Consiglio di Stato, Sez. I, 5 agosto 2025, parere n. 855

Massima

[ I ] Essendo dunque l’affidamento delle ceneri a privati ammesso anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001 e non avendo pertanto la disciplina sopravvenuta carattere innovativo sotto questo profilo, deve ritenersi che la modalità di conservazione in parola è prospettabile anche in relazione alle ceneri derivanti dalla cremazione, successiva all’esumazione o all’estumulazione, di salme inumate o tumulate prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001. In secondo luogo, va rilevato che per principio generale - qualora si reputi il carattere non retroattivo di una disposizione - la sua applicabilità ratione temporis dipende dal momento in cui è integrata la fattispecie che la stessa disciplina. Nel caso in esame, la fattispecie disciplinata dall’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001 non è costituita dal decesso o dall’inumazione o dalla tumulazione (in ipotesi avvenute prima dell’entrata in vigore della legge medesima), bensì dalla cremazione di salme inumate da almeno dieci anni e di salme tumulate da almeno venti anni. Ne consegue che la disposizione suddetta non può che trovare applicazione con riferimento a tutte le cremazioni di salme, esumate o estumulate dopo il periodo prescritto ed eseguite successivamente alla sua entrata in vigore, a prescindere tanto dal momento del decesso, quanto dal momento dell’inumazione o della tumulazione della salma medesima.
[ II ] In conseguenza dell'orientamento della Suprema Corte, sussiste quindi una gerarchia tra lo ius eligendi sepulchrum di cui è titolare il de cuius e lo ius eligendi sepulchrum riferibile al coniuge o ai parenti più prossimi, nel senso che il secondo può operare soltanto nell’ipotesi in cui il primo non sia stato esercitato. In tale ipotesi, tuttavia, lo ius eligendi sepulchrum dei congiunti è un diritto, di contenuto analogo a quello di cui è titolare il de cuius, “spettante iure proprio ai congiunti più prossimi”.
[ III ] Il presupposto che sia la volontà del defunto a dover essere dimostrata non è coerente con il quadro normativo statale vigente e con l’interpretazione che ne discende, come suesposta, perché la volontà manifestata dal coniuge o dai parenti più prossimi, in assenza di una volontà del de cuius, è volontà propria di questi ultimi e non manifestazione della volontà del de cuius (in ipotesi mancante in quanto mai da questi espressa in alcun modo).
[ IV ] Muovendo dalle coordinate ermeneutiche applicabili con riferimento alla titolarità e all’esercizio dello ius eligendi sepulchrum, da un lato, e alla rilevanza attribuita dalla legge alla volontà del coniuge e dei parenti più prossimi (dei quali soltanto è richiesto l’“assenso”) in ordine alla cremazione delle salme esumate o estumulate dopo il periodo prescritto (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), la Sezione ritiene la stessa disciplina debba trovare applicazione con riguardo alla destinazione delle ceneri rivenienti dalla suddetta cremazione. Se, infatti, decorso (rispettivamente) il decennio o il ventennio dall’inumazione o dalla tumulazione la legge consente espressamente di autorizzare la cremazione di salme in virtù del solo “assenso” del coniuge o dei parenti più stretti (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), e dunque anche in assenza di una volontà espressa in tal senso dal defunto, a fortiori deve ritenersi possibile l’affidamento delle relative ceneri ai familiari (esclusa, per ragioni proprie che verranno di seguito illustrate, la dispersione), ancorché, anche in questo caso, in assenza di una volontà espressa dal defunto in tal senso. Questa conclusione risulta peraltro conforme alla ricostruzione dello ius eligendi sepulchrum in termini di diritto proprio del coniuge o dei parenti più prossimi, il cui esercizio è subordinato all’assenza di una volontà manifestata dal defunto in ordine alla destinazione delle proprie ceneri.
[ V ] La volontà del defunto in ordine alla destinazione delle ceneri debba essere manifestata, e dunque comprovata, con le medesime modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001 (ivi inclusa “qualsiasi altra espressione di volontà” – così il n. 3 – oltre alla disposizione testamentaria, alla dichiarazione autografa e all’iscrizione ad una delle associazioni di cui al n. 2) con riferimento alla cremazione. Qualora il defunto non abbia manifestato la sua volontà in ordine alla destinazione delle ceneri con una delle suddette modalità, saranno il coniuge o, in mancanza, i parenti più prossimi ad esprimere, nell’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum in relazione alle spoglie del defunto, la propria volontà dinanzi all’ufficiale di stato civile, con le modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b), n. 3) della legge n. 130 del 2001.
[ VI ] Laddove il defunto non abbia manifestato una volontà in ordine alla destinazione delle ceneri, la dichiarazione resa dai congiunti consiste nell’esercizio di un diritto proprio (ius eligendi sepulchrum) in relazione alle spoglie del congiunto defunto. In tal caso, pertanto, l’originaria scelta espressa in merito alla destinazione delle ceneri (ad esempio il collocamento nel cimitero) può essere modificata da coloro che hanno reso la relativa dichiarazione (ad esempio nel senso di chiedere l’affidamento delle ceneri). Ciò in quanto la volontà in origine manifestata è volontà propria del coniuge o dei parenti più prossimi che hanno reso la dichiarazione; gli stessi soggetti possono quindi, con le stesse modalità, esprimere una volontà diversa, precisando altresì che la destinazione delle ceneri può mutare, per effetto di una nuova dichiarazione, soltanto nel senso dell’individuazione di un nuovo luogo in cui le ceneri siano conservate, restando fermo il divieto di dispersione delle ceneri, poiché a dispersione delle ceneri presuppone un’espressa volontà del defunto in tal senso, tale forma di destinazione delle ceneri non può avere luogo – in assenza di volontà espressa del defunto – per effetto né di una scelta originaria del coniuge o dei parenti più prossimi, né di una scelta sopravvenuta che modifichi quella originaria, né di scelte successive effettuate dai soggetti legittimati ai sensi della legge n. 130 del 2001.
