Consiglio di Stato, Sez. V, 8 marzo 2005, n. 950

Norme correlate:
Art 340 Legge n. 2248/1865

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 8 marzo 2005, n. 950
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 3357/2004, proposto da LAMIA MONIA, in qualità di titolare dell’omonima Ditta, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Zauli e Massimo Annesi con domicilio eletto in Roma Piazza Augusto Imperatore 22 presso l’avv. Massimo Annesi;
contro
il Comune di LUGO rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Cristoni Gian Alberto Ferrerio con domicilio eletto in Roma Viale Giulio Cesare n. 14 presso Maria Teresa Barbantini;
per la riforma
della sentenza del tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sezione II, n. 276 del 25.2.2004, resa tra le parti, concernente risoluzione del contratto di appalto per servizi funebri; Visto l’atto di appello con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lugo; Viste le memorie difensive; Visti gli atti tutti della causa; Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205; Alla pubblica udienza del 30 novembre 2004, relatore il Consigliere Aniello Cerreto ed udito, altresì, l’avv. Ferrerio per il Comune appellato; Visto il dispositivo di decisione n. 512 del 1°.12.2004; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto:
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, la sig.ra Lama Monia, titolare dell’omonima Ditta; ha fatto presente: che il comune di Lugo aveva indetto asta pubblica per l’affidamento dell’appalto delle operazioni funebri da eseguire nel triennio 2003/2005, con affidamento dei lavori sepolcrali alla Ditta Lama Monia con determinazione n. 1852 del 6.12.2002 e successiva stipulazione del contratto; che tale contratto prevedeva che la Ditta appaltatrice dovesse ogni giorno recarsi presso il cimitero di Lugo per ricevere dal capo necroforo gli ordini e le comunicazioni concernenti i lavori da eseguire, mentre la scelta delle metodologie da adoperare per la loro realizzazione spettava alla perizia della Ditta appaltatrice; che il capo necroforo non si limitava a commissionare le opere ma si ingeriva nella relativa realizzazione, per cui l’esecuzione del contratto era difficoltosa anche in considerazione del fatto che le opere non venivano richieste per mezzo degli appositi moduli; che il clima di tensione raggiungeva il suo culmine in data 3.9.2003, allorché i necrofori comunali aggredirono i dipendenti della Ditta, con deferimento della vicenda all’attenzione della Procura della Repubblica preso il Tribunale di Ravenna; che la giunta municipale. di Lugo, senza attendere l’esito delle indagini, decideva di risolvere il contratto di appalto in data 10.9.2003 per asserita e non provata violazione dell’art. 8 del contratto e dell’art. 12 del foglio delle condizioni ; che con atto dirigenziale in data 15.9.2003 veniva notificata alla Ditta la risoluzione del contratto, indicando quale rimedio esperibile il ricorso al TAR o in alternativa il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Ha dedotto quanto segue: – il TAR aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia senza considerare la peculiarità della fattispecie, atteso che l’Amministrazione non aveva specificato se la risoluzione del contratto fosse avvenuta per l’esercizio di un potere pubblicistico o privatistico, anche in considerazione del fatto che pur in quest’ultimo caso avrebbe dovuto indicare l’interesse pubblico perseguito; – l’Amministrazione, nell’intento di fornire un simulacro di motivazione, asseriva la responsabilità di Lama Monia senza specificare l’interesse pubblico perseguito; – la delibera di risoluzione non era altro che un provvedimento di autotutela e quindi riconducibile all’art. 340 L. n. 2248/1865, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, secondo quanto precisato da Cons. di Stato, sez. V, n. 5710/2000; – il Comune si era costituito presso il TAR con memoria depositata il 7.11.2003, senza menzionare il provvedimento autorizzativo da parte della G.M., per cui la decisione impugnata era stata adottata in udienza alla quale aveva partecipato l’avvocato del Comune senza l’atto comunale abilitativo; – il TAR aveva deciso il ricorso con sentenza in forma semplificata mentre la delicatezza della controversia avrebbe richiesto una motivazione attenta e compiuta. Costituitosi in giudizio, il comune ha eccepito la tardività del deposito dell’appello, dovendosi osservare il termine dimidiato di 15 giorni rispetto alla data del 23.3. 