TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 4 aprile 2013, n. 3407

Norme correlate:
Art 1 Legge n. 241/1990
Art 2 Legge n. 241/1990
Art 3 Legge n. 241/1990
Legge n. 130/2001

Riferimenti: TAR, II 17/03/08 n. 2420

Testo completo:
TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 4 aprile 2013, n. 3407
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1052 del 2012, proposto da:
Giambarda Perla e Leonardo Casu, rappresentati e difesi dagli avv.ti Carlo Mirabile e Alessandro Mannocchi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Borgognona, 47;
contro
Comune di Pomezia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dagli avv.ti Giovanni Pascone e Adriano Rocco, con domicilio eletto presso l avv. Fabio Lucchesi in Roma, via Parioli, 63;
per l’annullamento
– del provvedimento del Comune di Pomezia contenuto nella nota del 15 dicembre 2011, prot. n. 109117/2011, con la quale è stata respinta l istanza presentata il 26 ottobre 2010 dalla sig.ra Perla Giambarda avente ad oggetto la dispersione delle ceneri del defunto marito;
– della deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Pomezia n.59
del 31 marzo 2011, nella parte in cui ha disposto la modifica dell articolo 5 della deliberazione del Consiglio Comunale n. 52 del 31 luglio 2008;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale, successivo e/o connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pomezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, gli istanti esponevano che nella qualità di moglie e figlio del sig. Casu deceduto in data 12 ottobre 2007 ed eredi dello stesso, al fine di adempiere alla volontà del de cuius, avevano provveduto alla cremazione della salma ed a chiedere le modalità per poter procedere alla dispersione delle ceneri. Nonostante il Comune rappresentasse l impossibilità di acconsentire poichè non vi era un regolamento in materia, i ricorrenti rinvenivano sul sito dell amministrazione il modulo per la richiesta di dispersione e presentavano domanda in data 26 ottobre 2010. IlComune, tuttavia, rimaneva inerte. Solo in data 15 dicembre 2011, con il provvedimento gravato, il Comune, premesso che la disciplina della dispersione delle ceneri prevista dal Regolamento comunale risultava discordante con il disposto della normativa nazionale di cui alla l. n. 130 del 2001, informava di aver proceduto a modificare la predetta disciplina integrandola con l art. 5 che prevede che La dispersione delle ceneri è autorizzata dall Ufficio dello Stato civile del Comune di Pomezia, tanto nel caso in cui nel territorio comunale sia avvenuto il decesso, quanto nel caso in cui nel medesimo territorio siano collocate le ceneri al momento della richiesta per la dispersione.
La volontà del defunto deve risultare:
da disposizione testamentaria; da dichiarazione olografa previamente pubblicata da un notaio; ovvero, per coloro i quali al momento della morte risultino iscritti ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, da prestazione di una dichiarazione in tal senso in carta libera scritta e datata, sottoscritta dall associato di proprio pugno o, se questi non sia in grado di scrivere, confermata da due testimoni, dalla quale chiaramente risulti detta volontà.
La dichiarazione deve essere convalidata dal Presidente dell Associazione.
La dispersione delle ceneri è eseguita dai soggetti indicati dal defunto mediante una dele modalità di cui al precedente capoverso. In mancanza, da:
– esecutore testamentario:
– coniuge;
– in difetto, dal parente più prossimo secondo gli artt. 74 e segg. Del codice civile e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da persona indicata dalla maggioranza assoluta di essi; ancora dal rappresentante legale delle associazioni sopra indicate nel presente articoli .
Pertanto, denegava l autorizzazione.
I ricorrenti, conseguentemente, impugnavano il predetto provvedimento negativo, deducendo che nel modulo presente sul sito internet era specificamente prevista la possibilità, in caso di mancanza di manifestazione di volontà del defunto, di procedere sulla base della dichiarazione del coniuge o del parente più prossimo in ordine alla volontà manifestatagli. Sicchè solo il ritardo dell Amministrazione nella conclusione del procedimento aveva impedito agli istanti di ottenere l autorizzazione prima che intervenisse la modifica regolamentare indicata.
Per quanto esposto, gli istanti censuravano il diniego per i seguenti motivi:
1 violazione e falsa applicazione dell art. 5 del Regolamento comunale di cui alla deliberazione n. 52 del 31 luglio 2008, dell art. 2, l. n. 241 del 1990, del combinato disposto dalla l. 30 marzo 2001, n. 130 e dall art. 162, l. reg. 28 aprile 2006 n. 4,d egli artt. 3 e 97 Cost., eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche;
2 illegittimità della delibera n. 59 del 31 marzo 2011 per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dalla l. n. 130 del 2001 e dall art. 162, l. reg. n. 4 del 2006 che sono dirette alla tutela della volontà del defunto, nonchè violazione dell art. 1, l. n. 241 del 1990 e degli artt. 3 e 97 Cost. ed eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche per aggravamento dell attività amministrativa.
Gli istanti, chiedevano, pertanto, l annullamento del provvedimento di diniego con conseguente riesame della domanda alla luce della previdente disciplina ed, in via meramente gradata, il risarcimento del danno esistenziale conseguente alla mancata autorizzazione.
Si costituiva il Comune chiedendo la reiezione del gravame ed affermando la legittimità della nuova norma regolamentare, che sarebbe, peraltro, sottratta al sindacato giurisdizionale in quanto espressione di una valutazione di interessi pubblici unicamente spettante all amministrazione.
Nella specie, peraltro, sarebbe predominante la necessità dell autorizzazione del competente ufficio comunale stante l attinenza ai profili igienico-sanitari della materia della dispersione delle ceneri.