A diversa conclusione si deve pervenire laddove la dichiarazione resa dinanzi all’ufficiale di stato civile abbia in concreto avuto ad oggetto non la volontà del coniuge o dei parenti più prossimi che detta dichiarazione hanno reso, bensì la volontà del defunto, autodeterminatosi in vita in relazione all’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum con riferimento alle proprie spoglie: detta dichiarazione è in tal caso immodificabile, in quanto trattasi di dichiarazione attestante la volontà del defunto che confluisce in un atto pubblico. Laddove si intendesse modificare il contenuto della dichiarazione nella parte in cui questa riporta la volontà (non del dichiarante, bensì) del defunto, il coniuge o il parente che ne avesse interesse, non potendo provvedere alla modifica in via amministrativa, dovrebbe adire il giudice al fine di ottenere una decisione che attesti l’effettiva, ed eventualmente diversa, volontà del defunto.

Testo

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 21 maggio 2025 e del 11 giugno 2025
NUMERO AFFARE 01018/2024

OGGETTO: Regione Piemonte. Quesito in materia di affidamento e dispersione di resti cinerei derivanti da cremazione a seguito di estumulazione ed esumazione di salme.
LA SEZIONE
Vista la nota, inviata via pec, del 17 luglio 2024, con la quale il Regione Piemonte ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
Visto il parere interlocutorio n.1430/2024 reso dalla Sezione all’esito delle Adunanze del 9 ottobre e del 6 novembre 2024;
Vista la nota prot. n.13523/2025 del 24 marzo 2025, con la quale la Regione Piemonte in via di adempimento ha fornito riscontro ai quesiti posti dalla Sezione con il citato parere interlocutorio;
Esaminati gli atti e uditi all’adunanza dell’11 giugno 2025 i relatori, consiglieri Valeria Vaccaro e Davide Miniussi.

Premesso in fatto e considerato in diritto.
1. La Regione Piemonte chiede a questo Consiglio di Stato un parere su due distinte questioni interpretative emerse in relazione a richieste di affidamento a familiari o di dispersione di ceneri derivanti da cremazione, in seguito a estumulazioni o esumazioni di salme di persone decedute in un periodo precedente all’entrata in vigore della legge 30 marzo 2001, n. 130 (“Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”).
1.1. Con un primo quesito, la Regione Piemonte chiede se sia possibile accogliere richieste di affidamento a familiari o di dispersione di resti cinerei derivanti da cremazione di salme inumate o tumulate in una fase precedente al 2001, in assenza di una dichiarazione espressa del defunto e, in caso affermativo, se la volontà del deceduto possa essere comprovata mediante le medesime modalità previste per la cremazione.
Nel dettaglio, la Regione chiede alla Sezione di chiarire se le ceneri di salme inumate o tumulate in un periodo precedente all’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001 possano, dopo la cremazione effettuata successivamente all’esumazione o all’estumulazione delle stesse, essere oggetto di affidamento a familiari o essere disperse. In caso di risposta affermativa, la stessa Regione chiede, sempre con il primo quesito, se la volontà del defunto possa essere comprovata con le stesse modalità previste per la cremazione delle salme nell’immediatezza del decesso (ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001).
1.2. Con un secondo quesito, la Regione Piemonte chiede invece se debbano o meno considerarsi irretrattabili le dichiarazioni, formalizzate all’atto del decesso, con le quali, in assenza di volontà scritte del de cuius, i parenti abbiano disposto in merito alla destinazione dei resti cinerei. Nel dettaglio, se, a distanza di anni dalle esequie, sia possibile per il coniuge o, in difetto, per i parenti più prossimi, avanzare richieste di cambio di destinazione dei resti cinerei oppure se le dichiarazioni da questi originariamente rese debbano essere considerate manifestazioni definitive e non più modificabili della volontà del defunto.
Come emerso dai chiarimenti resi dall’Amministrazione in risposta al parere interlocutorio su richiamato, i dubbi interpretativi sottoposti alla valutazione della Sezione sono relativi alle ipotesi in cui il coniuge o i parenti più prossimi, in assenza di volontà scritte del defunto, abbiano disposto per la cremazione e la conservazione dei resti cinerei in un luogo (ad esempio nel cimitero), ma, a distanza di anni dalle esequie, avanzino richiesta di cambio di destinazione dei resti cinerei oppure ne chiedano la dispersione. In particolare, ad alcuni Comuni sono state presentate:
– richieste di familiari relative ad affidamento delle ceneri, in assenza di dichiarazione scritta del defunto, formulate ad anni di distanza dalla dichiarazione resa dagli stessi al momento del decesso del de cuius all’ufficiale di stato civile con la quale si era manifestata la volontà di procedere alla cremazione della salma e alla collocazione delle ceneri presso il cimitero;
– richieste di familiari di dispersione delle ceneri custodite dall’affidatario o richieste di affidamento o dispersione di ceneri già collocate nel cimitero.
2. Alle adunanze del 21 maggio 2025 e dell’11 giugno 2025 la Sezione ha esaminato i quesiti.
Va preliminarmente ricostruito il quadro normativo di riferimento.
