TAR Campania, Napoli, Sez. I, 9 novembre 2021, n. 7125

TAR Campania, Napoli, Sez. I, 9 novembre 2021, n. 7125

Pubblicato il 09/11/2021
N. 07125/2021 REG.PROV.COLL.
N. 03938/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3938 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Orefice, con domicilio eletto in Napoli al Viale Gramsci n. 23.
contro
Prefettura di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, n. 11;
Comune di Frattamaggiore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonella Di Bitonto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a) della Comunicazione dell’UTG di Napoli n. -OMISSIS- Area 1/Ter/OSP, recante informazione interdittiva a carico della società ricorrente; b) per quanto occorra, degli atti e delle relazioni richiamati nel corpo del provvedimento interdittivo; c) di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e/o comunque lesivo degli interessi della società ricorrente.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- srl il 18\10\2019: a) del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, con cui il Dirigente dell’Ufficio SUAP del Comune di Frattamaggiore ha disposto il diniego all’accoglimento della domanda di rinnovo dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di impresa funebre e casa funeraria presentata in data 18/09/2019, prot. n. -OMISSIS-, dalla società ricorrente;c) di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e/o comunque lesivo degli interessi della società ricorrente, con particolare riferimento alla nota della Prefettura prot n. -OMISSIS-, alla comunicazione di avvio del procedimento prot. n. -OMISSIS-, alla nota prot. n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura di Napoli e del Comune di Frattamaggiore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2021 il dott. Maurizio Santise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso tempestivamente notificato all’amministrazione resistente e regolarmente depositato nella Segreteria del T.a.r., la società ricorrente ha esposto quanto segue:
a) La società ricorrente ha svolto attività di impresa nel Comune di Frattamaggiore, in virtù, da ultimo, dell’autorizzazione comunale rilasciata con provvedimento prot. n. -OMISSIS-;
b) scaduta la predetta autorizzazione, con istanza prot. n. -OMISSIS-, la -OMISSIS- S.r.l. ha chiesto il rinnovo della autorizzazione in parola;
c) la Prefettura di Napoli ha, tuttavia, emesso il provvedimento Area 1/n. -OMISSIS- recante informazione interdittiva ai sensi della normativa antimafia a carico della ricorrente.
Con l’odierno ricorso, la società ricorrente ha, quindi, impugnato il predetto provvedimento, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 d.lgs. 159/2011 – Violazione artt. 3, 41, 97 Costituzione – difetto di motivazione e difetto di istruttoria – violazione art. 3 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento – travisamento – Difetto di istruttoria.
2. Con provvedimento prot. n. -OMISSIS-, il Dirigente dell’Ufficio SUAP del Comune di Frattamaggiore ha disposto il diniego all’accoglimento della domanda di rinnovo dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di impresa funebre.
Con ricorso per motivi aggiunti depositati in data 18 ottobre 2019 la società ricorrente ha, quindi, impugnato il predetto provvedimento, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento per motivi sostanzialmente sovrapponibili a quelli già articolati con il ricorso introduttivo.
3. Con ulteriore ricorso depositato in data 22 novembre 2019, la società ricorrente ha, altresì, articolato i seguenti ulteriori motivi di ricorso:
a) Violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 d.lgs. 159/2011 – violazione artt. 3, 41, 97 costituzione – difetto di motivazione e difetto di istruttoria – violazione art. 3 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per sviamento – travisamento – sviamento – contraddittorietà;
b) Contraddittorietà – violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 d.lgs. 159/2011 – violazione artt. 3, 41, 97 costituzione – difetto di motivazione e difetto di istruttoria – violazione art. 3 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per sviamento – travisamento – sviamento – difetto di istruttoria;
c) Violazione art. 3 l. 241/1990 – difetto di motivazione – violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 del d.lgs. 159/2011 – sviamento di potere;
d) Violazione art. 3 l. 241/1990 – difetto di motivazione – violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 del d.lgs. 159/2011 – sviamento di potere – contraddittorietà;