2004, data di spedizione del plico, trattandosi di controversia di cui all’art. 23 bis L. n. 1034/71, come integrato dall’art. 4 L. n. 205/2000; Ha poi rilevato che il TAR aveva correttamente dichiarato il difetto di giurisdizione trattandosi di risoluzione del rapporto contrattuale; che il Comune si era regolarmente costituito in primo grado, essendo stato il Sindaco debitamente autorizzato con delibera G. M. n. 394 del 29.10.2003; che correttamente il TAR aveva ritenuto di decidere la controversia con sentenza in forma semplificata. Con ordinanza n. 2281/2004, questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta dall’appellante. In vista dell’udienza pubblica di discussione del ricorso, il Comune ha depositato memoria conclusiva, insistendo per il rigetto dell’appello. Alla pubblica udienza del 30.11.2004, il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1. Con sentenza T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sezione II, n. 276 del 25.2.2004 è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto dalla sig.ra Lamia Monia, titolare dell’omonioma Ditta, avverso la delibera G. M. del comune di Lugo n. 323 del 10.9.2003 con la quale si era deciso di risolvere a far data dal 15.9.2003 il contratto di appalto relativo all’esecuzione delle operazioni funebri da eseguirsi nel cimitero comunale. Avverso detta sentenza ha proposto appello la sig.ra Lamia Monia. 2. Si può prescindere dall’eccezione di tardività del deposito dell’appello sollevata dal Comune, in quanto l’impugnazione è infondata nel merito. 2.1. Il TAR ha correttamente dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrastivo, venendo in rilievo una controversia sulla risoluzione di un contratto di appalto di lavori per inadempimento dell’appaltatore, involgente posizioni di diritto soggettivo. Invero, nella delibera di risoluzione del contratto si fa espresso riferimento all’art. 8 del contratto di appalto ed all’art. 12 del foglio sulle relative condizioni, che si assumono violati da parte della Ditta (a prescindere dalla sussistenza o meno dei relativi inadempimenti), per cui la risoluzione della relativa controversia non può che spettare al giudice ordinario. Né vale addurre da parte della Ditta che in effetti l’atto adottato dovrebbe qualificarsi come rescissione ai fini dell’articolo 340 della legge n. 2248/1865, allegato F, in quanto anche in tal caso la giurisdizone apparterebbe comunque al giudice ordinario venendo in rilievo posizioni di diritto soggettivo (cfr. ordinanza Cass. S. U n. 9534 del 19.5.2004). Inoltre, non pertinente è l’invocata decisione di questa Sezione n. 5710 del del 24.10.200, la quale ha dichiarato la giurisdizone del giudice amministrativo in ordine all’impugnativa dei provvedimenti di autotutela adottati dall’Amministrazione (annullamento e revoca) nei confronti dell’atto di aggiudicazione dell’appalto, principio ribadito anche recentemente da questo Consiglio (cfr. sez. IV n. 6931 del 22.10.2004), mentre la presente controversia attiene alla fase esecutiva del contratto, tanto è vero che il rapporto viene risolto non dall’inizio (gennaio 2003) ma con effetto dal 15.9.2003. 2.2. E’ infondato in fatto il rilievo dell’appellante secondo cui il Comune non si sarebbe regolarmente costituito in primo grado, atteso che la G. M. aveva adottato a suo tempo la deliberazione autorizzativa n. 394 del 29.10.2003, versata in atti. 2.3. Priva di pregio è infine la circostanza che il TAR avrebbe deciso con sentenza in forma semplificata un caso in cui la delicatezza della controversia avrebbe richiesto una motivazione attenta e compiuta, trattandosi di valutazione rimessa al prudente appezzamento del giudice e non essendo stati dedotti specifici vizi procedurali o l’incompletezza del contraddittorio. 2.4. Con riferimento infine al fatto che l’Amministrazione, nel notificare la delibera impugnata, ha (erroneamente) indicato come competente all’impugnativa il TAR o in alternativa il Presidente della Repubblica in sede di ricorso straordinario, è aspetto solo accennato dall’appellante, che eventualmente dovrà essere esaminato dal giudice ordinario (nel caso di prosecuzione della controversia davanti ad esso) al fine di valutare, in concorso con le altre circostanze della fattispecie concreta, la scusabilità dell’errore commesso dall’interessato nel rivolgersi inizialmente al giudice amministrativo (Cfr. Cons, di Stato A. P. n. 1 del 14.2.2001 e Corte di Cass, sez. 1°, n. 1401 del 27.1.2004). 3. Per quanto considerato, l’appello deve essere respinto. Le spese del presente grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V) respinge l’appello indicato in epigrafe.
Condanna l’appellante a pagare a favore del Comune le spese di giudizio, che vengono liquidate nella somma complessiva di euro 1.500 (millecinquecento).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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