2.1. Come correttamente illustrato nella richiesta di parere, già prima della fondamentale legge n. 130 del 2001, il d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (“Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”) aveva introdotto una disciplina generale relativa alle autorizzazioni alla cremazione, dispersione e affidamento familiare delle ceneri, innovando rispetto al precedente, e non più vigente, d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (“Regolamento di polizia mortuaria”).
Richiedendo in particolare la presentazione di un documento attestante la volontà del defunto, l’articolo 79, comma 1, d.P.R. n. 285 del 1990, disponeva che, in assenza di espressa disposizione testamentaria, la volontà alla cremazione dovesse “essere manifestata dal coniuge e, in difetto, dal parente più prossimo individuato secondo gli articoli 74 ss. c.c. e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi”; la stessa volontà, sulla base del comma 2 del medesimo articolo, doveva “risultare da atto scritto con sottoscrizione autenticata da notaio o dai pubblici ufficiali abilitati ai sensi dell’articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, ovvero da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.
Nella sua formulazione originaria, il citato d.P.R. n. 285 del 1990, pur non contemplando espressamente l’istituto dell’affidamento a familiari delle ceneri, recava tuttavia un richiamo all’articolo 343 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (“Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”) in forza del quale le stesse potevano “essere collocate nei cimiteri o in cappelle o templi appartenenti a enti morali o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione”(articolo 81, d.P.R. n. 285 del 1990).
2.2. Con legge n. 130 del 2001 la disciplina del 1990 è stata modificata.
Nel dettaglio, la suddetta legge del 2001:
– all’articolo 1 definisce l’ambito normativo di riferimento, ossia “La pratica funeraria della cremazione, nonché, nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri”.
– all’articolo 2 aggiunge all’articolo 411 cod. pen. i seguenti commi: “Non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto. La dispersione delle ceneri non autorizzata dall’ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, è punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da lire cinque milioni a lire venticinque milioni”;
– all’articolo 3 prevede che con “regolamento governativo da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, (…) si provvede alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, sulla base dei seguenti principi:
a) l’autorizzazione alla cremazione spetta all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, che la rilascia acquisito un certificato in carta libera del medico necroscopo dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero, in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata all’autorità giudiziaria, il nulla osta della stessa autorità giudiziaria, recante specifica indicazione che il cadavere può essere cremato;
b) l’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità: 1) la disposizione testamentaria del defunto, tranne nei casi in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa; 2) l’iscrizione, certificata dal rappresentante legale, ad associazioni riconosciute che abbiano tra i propri fini statutari quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati (…); 3) in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza. Nel caso in cui la volontà sia stata manifestata all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo verbale all’ufficiale dello stato civile del comune di ultima residenza del defunto; 4) la volontà manifestata dai legali rappresentanti per i minori e per le persone interdette;
c) la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati, come definiti dall’articolo 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;
d) la dispersione delle ceneri è eseguita dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall’esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell’associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune;
e) fermo restando l’obbligo di sigillare l’urna, le modalità di conservazione delle ceneri devono consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari”.
2.3. Per quanto la legge n. 130 del 2001 rimandi ad un atto regolamentare non emanato, la stessa è stata ritenuta non priva di efficacia.
Decisivo, al riguardo, è stato l’avviso interpretativo espresso dalla prima Sezione del Consiglio di Stato con parere 29 ottobre 2003, n. 2957, secondo cui, nelle more dell’adozione della normativa regolamentare, l’efficacia ed operatività della legge n. 130 del 2001 non è di per sé ed automaticamente esclusa. Come riportato testualmente nel succitato parere, “la legge 30 marzo 2001, n. 130, recante disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, non è una legge delega, come tale inapplicabile in carenza di esercizio della delega, ma una legge ordinaria, diretta ad innovare la normativa vigente in materia di cremazione e in particolare il regolamento di polizia mortuaria approvato con d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285”.
Secondo la posizione espressa dal Consiglio di Stato nel 2003, in particolare, le disposizioni legislative di mero principio contenute nella legge n. 130 del 2001 “costituiscono comunque criterio interpretativo delle norme previgenti e quelle alle quali può riconoscersi efficacia precettiva per compiutezza di disciplina (self executing) devono ritenersi senz’altro applicabili”.
La legge n. 130 del 2001, pertanto, oltre a fungere con le sue norme di principio da canone interpretativo del richiamato d.P.R. n. 285 del 1990, contiene disposizioni di immediata applicazione per ragioni di compiutezza della disciplina “desumibile dall’insieme di disposizioni primarie e secondarie vigenti”.
Nello specifico, in tema di affidamento a familiari di urne cinerarie di parenti defunti, la materia è “da interpretare e integrare alla luce delle nuove norme introdotte dalla legge n. 130 del 2001” e risulterebbe, pertanto, “compiutamente regolata dall’articolo 3, comma 1, lett. e) della stessa legge”, il quale per l’appunto contempla espressamente, tra le modalità di conservazione delle ceneri, in alternativa alla tumulazione e all’interramento, l’affidamento ai familiari.
Nello specifico, la stessa previsione stabilisce che “le modalità di conservazione delle ceneri devono consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari”.