e) Violazione artt. 3, 41, 97 costituzione – violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 d.lgs. 159/2011 – difetto di motivazione e difetto di istruttoria – violazione art. 3 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per sviamento – travisamento – sviamento – difetto di istruttoria – contraddittoriertà – illegittimità costituzionale.
Con ordinanza cautelare n. 1788 del 2019 è stata respinta la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Tanto premesso in punto di fatto, rileva il Collegio che la giurisprudenza amministrativa consolidata, anche di questa Sezione, ha già evidenziato che l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.
Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, TAR per la Campania, n. 3195/2018; Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011).
Sotto tale profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: in altri termini, una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri.
Questa Sezione ha poi chiarito che, in linea di principio, l’interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall’analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’attività di impresa (cfr., T.A.R. per la Campania, sez. I, 7.01.2019, n.73; conf. Cons. Stato, sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2).
Sulla stessa scia questa Sezione ha precisato che il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro, che non smentisce da solo la persistenza di legami vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari. Peraltro, occorre considerare che l’infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalla quale promana e per la durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile (cfr., T.a.r. per la Campania, Sez, I, n. 155/2020 e Cons. Stato, Sez. III, n. 4657/2015).
L’Amministrazione può dare rilievo anche ai rapporti di parentela tra titolari di un’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, secondo criteri di verosimiglianza, che l’impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata. Specialmente, nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia ben può verificarsi un’influenza reciproca di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Tale influenza può essere, quindi, desunta dalla considerazione che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicchè in una famiglia mafiosa, anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del capofamiglia e dell’associazione. Deve essere, quindi, esclusa ogni presunzione di irrilevanza dei rapporti di parentela, ove gli stessi risultino indizianti di una situazione complessiva tale da non rendere implausibile un collegamento, anche non personale e diretto, tra soggetti imprenditori ed ambienti della criminalità organizzata (cfr., T.A.R. per la Campania, sez. I, 09/12/2019, n. 5796).
Inoltre, la giurisprudenza consolidata ha già chiarito che la valutazione del rischio di inquinamento mafioso deve basarsi sul criterio del “più probabile che non”, che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o possono anche essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione, e che la relativa valutazione del Prefetto risulta sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (cfr., Consiglio di Stato sez. III, 14/07/2020, n.4542).
Con specifico riguardo all’informativa antimafia, il Prefetto, ai sensi degli artt. 91, commi 5 verifica l’assenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’articolo 67, e accerta se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i collegamenti informatici di cui all’articolo 98, comma 3. Ai sensi del comma 6, il Prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall’accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva.
Il Legislatore indica, quindi, le fonti da cui il Prefetto può desumere tentativi di infiltrazione mafiosa che hanno natura meramente esemplificativa e non certo tassativa.
5. Alla luce delle tracciate coordinate ermeneutiche possono essere esaminati i ricorsi proposto dalla società ricorrente.
Questa Sezione, con la predetta ordinanza cautelare, ha evidenziato che il provvedimento interdittivo antimafia impugnato ha valorizzato i profili di pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno della società ricorrente, specie con riguardo alla sentenza di n. -OMISSIS- emessa dal Tribunale di Napoli a carico di -OMISSIS- e, pertanto, ha respinto la domanda cautelare.
Ritiene il Collegio di dover confermare l’esito del procedimento cautelare, confortato dalle seguenti ulteriori specificazioni.