La causa era trattenuta in decisione all udienza del 7 febbraio 2013.
DIRITTO
1 Osserva il Collegio che, ai fini della decisione, si impone una premessa in ordine all’individuazione del quadro normativo applicabile; infatti, non si può prescindere nella specie all attenzione nei confronti della normativa vigente al momento in cui avrebbe dovuto essere concluso il procedimento in esame.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che il principio del tempus regit actum governa ordinariamente il procedimento amministrativo e pretende che la legittimità del provvedimento finale, per qualsiasi aspetto che riguardi la sua essenza, la struttura o i requisiti, sia raffrontato al paradigma legale del tempo in cui è posto in essere.
La questione che si pone oggi al Collegio riguarda la possibilità di individuare un corollario di tale principio che sostanzialmente costituisca applicazione dei principi dettati dalla Costituzione a tutela del buon andamento dell azione della pubblica amministrazione ed ormai fissati anche dalla normativa generale sul procedimento amministrativo in forza del quale, nell ipotesi di ingiustificata e prolungata inerzia dell amministrazione, debba aversi riguardo alla disciplina applicabile al momento in cui il procedimento avrebbe dovuto essere concluso, senza che possano gravare sul privato gli aggravamenti procedimentale successivamente introdotti.
Nel caso di specie, non è controverso che al momento della domanda di autorizzazione alla dispersioni delle ceneri e, dunque, nel periodo previsto per la conclusione dell iter procedimentale, non era stato introdotto il nuovo art. 5 nel Regolamento comunale, che escludeva la possibilità di acquisire la volontà del defunto tramite la dichiarazione dei familiari.
Del resto, contrariamente da quanto sostenuto dall Amministrazione, una tale preclusione non trova la sua ratio nella disciplina nazionale, che anzi prevede che in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto possa valere la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza (art. 3, comma 1, n. 3, l. n. 130 del 2001); neppure trova riscontro nella normativa regionale che richiama la disciplina statale nelle more dell emanazione di un organica normativa regionale della materia (art. 162, l. reg. Lazio n. 4 del 2006).
2 – Giova a riguardo richiamare l orientamento espresso da questo TAR, sez. II ter, con la sentenza n. 2420 del 17 marzo 2008, evidenziata dalla parte ricorrente, con cui si è precisato che, nel caso di una chiara violazione dei termini di conclusione del procedimento, il “lunghissimo silenzio dell’amministrazione”, che ha lasciato pendente il procedimento senza concluderlo come prescrive l’art. 2 della legge 7.8.1990 n. 241 non può ritorcersi a danno del cittadino nelle ipotesi di provvedimenti sopravvenuti .
Sicché, seppur è noto che i termini di conclusione del procedimento non hanno carattere perentorio ma sono di natura ordinatoria, la Sezione richiamava quanto già ribadito con la sentenza n. 1968/2007, affermando in quel caso che la conclusione del procedimento ritardata di quasi tre anni che ha comportato il rigetto dell’istanza per la sopravvenienza della delibera comunale che ne impedisce un esito favorevole (delibera n. 119/05 approvata dopo circa 15 mesi dalla presentazione della domanda) non può non ricadere sulla stessa valutazione di legittimità del relativo provvedimento negativo, pena l’assoluta inutilità della norma procedimentale violata .
Nella fattispecie che occupa, a fronte della domanda presentata il 26 ottobre 2010, attraverso la compilazione del modulo previsto dallo stesso Comune, allegando la dichiarazione rilasciata il 22 ottobre 2007, il provvedimento era emanato solo in data 15 dicembre 2011 e comunicato il successivo 28 dicembre. Ne consegue che se il Comune avesse rispettato i tempi procedimentali, avrebbe valutato la richiesta ai sensi della deliberazione del Consiglio comunale n. 52 del 31 luglio 2008, prima dell intervento della modifica N. 01052/2012 REG.RIC. http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione 2… 6 di 8 18/04/2013 16:18 all art. 5, operata dalla deliberazione n. 59 del 31 marzo 2011. Né vale opporre, al riguardo, il fatto che la ricorrente avrebbe potuto attivare il rito speciale del silenzio, in quanto, seppure si tratti di un rimedio posto a favore dell’interessato per tutelarsi di fronte all’inerzia dell’amministrazione, la mancata attivazione di tale strumento non può comunque costituire una esimente per l’ente pubblico dietro la quale celarsi quando omette di esercitare il potere che ha il dovere di esercitare. Si rivela, pertanto, fondato il primo motivo proposto dall’interessato tanto che il successivo riesame dell’istanza da parte del Comune dovrà essere effettuato, al fine di verificare la compatibilità del progetto con la situazione viabilistica della zona, alla luce della delibera n. 52 del 2008.
3 Ai fini della decisione del ricorso appare assorbente quanto sin qui considerato, mentre non rileva per la tutela della posizione dei ricorrenti il secondo motivo attraverso cui gli stessi hanno impugnato l atto generale sopravvenuto.
4 – In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui sopra con conseguente annullamento del provvedimento di diniego impugnato e fatti salvi gli ulteriori provvedimenti assunti dall’amministrazione resistente. Nulla deve disporsi sulla domanda di risarcimento del danno proposta dalla parte ricorrente solo in via gradata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato indispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento di cui alla nota del 15 dicembre 2011 impugnata, fatti comunque salvi gli ulteriori provvedimenti assunti dal Comune di Pomezia. Condanna il Comune resistente al pagamento delle spese di lite a favore della parte ricorrente, che sono determinate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art.89, co. 3, cod. proc. amm.)

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