Secondo il parere espresso dal Consiglio di Stato nel 2003, la legge n. 130 del 2001 reca, quindi, una compiuta ed esaustiva disciplina per ciò che attiene alle modalità di affidamento a privati delle urne cinerarie, con un grado di regolazione degli aspetti ad essa afferenti e connessi tale da consentirne un’immediata applicazione (in specie quelli relativi alle modalità di espressione della volontà del defunto, all’obbligo di sigillare l’urna, all’apposizione su di essa dei dati anagrafici del defunto, alle modalità di verbalizzazione della consegna, alla garanzia da ogni profanazione dei luoghi in cui le urne vengono collocate, alle dimensioni delle urne e delle caratteristiche dei luoghi di conservazione).
2.4. La stessa legge n. 130 del 2001, all’articolo 3, comma 1, lett. g), prevede inoltre, tra i criteri destinati a guidare la disciplina di rango regolamentare, quello per il quale “l’ufficiale dello stato civile, previo assenso dei soggetti di cui alla lettera b), numero 3), o, in caso di loro irreperibilità, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune di uno specifico avviso, autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni”.
La legge n. 130 del 2001 non disciplina, tuttavia, l’affidamento dei resti cinerei o la dispersione delle stesse, una volta intervenuta la cremazione sulla base di quanto disposto dal riportato articolo 3, comma 1, lett. g).
2.5. Numerose leggi regionali sono intervenute ad integrare la disciplina statale così ricostruita.
Con specifico riferimento al territorio piemontese, vengono in considerazioni due leggi regionali:
– la L.R.P. 30 agosto 2011, n. 15 (“Disciplina delle attività e dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali”), secondo cui “la cremazione, la conservazione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti, l’affidamento delle medesime e la loro dispersione avvengono nel rispetto dei principi sanciti dalla normativa statale e dalla l.r. 20/2007” (articolo 10, comma 1);
– la L.R.P. 31 ottobre 2007, n. 20 (“Disposizioni in materia di cremazione, conservazione, affidamento e dispersione delle ceneri”) che così dispone: “la cremazione e la conservazione delle ceneri nei cimiteri, per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, sono disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 285/1990 e dalla legge 130/2001” (articolo 2, comma 2); “l’affidamento e la dispersione delle ceneri sono disciplinate dalla legge 30 marzo 2001, n. 130 nel rispetto della volontà del defunto, comprovata mediante disposizione testamentaria o dichiarazione, manifestata all’ufficiale di stato civile del comune di decesso o di residenza, resa dal coniuge o, in difetto di questi, dal parente più prossimo, individuato secondo gli articoli 74 e seguenti del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza degli stessi” (articolo 2, comma 5).
La legge regionale piemontese ha così previsto la possibilità per i parenti prossimi del defunto, in assenza di disposizione testamentaria o sua dichiarazione, di comprovarne la volontà di fronte ai pubblici ufficiali. Una previsione, questa, di cui valutare attentamente la portata applicativa nel dare risposta ai quesiti formulati dalla Regione Piemonte.
3. Tanto premesso quanto al quadro normativo di riferimento, con il primo quesito la Regione Piemonte chiede alla Sezione di chiarire se le ceneri di salme inumate o tumulate in un periodo precedente all’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001, dopo la cremazione effettuata successivamente all’esumazione o all’estumulazione delle stesse, possano essere oggetto di affidamento a familiari o essere disperse.
In caso di risposta affermativa, la stessa Regione chiede, sempre con il primo quesito, se la volontà del defunto possa essere comprovata con le stesse modalità previste per la cremazione delle salme nell’immediatezza del decesso (ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b), legge n. 130 del 2001).
3.1. Quanto alla prima delle due questioni che la Regione prospetta con il primo quesito, è avviso della Sezione che anche per le ceneri di salme inumate o tumulate in un periodo precedente all’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001 sia consentito l’affidamento a familiari, una volta effettuata la cremazione successiva all’esumazione o all’estumulazione delle salme stesse. Ciò per due ordini di ragioni.
3.1.1. In primo luogo e in via generale, come già rilevato dalla Sezione con il parere n. 2957 del 2003, l’affidamento a privati delle ceneri derivanti dalla cremazione era già consentito dalla disciplina anteriore alla legge n. 130 del 2001, in quanto l’articolo 343 del R.D. n. 1265 del 1934, che ha rango di norma primaria, dispone che le urne cinerarie possono essere collocate, oltre che nei cimiteri o in cappelle e templi appartenenti ad enti morali, anche in “colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione”.
Né, d’altra parte, l’articolo 81 del d.P.R. n. 285 del 1990, nella parte in cui stabilisce le formalità inerenti alla consegna dell’urna cineraria agli effetti dell’articolo 343 del R.D. n. 1265 del 1934, in particolare prevedendo che il secondo esemplare del verbale debba essere conservato dall’incaricato del servizio di custodia del cimitero in cui vengono custodite le ceneri, può essere inteso – ha affermato ancora la Sezione con il parere n. 2957 del 2003 – nel senso di individuare quale unico possibile affidatario dell’urna l’incaricato del servizio di custodia nel cimitero, in quanto “tale interpretazione attribuirebbe alla norma di rango regolamentare una portata precettiva in palese contrasto non solo con la normativa primaria sopravvenuta, ma anche con quella previgente del testo unico delle leggi sanitarie, che prevede anche la collocazione delle urne cinerarie in colombari privati e che l’articolo 81 si propone esplicitamente di attuare”.
Essendo dunque l’affidamento delle ceneri a privati ammesso (in base all’interpretazione della Sezione e contrariamente a quanto assume l’Amministrazione richiedente) anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001 e non avendo pertanto la disciplina sopravvenuta carattere innovativo sotto questo profilo, deve ritenersi che la modalità di conservazione in parola è prospettabile anche in relazione alle ceneri derivanti dalla cremazione, successiva all’esumazione o all’estumulazione, di salme inumate o tumulate prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001.
