giurisprudenza più recente del CdS (IV 12\5\2014 n.2405) che ha affermato “Il vincolo cimiteriale, espresso dall’art. 338, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, come modificato dapprima dall’art. 4, l . 30 marzo 2001, n. 130 e quindi dall’art. 28 comma 1 lett. a), l. 1 agosto 2002, n. 166, ha natura assoluta e s’impone, in quanto limite legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di tutela di preminenti esigenze igienico-sanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione della cinta cimiteriale”.
Se così è nessun pregio possono avere gli ulteriori motivi di ricorso, che vorrebbero sindacare il difetto di motivazione e di istruttoria del comune per aver “giustificato” il diniego con il solo riferimento alla lettera della legge, senza alcuna valutazione circa la situazione attuale dei luoghi e l’affermata compatibilità del manufatto.
Come sopra ricordato, il divieto assoluto di edificazione imponeva al comune il diniego del condono, con la semplice verifica della insistenza del manufatto artigianale all’interno dell’area di rispetto del cimitero di Rivarolo.
Quanto poi alle valutazioni circa l’impossibilità di ampliamento del cimitero, invero non dimostrata,, questa affermazione riguarda un giudizio futuro e prognostico della situazione dell’area al momento della necessità del suo ampliamento, che esula dalla presente controversia.
Inoltre la scelta operata dal comune nella fattispecie, negando il condono, sembra andare nella direzione opposta.
Il ricorso va conclusivamente rigettato.
Sussistono giustificate ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere, Estensore
Paolo Peruggia, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)