La sentenza sopra menzionata ha condannato -OMISSIS- per il reato previsto e punito dall’art. 12 quinquies l. n. 356/92 in quanto resosi protagonista di un’attribuzione fittizia di quote di partecipazione, nonché indicato come soggetto che gestiva ditte di onoranze funebri sostanzialmente riconducibili a Salvatore Esposito – accusato, tra l’altro, di aver partecipato con altre persone ad “un’associazione camorristica denominata “-OMISSIS-” — condannato a venti anni di reclusione con la stessa sentenza n. 4008/17 del 24.3 .2017.
I gravissimi fatti contestati e accertati a carico di -OMISSIS- non lasciano alcun dubbio sul concreto e attuale pericolo di infiltrazione mafiosa carico della società ricorrente.
6. Prive di rilievo sotto questo profilo sono le circostanze, valorizzate dalla ricorrente, che la sentenza non è ancora definitiva e che l’informativa gravata non dà conto dell’ordinanza del 7 agosto 2013 del Tribunale del Riesame che ha annullato il decreto di sequestro preventivo a carico di -OMISSIS-.
La circostanza che la sentenza non sia ancora passata in giudicato, infatti, non esclude il valore probante della stessa, specie per i gravissimi fatti in essa accertati; l’ordinanza del tribunale del riesame è superata, peraltro, dalla stessa sentenza sopra menzionata.
Con memoria depositata in data 17 settembre 2021, la ricorrente ha, inoltre, evidenziato che, con sentenza n. -OMISSIS-depositata in segreteria in data 10.09.2021, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da -OMISSIS- e ha annullato la sentenza di condanna nei suoi confronti, in quanto ha escluso l’esistenza del vincolo associativo di cui all’art. 7 della L. n. 203 del 1991, e ha dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione.
Sul punto va evidenziato che la giurisprudenza amministrativa consolidata ha specificato che “la legittimità dell’atto va verificata alla stregua degli elementi esistenti al momento della sua adozione: gli elementi sopravvenuti possono essere rappresentati all’Amministrazione proponendo apposita istanza di aggiornamento, ma non possono assumere rilievo ai fini della presente pronuncia che deve valutare la logicità e ragionevolezza della decisione assunta dal Prefetto, alla stregua del “principio del più probabile che non”, alla stregua degli elementi fattuali al momento esistenti” (cfr., Cons. Stato, sentenza 14 settembre 2018, n. 5410).
Ne consegue l’irrilevanza, ai fini della legittimità dell’interdittiva antimafia impugnata, della citata sentenza della Corte di Cassazione. La ricorrente potrà presentare un’istanza di aggiornamento della posizione antimafia alla Prefettura che sarà tenuta a valutare l’incidenza sulla complessa posizione della società ricorrente della citata sentenza della Corte di Cassazione.
7. Va, inoltre, ribadito che non sussiste il denunciato profilo di contrasto della normativa antimafia con la costituzione e con la normativa sovranazionale, come ha recentemente evidenziato lo stesso Consiglio di Stato, cui integralmente si rinvia (cfr., Cons. Stato, sez. III, 25 ottobre 2021, n. 7165).
Quest’ultimo ha, infatti, chiarito che i dubbi di illegittimità della normativa antimafia per violazione delle norme costituzionali, euro unitarie e internazionali pattizie sono manifestamente infondati, in quanto secondo la normativa nazionale di riferimento le predette misure si concretizzano, non nella dedotta incisione su di uno status generale di capacità giuridica bensì, nella previsione di limiti e divieti temporanei e specifici, di contrattazione con la pubblica amministrazione e di esercizio di attività economiche sottoposte a vaglio autorizzativo a tutela di interessi pubblici generali, quali la tutela della salute, dell’ambiente e degli utenti, ma anche a tutela della stessa possibilità di un loro libero esercizio da parte di tutti i competitori economici, nel rispetto dei principi di libertà d’iniziativa economica privata e di concorrenza sanciti dall’art. 41 Cost. e dal Trattato UE.
La reiezione dei ricorsi in relazione all’interdittiva antimafia comporta la reiezione dei ricorsi tesi a contestare il provvedimento del Comune di Frattamaggiore che ha disposto il diniego all’accoglimento della domanda di rinnovo dell’autorizzazione, in quanto logica e vincolata conseguenza del provvedimento interdittivo.
Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui ricorsi per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone fisiche e giuridiche contemplate nella presente sentenza.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Giuseppe Esposito, Consigliere
Maurizio Santise, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Maurizio Santise)
IL PRESIDENTE (Salvatore Veneziano)
IL SEGRETARIO

[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]

Written by:

Sereno Scolaro

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