3.1.2. In secondo luogo, la Sezione rileva che per principio generale -qualora si reputi il carattere non retroattivo di una disposizione- la sua applicabilità ratione temporis dipende dal momento in cui è integrata la fattispecie che la stessa disciplina. Nel caso in esame, la fattispecie disciplinata dall’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001 non è costituita dal decesso o dall’inumazione o dalla tumulazione (in ipotesi avvenute prima dell’entrata in vigore della legge medesima), bensì dalla cremazione di salme inumate da almeno dieci anni e di salme tumulate da almeno venti anni. Ne consegue che la disposizione suddetta non può che trovare applicazione con riferimento a tutte le cremazioni di salme, esumate o estumulate dopo il periodo prescritto ed eseguite successivamente alla sua entrata in vigore, a prescindere tanto dal momento del decesso, quanto dal momento dell’inumazione o della tumulazione della salma medesima.
3.2. Ciò premesso in linea di principio con riferimento alla delimitazione dell’ambito temporale di applicazione dell’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001, è consentito esaminare la seconda questione prospettata dalla Regione con lo stesso primo quesito.
Chiede, al riguardo, la Regione se ai fini della destinazione delle ceneri di salme inumate o tumulate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001, la volontà del defunto possa essere comprovata con le stesse modalità previste per la cremazione delle salme nell’immediatezza del decesso (ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001).
L’indicato quesito della Regione assume pertanto che la volontà da comprovare per la destinazione delle ceneri di salme inumate o tumulate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. g), legge n. 130 del 2001 debba essere quella del defunto.
Al riguardo la Sezione ritiene necessario fornire alcune ulteriori precisazioni preliminari in ordine alla rilevanza della volontà del defunto, da un lato, e dei familiari di questi, dall’altro, quanto alla scelta della destinazione della salma e del luogo e delle modalità di sepoltura o di destinazione delle ceneri rivenienti dalla eventuale cremazione della salma medesima.
Sotto questo profilo la Sezione richiama la giurisprudenza della Corte di cassazione che, pur con riguardo all’ipotesi della destinazione della salma (ivi inclusa la scelta in ordine alla cremazione della stessa) nell’immediatezza del decesso – diversa da quella sottoposta dalla Regione all’attenzione della Sezione, attinente, invece, alla cremazione successiva all’esumazione o all’estumulazione–, ha stabilito quanto segue: “la scelta del luogo di sepoltura (c.d. «electio sepulchri») compete in primo luogo al de cuius e tale diritto, preminente su quello di analogo contenuto spettante iure proprio ai congiunti più prossimi, rientra, – come gli atti di disposizione del proprio corpo, di cui all’articolo 5 del codice civile, e comunque secondo una radicatissima consuetudine -, tra i diritti della personalità, per loro natura assoluti e intrasmissibili. Il predetto «ius eligendi sepulcrum», mentre non può formare oggetto di trasferimento «mortis causa», cosicché non può ad esso applicarsi la disciplina successoria (né legale né testamentaria), può dare vita ad un mandato «post mortem exequendum» (e in tal caso il mandatario che dà esecuzione all’incarico ricevuto esercita l’«electio sepulchri» del de cuius, cfr. Cass. 2034/1990). Solo nel caso che da parte di questo non risulti essere stata espressa, in qualunque modo, alcuna volontà, la decisione spetta ai congiunti più prossimi (nell’ordine: coniuge, figli, genitori, altri parenti di sangue)” (Cass., sez. I civ., 13 luglio 2022, n. 22180).
Dall’orientamento della Suprema Corte sono pertanto ricavabili i seguenti principi riferiti allo ius eligendi sepulchrum, come sopra inteso, senz’altro applicabili anche alla fattispecie sottoposta allo scrutinio della Sezione (ossia alla cremazione successiva all’esumazione o all’estumulazione eseguita allo spirare, rispettivamente, del decennio o del ventennio): (i) si tratta di un diritto personalissimo del defunto; (ii) la volontà del defunto può essere comprovata tramite testamento ovvero manifestata “in qualunque modo”, e può altresì confluire in un mandato post mortem exequendum, ossia integrare un incarico conferito dal defunto, allorché era in vita, ad un altro soggetto, chiamato a dare esecuzione a tale mandato successivamente al decesso del mandante; (iii) qualora manchi la volontà espressa – “in qualunque modo” – dal defunto, e soltanto in tale ipotesi, la legge prevede che siano il coniuge o, in difetto, i parenti più prossimi ad esprimere una volontà al riguardo.
In virtù dell’orientamento della Suprema Corte, sussiste quindi una gerarchia tra lo ius eligendi sepulchrum di cui è titolare il de cuius e lo ius eligendi sepulchrum riferibile al coniuge o ai parenti più prossimi, nel senso che il secondo può operare soltanto nell’ipotesi in cui il primo non sia stato esercitato.
In tale ipotesi, tuttavia, lo ius eligendi sepulchrum dei congiunti è un diritto, di contenuto analogo a quello di cui è titolare il de cuius, “spettante iure proprio ai congiunti più prossimi”. E’ quanto testualmente confermato dall’articolo 3, comma 1, lett. b), legge n. 130 del 2001, sicché il coniuge o i parenti più prossimi, nel disporre in ordine al luogo e alle modalità di sepoltura del caro estinto, non manifestano una volontà del de cuius, ma esprimono la propria volontà in relazione all’esercizio di un diritto proprio, ossia lo ius eligendi sepulchrum di cui sono essi stessi, in proprio, titolari in relazione alle spoglie del coniuge o del parente deceduto.
3.3. Dalle considerazioni sopra esposte emerge che il presupposto da cui la Regione muove nel formulare il proprio quesito – ossia che sia la volontà del defunto a dover essere dimostrata, dubitando la Regione unicamente in ordine alla possibilità che detta volontà sia comprovata con le stesse modalità previste per la cremazione delle salme nell’immediatezza del decesso ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001 – non è coerente con il quadro normativo statale vigente e con l’interpretazione che ne discende, come suesposta, perché la volontà manifestata dal coniuge o dai parenti più prossimi, in assenza di una volontà del de cuius, è volontà propria di questi ultimi e non manifestazione della volontà del de cuius (in ipotesi mancante in quanto mai da questi espressa in alcun modo).
3.4. Ciò premesso in linea generale con riguardo allo ius eligendi sepulchrum, con specifico riferimento alla cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni la Sezione rileva che l’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001 prevede che detta cremazione possa essere autorizzata “previo assenso dei soggetti di cui alla lettera b), numero 3)”, ossia del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato secondo i criteri ivi stabiliti. Assenso che, per le ragioni sopra esposte, deve essere inteso come esercizio, in relazione alle spoglie del caro estinto e in assenza di volontà espressa da parte di quest’ultimo, dello ius eligendi sepulchrum di cui è titolare il coniuge o il parente più prossimo.
La legge n. 130 del 2001, tuttavia, non disciplina compiutamente l’affidamento ai familiari e la dispersione delle ceneri rivenienti dalla cremazione di salme esumate o estumulate allo spirare, rispettivamente, del decennio o del ventennio ed è infatti a tale fattispecie che si riferisce il quesito della Regione.
Muovendo dalle coordinate ermeneutiche sopra esposte (cfr. par. 3.2) con riferimento alla titolarità e all’esercizio dello ius eligendi sepulchrum, da un lato, e alla rilevanza attribuita dalla legge alla volontà del coniuge e dei parenti più prossimi (dei quali soltanto è richiesto l’“assenso”) in ordine alla cremazione delle salme esumate o estumulate dopo il periodo prescritto (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), la Sezione ritiene la stessa disciplina debba trovare applicazione con riguardo alla destinazione delle ceneri rivenienti dalla suddetta cremazione.
Se, infatti, decorso (rispettivamente) il decennio o il ventennio dall’inumazione o dalla tumulazione la legge consente espressamente di autorizzare la cremazione di salme in virtù del solo “assenso” del coniuge o dei parenti più stretti (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), e dunque anche in assenza di una volontà espressa in tal senso dal defunto, a fortiori deve ritenersi possibile l’affidamento delle relative ceneri ai familiari (esclusa, per ragioni proprie che verranno di seguito illustrate, la dispersione), ancorché, anche in questo caso, in assenza di una volontà espressa dal defunto in tal senso. Questa conclusione risulta peraltro conforme alla ricostruzione dello ius eligendi sepulchrum in termini di diritto proprio del coniuge o dei parenti più prossimi, il cui esercizio è subordinato all’assenza di una volontà manifestata dal defunto in ordine alla destinazione delle proprie ceneri.
Né a tale conclusione osta il rischio che, potendo l’“assenso” alla cremazione del coniuge o dei parenti più prossimi essere presunto per effetto del meccanismo delineato dall’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001 – che, in caso di irreperibilità dei soggetti in questione, prevede la pubblicazione di uno specifico avviso nell’albo pretorio del Comune e l’autorizzazione alla cremazione decorso inutilmente il termine di trenta giorni decorrenti dalla pubblicazione –, le ceneri vengano disperse al di fuori del cimitero in assenza di familiari (come detto, in ipotesi irreperibili) disposti a rendersene affidatari. Ciò in quanto l’articolo 80, comma 6 del d.P.R. n. 285 del 1990 impone che presso ogni cimitero sia istituito “un cinerario comune per la raccolta e la conservazione in perpetuo e collettiva delle ceneri provenienti dalla cremazione delle salme”, ove si prevede siano custodite, oltre che le ceneri “per le quali sia stata espressa la volontà del defunto di scegliere tale forma di dispersione dopo la cremazione”, anche le ceneri “per le quali i familiari del defunto non abbiano provveduto ad altra destinazione”.
3.5. Nel rispondere al primo quesito la Sezione non può tuttavia esimersi dal tener conto della disciplina regionale applicabile. Occorre pertanto a tal fine richiamare il disposto dell’articolo 2, commi 2-bis e 5 della citata L.R.P. n. 20 del 2007.
L’articolo 2, comma 2-bis stabilisce che “(…) L’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari, attraverso una delle seguenti modalità: a) (…) la disposizione testamentaria del defunto o la dichiarazione resa dallo stesso al comune di residenza, tranne nei casi in cui i familiari presentano una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria stessa; (…) c) in mancanza della disposizione testamentaria o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile (…)”.
L’articolo 2, comma 5 stabilisce che “L’affidamento e la dispersione delle ceneri sono disciplinate dalla legge 30 marzo 2001, n. 130 (…) nel rispetto della volontà del defunto, comprovata mediante disposizione testamentaria o dichiarazione, manifestata all’ufficiale di stato civile del comune di decesso o di residenza, resa dal coniuge o, in difetto di questi, dal parente più prossimo, individuato secondo gli articoli 74 e seguenti del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza degli stessi”.
Il comma 5 dell’articolo 2 prescrive pertanto, ai fini dell’affidamento e della dispersione delle ceneri, il “rispetto della volontà del defunto”, “comprovata” con le modalità ivi stabilite, tra cui la “dichiarazione, manifestata all’ufficiale di stato civile” resa dal coniuge o, in mancanza, dal parente più prossimo. Ciò dunque sul presupposto, condiviso, come detto, anche dalla Regione nella formulazione del quesito – e tuttavia contrastante con la ricostruzione sopra effettuata alla luce tanto dell’orientamento della Suprema Corte quanto del contenuto dell’articolo 3 della legge n. 130/2001 –, che la dichiarazione del coniuge o del parente più prossimo sia volta a “comprovare” la volontà del defunto e non integri, al contrario, l’esercizio di un diritto proprio dei soggetti sopra menzionati.
Il contrasto prima facie ravvisabile tra la norma statale – che richiede l’“assenso” del coniuge o del parente più prossimo ai fini della cremazione delle salme tumulate o esumate dopo il periodo stabilito dalla legge e, più in generale, attribuisce rilevanza, con riferimento alla destinazione della salma e delle ceneri, alla volontà propria del coniuge o del parente che la esprime – e la norma regionale – che considera la dichiarazione resa all’ufficiale di stato civile dal coniuge o dal parente più prossimo quale mera manifestazione, e al contempo mezzo di prova, della volontà manifestata dal defunto allorché era in vita – deve intendersi superato riferendo il comma 2-bis dell’articolo 2 della L.R.P. n. 20 del 2007 alla sola ipotesi in cui le ceneri della cui destinazione si discute derivino da cremazione avvenuta nell’immediatezza del decesso e non anche a quella in cui la cremazione sia avvenuta a seguito di esumazione o estumulazione dopo il periodo prescritto.
Ciò per tre ordini di ragioni.
3.5.1. In primo luogo, in quanto il comma 5 è di poco successivo al comma 2-bis – di cui dunque non può che condividere i presupposti –, il quale è evidentemente riferito alla sola cremazione eseguita nell’immediatezza del decesso, rispetto alla quale soltanto sono pertinenti i riferimenti, ivi contenuti, alla necessaria “previa acquisizione di apposito certificato del medico necroscopo, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato” ovvero, “in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata all’autorità giudiziaria” del “nullaosta della stessa autorità giudiziaria recante specifica indicazione che il cadavere può essere cremato”.
3.5.2. In secondo luogo, in quanto, anche a voler ritenere, a tutto concedere, la materia in questione come devoluta alla competenza legislativa concorrente ai sensi dell’articolo 117, comma 3 Cost. (in quanto afferente alla tutela della salute; cfr. Corte cost., 6 dicembre 2012, n. 274) – e senza considerare che la stessa ben potrebbe rientrare nell’ordinamento civile, che l’articolo 117, comma 2, lett. l) Cost. devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (questione da cui la Sezione ritiene comunque di prescindere, non costituendo oggetto dei quesiti sottoposti alla sua attenzione) –, la legge regionale non potrebbe certo – pena l’illegittimità costituzionale della stessa per violazione dell’articolo 117, comma 3 Cost. – disattendere l’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130/2001. Questa disposizione, invero, nella parte in cui richiede l’assenso del coniuge o del parente più stretto – da intendersi, per le ragioni sopra esposte, nei termini di esercizio di un diritto proprio e non della manifestazione della volontà del defunto – integra un principio fondamentale, in quanto tale vincolante per il legislatore regionale.
3.5.3. In terzo luogo, in quanto è la stessa norma regionale – quale che sia la natura della competenza legislativa regionale di cui essa costituisca espressione – a risolvere in via preventiva eventuali contrasti con le norme statali, autovincolandosi al “rispetto dei principi sanciti (…) dalla normativa statale” e delle “modalità stabilite dalla medesima” (articolo 1, comma 1, L.R.P. n. 20 del 2007).
3.6. Ferme le conclusioni di cui sopra in relazione all’affidamento delle ceneri ai familiari, la Sezione ritiene che esse non possano essere invece estese alla diversa destinazione delle ceneri rappresentata dalla dispersione.
Avuto riguardo a quest’ultimo profilo, la Sezione ritiene che la dichiarazione espressa del defunto integri un presupposto indefettibile per l’ammissibilità (e per la stessa liceità) di tale forma di destinazione, in quanto la dispersione viene disposta, ai sensi dell’articolo 411 cod. pen., come integrato dall’articolo 2 della legge n. 130 del 2001, sulla base dell’autorizzazione dell’ufficiale di stato civile, che può essere rilasciata soltanto “sulla base di espressa volontà del defunto” (articolo 411, comma 3 cod. pen.).
In tal senso, lo stesso articolo 3, comma 1, lett. c) della citata legge n. 130 del 2001, nel disciplinare i luoghi ove è consentita la dispersione delle ceneri, reca un inciso che ribadisce, in tale ipotesi, la necessità del rispetto della volontà del defunto.
3.7. In relazione alla seconda parte del primo quesito la Sezione esprime quindi l’avviso che la volontà del defunto in ordine alla destinazione delle ceneri debba essere manifestata, e dunque comprovata, con le medesime modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001 (ivi inclusa “qualsiasi altra espressione di volontà” – così il n. 3 – oltre alla disposizione testamentaria, alla dichiarazione autografa e all’iscrizione ad una delle associazioni di cui al n. 2) con riferimento alla cremazione.
Qualora il defunto non abbia manifestato la sua volontà in ordine alla destinazione delle ceneri con una delle suddette modalità, saranno il coniuge o, in mancanza, i parenti più prossimi ad esprimere, nell’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum in relazione alle spoglie del defunto, la propria volontà dinanzi all’ufficiale di stato civile, con le modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b), n. 3) della legge n. 130 del 2001.
4. Il secondo quesito formulato dalla Regione è invece relativo al carattere irretrattabile, o meno, delle dichiarazioni rese dal coniuge o dai parenti più prossimi, in assenza di volontà scritte del defunto, in ordine alla destinazione delle ceneri derivanti dalla cremazione.
4.1. Come chiarito supra (cfr. par. 3.2), laddove il defunto non abbia manifestato una volontà in ordine alla destinazione delle ceneri, la dichiarazione resa dai congiunti consiste nell’esercizio di un diritto proprio (ius eligendi sepulchrum) in relazione alle spoglie del congiunto defunto.
In tal caso, pertanto, l’originaria scelta espressa in merito alla destinazione delle ceneri (ad esempio il collocamento nel cimitero) può essere modificata da coloro che hanno reso la relativa dichiarazione (ad esempio nel senso di chiedere l’affidamento delle ceneri). Ciò in quanto la volontà in origine manifestata è volontà propria del coniuge o dei parenti più prossimi che hanno reso la dichiarazione; gli stessi soggetti possono quindi, con le stesse modalità, esprimere una volontà diversa.
La Sezione precisa inoltre che la destinazione delle ceneri può mutare non soltanto in conseguenza di una nuova e diversa scelta espressa dai medesimi soggetti che avevano reso la dichiarazione originaria (ad esempio, il coniuge del defunto), ma altresì per effetto di scelte successive da parte di soggetti diversi, ugualmente legittimati in base alla legge n. 130 del 2001 (ad esempio, deceduto il coniuge del defunto, i figli di quest’ultimo), i quali a loro volta eserciterebbero così il proprio ius eligendi sepulchrum in relazione alle spoglie del defunto.
La Sezione ribadisce tuttavia che la destinazione delle ceneri può mutare, per effetto di una nuova dichiarazione, soltanto nel senso dell’individuazione di un nuovo luogo in cui le ceneri siano conservate, restando fermo il divieto di dispersione delle ceneri. Poiché, come rilevato supra (cfr. par. 3.6), la dispersione delle ceneri presuppone un’espressa volontà del defunto in tal senso, tale forma di destinazione delle ceneri non può avere luogo – in assenza di volontà espressa del defunto (assenza che costituisce il presupposto del secondo quesito formulato dalla Regione) – per effetto né di una scelta originaria del coniuge o dei parenti più prossimi, né di una scelta sopravvenuta che modifichi quella originaria, né di scelte successive effettuate dai soggetti legittimati ai sensi della legge n. 130 del 2001.
4.2. Ferma l’esposta ricostruzione del quadro normativo, a diversa conclusione si deve tuttavia pervenire laddove la dichiarazione resa dinanzi all’ufficiale di stato civile abbia in concreto avuto ad oggetto non la volontà del coniuge o dei parenti più prossimi che detta dichiarazione hanno reso, bensì la volontà del defunto, autodeterminatosi in vita in relazione all’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum con riferimento alle proprie spoglie: detta dichiarazione è in tal caso immodificabile, in quanto trattasi di dichiarazione attestante la volontà del defunto che confluisce in un atto pubblico.
È parere della Sezione che laddove si intendesse modificare il contenuto della dichiarazione nella parte in cui questa riporta la volontà (non del dichiarante, bensì) del defunto, il coniuge o il parente che ne avesse interesse, non potendo provvedere alla modifica in via amministrativa, dovrebbe adire il giudice al fine di ottenere una decisione che attesti l’effettiva, ed eventualmente diversa, volontà del defunto.
5. Conclusivamente, la Sezione ritiene:
– con riferimento alla prima parte del primo quesito, che le ceneri di salme inumate o tumulate in un periodo precedente all’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001, dopo la cremazione effettuata successivamente all’esumazione o all’estumulazione delle salme stesse, possono essere oggetto di affidamento a familiari, esclusa in ogni caso la dispersione delle ceneri medesime;
– con riferimento alla seconda parte del primo quesito: (a) che la volontà del defunto in ordine alla destinazione delle proprie ceneri – ove manifestata in vita – debba essere comprovata con le medesime modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001; (b) che laddove il defunto non abbia manifestato la sua volontà in ordine alla destinazione delle ceneri, è il coniuge o, in mancanza, i parenti più prossimi ad esprimere, nell’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum in relazione alle spoglie del defunto, la propria volontà dinanzi all’ufficiale di stato civile, con le medesime modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b), n. 3) della legge n. 130 del 2001;
– con riferimento al secondo quesito: (a) che la dichiarazione sia ritrattabile dal dichiarante, nonché superabile per effetto di successive dichiarazioni rese dai soggetti legittimati ai sensi della legge n. 130 del 2001 – e quindi la destinazione delle ceneri modificabile, salvo il limite della dispersione –, laddove abbia ad oggetto la volontà del coniuge o dei parenti più prossimi e non la volontà del defunto; (b) che la dichiarazione non sia ritrattabile in via amministrativa, e quindi la destinazione non modificabile, laddove abbia in concreto avuto ad oggetto la volontà manifestata in vita dal defunto.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.
GLI ESTENSORI (Davide Miniussi, Valeria Vaccaro)
IL PRESIDENTE (Roberto Garofoli)
IL SEGRETARIO
(Elisabetta Argiolas)